«Come hai fatto?» chiese Simone con un filo di voce.
Marco sorrise, e il suo sorriso, evidenziato dal rossetto, sembrava ancora più ampio.
Simone gli prese i libri di mano, li guardò, li rigirò. Notò che Omnia vincit amor era un'edizione diversa da quella della Sala Borsa.
Aprendoli, vide che avevano un bollino: Biblioteca Ariostea Ferrara.
«Li hai presi in prestito? Come hai fatto a trovarli?» insisté Simone.
«Con la tessera di Simonetta Fiorentini!» Marco rise. «All'inizio pensavo di rubarli...»
«Cheee?!» lo interruppe Simone. Lasciò cadere i due libri sulla scrivania, come fossero refurtiva scottante.
«Aspetta! Non scaldarti. Non l'ho fatto. Ho pensato che un furto avrebbe attirato l'attenzione, allora ho semplicemente cercato la biblioteca più vicina che avesse delle copie per il prestito. Puoi tenerli un mese.»
Simone fissò Marco a bocca aperta. Non sapeva cosa dire.
Aveva pensato, durante quella settimana di impasse, di cercare qualche libro in un'altra biblioteca, ma, timoroso di essere controllato da qualcuno, aveva procrastinato fino a non fare più nulla. Ora si sentiva stupido. Passivo. Per l'ennesima volta inetto.
Marco proseguì. «Non ti ho detto niente perché se ti avessi detto qualcosa avresti insistito per andare a prenderli tu stesso e avresti rischiato di farti sgamare di nuovo. Ho fatto ricerche online. Ho fatto centinaia di domande su centinaia di forum e scritto centinaia di mail e mi sono appuntato centinaia di titoli, cercando enciclopedie, robe così. Ho pensato, che cazzo, deve esserci un'enciclopedia, una cosa facile da consultare, possibile che nessuno ne abbia mai fatta una? Il novantanove per cento delle cose che mi hanno segnalato erano cazzate, tranne questo.» Marco sventolò Omnia Vincit Amor, ma era evidente che stesse parlando del dizionario. «L'ho cercato sul sito dell'OPAC, come mi avevi spiegato di aver fatto tu, e mi ha dato come collocazione Ferrara... e ho visto che per botta di culo avevano anche Omnia vincit Amor, quindi ho preso anche quello. Non so se servirà a qualcosa, 'sto dizionario. Non so se sia il migliore, se ne esistono altri, se...»
Marco venne zittito da Simone, che gli prese il viso tra le mani e stampò un bacio sulla bocca.
Le labbra di Marco erano morbide e calde. Simone non avrebbe saputo descrivere il miscuglio ubriacante di gratitudine, amore, desiderio, paura che stava provando in quel momento, e che cresceva a ogni secondo in cui quel contatto si prolungava. Si staccò, ma rimase lì, a un centimetro da lui. Entrambi dissero il nome dell'altro, sussurrandolo, sovrapponendosi. Simone gli tolse la parrucca dalla testa, e la retina con cui aveva schiacciato il suo ciuffo. I suoi capelli erano spettinati come non li aveva mai visti.
«Ti ho sporcato di rossetto...» disse Marco, con la sua voce un po' graffiata.
Simone intrecciò le dita ai capelli arruffati di Marco e lo tirò di nuovo a sé, perché capì che non aveva più alcun senso esitare, aspettare, temere qualcosa di inesistente.
Le loro bocche si incontrarono, si socchiusero, Simone si fece travolgere dal bacio, sentì le mani dell'altro, una tra i capelli, una sulla schiena, lo strinse a sé, e sentì aumentare rapidamente la propria eccitazione, mentre i loro corpi aderivano.
Trascinò Marco verso il letto, lo fece cadere di schiena, gli si buttò addosso, infilò la mano sotto la minigonna e la tirò su.
Si scostò da lui per un attimo, lo guardò: il rossetto era ormai una macchia indistinta intorno alla bocca, il trucco sugli occhi era ancora intatto. Era tutto così strano, ma anche così bello.
«Cosa c'è?» chiese lui un po' preoccupato. Poi fece un sorrisino. «Scommetto che una ragazza come me non l'hai mai baciata...»
Simone rise, si ributtò addosso a lui.
«Aiutami a togliere 'ste cose, sono scomodissime» disse Marco con insofferenza.
Simone aprì la zip degli stivali, glieli sfilò, poi passò ai collant, snudandogli le gambe depilate. Vedeva la sua erezione attraverso le mutande. La vedeva e la trovava attraente.
E nonostante fossero ormai quattro anni che conviveva con quelle pulsioni, per un attimo provò di nuovo quella sensazione di straniamento che aveva provato la prima volta che aveva baciato un ragazzo, il suo primo Marco, quella sensazione che l'aveva turbato al punto da non aver voluto mai più ripetere l'esperienza.
Marco si tirò su, sedette di fronte a Simone. Passò il dorso delle dita sulla sua guancia, guardandolo con l'espressione più dolce che Simone avesse mai visto sul volto di un ragazzo. E in quell'espressione, in quel viso sporco di trucco sbavato, Simone ritrovò la certezza, annullò la paura. Baciarlo di nuovo gli sembrò la cosa più bella, più giusta, più vera.
Si tolsero i vestiti a vicenda con rapidità, rimasero nudi sul letto e si strinsero e toccarono e baciarono. Con un po' di titubanza, Simone gli afferrò il pene e mosse la mano su e giù. Non riuscì a evitare di confrontarlo col proprio, e pensò che non era molto diverso, appena un po' più grosso. Aveva temuto quel confronto, ma adesso, vedendolo godere sotto di sé, scopriva che non gli importava. Che l'unica cosa che importava era continuare a farlo godere.
All'improvviso Marco lo interruppe, lo spinse con decisione sul letto, e prima ancora che Simone capisse cosa voleva fare vide la sua testa in mezzo alle proprie gambe e sentì la sua bocca scivolare lungo la propria erezione.
Fu la scena in hotel, a venirgli in mente.
Tiziano che gli faceva il pompino.
«No!» L'esclamazione fu un riflesso non ragionato. Spinse via Marco e solo dopo averlo fatto si rese conto della propria reazione.
Marco rimase interdetto, per qualche istante, poi sembrò capire. «Sono un cretino...» disse abbassando la testa.
«No...» Simone si avvicinò a lui, mise un dito sotto il suo mento, gli tirò su il viso, lo baciò sulla bocca. «Non lo sei...» Lo baciò ancora.
E con una delle decisioni forse più avventate che avesse mai preso, lo spinse sul letto, scese coi baci lungo il suo ventre, e fu lui a prendere l'erezione dell'altro tra le labbra.
Gli riempì la bocca in modo inatteso, e la sentì fremere sulla sua lingua, mentre con la testa saliva e scendeva cercando invano di farla entrare tutta. La afferrò con entrambe le mani e cominciò a masturbarlo. Era scivoloso, bagnato della sua stessa saliva. Alternò mani e bocca, in modo incerto e confuso, finché sentì l'erezione pulsare, e Marco gemendo gli schizzò addosso, un fiotto di sperma che Simone toccò con la punta delle dita. Lo passò tra pollice e indice, quasi incredulo, quindi con quella stessa mano un po' appiccicosa, si masturbò, guardando il corpo nudo di Marco steso sul letto, il suo viso imperlato di sudore e i suoi occhi ancora truccati, pieni di dolcezza. E con pochi, rapidi colpi, raggiunse anche lui l'orgasmo.
Si diedero una rapida ripulita a vicenda, usando la maglietta di Simone, poi si stesero sul letto, uno accanto all'altro. Si girarono su un fianco e si guardarono negli occhi per diversi minuti, sorridendo, accarezzandosi il viso, giocherellando con le mani.
«È il pompino più disastroso che ti abbiano mai fatto?» Fu la prima cosa che disse Simone, dopo qualche minuto.
Marco rovescio gli occhi all'insù, fino a mostrare per un attimo il bianco. «Ma quanto ti piace sminuirti? Quanto? Sei sicuro di non essere un masochista? La prossima volta porto le manette.»
Simone ridacchiò.
«Sai perché è stato uno dei pompini migliori della mia vita?» proseguì Marco. «Proprio perché era evidente che non avevi idea di cosa fare! Eri eccitante e tenero allo stesso tempo...» Lo sguardo di Marco era sognante, ma Simone si sentì uno stupido incapace.
«Ti giuro, se ripenso che è passato e non si ripeterà mai più, mi viene da piangere» ribadì Marco.
«Non piangere, ho idea che ce ne vorranno ancora parecchi, di pompini disastrosi, prima che divento bravo...» disse Simone.
Marco rise. Sospirò. «Sai cosa ci starebbe bene adesso?»
«Una paglia?»
Marco alzò le sopracciglia. «Wow... sto davvero guarendo! Sai che non ci stavo pensando? No. Ho una voglia matta di saccottino al cioccolato!»
Simone rise e si rese conto di essere lui stesso affamato. «Daje! Rivestiamoci e andiamo a comprarli dall'egiziano dietro l'angolo!»
«No, ti prego, non farmi girare conciato in questo modo!» disse Marco indicandogli la minigonna buttata a terra.
«Ti presto io dei vestiti!» ribatté Simone.
«E le scarpe? Tu hai i piedi più piccoli dei miei. In tuta con gli stivali col tacco attiro di più l'attenzione che vestito da femmina dalla testa ai piedi...»
Simone rise. «Ok, vado a comprarli da solo, i saccottini. Aspettami qui!»
«Dove vuoi che vada?» Marco rise. Sembrava così felice... e vederlo felice rendeva felice Simone. «Poi quando torni diamo un'occhiata insieme ai libri?»
«Sì!» esclamò Simone, che non ci stava più pensando.
I libri che Marco aveva tanto faticato a cercare e prendere in prestito.
Si rese conto solo in quel momento del rischio che aveva corso... e che stava ancora correndo. E se qualcuno se ne fosse accorto? E se...
Ma no, per ora non voglio pensarci.
Mi preoccuperò più tardi.
Basta paranoie!
Per qualche altro minuto voleva solo godersi le sensazioni meravigliose che aveva ancora addosso: il suo sapore, il suo odore, il ricordo delle sue espressioni estasiate.
Simone prese dei vestiti puliti dall'armadio per sé, si rivestì rapidamente, e indicò a Marco i ripiani da cui prendere qualcosa per stare comodo. Gli rivolse un ultimo sorriso prima di uscire.
«Aspetta...» Marco si alzò, prese uno degli indumenti che si erano levati poco prima, si avvicinò a Simone e con un angolo di stoffa gli pulì la bocca. «Avevi un po' di rossetto.» Poi gli stampò un bacio.
Simone uscì dalla stanza, leggero come una piuma. Ma sentì le gambe appesantirsi quando vide che davanti alla porta d'ingresso lo aspettavano Thomas e Mattia, a braccia incrociate.
«Che volete?» disse Simone, seccato.
«Hai del rossetto qui» disse Thomas, indicandosi l'orecchio. Serio.
Simone portò istintivamente la mano al collo, e quel gesto fu sufficiente per far spalancare la bocca ai suoi compagni d'appartamento, che si guardarono per qualche istante con aria incredula, prima di emettere due urletti e mettersi a parlare concitatamente uno sopra l'altro.
«Ommioddio c'è cascato come un pirla!»
«Non ci credo!»
«Non hai nessun rossetto, Simo.»
Simone si sentì un idiota per essere caduto in una trappola così grossolana ed evidente.
«Allora, ce lo fai o no questo annuncio ufficiale?» lo incalzò Thomas.
Simone sentì lo stomaco che si stringeva.
Merda...
Adesso lo sapranno tutti...
«E va bene» disse, messo all'angolo. «Sono bisessuale, che notizia!» Alzò le braccia in un gesto sarcastico di meraviglia.
Gli sembrò così strano, dire quella frase ad alta voce.
Thomas e Mattia emisero un grido di esultanza all'unisono. Poi fecero partire un trenino: «Peppè peppè peppè...»
«Brigitte Bardò Bardò!»
Simone portò una mano a nascondersi gli occhi. «Capodanno anticipato?»
«Finalmente Simo!» esultò Thomas.
«Ma perché non ce lo volevi dire?» chiese Mattia.
«Perché siete due pettegoli!» sbottò Simone.
Le espressioni di Thomas e Mattia si fecero serie.
«Simo...» disse Thomas.
«Non diciamo niente a nessuno. Promesso» aggiunse Mattia.
«È vero che siamo pettegoli...»
«Sei pettegolo» lo corresse Mattia.
«Ma siamo prima di tutto tuoi amici» concluse Thomas.
Simone stava per commuoversi, ma non voleva fare la proverbiale "figura del frocio" e trattenne la propria reazione.
Lo lasciarono finalmente andare. Simone prese il portafogli. Non infilò nemmeno il giubbotto, tanto l'emporio egiziano, unico negozio delle vicinanze aperto fino alle dieci di sera, era a due passi dal cancello del palazzo.
Mentre scendeva le scale, con la testa finalmente e nuovamente lucida, pensò ai libri che gli aveva portato Marco.
Da un lato aveva paura: era evidente che qualcuno (Tiziano stesso?) lo stesse tenendo d'occhio e non volesse farlo indagare. Fin dove si sarebbe spinta questa persona misteriosa per impedirgli di continuare? Simone non lo sapeva, e non saperlo gli faceva paura.
Ma continuare era necessario. E accanto alla paura c'era la determinazione a farlo.
Le brutte cose che stavano succedendo a Claudio erano reali, e Simone era convinto fossero legate, in qualche modo, all'imminente incontro con Tiziano, che sarebbe avvenuto il dodici gennaio, a Roma.
Meno di un mese...
Sahid per fortuna aveva in negozio i saccottini, Simone pagò, e si riavviò a passo svelto verso casa, un po' infreddolito, con la confezione stretta al petto. Non vedeva l'ora di tornare da Marco, mangiare insieme quelle schifezze, ridere, abbracciarsi e baciarsi ancora.
E cominciare insieme la lettura.
Doveva fare in fretta. Studiare a capofitto. Meno tempo ci metteva, meno tempo teneva quei libri in casa sua, più alte erano le possibilità di scoprire delle informazioni utili e minori le possibilItà di farsi scoprire.
Forse, rifletté, sarebbe stato più saggio tenere Marco al di fuori da tutto. Meno sapeva meno pericoli correva.
Già aveva rischiato a sufficienza, con quel travestimento assurdo.
Simonetta Fiorentini...
Sorrise, pensando al fatto che aveva scelto il nome di Simone al femminile.
L'ha fatto per me.
Perché ci ho messo tanto a fidarmi di lui?
Che stupido sono stato...
Pensava a queste cose, mentre rientrava in casa.
Thomas e Mattia erano già rientrati nelle loro stanze.
Menomale, un altro trenino non l'avrei sopportato...
«Guarda cos'ho qui?» disse sventolando la confezione, mentre entrava in camera.
«Ce ne hai messo...» disse Marco, che lo aspettava in piedi davanti alla porta. Aveva le gambe nude, ma sul busto indossava la camicetta da donna con cui era arrivato: come mai non aveva preso qualcosa di comodo dall'armadio come gli aveva suggerito Simone?
Simone pensò che fosse strano, ma sorrise vedendo il suo viso sorridente a pochi centimetri dal suo.
Poi la mano di Marco, chiusa a pugno, si mosse rapidamente a martello verso la spalla sinistra di Simone, che sentì un bruciore improvviso, fortissimo nel punto dove l'aveva colpito.
Guardò la mano del ragazzo, senza capire, e vide che stava svuotando nel suo braccio il contenuto di una siringa.
Simone lasciò cadere a terra i saccottini, gridando, portò la mano alla spalla, strinse forte.
Il sorriso di Marco aveva una luce diabolica. I suoi occhi cerchiati di nero sembravano più scuri del solito. Anche il trucco sembrava più intenso. Sembrava quasi se lo fosse rifatto, mentre lo aspettava. «Ce ne hai messo a farti conquistare...»
«M-ma...»
Simone sentì le ginocchia cedere, cadde carponi.
«Vedi? Avevi ragione tu. Tu e le tue paranoie. Avresti fatto meglio a non fidarti di me.» Marco rise. Una risata eccessiva, sguaiata, cattiva.
E col suono di quella risata che gli riempiva le orecchie di orrore, Simone sentì la coscienza abbandonare il proprio corpo.
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Le note dell'autrice che NON verrà linciata e uccisa dai propri lettori
Sul gruppo Telegram (a proposito, le iscrizioni sono sempre aperte, se volete condividere con altre persone il rinnovato odio per me) più di una persona sospettava che Marco fosse in realtà cattivo... ma sarà proprio così? O c'è un'altra possibile spiegazione? Non lo so. Di certo mi sento un po' crudele: nello stesso capitolo ho fatto felici gli shipper Sirco (o Marone? a me fa più ridere Marone) e li ho fatti sprofondare nell'abisso della disperazione.
Non mi odiate... e soprattutto, ricordate sempre il sottotiolo della storia!
Ci rileggiamo lunedì prossimo con un pov diverso... la terza parte sarà bella incalzante. Preparatevi! E stellinatemi, se non mi odiate troppo :)