Like a dream || Kenan Yildiz

By sstx_21

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"I sogni a volte si trasformano in incubi, e tu sei stato decisamente il mio incubo migliore" A Torino, Sofi... More

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By sstx_21

"Ogni incontro è un'occasione, ogni incontro cambia qualcosa."
- Arthur Rimbaud

☆☆☆

Trascorsi l'intera mattinata a dormire, fino a quando una chiamata improvvisa mi fece svegliare.

Mi lamentai per un attimo, ma quando agguantai il telefono per poter leggere il nome illuminato dallo schermo, il mio corpo venne subito inondato di allegria.

Risposi immediatamente, portando il telefono all'orecchio.

Il numero era di mio padre, ma sapevo benissimo chi in realtà mi avesse chiamata.

«Pronto» disse la voce sottile e tenera della mia sorellina dall'altra parte del telefono, con quel tono dolce e vivace che riusciva sempre a strapparmi un sorriso anche nei giorni più bui.

«Sole, amore mio! Come stai?» dissi io, contenta di sentirla

«Ciao Sofi! Mi manchi tanto, volevo solo sentire la tua voce» rispose lei, con l'entusiasmo di chi aveva mille cose da raccontare ma non sapeva da dove iniziare

«Anche tu mi manchi tantissimo, piccola. Cosa hai fatto di bello oggi?»

«Ho disegnato un sacco di cose nuove e papà ha detto che le appenderà tutte in camera mia!» rispose con orgoglio.

«Davvero? Non vedo l'ora di vedere i tuoi capolavori, sei diventata bravissima, lo sai?» risposi, cercando di trasmetterle tutto l'affetto e l'ammirazione che provavo per lei.

«Grazie, sorellona. E tu? Com'è la tua nuova casa? È bella?» chiese curiosa.

«È bellissima, Sole. Vorrei tanto che tu fossi qui per vederla. Ti piacerebbe tantissimo» risposi, sentendo un pizzico di nostalgia.

«Ci verrò presto, vero? Papà ha detto che potremo venire a trovarti!» esclamò, e il suo entusiasmo mi scaldò il cuore.

«Sì, non vedo l'ora. Faremo tante cose insieme, ti porterò in posti bellissimi» promisi, immaginando già le nostre avventure future.

«Non vedo l'ora, Sofi! Ti voglio tanto bene» disse infine, con una dolcezza che solo una sorellina poteva avere.

«Anche io, Sole. Tanto tanto bene. Salutami papà e digli che lo chiamerò più tardi, va bene?» risposi, sentendo che il tempo passato al telefono era già volato via troppo in fretta.

«Va bene» rispose la piccola, e con un ultimo sorriso mi salutò.

Riagganciai il telefono, sentendomi un po' meno sola. La voce di Sole aveva un potere magico su di me, riusciva sempre a riportarmi serenità e gioia, anche nei momenti più difficili.

Sbadigliai dirigendomi verso il salotto. Sbuffai nel vedere che ancora dovevo sistemare tutto, i bagagli giacevano ancora vicino al divano, come silenziosi promemoria del lavoro che mi aspettava.

Inoltre, in questi giorni avrei dovuto provvedere a comprare qualcosina che mancava. Gli utensili da cucina c'erano, ma il frigo era vuoto, naturalmente.

Guardando l'orologio, notai che fossero già le 16. Non avevo voglia di mangiare, anche perché avrei dovuto iniziare a prepararmi per il compleanno di Sara.

Mi trascinai verso il bagno e aprii l'acqua della doccia. Il getto caldo mi aiutò a svegliarmi del tutto, sciogliendo la tensione accumulata. Uscii dalla doccia e mi avvolsi in un morbido asciugamano, lasciando che l'aria fresca della stanza mi rinfrescasse.

Rientrai in camera e aprii la valigia, cercando un vestito adatto. Dato che Sara ieri mi intimò di vestirmi elegante, optai per un abito lungo abbastanza aderente, che lasciava le spalle scoperte.

Mi truccai leggermente, applicando solo un po' di correttore, blush, mascara e un tocco di rossetto rosato.

Davanti allo specchio, mi sistemai i capelli, creando delle morbide onde che cadevano sulle spalle. Sorrisi al mio riflesso, cercando di infondermi sicurezza.

Infine, scelsi degli accessori discreti e delle scarpe comode ma carine. Ero pronta. Con un ultimo sguardo soddisfatto, presi la borsa e mi avviai verso la porta.

In due ore, ero riuscita a prepararmi risultando addirittura in anticipo. Sara ieri mi aveva consigliato di presentarmi da lei verso le 18:30, quindi avevo ancora un po' di tempo.

Trascorso un quarto d'ora, però, decisi di incamminarmi verso casa sua, che scoprii si trovasse a solamente quattrocento metri distante dalla mia.

Un leggero venticello mi accarezzava il viso mentre camminavo a passo tranquillo verso la via indicata dalla mia amica.

Nonostante fosse ormai già buio, il cielo sereno mi faceva sperare in belle giornate.

Ad ogni passo, il suono dei tacchi sul marciapiede mi dava una piacevole sensazione di sicurezza.

Quando entrai nella via, cercai subito il numero civico che mi ricordavo fosse il trenta.

Attorno a me un grande giardino ben curato mi accoglieva al meglio, mentre una villetta di due piani stava esattamente al centro del terreno.

La porta davanti a me quasi mi invitava a suonare il campanello.

Così mi ritrovai lì, insicura nel premere quel maledetto pulsante.

Poi mi decisi e le mie dita tremarono leggermente mentre mi avvicinavano sempre di più a quella che sarebbe dovuta essere una serata grandiosa.

Sospirai, attendendo che qualcuno venisse ad aprire la porta.

Dopo solo qualche secondo, sentii la voce squillante di Sara farsi sempre più vicina.

Mi aprì la porta proprio lei che mi fece entrare subito.

Mi squadrò subito da testa a piedi, ammirandomi con un sorriso compiaciuto in volto.

«Wow...che figa» disse subito, senza nemmeno salutarmi. Io inevitabilmente dopo averla ringraziata non riuscii a trattenere una leggera risata.

Poi, ricordandomi il motivo per il quale fossi qui, mi fiondai su di lei, abbracciandola «Tanti auguri Saretta!» la strinsi forte.

«Grazie tesoro» mi rivolse uno sguardo dolce e mi condusse al piano di sotto, in quella che credevo fosse la taverna.

Iniziai a sentire la musica penetrarmi le vene, mentre voci di sottofondo mi risuonavano nelle orecchie.

Non appena scesi l'ultimo gradino, notai un mucchio di gente che non avevo mai visto. Senza che me ne accorgessi, al mio arrivo attirai l'attenzione di gran parte di loro.

Mi guardavano con curiosità, mentre io nel frattempo non riuscivo a fare altro che morire dall'imbarazzo.

Tutti quegli occhi su di me mi stavano mettendo fin troppo in soggezione.

«C'è un po' di gente» mi sussurrò Sara all'orecchio «Ma tranquilla, ti divertirai» mi fece l'occhiolino, trascinandomi nella folla.

Mi prese la mano quando lei stessa notò che avrei potuto rischiare di perdermi, dato che chiunque la fermava per parlarle.

Questa stanza era enorme, sembrava quasi di stare in un locale.

Fui ancora più meravigliata quando davanti a me vidi un bancone bar che offriva drink di qualsiasi tipo.

Mi sedetti sul primo sgabello, insieme a lei.

Chiamò il bar man, dicendogli qualcosa all'orecchio, poi ritornò concentrata su di me.

«Ora arriva da bere» mi sorrise, parlando ad alta voce, dato che a mala pena riuscivo a sentirla.

Non ero mai stata in feste del genere, proprio per questo tutto ciò mi stava mandando in confusione.

Probabilmente, Sara lo capì subito «Tutto ok? Non mi sembri molto a tuo agio» mi disse, posando una mano sul mio ginocchio.

Le sorrisi, cercando di rassicurarla «Tutto ok, non sono abituata, tutto qua» risposi annuendo.

Lei si guardò attorno «Il tempo di ambientarti e sicuramente troverai anche qualcun altro oltre me con cui parlare, fidati»

Prese i due bicchieri sul bancone porgendomene uno, io non mi tirai indietro afferrandolo prontamente.

Sentivo il freddo del vetro tra le dita mentre sollevavo il drink colorato verso le labbra.

Il profumo fruttato della bevanda mi avvolse, portando un sorriso di anticipazione sul mio viso.

Tuttavia, la tranquillità del momento fu interrotta quando Sara, dopo aver dato un'occhiata furtiva al suo telefono, scese di scatto dallo sgabello.

Mi prese nuovamente per mano, costringendomi a lasciare il bicchiere sul bancone.

«Che succede, dove mi porti?» le chiesi, confusa, cercando di non inciampare nei miei stessi passi.

«Shh, devo farti conoscere una persona» disse, trasportandomi dove poco fa avevo fatto ingresso.

Mi guardai attorno, curiosa di cosa avesse intenzione di fare.

Il tintinnio dei bicchieri e il vociare dei presenti si mescolava nel sottofondo mentre ci dirigevamo verso la scalinata.

La vista di un gruppo di ragazze chiassose che si radunavano attorno a qualcuno attirò la mia attenzione.

Urlavano come galline, e la cosa sembrava star infastidendo persino Sara.

«Oh, non ci credo» disse lei sbuffando, cercando di farsi spazio.

«Ma... chi c'è?» chiesi sempre più curiosa, senza ricevere risposta.

Dopo qualche tentativo di riuscire a spostare tutte quelle ragazze, Sara si arrese, rimanendo in piedi a fianco a me.

«Patetiche» commentò girando gli occhi al cielo e provocandomi una risatina.

«Non sono tue amiche?» le chiesi, visto che non sembrava le andassero molto a genio.

«Ma in realtà oggi c'è chiunque, ho sparso forse un po' troppo la voce» fece spallucce ridendo.

Finalmente, riuscii a scorgere la figura alta e imponente sovrastata dalle ragazze.

Con un pennarello in mano, continuava a firmare autografi su qualsiasi cosa gli venisse passata davanti, asciugandosi ogni tanto le mani sui suoi stessi pantaloni.

Non riconobbi chi fosse, dato che era rivolto di spalle.

Però, mi bastò che si girasse di profilo, per capire di chi si trattasse.

Feci subito un passo indietro incredula.

Un colpo al petto mi costrinse a spalancare gli occhi e improvvisamente un grappolo alla gola non mi permise di parlare.

Sara mi guardò sorridente. Aveva capito lo avessi riconosciuto.

«No... non è veramente lui» dissi incredula, a tono basso rivolgendomi a Sara.

«È proprio lui invece» mi sussurrò lei all'orecchio.

Man mano che la gente lo lasciava finalmente in pace, Sara si faceva sempre più avanti.

Ad un certo punto, mi fermai «Ma che fai» le dissi «Sei pazza? Io non...»

Mi girai subito, cercando di scappare.

Sara mi riprese la mano «vieni con me» cercò di trascinarmi.

«Come fai... come fai a saperlo?» le chiesi mentre le guance iniziarono a infuocarsi

«Ho visto il tuo sfondo bellezza... Sei una juventina sfegatata!» urlò quasi, attirando proprio la sua attenzione.

«Shh! Sara!» la rimproverai, serrando i denti dall'imbarazzo.

«Dai, vieni e non fare storie, mi ringrazierai» a quel punto mi feci trasportare.

Non potevo ancora credere a chi avessi davanti a me.

«...Lei è Sofia!» sentii solo quello, dopo numerose parole uscite dalla bocca di Sara.

Sentii le guance andare sempre più a fuoco quando lui puntò gli occhi su di me.

Non stavo capendo più niente, i miei occhi erano incollati ai suoi.

Mi guardò da testa a piedi, squadrandomi con un sorrisetto beffardo.

«Io sono Kenan Yildiz» pronunciò lui, provocandomi un capogiro.

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Spazio autrice
Vi lascio un po' sulle spine...

Domani ci vediamo con il prossimo capitolo, nel frattempo se vi va lasciate una stellina, baci❤️💫

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