-facciamo pace?- dico, appoggiandomi allo stipite della porta della cella di Nad. Sono giorni che non parliamo.
Mi manca confidarmi con qualcuno, parlare fino a tarda notte di ciò che ci è successo prima di essere state rinchiuse in queste quattro mura.
Mi manca immaginare il nostro futuro, i viaggi che vorremmo affrontare, fantasticare su come sarebbe andata se non fossimo entrate qui.
Mi manca la mia amica: quella ragazza così forte, con una grande corazza ma che ha bisogno di essere protetta.
Mi guarda, distogliendo per un attimo lo sguardo dal mare: quella distesa immensa in cui un po' tutti noi tendiamo a rifugiarci.
Fa segno di sedermi di fronte a lei, sul davanzale della finestra ed io così faccio. Mi incita a parlare con un semplice cenno con la testa.
<perché stai rendendo tutto così complicato?> è vero, ingigantisce sempre le cose.
<guardami almeno> dico, appena vedo che ciò che esce dalla mia bocca viene buttato al vento, senza essere ascoltato da nessuno.
<ti voglio solo aiutare, Nad>
<nun o' può ffà> stavolta mi guarda e, solo scrutando bene il suo viso, mi accorgo che stava piangendo.
Senza esitare, la abbraccio. Stringendola così forte, quasi da farle mancare il respiro.
<tu devi salvarti da tutta questa merda>
Noto che singhiozza, senza mai staccarsi dal mio abbraccio.
< e non puoi farlo da sola perché è una situazione molto più grande di te> continuo.
<il guaio l'ho fatto io e tocca a me risolverlo> di scatto mi stacco da lei.
<guaio? Nad questo bambino è un guaio?> ma è seria?
<tu nun c' staij rind e nu può capì> ha ragione. Non sto vivendo la situazione sulla mia pelle ma questo comunque non la giustifica. Il bambino non ha colpe, indipendentemente dal fatto che la cosa sia capitata o meno.
<ma come cazzo ragioni?! questo guaio, comm o' chiamm tu, nu c'azzecc nie-> vengo subito interrotta da uno schiarimento di voce.
<ragazze, a fare attività alternativa. Forza!> Liz arriva sempre nei momenti meno opportuni, suo solito.
<ma non era stato stabilito il venerdì come giorno per fare sta strunzat?> "vedrete che vi farà bene" sono giorni che la direttrice continua a ripetercelo, non stancandosi mai delle nostre lamentele. Un corso di ceramica a cosa potrebbe far bene? Questa è la domanda che noi ragazzi ci poniamo da giorni ma senza mai avere delle risposte.
In fila, ci incamminiamo verso il cortile dove, ad aspettarci, ci sono già i ragazzi.
Vedo che Liz, insieme a Lino e Nunzia, va verso il comandante. Quest'ultimo fa solamente un cenno con la testa e le guardie tornano indietro, chiedendo di essere seguite.
Così facciamo.
Camminiamo e raggiungiamo la sala comune, mettendoci a schiera.
C'è un vociare, ma io è come se non sentissi nulla: sono troppo attenta a vedere gli sguardi di fuoco che Nad lancia a Ciro e viceversa. È vero, dovrei pensare ai fatti miei e lasciar perdere tutta questa situazione, ma è praticamente impossibile per me. Sono sguardi talmente intensi che se potessero bruciare, il boss e la mia amica sarebbero già cenere.
Sono così concreata ad osservare ogni loro movimento che non mi accorgo neanche della presenza della direttrice, già in sala da un paio di minuti. Mi "risveglio" dal mio stato di trance e i miei occhi inziano a brillare non appena sento un <Edoardo, sei stato scelto per il concorso.>
Lo guardo fiera, orgogliosa e con un sorriso sulle labbra grandissimo.
Parte subito un coro di applausi, fischi e urletti vari. Si imbarazza subito e noto che si passa spesso un dito sotto l'occhio. Lo fa sempre quando non si sente a suo agio ma io amo quando le sue guance si colorano di rosso.
Ridacchio e penso a quanto io sia fortunata ad averlo conosciuto.
Mi ha fatto capire che cos'è l'amore ed io non lo ringrazierò mai abbastanza per questa cosa.
Lui non è cattivo, fa il cattivo; ma posso assicurarvi che se si affeziona, è capace di dare la sua stessa vita in cambio della felicità di quella persona.
Tutti i suoi amici lo abbracciano, alcuni lo prendono in giro scherzosamente, altri ridono insieme a lui, mentre altri ancora non si aspettavano che lui, Edoardo Conte, potesse riuscire a scrivere una poesia. E per di più che parla di amore.
Ovviamente mi avvicino anch'io, ma solamente dopo che la folla creata intorno a lui scompare.
Mi alzo sulla punte, avvicinandomi al suo orecchio.
<e menomale che chi si impegnava per qualcosa a livello scolastico, era gay> sussurro.
Lo sento che ridacchia ed io lo faccio insieme a lui, dandogli poi un leggero schiaffo.
<se mi hanno chiamato per questo concorso il merito non è mio> mi accarezza la guancia.
<si stat tu...> continua guardandomi negli occhi.
Non è vero, io oltre ad incoraggiarlo non ho fatto nulla.
È merito suo, solo ed esclusivamente suo.
<non dire stronzate> odio quando cerca di sminuire se stesso.
<non sono stronzate> mi lascia un bacio a mezza luna.
<invece si perché io ti ho solo supportato, poi hai fatto tutto tu. Senza essere aiutato da nessuno.> ha semplicemente aperto il suo cuore e tutto quello che è riuscito a tirar fuori l'ha trascritto su un semplicissimo foglio di carta.
<allora posso dire che sei stata la mia musa ispiratrice?>
<ecco, questo sì> dico pavoneggiandomi, mentre vedo lui che mi guarda attentamente.
<ho qualcosa che non va?> chiedo, mentre mi aggiusto i capelli.
<sei bellissima> ogni volta che mi dice questa frase, il mio stomaco si trasforma in uno zoo.
Sorrido sulle sue labbra non appena inizia a baciarmi.
<ti amo tanto> mi guarda con un piccolo sorriso.
<Edoardo!> si avvicina la direttrice.
<complimenti, te lo sei meritato> dice, porgendogli delle carte.
Lui la guarda con uno sguardo interrogativo e lei, subito dà risposte alle sue domande.
<hai ottenuto una riduzione della pena. Fra una settimana sei fuori> gli accarezza la spalla, prende le carte e se ne va, sorridendo.
Una settimana? Una settimana e va via?
Sono felice per lui, davvero. Ha passato tanti anni qui dentro, i migliori della sua vita dato che tutta la sua adolescenza l'ha trascorsa in queste quattro mura.
Ma il mio lato egoista vuole che lui non vada via. La paura di perderlo e di poter mandare tutto a puttane ciò che abbiamo costruito qui dentro mi sta letteralmente divorando.
Tutti dicono che bisogna credere alle persone quando promettono e non quando giurano. Edoardo mi ha promesso di aspettarmi, che quando uscirò, lui sarà qui fuori e una volta usciti entrambi da tutto questo schifo potremmo cominciare la nostra vita, recuperando tutto il tempo perso in carcere.
Lui mi ha promesso che anche se staremo distanti la fiamma che si è accesa tra noi due non si spegnerà mai ed io so che lui manterrà la sua parola.
Non abbiamo neanche il tempo di avere un confronto che arriva Lino.
<Conte, a colloquio. C'è tua madre che ha un urgente bisogno di parlare con te>
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By 16d03_
MariaSole, Edoardo ed il loro amore dietro le sbarre. Una storia inspirata alla fiction "Mare Fuori".๐ More