Undicesimo giorno
Date le premesse della giornata precedente, non avrei mai immaginato che a distanza di ventiquattro ore mi sarei annoiata fino a impazzire.
Mi trovavo nell'aula ovale della biblioteca. Era diventato il punto di ritrovo per le comunicazioni della squadra, per permettermi di partecipare attivamente alle riunioni nel caso ce ne fosse stato bisogno. Mi faceva piacere essere considerata parte integrante del grande gruppo.
Eppure, ero lì da svariate ore senza ricevere notizie da nessuno. Avevo sfogliato un libro molto svogliatamente per la gran parte del tempo, ponendolo infine dinanzi al mio volto, così da creare un divisorio tra me e le decine di ragazzi che non facevano altro che fissarmi senza pudore. Detestavo essere additata in qualsiasi modo e il chiacchiericcio udito non faceva altro che aumentare la mia insicurezza. Ero stremata e stanca: la notte precedente avevo impiegato il tempo a mia disposizione per rimuovere i pezzi di carne incastrati tra i capelli, piuttosto che dormire.
Mi interrogai sui motivi che avrebbero potuto indurre una riunione. La mattina precedente avevamo discusso dei miei poteri e di come si fossero sbloccati, mentre nel pomeriggio Christopher aveva tirato, letteralmente, per orecchie Lake e Kit per rimproverarli della rivolta avvenuta in mensa a causa loro.
Quindi l'unico vero motivo potevano essere novità sulla posizione dei ribelli. Quell'opzione stuzzicò la mia curiosità.
Sorrisi a quelle pagine ingiallite costatando che avrei tanto voluto avere qualcuno al mio fianco con cui parlare. Escludendo James, il quale non poteva vagare per l'Accademia, gli unici altri erano i ragazzi della squadra, ma anche loro avevano il proprio da fare. Dimostrazione ineccepibile era quella attesa estenuante e nessuno che si era preoccupato di avvisarmi di un eventuale ritardo.
Eppure, sembrava una questione urgente quando Max aveva bussato alla mia porta dicendo che le lezioni con Sander sarebbero state sospese per un paio di giorni così che io avessi potuto partecipare alle riunioni.
Forse ci stavo solo credendo più del dovuto. Forse il silenzio sarebbe stato il mio unico vero amico in quel luogo dimenticato dal tempo. Abbassai la testa lasciando che il libro scivolasse tra le mie mani. Avevo pensato fin troppo.
Passarono una manciata di secondi prima di accorgermi di non essere sola come avevo ipotizzato. Dall'altro capo della scrivania scorsi un paio di gambe incrociate su di esse.
«Christopher?» chiesi con fare circospetto. Il biondo aveva le braccia incrociate al petto e sorrideva tranquillo come se nulla fosse. Fece spallucce quando il mio volto si corrugò in una smorfia di disappunto.
«Da quanto sei qui?» domandai incerta. Il ragazzo protese le labbra in avanti facendo finta di pensarci.
«Quarantotto minuti e ventitré secondi. Ce ne hai messo di tempo per svegliarti, dormito bene? Non volevo disturbarti, così ho aspettato.» Sbarrai gli occhi. Probabilmente avevo delle ore di sonno arretrate da recuperare. Non essermi accorta della sua presenza mi fece capire quanto fossi sfinita.
«Come fai sempre a sapere... conti sempre tutto in maniera così fiscale?» lo interrogai considerando quanto adorasse scaglionare ogni lasso di tempo.
«Devo farlo, altrimenti come potremmo sapere quando e dove condurre i nostri viaggi? C'è un motivo per cui sono io il caposquadra, nonostante a mia madre piaccia pensare il contrario. Ho delle buone qualità di leadership: te lo posso assicurare.» Si stiracchiò sulla sedia, anche lui era rimasto in attesa di tutti gli altri. E probabilmente guidato dalla noia, iniziò a rigirarsi i pollici lanciando fugaci occhiate nella mia direzione. Sembrava combattuto su qualcosa, fino a che, smise di tergiversare intavolando una conversazione.
«Delaney, è una cosa mi sto chiedendo da un po' e che non ho ancora avuto modo di chiederti... ma tu cosa facevi prima di tutto questo?» Christopher sembrava per la prima volta in difficoltà «Cioè... voglio dire, la tua vecchia vita deve mancarti. Non so praticamente nulla di te, a parte quello che mostri a noi. Mi chiedevo se tutto questo non fosse troppo... difficile, ecco.» Fu una considerazione che non mi turbò, anzi, mi fece sogghignare di piacere. Abbassai lo sguardo quasi imbarazzata. Non avevo mai pensato veramente alla mia vecchia vita prima del disastro. Mi si alleggerì l'anima, anche perché mi stava parlando come un amico.
«Vuoi sapere chi è Delaney Holland?» domandai con tono di sfida. Strofinai le mani tra di loro dopo aver incurvato un sopracciglio.
«Mi sembra di capire che questo sarà uno scambio d'informazioni. E va bene. Ti parlerò di Christopher Hart Thompson prima, ma solo per metterti a tuo agio.» Feci un segno di assenso mettendomi comoda per ascoltarlo. Poteva iniziare a parlare quando voleva.
«Beh, questo ragazzo, chiamiamolo Chris per comodità, è una persona ligia al dovere. Forse la sua qualità principale è l'osservanza delle regole, oltre l'indubbia bellezza fisica.» Scossi il capo divertita.
«Credo che questo giudizio spetti ad altri, puoi continuare, Christopher Hart Thompson.» Mi morsi un labbro dopo aver constatato che sarebbe stato alquanto costruttivo l'esserci ritrovati a parlare. Il biondo non poté far altro che ridere di rimando.
«E va bene, lascerò che sia la signorina a giudicare. Quindi, dove ero rimasto? Ah sì, la sua indubbia bellezza che ovviamente non sarà smentita. Anche se, sai cosa c'è? A Chris non piace parlare da solo, preferisce ci sia uno scambio di informazioni reciproco e contemporaneo.» Si allungò con il busto verso il tavolo incrociando le braccia su di esso e poggiando il mento sui suoi avambracci. Accettai il guanto di sfida lasciando che la mia schiena si staccasse dal solido appoggio per incastrare i miei occhi smeraldini nei suoi.
«Delaney, invece, è una ragazza che mette fortemente in dubbio la tua voglia di interloquire con me e-»
«Non dovrebbe» commentò Chris senza sarcasmo.
Lo guardai torvo. «Scusa, continua pure. È il tuo turno.» Alzò le braccia in aria in segno di resa. Era una situazione estremamente divertente.
«Okay, allora... Delaney era una ragazza introversa. Aveva il suo piccolo mondo perfetto a New York: chiusa nella sua stanza adorava vivere con le sue certezze. Le piaceva imparare, cosa che a dir la verità non è mai cambiata. Aveva e ho tanta sete di conoscenza. Per questo decise di studiare Legge. O forse perché credeva di poter aiutare a far giustizia nel mondo. In un certo senso Delaney voleva diventare una "viaggiatrice" per gli umani: salvare il futuro delle persone innocenti condannando i criminali.» Abbassai lo sguardo per quella costatazione. Cosa mi stava prendendo, perché addirittura ero arrivata a pensare a me al passato?
«Cosa è cambiato per Delaney, adesso?» Chris si espose preoccupato per la mia psiche. Non risposi, anzi, levai un sussurro: era il suo turno di confidarsi. Sbuffò capendo al volo il messaggio.
«Chris un tempo era una persona piena di insicurezze. Non era forte, non era capace e non era cosciente delle sue qualità. Ma non si è mai abbattuto. Ha costruito la sua fortezza sulla convinzione che un giorno tutti gli sforzi che avrebbe compiuto sarebbero stati ripagati. Non ha mai voluto denaro o ringraziamenti, ma quello che ha sempre ricercato è una vita in cui tutti possano essere liberi. Peccato che Chris abbia la constante sensazione di fallire. Chi voglio prendere in giro... io ho costantemente paura di sbagliare e che per causa mia ci siano gravi ripercussioni. Convivo con il terrore e il peso delle responsabilità, ma lo sopporto ben volentieri se significa assicurare tranquillità per chi voglio bene.» Tacque poco dopo probabilmente a causa della voce sempre più tremante, approfittando del silenzio per poter dirottare il discorso su di me e fargli riprendere fiato.
«Quello che è cambiato nella mia vita è che ho perso le mie certezze. Sono spaventata dalla possibilità che non ci sia più niente per me lì fuori ad aspettarmi, che sia tutto inutile e che io lo sia in primis. L'inadeguatezza regna sovrana nella mia anima, mettendo radici che rendono fragile il mio spirito, molto di più di quanto io lasci a vedere... credo che potrei crollare se mi fermassi a pensare. Perciò evito di farlo, convincendomi giorno dopo giorno che vada tutto bene e che nonostante le difficoltà io possa farcela. Lo devo a me stessa. Lo devo a James e ai miei genitori.» Mi morsi la lingua nell'esatto momento in cui le iridi nocciola di Chris si spostarono sulla mia figura. Erano languidi e interessati. Stavo forse sbagliando ad aprirmi così tanto con qualcuno con un potere decisionale sulla mia vita? E se non mi avesse più considerato adatta per rappresentare la sua squadra?
«Io penso che tu sia una persona forte. Non esiste mondo o spazio dimensionale in cui una ragazza come te possa dubitare delle sue capacità. Mi dispiace che ti senta sola e probabilmente parte della colpa è anche mia. Sono sempre stato molto scontroso e avrei dovuto interessarmi fin da subito al tuo benessere, perché credimi quando dico che l'unica cosa inadeguata in questa stanza sono i tuoi occhi spenti quando parli di una te stessa che non ti appartiene. Io vedo chi sei veramente.» Rimasi colpita dalle sue parole.
«Non credo che il nostro gioco stia andando nel verso giusto...» cercavo disperatamente un scusa per interrompere quel discorso. Mi sentivo estremamente fragile ed esposta.
«Perché? Hai paura di non poterti fidare di me? Hai paura di me? Non ti sto né mentendo, né ho intenzione di prenderti in giro. Non lo farei mai. Ciò che dico lo penso sul serio. Sai, Chris è anche estremamente sincero.» Aveva centrato il punto in pieno: avevo fede in lui? In loro?
«Ho paura di essere ferita. Non so se sopporterei un altro colpo» ammisi stringendo tra loro le ginocchia e distogliendo lo sguardo. Nel mio campo visivo entrò una mano e, quando sollevai il capo, notai Chris in piedi a un passo da me. Cosa stava combinando?
«Facciamo un patto. Faremo di tutto per non tradire la fiducia che abbiamo riposto nell'altro. E non mi guardare così, so che nel profondo già lo fai, altrimenti non mi avresti confidato le tue insicurezze. Io ho fatto la stessa cosa con te: sei la prima che viene conoscenza della fragilità di Christopher Hart Thompson.» Incurvò un angolo della bocca verso l'altro con disinvoltura prima di continuare a parlare. «Non farlo sapere troppo in giro, qualcuno potrebbe non essere più intimorito da me se si sapesse ciò che ti ho detto. Perciò siamo pari: abbiamo entrambi la possibilità di essere feriti dall'altro. Quindi... ci stai?» Christopher sorrise sincero. Aveva scoperto le carte in tavola in maniera del tutto onesta. La sua sincerità era disarmante.
Forse aveva ragione: mi ero affidata a lui fin dal primo istante. Fin da quando mi aveva trattenuto a sé in quel caldo mattino estivo in cui tutto era iniziato.
Mirai la sua mano lasciata a mezz'aria ancora per un po'. Talmente concentrata a pensare che per me era lui la persona più forte che io avessi mai incontrato. Oltre che la più coraggiosa. Aveva rischiato così tanto ed era solo grazie a lui se ero giunta lontano. A lui dovevo molto più che solo la mia vita. A lui dovevo la seconda possibilità che mi era stata donata.
«Ci sto.» Mi misi in piedi afferrando la sua mano con decisione e stringendo le mie dita affusolate intorno le sue. Sorrisi mostrando il candore dei miei momenti felici, sperando che in qualche modo potesse essere fissato in bianco e in nero, per sempre, nella mia mente.
Chris non accennava al voler allentare la sua stretta. Sembrava nuovamente in difficoltà, mentre serrava la mascella.
«È un piacere conoscerti, Cristopher Hart Thompson» lo presi alla sprovvista rompendo quell'assurdo silenzio e sigillando il nostro accordo. Il biondo rinsavì attingendo alle sue forze per spostare il mio palmo verso le sue labbra, prostrandosi in un perfetto baciamano. Le sue pupille rifletterono il mio volto senza mai sottrarsi.
«Il piacere è tutto mio, Delaney Holland.»