21
L'aria si stava facendo troppo pesante per i miei gusti, allorché mi decisi a muovermi in direzione della porta che dava sul giardino e disfarmi degli sguardi curiosi degli altri che mi fecero sentire sottopressione, quasi obbligata. Io con Ben, se pur non provavo quella forte attrazione tipica degli amanti, gli dovevo servire garbo e riconoscenza anche solo per il semplice fatto mi sopportasse con pazienza.
Appena varcammo la soglia e scesi i due gradini, mi fermai sul sentiero ghiaioso a rimirare il tramonto rossastro, oltre le colline ondulate, di quella giornata che scorreva nel suo flusso, ma con una piccola differenza: i pochi schiavi rimasti che lavoravano dall'altra parte degli alberi, confinanti con la siepe divisoria della villa.
"Tanti uomini per lavorare una sola terra" li guardai dispiaciuta.
Qualcuno si soffermò ansante, sollevando un braccio verso la fronte per liberarsi delle gocce di sudore, qualcun altro indugiò se continuare o meno ad arare il campo. Tutti uomini che un tempo potevano godere dell'aria di libertà che, per volere di uomini superiori, venne loro negata. Cosa c'era di più crudele al mondo che privare qualcuno della propria libertà? L'unica cosa che salva dalla crudeltà della vita quotidiana è anche la parola stessa. Ciò che la maggior parte degli umani vivevano, era una vita cui scorreva sotto un flusso corrotto di uomini dove il potere era dato alle monete d'oro, e dove c'era potere, c'era astuzia e perfidia: caratteristiche che una volta ritrovatosi, combaciavano come una catastrofe.
Ben mi si affiancò e di sbieco lo vidi sorridere bonario. "Questo ammiro di voi. Così magnanima e comprensiva con il prossimo" il suo sguardo fu impreziosito da una punta di letizia.
"Mi riempi sempre di complimenti, Ben" dissi a fior di labbra, avvicinandomi a un cespuglio di orchidee violacee. Ne staccai il gambo con delicatezza per poterne annusare la fragranza.
"Sei degna di tali lusinghe, mia cara. Desidero solo compiacervi"
Un sorriso spontaneo si manifestò sulle mie labbra. "Come mai eri già qui? Dove hai alloggiato?" Domandai curiosa, sviando quel discorso che già cominciava a farmi sentire in imbarazzo.
Iniziai a passeggiare sotto i suoni degli animali che si muovevano tra i cespugli, e lui a seguirmi. "Una taverna sicura a nord dell'isola, poco conosciuta da qualche inetto invasore. Sono giunto un giorno prima per concludere alcuni affari importanti e portare a termine un trattato per conto del governo" m'informò incisivo, sembrando essere un tantino vago a riguardo.
Da buona ficcanaso quale ero non potei che insistere per indagare, impicciandomi di faccende che non mi riguardavano. Dove vivevo non c'erano molte ragazze della mia età e quelle poche venivano preparate per essere rimandate a Londra, pronte per un altro debutto in società. Io il debutto l'avevo fatto in una taverna, buttandomi a capofitto dai balconi per sfuggire a qualche molestatore. Quindi, a cosa serviva per me, instaurare un rapporto confidenziale con qualcuna che ben presto sarebbe andata via? Nessun pettegolezzo, come avvenivano nella Bretagna, abbondava nella mia vita. A quel punto preferii crearmi quella vita fuggiasca a sud di New Weiven.
Mi misi a girare il gambo tra le dita. "Non vorrei sembrare invadente, ma sai bene che sono sola su quest'isola. Quindi spero non ti dispiaccia se ti domando di cosa tratta questo tuo affare che, definisci così importante" sollevai poi lo sguardo su di lui.
Si fermò lasciando che i suoi occhi si incatenassero nei miei. "Sai bene che puoi pormi tutte le domande che vuoi. Tu sei l'eccezione alla regola, Liz" mi rispose vezzoso, fissandomi languido. Per un attimo mi fece tenerezza, avevo un effetto così dominante sul suo umore da lasciarmi sorpresa ogni volta che ci ritrovavamo faccia a faccia.
Mi voltai in avanti nascondendo un sorriso velato, gettando il fiore sul prato. Con lui mi sentivo in armonia, ma non riuscivo a capire perché non lo volessi, perché la mia anima si ribellava e, il mio cuore, con la mente, si rifiutavano di vederlo come un uomo degno di starmi al fianco. Aveva tutte le qualità che poteva possedere un perfetto gentiluomo, eppure non mi attraeva, anche se più di una volta mi sforzai di guardarlo sotto una prospettiva diversa. Forse perché era stato scelto da mio padre, facendo in modo che le mie scelte venissero assecondate. Di sicuro non mi avrebbe fatto mancare nulla: un cospicuo lavoro, un uomo degno di nota e tutto quell'ardore riservato esclusivamente per me. Cosa poteva desiderare di più una donna? Eppure il mio cuore si sentiva oppresso. Forse, tutto riconduceva al libero arbitrio della mia persona, dato che per me decideva l'ambasciatore. Le mie scelte venivano prese in considerazione sempre da lui.
Ben avanzò accorciando le distanze. "Se vuoi così tanto saperlo, ti informo che stavo firmando anche alcune scartoffie riguardo una villa a nord dell'isola, una di quelle dove andremo a stabilirci" strabuzzai gli occhi senza nessuna forma di controllo. Mi sentii come se il suolo sotto i piedi stesse sprofondando.
"Cos'hai fatto!?" Strepitai incredula, non controllandomi.
Il suo essere fervido non andò a scemare con gli anni, semmai era accresciuto. A tutti i costi voleva ottenere un posto al mio fianco. Altresì eravamo fidanzati da solo due anni, e pur vero che nella società in cui vivevamo, alla mia età, già dovevo ritrovarmi sposata con un figlio sfornato e un uomo che avrebbe provveduto al resto, ma io non appartenevo a quella gerarchia e mio padre lo sapeva, per questo non mi aveva pressata ulteriormente, anche se alla buona occasione trovava una scusa per farmelo presente in modo da non dimenticarmi dei miei doveri. Le sue parole, in quel momento, rimbombarono alla mente: Tu sposerai Ben, fine della discussione!
Si ritrasse di scatto, accigliandosi e poi tornando normale per ricomporsi: colto all'improvviso dalla mia reazione. "Liz, tu... tu vuoi sposarmi, vero? Questo è quello che vuoi, no?" Ritrovò il coraggio di parlarmi, modulando la voce in una tonalità quasi offensiva.
Finii per guardare le nuvole in cielo, poi i fiori nelle vicinanze, e dal paese si sentirono le scampanate delle chiese. Ero pensosa e impaziente di terminare quella conversazione.
"Liz?" Mi richiamò abbassandosi alla mia altezza, nel tentativo di scorgere la mia attuale espressione.
Non lo risposi, rimasi lì impalata pensando qualche veloce scusa, già preda dell'agitazione, ma indugiai ancora su cosa potergli rifilare. Gli occhi cominciarono a bruciarmi, ma repressi ogni forma di amarezza e mi girai per evitare il contatto visivo. Dovevo fargli cambiare idea per cercare di avere più tempo a mia disposizione, nel frattempo il vento prese a soffiare sulle mie ciocche, smuovendole.
Tornai a girarmi. "Ben ascolta, forse non è ancora il momento. Siamo fidanzati da solo due anni e sai come la penso, la fretta mi mette ansia" cercai di controllare i movimenti della mani dall'ansia, intrecciandomele davanti la pancia per la stucchevole ammissione che gli spiattellai. Ma non sembrò una scusa ben strutturata, anzi, fu la peggiore che potei trovare. "Non dirlo a mio padre, per favore" aggiunsi supplichevole poco dopo. Il sole prese a tramontare dietro le colline e anche i flebili raggi sparirono, lasciando che le ombre prendessero a innalzarsi a poco. A quella situazione disagevole, ci accompagnò il cinguettio di qualche usignolo posato sui rami nodosi degli alberi di melo.
Lui chinò il capo, osservandosi le punte degli stivali e sussultò amareggiato dalla mia risposta, poi guardò con occhi scoraggiati. "Non glielo dirò. So che inizialmente non mi amavi" quella rassicurazione venne resa traballante dal susseguirsi della rivelazione, denotando quella che era sempre stata la verità mai detta. Con tutto ciò, continuò a fissarmi con occhi di un certo luccichio ferito. Non potei che inclinare la testa da un lato, lasciandomi ammorbidire il cuore.
"Si notava fin dai primi giorni, da quando posai gli occhi su di te. Non mi guardavi come ti guardavo io ma più ti osservavo, e più non potevo fare a meno di nutrire la mia anima dalla tua immensa bellezza. Sapevo che sarebbe stato difficile, tuttavia non ho mai smesso di lottare per averti. Io resto qui, qualsivoglia motivazione di ripensamento o situazione si frapponga fra noi due"
"Nonostante ciò, conoscendo l'evidente verità, ti riveli sempre più comprensivo. Devo riconoscerti l'immensa gentilezza del cuore, Ben" con voce soffice e confidenziale, mi espressi in un modo da permettergli a lui di compiere un ennesimo passo, accorciando pericolosamente le distanze. Potevo sentire il suo alito fresco molto vicino alle labbra.
"E questo cuore gentile non si nasconderà" si posò la mano sul cuore "la speranza che un giorno potrai ripensarci e imparare ad amarmi, come io amo te... resterà"
Cercai di controllare i respiri, ma nulla da fare, provai una sensazione di disagio sentendo persino la leggerezza avvolgermi dall'interno, insieme a delle pulsioni che arrivavano dal basso ventre. Mi vergognai di me stessa, la mia innocenza stava per essere messa alla prova da sensazioni che, con lui, non avevo mai provato. Ben, con movimenti lenti, raggirò le mie labbra lasciando sfiorare la sua morbida pelle contro la mia, fino a sentire il suo respiro più vicino, finché un tenero bacio casto mi venne dato sulla guancia in fiamme.