3. Tra gli scaffali

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Si era appena trasferito a Seoul.
Non conosceva bene la città, ma aveva subito memorizzato la posizione di una libreria in cui qualche giorno sarebbe andato per rimpinzarsi di libri.
Quello fu il giorno in cui si decise ed entrò.

Amava da sempre i libri, forse fin troppo.
Così tanto che a Busan, la sua città natale, preferiva leggere un bel libro a casa che uscire con i suoi compagni.
Finì perciò per diventare un lupo solitario, ma gli stava bene così.
Era indipendente, non aveva bisogno di nessuno.
Fino a quel momento...

Entrò nella libreria e cominciò a camminare tra gli scaffali, in cerca di qualche libro interessante.

Ogni scaffale aveva un biglietto attaccato, con su scritto il genere di libri.

Si fermò davanti lo scaffale del genere thriller e guardò un paio di libri, fino a quando non ne prese uno in particolare.

Lo aprì e si mise a leggere le prime due pagine.

Ormai andava all'università, ma nonostante gli studi avrebbe ritagliato sempre qualche momento per lettura.

Viveva da solo in un piccolo appartamentino.
Sapeva che avrebbe dovuto trovare un coinquilino, ma all'università non aveva conosciuto nessuno, i libri erano i suoi unici amici.

Molti avrebbero reputato "triste" la sua situazione, ma a lui andava bene così.
Non gli piaceva stare da solo, gli piacevano solo i suoi spazi.
Ma la verità è che era solo e lui non era affatto felice di questo.
Ma finché non esternava quel sentimento di tristezza in qualche modo, non se ne rendeva conto.
Mentiva a se stesso.

Era sempre stato realista, una di quelle persone che credono in ciò che vedono.
La sua verità si basava sui fatti.
Ma ciò lo limitava, perché non riusciva a vedere oltre i fatti.
Perciò finché non dimostrava di star soffrendo, pensava di stare bene.
Ed è strano per un lettore accanito come lui limitarsi alla realtà dei fatti, senza sognare cosa ci può essere nel mondo di non visibile all'occhio umano.
Senza riuscire a vedere "oltre la siepe", come invece faceva Leopardi.

Forse non guardava il mondo con gli occhi giusti.
Forse leggeva i libri sbagliati.

Arrivato a metà della quarta pagina una voce lo disturbò.

«Ti piacciono i thriller psicologici, eh?» parlò la voce maschile accanto a lui.

Jungkook si girò e vide un ragazzo con un grembiule e la targhetta col suo nome attaccata. Capì che lavorava lì.

«A te no?» gli rispose con una domanda lui, leggermente a bassa voce per l'imbarazzo.

«Certo che sì. Ma non piace a tutti questo genere, perciò sono abituato a essere l'unico a leggere questo tipo di libri» rispose.

«Non sei più l'unico» sorrise alzando le spalle. «Lo hai letto?» gli chiese timidamente.

«Certo. È uno dei migliori di questo genere» rispose. «Ha buoni gusti, il ragazzo» gli sorrise.

«Grazie» le guance di Jungkook si colorarono di un rosa chiaro, ma più scuro del suo colorito.

Non era abituato a lunghe conversazioni con estranei, tanto meno a complimenti.
Mentre l'altro sembrava essere molto a suo agio.

Il ragazzo si diresse verso la cassa e Jungkook lo seguì.
L'altro si posizionò dietro il bancone, il moro gli passò il libro, lui lesse il titolo, rigirandoselo tra le mani, prima di vedere il codice a barre e stabilire il prezzo.

Jungkook nel frattempo era indeciso se iniziare una conversazione o starsene zitto. A causa della sua insicurezza in campo, dovuta allo stare sempre da solo, gli procurava un po' di fatica a relazionarsi.

«Quanti anni hai? Sembri troppo giovane per lavorare» scherzò, per poi maledirsi subito dopo per la frase stupida che aveva appena detto.

«Sono sicuro di essere molto più grande di te invece! Comunque ho ventidue anni» rispose, passando il libro nel sensore a scansione. «Tu quanti ne hai? Anzi no, aspetta, fammi indovinare... sedici?» rise.

«Sì certo» ruotò gli occhi. «Ho vent'anni» rispose Jungkook.

«E così il sedicenne ha vent'anni...» scherzò. «E fai l'università?» mise il libro in un sacchetto.

«Già».

«Che facoltà?» gli chiese curioso.

«Economia e finanza».

«Ti facevo più un tipo da materie umanistiche» scherzò l'altro.

«Tu invece non hai frequentato l'università? Ti sei fiondato subito sul lavoro?» osservò il primo.

«Be', è una storia lunga e noiosa, ma sì. Magari ne riparleremo quando ritornerai» gli fece l'occhiolino di nuovo.

«Stai dicendo che vuoi rivedermi?» sorrise imbarazzato il minore.

«Sono sicuro che lo farai. Insomma, sono molto simpatico» scherzò l'altro, e i due risero.
«Oh, stavo dimenticando il tuo libro, ecco a te» lo mise nel sacchetto e lo restituì all'altro.
«Sono 14,900 won» disse, mentre il ragazzo prendeva i soldi dallo zaino che portava in spalla.

«Ecco» Jungkook glieli consegnò.

«Non sei del posto, vero?» notò il maggiore, mentre metteva i soldi nella cassa ed estraeva il resto.

«Come l'hai capito?» si sorprese il primo, mettendo in tasca le monete.

«Dal tuo accento. Di dove sei?» gli chiese il ragazzo dietro il bancone.

«Busan» rispose l'altro.

«Ecco perché avevi un accento familiare! Ho un amico di Busan, magari vi conoscete anche. Si chiama Park Jimin».

«No, mai sentito» ammise Jungkook.

«Come ti chiami?» continuò il secondo.

«Jungkook» rispose. «Tu?»

L'altro allungò una mano e sorrise: «Piacere, sono ***».

※※※

«Jungkook? Ti senti male? Sei pallido» si preoccupò l'infermiera, scuotendolo un po' da una spalla.

Era da giorni che Jungkook si sforzava di ampliare le scene di un ragazzo e dei libri in veri e propri ricordi.
E finalmente era riuscito a ricordare qualcosa in una libreria e con un ragazzo.
Ma nei suoi ricordi la faccia del misterioso ragazzo era oscurata.
Non si ricordava ancora niente di lui, né i capelli, né la corporatura, né il nome, niente.

«Jungkook, dammi un segno. Hai mal di testa?» insistette l'infermiera.

Ma Jungkook era così scosso da quello che aveva appena ricordato che non riusciva a pensare ad altro, neanche alla donna che aveva davanti.

Arrivarono altri infermieri, che lo portarono nel reparto di terapia intensiva, dove riposava prima di iniziare la riabilitazione di quella giornata.

Iniziò a girargli la testa.
La stanza cominciò a girare intorno a lui e le voci si ovattarono.
Era inverno ma aveva la fronte sudata.
Lo fecero sdraiare nel suo lettino e lui chiuse gli occhi.

Ma appena chiuse gli occhi, ritornò in quella libreria.

※※※

«E tu di dove sei?»

«Daegu».

※※※

Riaprì gli occhi.
Era ancora in ospedale.

Il Ragazzo Senza Volto || ᴠᴋᴏᴏᴋDove le storie prendono vita. Scoprilo ora