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Cinque mesi dopo (01-07)

E

ra arrivato il caldo, con esso le scuole si erano chiuse e le giornate si allungavano. Elia era felicissimo, ma lo stesso non si poteva dire di Dam, che da sempre aveva odiato l'estate: troppi colori, troppa allegria, troppo mare e... il suo compleanno. Era il primo luglio, e fra nove giorni esatti avrebbe compiuto 19 anni, 19 lunghissimi anni! Non poteva essere più sconsolato di così. E aveva sperato con tutto se stesso che Elia non se ne ricordasse, ma a giudicare dal modo in cui lo guardava, evidentemente non era così.
«Come fai a non essere emozionato?» chiese Elia, salendo con le ginocchia sul letto, per poi sedersi a gambe incrociate.
«Ho vinto un milione alla lotteria?» chiese sarcastico.
«Ma no! A breve farai 19 anni, io al posto tuo starei già pensando a dove fare la festa!»
«Tu. Io non vedo perché dovrei festeggiarlo.»
Elia capì che Dam era veramente turbato, e non lo stava facendo solo per farlo ridere!
«Hai mai visto qualcuno far festa quando muore un parente.» distese le gambe, e di girò su un fianco. Elia gli si mise accanto, notando gli occhi di Damien ora leggermente bagnati.
«Qui non stiamo parlando morte.»
«Sì, invece. Sono morto il giorno della mia nascita, e non vedo perché dovrei festeggiare, ricordando il giorno più brutto della mia stupida vita! Lo trovo insensato.»
«Ma...» Elia era rimasto senza parole.
«No, Elia, ti prego. Da quando ti conosco... ho cambiato opinione su molte cose, tantissime, mi hai fatto fare cose che prima non avrei mai pensato di fare, ad esempio confessare il mio passato da autolesionista ai miei genitori. Ma non cambierò mai idea su questo. Continuo ad odiare la vita, giorno dopo giorno, solo che con te al mio fianco è tutto molto più semplice. Sei la mia torcia in questo mondo oscuro!»
Con quelle parole, era riuscito a far credere ad Elia di essere stato... un fallimento. Pensava che era riuscito a fargli amare la vita almeno un poco, ma non era stato così.
«So che tu già stavi pensando ad una festa, ma io non ne voglio. Mi dispiace.»
Elia spostò i capelli dal viso di Damien, che però tornarono a coprirlo a causa del ventilatore puntato su di loro.
«Solo noi e gli amici.»
Dam gli sorrise, ma era un sorriso triste.
A che cosa stava pensando in quel momento, si chiedeva Elia.
«Ti prego, Dami, ti prego!» il castano lo stava quasi supplicando.
«Perché ci tieni così tanto?» gli chiese Damien.
«Io... n-niente, è solo che... volevo davvero fare qualcosa per te.» gli era tremata la voce, ma cercò di mascherarlo con un finto colpo di tosse. Damien si alzò su un gomito, e lo guardò dall'alto.
«Stai bene?» gli chiese preoccupato.
«Sì, sì. Te l'ho detto. Volevo solo fare qualcosa per te, ma se non vuoi me ne farò una ragione.» in realtà Elia lo desiderava con tutto se stesso, lo voleva davvero! Però non poteva costringerlo.
«No... c'è di più, me lo sento. Quell'idiota di Jack ti ha fatto qualcosa?»
«Cosa? No, Jack non centra niente. Non ho nulla, ci sono solo rimasto un po' male... ma nulla di cui preoccuparsi.» si mise seduto, con le gambe fuori dal letto e il vento che gli muoveva i capelli e la canottiera bianca. Abbassò lo sguardo sulla sua bombola, poi si girò mostrando il sorriso più finto di tutta la sua vita.
«Non preoccuparti per me, Dami! Sto bene!»
Damien si sentiva uno stupido, ancora una volta stava facendo soffrire Elia. Si sedette al suo fianco, e appoggiò il mento sulla spalla del castano, poi gli baciò il collo.
«Va bene, Eli, puoi farlo.»
«Ma tu non lo vuoi!»
Damien accennò un piccolo sorriso.
«Sono stato a otto compleanni, otto! Non avevo neppure idea di chi cavolo fosse Mary, eppu re ci sono andato. Posso sopportare anche il mio, e ovviamente il tuo!»
«Non ci credo, li hai contati tutti?»
«Sì. Allora che festa sia, ma non una cosa grande. Una cosa ristretta, non come quelle di mio fratello e Jason.»
Elia sapeva che molto probabilmente aveva accettato solo per non farlo soffrire, e gli era veramente grato per questo bellissimo gesto, eppure non voleva e non poteva dirgli "non ci fa nulla, se non vuoi non posso obbligarti"! Non poteva. Non voleva. Non poteva far passare il diciannovesimo compleanno della persona che più amava, come se fosse stato un giorno qualunque. E si sentì anche un po' egoista, mentre rispondeva:
«Ok, vedrò cosa posso fare!»

Damien stava facendo il bagno, quindi Elia ne approfittò per riunire Chris, Lydia e Georgie in cucina, per parlare.
«Devo dirvi una cosa.» iniziò.
I ragazzi lo stavano ascoltando.
«Come saprete, fra nove giorni esatti sarà il compleanno di Dami.»
Chris, di fronte agli occhi lucidi di Elia, si chiese se fosse il castano ad essere troppo sensibile e si emozionava facilmente, oppure lui ad essere senza anima.
«Non dirmi che hai intenzione di fargli una festa a sorpresa.» disse Lydia.
«No, non è a sorpresa, lui lo sa.»
«E... vuole?» Chris era seriamente sorpreso.
«Non proprio. Ha accettato, ma non sembrava del tutto convinto.» rispose Elia.
«Allora perché la vuoi fare? Elia, conosci nostro fratello.»
«Lo so Chris, però... io...»
«Non ha mai festeggiato il suo compleanno. Sai come ha festeggiato il suo diciottesimo compleanno?» Chris lo stava solo avvisando. Non voleva che ci restasse male, per eventuali problemi con Dam.
«Gli avevamo preparato una torta, sperando che almeno per i suoi 18 anni l'accettasse. Invece lui l'ha buttata a terra, dicendo che non voleva nessuna torta e nessun regalo. Poi è andato in camera sua, come al solito, e quando sono andato a controllare come stava l'ho sentito piangere. Ha passato il suo compleanno piangendo. E se stai pensando che magari da piccolo ha festeggiato ti sbagli! Quando ho detto ai miei genitori che volevo fargli una festa, mi hanno risposto: "Tuo fratello non ha amici, anche se invitassimo i suoi compagnetti non verrà nessuno, e questo lo farà soffrire!" Avevo 12 anni, ricordo di essere stato triste tutto il giorno per quella frase.» sentì una fitta al cuore anche solo parlandone.
«Però, se adesso ha accettato, vuol dire che non gli dà poi tanto fastidio. Forse perché ci sei tu.»
«Il mio piccolo Dami!» prese un orsetto gommoso dal vassoio delle caramelle, e la mise in bocca prima di riprendere a parlare.
«Non voglio fare una cosa in grande. Qualcosa che gli faccia capire che io non sono il solo a tenere a lui. Voglio fargli passare un compleanno felice. Voglio vederlo felice.» voleva sorridere, ma tutto quello che riuscì a fare fu abbassare lo sguardo sul tavolo e asciugare le guance.
«Elia! Ma cosa hai?» chiese Lydia, cercando aiuto in Georgie, che però era stranamente silenziosa. Anche il ragazzo più stupido del mondo avrebbe capito che c'era qualcosa sotto.
Ma, prima che qualcuno potesse dire anche una sola parola, qualcuno suonò al citofono. Andò Georgie ad aprire, anche se quella non era casa sua.
Quando la ragazza tornò dagli altri, era accanto ad un ragazzo, che superava il metro e ottanta. Aveva i capelli biondo scuro/castani, gli occhi versi ed un viso fin troppo conosciuto da Chris. Questo si alzò, sorpreso e felice, e andò in contro al suo migliore amico Logan. Con lui era cresciuto, avevano fatto tante di quelle avventure indimenticabili che lo avrebbero fatto sorridere sempre, anche dopo anni, anche alla vecchiaia. Logan era come un secondo fratello.
Si abbracciarono, e in quel momento Elia ebbe il tempo di asciugare le lacrime e fingere che nulla fosse successo. Si sentì molto sollevato!
Quando i due ragazzi si separarono, era evidente l'emozione in entrambi. Lydia conosceva Logan, era spesso in casa loro a Milano, un po' come Elia a Roma! Georgie lo aveva visto solo tramite fotografie e video che Chris aveva di loro, conosceva il loro rapporto e poteva comprendere il perché di tutta quella felicità. Elia, invece, aveva creduto fosse un loro cugino.
«Logan, che cosa ci fai qui?»
«E me lo chiedi anche? Il mio migliore amico sta per avere un figlio, credevi davvero me ne sarei stato lì? Non sapevo se sarei potuto venire al momento della nascita, quindi ne ho approfittato dei primi giorni di vacanza del lavoro.»
«Non me lo sarei proprio aspettato.» confessò Christopher.
«È questo il bello.»

☆☆

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