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Elia era rimasto in ospedale per due settimane. La febbre andava e veniva ripetutamente, pertanto non lo avevano dimesso in giornata. Damien era stato con lui tutto il tempo, fatta eccezione per la notte -si alternavano Edward e Lucia- e quei piccoli momenti che dedicava a se stesso per la doccia. Ne approfittava anche per piangere, sapendo che non avrebbe potuto farlo in presenza di Elia, perché come gli dicevano tutti non aveva bisogno di guardarli disperato per guarire. Non era andato a scuola, Elia glielo aveva detto di andare, ma lui non ne voleva proprio sapere. Andare a scuola, seguire le stupide lezioni e litigare con i professori quando c'era Elia malato in ospedale non gli sembrava la cosa esatta da fare. Si chiedeva come potessero gli altri andarci, pur sapendo che il loro migliore amico stava male. Ma Damien conosceva abbastanza bene Elia da credere che era stato lui a costringerli. Dam però era troppo testardo quando voleva, e in più non gli era mai importato nulla della scuola.
Quando Elia fu fuori dall'ospedale -due settimane dopo, appunto-, si portava dietro una bombola d'ossigeno che lui aveva rinominato "i miei nuovi polmoni", provando a buttarla sul ridere... anche se nessuno, lui compreso, aveva riso. I suoi polmoni non riuscivano a produrre ossigeno, ancora meno di prima, e la bombola poteva farlo. Damien non si era abituato, e non lo avrebbe mai fatto, a vederlo camminare e trascinarsi dietro... quell'affare.
Lo odiava. Voleva essere lui al suo posto, prendersi tutte le sue sofferenze in modo che potesse vivere la sua vita come si meritava. E invece no...
«Dam?» Lydia lo distrasse dai suoi pensieri. Ora che Elia era a casa sua, si era finalmente deciso ad andare a scuola. Teneva le mani in tasca, il solito cappuccio in testa e la testa puntata verso il basso, osservando ogni suo movimento.
«Mmm?» si girò verso di lei.
«Stai bene?» voleva mettere la sua mano sulla spalla del fratello, accarezzarlo e anche abbracciarlo ma lui l'avrebbe sicuramente respinta.
Lui annuì piano. Poi si fermò, e lo stesso fece la ragazza.
Aveva gli occhi neri fissi in quelli verdi di lei, che come quelli del ragazzo venivano coperti dai capelli mossi dal vento.
«Vieni con me.» disse lui, senza aggiungere altro.
«Lo sto già facendo.»
«No. Non a scuola. Da un'altra parte.» specificó lui.
Lydia era confusa. Dove voleva portarla, e perché? Era anche agitata agli occhi del fratello.
«No-non vuoi?»
«Io... sì, ma dove?»
Damien non rispose, semplicemente riprese a camminare facendosi seguire da Lydia.

Arrivarono nel luogo segreto di Damien. Lei si guardava attorno meravigliata, trovando affascinante quel posto tranquillo e verde, chiedendosi come facesse Dam a conoscerlo.
Si sedettero a terra.
«Perché mi hai portata qui?» chiese, togliendo lo zaino dalle spalle; così fece anche Damien, e lo usò come schienale.
«Perché devo parlarti, e non volevo farlo a scuola o... in mezzo alla strada. E neanche a casa.» si affrettó a dire, prima che fosse stata la ragazza a suggerirlo.
«Oh. E cosa devi dirmi?»
Il ragazzo non trovava le parole giuste, anche se sapeva perfettamente cosa doveva dirle.
«Io...» mise le mani in grembo, le dita incastrate fra di loro e lo sguardo puntato su di esse.
«Mi dispiace.»
Lydia sgranó gli occhi. Tutto si aspettava, ma non quello.
«Sono stato un pessimo fratello. Con Chris ho litigato molto, ma con te... credo di aver esagerato in molte occasioni.»
La sorpresa aveva tolto le parole di bocca a Lydia, pertanto lasciò che proseguisse il suo discorso.
«È vero che in quei momenti mi hai fatto incazzare molto, ma non avrei mai dovuto metterti le mani addosso. Mai. Me ne sono sempre pentito subito dopo, ma non sono mai venuto da te a chiederti scusa. Avrei dovuto farlo...» si era bloccato, non sapendo più cosa dire. Non era bravo nei discorsi, soprattutto di quel genere.
«Perché mi odi?» chiese la ragazza.
Damien comincia ad avvertire le lacrime bruciare.
«Quando sei nata noi due eravamo molto uniti. Avevo due anni, e giocavamo spesso assieme. Anzi, a dire la verità sempre -lo so grazie a foto e video che facevano, e che ho trovato pochi giorni fa. Poi tu hai compiuto quattro anni, io sei... e improvvisamente mi sono sentito meno apprezzato da tutti. Chiamavo la mamma, ma lei era impegnata con te. Chiamavo papà, ma stava pensando a leggerti la favola della buonanotte. Chiamavo chiunque ma nessuno mi dava retta perché erano troppo impegnati a guardare te che improvvisavi qualche mossa di danza. Volevo un gelato, un maledetto gelato ma nessuno mi sentiva. Ero seduto in un angolo, guardavo voi e chiamavo uno ad uno tutti perché volevo "il gelatino"... ma, come ho già detto, nessuno mi sentiva. Così poi mi sono alzato, e correndo sono venuto verso di te e ti ho spinta. Ho avuto tutti contro, perché non mi avevi fatto nulla. La mamma e papà mi hanno rimproverato, tutti erano contro di me... tutti eccetto Chris che intanto filmava tutta la scena...»
«Tutto questo per un gelato?»
«No. Ero geloso. Essendo la più piccola, ti sei presa tutte le mie attenzioni, tutti i miei giocattoli, tutto. Avevo soltanto sei anni, e forse ti potrà sembrare impossibile, ma io mi sentivo escluso. Ero geloso. E lo sono stato tutto questo tempo. Nella mia testa pensavo che, se ti avessi trattata male, anche tu saresti stata triste tanto quanto me. Ho voluto renderti la vita un inferno, ma così facendo ho rovinato ancora di più la mia perché io ero nel torto. Ovviamente.» vedeva le sue mani sfocate.
«Non ti ho mai odiata.» aggiunse quindi, con la voce più roca del solito e le guance ormai bagnate.
«Ho sempre odiato me, ma non te. E quando ti dicevo che se non fossi nata sarebbe stato meglio per tutti quanti, in realtà dicevo a te le cose che credevo di me. Io non dovevo nascere, tutti i problemi della nostra famiglia sono stati a causa mia... sono il responsabile di tutti i casini! Se tu sei stata triste per quasi tutti i tuoi 16 anni, se abbiamo rischiato di perdere tutto, se papà ha speso tutti quei soldi inutilmente per gli psicologi... tutto a causa mia. Sono stato io la vostra rovina, non tu.»
Tutte quelle parole dette da Damien avevano lasciato Lydia a bocca aperta. Era contenta che finalmente aveva ammesso i suoi sbagli, le aveva chiesto scusa di sua spontanea volontà e aveva rivelato i suoi veri sentimenti anche con lei ma tutte le cattiverie che aveva detto su se stesso... sì, erano vere, ma non doveva farsene una ccolpa non era stata una sua scelta nascere fragile. In quel momento, si chiese se Damien aveva pensato tutte quelle cose per tutti i suoi 18 anni, e se era stato il motivo del suo costante malumore. Appoggiò la mano su quella del fratello, che rimase immobile.
«Devi odiarti molto per dire tutte queste cattiverie su te stesso...» disse.
Damien confermò con un piccolo cenno della testa.
«È terribile.»
«Lo so.»
«Deve pur esserci qualcosa che ti piace di te.»
Damien ci stava pensando, Lydia era scioccata.
«Elia. Lui è la mia parte buona, ed è la parte che preferisco.»
«Elia è il tuo fidanzato! Certo che ti piace, altrimenti non ci staresti. Io voglio sapere se c'è qualcosa che ti piace di te.»
Si sentiva da uno psicologo.
«Non ho pregi, sono un difetto ambulante.»
«Ci scommetto che se chiedessi ad Elia ne troverebbe pregi. Purtroppo io non ho mai conosciuto la tua parte più dolce, quindi non saprei davvero cosa dirti, ma lui... sì.»
«Lui riesce a trovare dei pregi anche nelle cose più brutte.»
E quello, doveva ammetterlo, era anche vero.
«Continua a stare con te, se non avessi almeno qualche pregio non ci starebbe certo...»
«È una calamita per le cause perse. È stato fidanzato con Jack per un anno e mezzo anche se lui era una merda.»
Lydia cominciava a non sapere cosa dire.
«Ma... era più piccolo ed ingenuo. Adesso è più maturo.»
Damien sospirò, e facendo scivolare la mano della ragazza a terra si alzò. Lei lo guardò dal basso.
«Non ti ho portato qui per parlare dei miei fallimenti. Non solo, almeno.»
Anche Lydia si era alzata, dando una veloce pulita ai pantaloni.
«Volevo chiederti una seconda possibilità... voglio provare ad essere un fratello migliore. Anzi, vorrei essere un fratello. Abbiamo sempre avuto le stesso sangue nelle vene ma siamo stati due nemici.» era seriamente dispiaciuto.
«Certo, Damien. Hai sbagliato molte volte con me, ma se adesso io non ti permettessi di rimediare... non solo passerei dalla parte del torto, ma anche andrei in contro a ciò che ho desiderato per tanto tempo. Sono pure pronta a perdonarti tutto, fingere che tutto questo non sia mai successo.» era sincera. Per tanti anni aveva aspettato quel momento, e non voleva perderlo.
«Davvero?»
«Perché dovrei mentirti?»
«Ne avresti tutti i motivi. Ma forse è meglio non ricordarteli, e ringraziarti anche.»
Lydia confermò e accennò un sorriso. Dopo ci fu solo il silenzio, fatta eccezione per il vento.
Quello sarebbe stato il momento dell'abbraccio, ma nessuno dei due stava facendo la prima mossa e, addirittura, Damien si era allontanato un po' da lei per andare a prendere il suo zaino. Ma prima che potesse farlo monster lo avvertì dell'arrivo di una chiamata. Prese il telefono dalla tasca dei suoi jeans, e lesse il nome Elia. Rispose, senza esitazione.

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