Oggi era una di quelle giornate che avrei preferito trascorrere a letto, con le serrande abbassate e la musica nelle orecchie. Erano passati solo tre giorni da quella triste e dolorosa scoperta; il dolore non voleva andarsene e la voglia di correre dietro ad un pallone era sparita. Oltre alla mia famiglia, nessuno era a conoscenza del mio stato d'animo; cercai di mascherarlo dietro ad un sorriso fintissimo, ma con scarsi risultati. Trascorsi la notte sveglio a parlare con mio fratello, prima del suo ritorno in Germania; ed ora stavo risentendo delle poche ore di sonno. Mia mamma decise di rimanere con me, non voleva lasciarmi solo ad affrontare tutto questo.
Mi trascinai nello spogliatoio, dove sentì la musica a tutto volume. Sentì i miei compagni ridacchiare e fare battute, ma io non ero dell'umore adatto. La porta era socchiusa e, prima di entrare, presi un respiro ma non trovai la forza di spalancarla ed unirmi a loro. Tornai indietro e mi scontrai con il mister «ho dimenticato una cosa in macchina, torno subito»
Mi resi subito conto che non era una scusa credibile; ma la fortuna fu dalla mia parte, visto che ottenni un cenno dall'allenatore. Guadagnai un paio di minuti, ma ero consapevole che non potevo continuare a nascondermi.
Diedi una rapida occhiata alla panchina dove conobbi Samantha e mi scappò un sorriso. Un debole raggio di sole la colpì e lo presi come un segno del destino. Mi sedetti e rimasi ad ascoltare quel silenzio che regnava attorno a me; mi immersi nel mio mondo, socchiusi gli occhi e sperai di trovare Samantha al mio fianco. Ma una volta aperti, trovai Samu.
«Cosa fai qua da solo?» mi domandò, squadrandomi da cima in fondo. Le mie condizioni non erano delle migliori, ma al momento avevo altre priorità. Guardai davanti a me e non degnai il mio compagno di uno sguardo. Fu proprio lui ad insistere «mi sono preoccupato, quando non ti ho visto entrare nello spogliatoio»
Ancora una volta, rimasi in silenzio. A quel punto, il biondo aveva capito che qualcosa non andava; non era da me rimanere in silenzio. Ma, in quel momento, era inutili perfino le parole.
«Theo, so che è successo qualcosa di cui non vuoi parlare. E non insisto a farti, perché sarai tu a farlo quando ti sentirai pronto. Ma sappi che puoi contare su di me» mi diede una pacca sulla gamba; anche lui era di poche parole, preferiva i fatti. Non so bene cosa mi spinse a parlare, ma sentì che dovevo condividere quel peso con qualcuno. E quel qualcuno era proprio Samu. Deglutì nervosamente e sentì i miei occhi riempirsi di lacrime. Dopo tutte quelle che versai nei giorni precedenti, non credevo di averne ancora in corpo. «Ahia, è la prima volta che ti vedo così. La situazione è seria» si rese conto lui stesso «riguarda Sam?»
«Anche» buttai indietro la testa e mi presi un paio di minuti per trovare le parole più corrette da dire. «Tre giorni fa, la mia vita è cambiata completamente. Tu sai che io e Sam stiamo insieme; ma non sai che, fino a tre giorni fa, non eravamo soli. C'era anche un piccolino o una piccolina. Ecco, ora siamo di nuovo io e Sam»
Samu rimase pietrificato, lo vidi dai suoi occhi; il suo silenzio era più che sufficiente. Sapeva che avevo bisogno di sfogarmi e mi lasciò tutto il tempo di cui avevo bisogno. «Non ho mai provato un dolore così forte, come tre giorni fa. Nulla ha più senso, quando perdi un figlio. Era solo un esserino di tre mesi e qualcosa, l'unica certezza era il battito del suo cuoricino. E invece niente, c'era solo il silenzio. Quel maledetto silenzio, che da giorni continua a perseguitarmi. Perché proprio a noi? Perché proprio nostro figlio? Cazzo, Samu, perché?»
«Vorrei avere una risposta, credimi» si grattò la fronte, prima di tirarmi verso di lui. Appoggiai la testa sulla sua spalla e mi sentì avvolgere dalle sue braccia. Non ci pensai e continuai a piangere. «Io credo che nessuno possa sapere quanto dolore state provando tu e Sam. Questo, però, non significa che dovete smettere di vivere. Anzi, dovete vivere anche per quell'esserino che è volato via troppo in fretta. Chiudervi in voi stessi non vi aiuta. Non ti sto costringendo a dirlo a tutti o a parlarne come se nulla fosse successo; il dolore che state provando va rispettato. Sicuramente ve lo porterete dietro per tutta la vita, ma in questo momento dovete farvi aiutare. Che siate voi due da soli, le vostre famiglie o i vostri amici. Per quel che mi riguarda, sapete che potete contare su di me per qualsiasi cosa. Che sia per una chiacchierata, per un abbraccio o per una cena. Anzi, prometto che mi impegno e miglioro come cuoco. Scherzi a parte, io ci sono Theo»
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Casualidad - Theo Hernández
Fanfiction|| Tu la chiami casualità, io lo chiamo destino. In qualche modo, tu ed io eravamo destinati a incontrarci ||