67. Udinese - Felsina: grida di rabbia

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«Incredibile parata!» 

«Nooooo!» gridò Simone, maledicendo il rigore appena sbagliato da Mangiante. «Ma brutto idiota di un ciccione rincojonito cacasotto cornuto! Ma che cazzo de rigore era! Ma come cazzo tiri! Che è quer piede a banana!?»

Mattia e Thomas scoppiarono a ridere.

«Ma che te ridi? Cosa cazzo c'è da ridere!» Simone digrignò i denti guardando i compagni del Felsina che consolavano Mangiante (Claudio compreso). «Ma le botte, meriteresti! Cretino! Cojone! All'anima de li peggio mortacci tua!»

Thomas e Mattia non smettevano di sghignazzare. «Eddai, è solo una partita di Coppa Italia, non farla tanto tragica!» disse Thomas asciugandosi le lacrime.

No, non era solo una partita di Coppa Italia. Era Udinese-Felsina. Una squadra di A contro una di C. E se il Felsina avesse vinto sarebbe andato ai quarti e avrebbe giocato contro la Lazio.

Claudio contro Tiziano. 

No, decisamente non era una partita qualunque.

L'incontro, in realtà, si era già giocato, quel pomeriggio alle diciotto, ma Simone non era riuscito a vederlo a causa del proprio allenamento. Così l'aveva registrato, evitato internet, e implorato i propri coinquilini di non dirgli il risultato. Quelli, ovviamente, lo avevano canzonato dapprima con un altamente inverosimile sei a zero per il Felsina, in seguito con un altrettanto inverosimile dieci a zero per l'Udinese.

Simone sapeva che, con tutta probabilità, il Felsina aveva perso. Il primo tempo si era appena concluso, con un demoralizzante due a zero per l'Udinese e il rigore sbagliato da Mangiante era stata l'ultima, tristissima azione.

Ma Simone voleva comunque vederla fino alla fine. 

Marco, inaspettatamente, aveva giocato dal primo minuto, e aveva dato mostra di tutto il suo talento: i due cronisti Rai si erano sperticati di lodi per lui.  Giocava arretrato, da regista davanti alla difesa, e Simone si era sorpreso più di una volta a paragonarlo mentalmente a Luka Modric, non riuscendo a capire se il paragone ardito con un pallone d'oro fosse dettato dall'effettiva bravura di Marco o se semplicemente Simone fosse più cotto di una crescentina e vedesse ogni sua azione con le lenti rosa.

E anche se il risultato poteva far pensare al contrario, Marco non era stato l'unico ad aver giocato bene. Più o meno tutti si erano dati da fare al massimo delle loro possibilità, con l'eccezione di Volandri e Konjuh  che sembravano aver patito sin troppo la grande occasione e avevano costellato la loro prestazione di errori grossolani. 

Claudio, in particolare, era stato insieme a Marco uno dei migliori. Il suo stile era l'opposto dell'eleganza: grezzo, pesante, per nulla fluido nei movimenti. Però funzionava. Sin da quando era più piccolo, era sempre riuscito a tirare fuori qualcosa dai suoi colpi storti e scoordinati, e Simone, che non lo vedeva giocare da parecchi mesi, lo aveva trovato migliorato in molti aspetti, soprattutto nei riflessi e nella precisione di passaggio.

Prima di mettersi davanti alla tv, l'idea di rivedere il suo vecchio amico aveva messo Simone in uno stato di eccitazione mista a inquietudine. Si era chiesto come lo avrebbe trovato, se avrebbe letto segni di sofferenza sul suo volto. Claudio era il tipo che inghiottiva sempre tutte le cose brutte, cercando di nasconderle e reprimerle fino a esplodere. E da quel che gli aveva detto Marco, era così che aveva reagito anche quella volta: durante quella settimana di allenamenti aveva lavorato a testa bassa, mettendoci il quadruplo dell'impegno, ed era stato, con tutti, il solito Claudio sarcastico e strafottente. Ma Simone era certo che stesse ancora soffrendo.

Simone cercò di scrollarsi di dosso la tristezza. Prese in mano il telecomando, per fare un fast-forward e andare subito al secondo tempo, ma fu fermato da Mattia.

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora