26. Guerre, stragi, carestie

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Claudio rilesse per la decima volta il messaggio di Simone.

Chiamami appena esci dall'esame!
Credo di aver scoperto la chiave per interpretare le date di nascita del foglietto di M.M!!! Ma non ti spiego qui, voglio parlarne a voce!!

Dopo qualche minuto Simone aveva aggiunto una postilla.

Sherlock Holmes levate.

Claudio sospirò. Infilò in tasca il cellulare.

E il libretto.

L'ultima cosa di cui avrebbe voluto parlare, in quel momento, erano gli stramaledetti appunti di Maga Magò.

«Ohi, Claudio! Come è andata?» Un compagno di corso, allegro e sorridente, lo fermò all'uscita dall'aula.

Claudio gli rivolse un'occhiataccia e si limitò a fargli il gesto del coltello alla gola. Il ragazzo mutò espressione. «Nooo... ma non avevi preso ventinove allo scritto?»

«Sì, infatti me so' ritirato quanno ho capito che stava ad annà 'na merda.»

Il professore consentiva di conservare il voto dello scritto per una sessione, se ci si ritirava o si saltava l'orale. Alla prima domanda, Claudio si era reso conto di avere una grande confusione in testa e aveva chiesto di potersi ripresentare a settembre.

Le emozioni positive della vittoria contro la Salernitana e quelle negative della serata precedente dovevano averlo scombussolato più del previsto: non aveva certo ripassato quanto avrebbe dovuto e voluto, ma il caos di nozioni e ricordi che aveva in testa non era spiegabile con la semplice mancanza di studio: gli sembrava di padroneggiare bene la materia, e allo scritto era stato uno dei migliori.

Si portò una mano alla tempia, mentre si avviava mestamente lungo il corridoio assiepato di ragazzi seduti a terra, intenti a rileggere i propri appunti. Ricordava poche serate orribili come quella appena trascorsa: prima l'umiliante (ma meritato) due di picche ricevuto da Fabrizio, che gli aveva dato del bullo arrogante, poi la scopata sfogo con Marco, dopo la quale si erano lasciati mandandosi a vicenda a quel paese.

Marco non gli piaceva. Non era brutto e non sembrava una cattiva persona, ma aveva una faccia poco interessante, e soprattutto era un tipo troppo remissivo dal punto di vista caratteriale. In poche parole: Claudio non lo trovava eccitante. Quindi faticava a capire come ci fosse potuto cascare non una, ma ben due volte. 

La verità era che lo aveva usato. Lo aveva squallidamente usato per sfogare la propria frustrazione sessuale. E non sapendo come allontanarlo, dopo il rapporto lo aveva trattato malissimo.

Ci hai la faccia banale, l'alito de posacenere, te vesti da battona in tangenziale e sei un cazzo di invertebrato...

Gli tornarono in mente le parole crudeli che gli aveva sputato addosso la sera prima, poco dopo essersi riallacciato i pantaloni, col cazzo ancora umido di sperma. Gli tornarono in mente e si sentì un pezzo di merda.

Perché ho dovuto esse così stronzo?
C'ha ragione Fabrizio: so' popo un bullo arrogante. Uno schifoso bullo.

Non cambierò mai.

Dopo la scopata, aveva preferito non tornare al convitto perché avrebbe trovato Marco, in camera. Probabilmente in lacrime, conoscendo il suo carattere. Sarebbe stato imbarazzante. No, peggio che imbarazzante: sgradevole. E forse anche crudele nei suoi confronti. Aveva quindi trascorso una notte in hotel. Si era svegliato alle sei con i ricordi della sera prima che gli vorticavano confusamente in testa, aveva recuperato la R4 ed era partito per Roma (chiedendosi per l'ennesima volta per quale motivo si ostinava a usare quella macchina).

L'ultimo evocatore - [Desiderio, volume 2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora