Capitolo 3

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Rimasi interdetta per una manciata di minuti.

Ero immobile a fissare ciò che avevo appena fatto involontariamente.

Mi pizziccai le braccia diverse volte, per assicurarmi che fosse tutto reale e non un sogno.

Il piccolo fastidio che provavo dopo che le mie unghie si infilzavano nella mia pelle, mi confermò che era tutto vero.

Non ci credevo.

La mia coscienza mi urlò che avevo le allucinazioni date dalla mia pochissima voglia di rimettermi in pari con lo studio.

Non aveva tutti i torti, ma la mia mente non era così malata da immaginarsi cose del genere.

Fissai per qualche millisecondo quella polvere lasciata da me.

Mi stavo immaginando tutto?

Decisi di mantenere la calma al massimo e non farmi prendere dal panico.

Mi sedetti quindi sul bordo del materasso morbido del mio letto e chiusi gli occhi strizzandoli.

Sperai dal profondo del mio inconscio di ritrovare tutto alla normalità e al suo posto una volta riaperti gli occhi.

Doveva per forza andare così, perché ciò che era accaduto solo qualche minuto prima era decisamente surreale e impossibile.

Mi presi qualche istante per riflettere, e con tutto il coraggio possibile decisi di aprire con lentezza le mie palpebre.

La cenere lasciata dal libro che si era bruciato al mio tocco, era ancora davanti a me in tutta la sua bellezza.

Emisi un urlo di frustrazione, e mi lasciai andare contro il materasso.

Il cuscino attutì il rumore delle mie corde vocali.

Riflettei per qualche minuto sul da farsi, ritrovandomi a fare avanti e indietro per la camera, gettando ogni tanto una piccola occhiata spaventata alla polvere.

Avevo bisogno di qualcuno con urgenza, dovevo appurare la mia pazzia.

Presi con le mani tremolanti il mio cellulare e cercai tra i miei contatti il numero della mia migliore amica.

Probabilmente era sul punto di entrare in aula, quando la chiamai, ma non mi importava, ciò che mi stava accadendo era strano e avevo bisogno di condividerlo con qualcuno.

Non potevo di certo chiamare mia madre e dirle di aver dato fuoco a un libro con soltanto le mani, mi avrebbe subito mandata da uno psichiatra.

Gli psichiatri mi procuravano tanta angoscia e ansia.

«Lyx, sto per entrare in aula, dove diamine sei finita? Perché non sei a scuola?» disse la mia migliore amica e dal suo tono capii che era infastidita.

Sospirai tranquillizzandomi non appena la voce familiare di Alexandra mi arrivò ai timpani.

«Ho dimenticato di avvisarti, Alex, non sto molto bene» sussurrai, «Ma ti ho chiamata per un problema più grave, credo che ci sia qualcosa che non va in me.»

Aspettai per qualche secondo la risposta da parte della mia amica.

«Cosa intendi?» chiese confusa.

«Non lo so, mi sento strana da un po' ed è appena accaduta una cosa davvero strana» guardai la cenere davanti ai miei occhi, «Devo capire se è tutto frutto della mia mente o meno, per questo ho bisogno di te.»

«Se vuoi salto le lezioni e vengo da te, se è grave» disse velocemente.

Scossi la testa, ma poi mi ricordai che non poteva ovviamente vedermi dall'altra parte dello schermo.

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