Lasciò i capelli sciolti, non li appuntò con nessun fermaglio. Ciocche color dell'oro, del grano in estate, accarezzarono le sue piccole spalle. Steph sorrise, tanto. In tutta la sua vita non ricordava davvero di aver tenuto per così tanto tempo la contentezza tra le labbra. Rosee, piene di colore primaverile, come germogli fertili.
Erano già tre giorni che, con la scusa di andare a far compere, Stephanie si incontrava con Becky dopo il suo lavoro. E tra le sue mani fremeva l'impazienza felice di poterla vedere, passare quel breve lasso di tempo in sua compagnia, e guardarla. Steph, che continuava a ricordarselo, non aveva mai avuto un'amica, eppure percepiva che quel rapporto sviluppatosi con la bruna stava prendendo una piega ben più diversa di un'amicizia. Si rese conto di quell'empatia troppo preziosa che le teneva assieme, piuttosto strana e improvvisa, ma non si preoccupò di indagare. A lei andava più che bene sentire il cuore battere forte quando Becky le sorrideva, e non ci trovava nulla di male.
I tacchi si muovevano velocemente ad ogni passo entusiasta e frettoloso, per raggiungere Becky. Dapprima non si dicevano nulla, almeno, Steph non diceva nulla. Tutta la gioia bambina di incontrarla si riduceva ad un ammutolirsi imbarazzato. Jamie la squadrava, incantevole, docile, e soffocava nel minuto chiarore della ragazza.
Becky era davvero tanto presa da Steph, e si amareggiava sapendo di dover uccidere ancora quella sua insolita natura.Quel particolare giorno di fine luglio, Becky si appuntò la montagna di capelli scuri sopra la testa, mettendo uno dei suoi completi più freschi e comodi presentandosi davanti alla propria ospite con una valigetta di cuoio stracolma. Gli spigoli erano consumati e scrostati come delle ferite sulle ginocchia, e dall'esterno si distingueva vagamente ciò che stava compresso all'interno. Steph la guardò con fare interrogativo, aspettando una spiegazione da parte di Becky, che mise al collo la macchina fotografica.
«Se per te va bene» le disse Becky «potresti posare come modella per me, ancora una volta.»
Steph si martoriò le mani delicate, abbassando gli occhi. Guance rosse e voce flebile; «Ecco, non credo che chiamarmi in questo modo mi si addica molto.»
«Intendi dire "modella"?» Jamie sbottò una risata sarcastica, scuotendo nervosamente il capo «Sei impazzita? Per caso non ti vedi bella?»
Steph scosse il capo, con troppa modestia. Becky sospirò, facendo spallucce e sedendosi accanto a lei, su quel suo divano.
«Devo farti rivedere l'ultima foto che ti ho fatto? Se quella non è bellezza hai un'idea sbagliata di questo concetto.» Jamie pareva una di quelle buffe insegnati per bambine conciate a festa per farli ridere, con la valigia bizzarra e la macchina fotografica.
«Sei soltanto stata brava a fotografarmi.» giustificò la bionda.
Becky abbandonò tutto ciò che teneva tra le mani, gesticolando buffamente in segno di disaccordo. Steph rise a quella reazione divertente, guardando quasi con sottomissione la ragazza più grande che con un ginocchio le sfiorava la gamba.
«Se in viso sei già così affascinate, pensa un po' a cosa potrei fotografarti per intero. Ad esempio, in costume da bagno, o in vasca.»
«Cosa?! Mi vergogno soltanto quando mi punti quella cosa in viso, figurati...nuda.» Steph diventò tutta rossa, non riuscendo propio a capire come e perché Becky fosse arrivata ad un simile discorso.
Se non fosse stata così ingenua, si sarebbe resa conto dall'infinita provocazione dedita a se', tutta da parte di Becky.
«Io non credo che in una nudità femminile ci sia volgarità.» la mora si accigliò, guardando Steph negli occhi; «Solo un uomo può guardare un'arte del genere e pensare esclusivamente di penetrarla o semplicemente toccarla. Io non penso che nei seni nudi di una donna possa esserci erotismo, al contrario, sono così tanto perfetti da ondeggiare come frutta matura in mezzo alla primavera. Prova a pensarla anche tu in questo modo, guardati allo specchio dopo un bagno. La pelle liscia e candida, i fianchi rotondi, le cosce morbide, le natiche voluminose. E poi in avanti, superata la bellezza della schiena curva da cui sporgono le vertebre e le costole. Difronte a te guarda il pube folto dal nero che lo protegge, e salendo la delicata curva del ventre piatto e vuoto, che gli uomini hanno l'esclusivo intento di ingravidare. Sali su e fissa quel petto di cui ti parlavo prima, i capezzoli marroni, l'avvallamento che prendono le clavicole per la tenera e giovane magrezza di te. Guardati e pensa che tu sei tua, sei femmina, sei natura e guerra, e tanto bella.»
La voce calda di Becky aiutò Steph a non sentirsi troppo a disagio. Quella descrizione l'aveva fatta diventare rossa come un peperone. La più piccola rimase in silenzio, con le labbra serrate e le guance a chiazze più accese, non potendo fare a meno di immaginarsi nella mente l'immagine dettata da Jamie.
«Se ti viene ancora troppo difficile, potresti provare a guardare me.» anche Becky arrossì, concludendo la sua parte di discorso. L'espressine sul suo viso tradì tutto il pentimento che la colse nell'essersi resa conto di quanto appena detto. Pregò di non aver fatto qualcosa di troppo stupido capace di far allontanare Steph. Stava cercando di avvicinarla a se' come fosse un passerotto spaventato, diffidente dalle mani umane, che poco a poco acquista fiducia con qualche mollica di pane.
«Tu si che sei bella, io no. Te l'ho già detto.» l'unica risposta che Steph le diede fu quel bisbiglio imbarazzato. Tentò di tenere alla larga dalla propria immaginazione il corpo prosperoso e slanciato di Becky, che magari brillava sotto una luce più intensa. Steph non riuscì proprio a comprendere la motivazione di quel pensiero nella sua testa. Non avrebbe dovuto immaginarsela nuda, eppure accadde.
«Se non vuoi più farti fotografare basta che tu lo dica. Scusa se sono stata scortese.» Jamie avrebbe tanto voluto controbattere quelle accuse di Steph su se stessa, e allo stesso tempo rispondere a quello che le sembrava proprio un complimento. Ma si rese conto di aver detto già abbastanza, e di tornare ad essere educata e formale.
Steph però dimostrò malcontento, scuotendo la testa; «Oh no, cosa mai vai dicendo? A me va bene che tu mi fotografi...» lo ammise, dopo un lunghissimo giro imposto dal suo dannato imbarazzo.
«Sul serio?» le chiese Becky, timorosa.
Steph annuì insistentemente, rubando un sorriso grandissimo dalle labbra scure di Becky. Lei si mise in piedi, prendendo nuovamente quel bagaglio e la sua macchina fotografica. Si diresse verso la porta, indicando con il capo a Steph di seguirla.
«Dove andiamo?» domandò la bionda.
«In un bel posto dove la luce è ottima per le fotografie!»A piedi raggiunsero un parco abbastanza lontano dall'appartamento di Becky. Steph arrivò a destinazione con i piedi che le pulsavano per la troppa camminata, ma non disse nulla, era abituata a non lamentarsi.
La camicia chiara che indossava quel giorno le sembrò troppo incollata per quel caldo che la colse improvvisamente. A quell'ora del pomeriggio il piccolo spazio di verde in mezzo alla città era quasi del tutto desolato. Né le risa dei bambini né i cani portati a passeggio dai padroni. Perfetto per l'idea di solitudine timida che Steph si era messa in testa.
Becky si avvicinò ad un albero, scavalcando il piccolo muretto fatto a gradino, che conduceva al verde ben curato del posto. Steph si tenne in equilibrio con le mani, i tacchi che affondavano tra il terriccio. Jamie poggiò la valigia su di un grosso masso buttato lì a caso, aprendola con goffaggine, rischiando di farne cadere tutto il contenuto.
Steph la guardò con curiosità muta, mentre nelle mani frettolose di Becky si accumulavano nastri e fermagli. Con espressione soddisfatta si fermò un istante a guardare Steph, calcolando con l'occhio la direzione migliore da cui avrebbe dovuto scattare qualche fotografia. Si fece assopire dall'ingenuità timorosa della bionda, che non la disturbò assolutamente.
La pesante macchina fotografica le pensava al collo, tra i seni prosperosi. Era quasi sicuro che Becky non indossasse nessun tipo ti reggiseno o fascia intima, questo Steph lo constatò guardandole la morbidezza della camicia troppo larga e sottile. Anche quell'osservazione non se la spiegò, ma guardare il petto di Becky era qualcosa di inconscio.
Alzò in fretta gli occhi chiari quando la mora le si avvicinò pericolosamente.
In mano teneva una corona di fiori ancora un po' freschi, essiccati in qualche germoglio, che trasmetteva malinconia.
«Qualche particolare.» disse Becky, mordendosi il labbro. Sistemò sul capo di Steph quei fiori, incoronandola quasi fosse una vera principessa. Il prontamente educato della Rogers non tradì affatto il personaggio.
Se solo quella dannata macchina fotografica avrebbe potuto catturare i colori, Steph sarebbe stata la personificazione della primavera.
Becky indietreggiò, posizionandosi a fotografare quella sua perfetta modella.
Ci fu' un rumore leggero, come un soffio, un sospiro. Steph restò ferma ancora un istante, per non rovinare la posa che Becky aveva fotografato. La mora prese il cartoncino lucido, lasciando asciugare l'immagine.
Spalla contro spalla, le due ragazze guardarono quell'altra opera allietate dal rumore degli uccelli e degli insetti tra gli alberi.
Il primo piano di Steph, con una luce intensa sul viso, le faceva brillare gli occhi quasi li avesse staccati dalle orbite ed incollati sulla carta. Quella terza fotografia fu più bella delle altre due, senza ombra di dubbio.
Steph increspò la fonte e colse meglio i particolari dei fiori sulla sua testa, che facevano da dettaglio incantevole alla sua posa. Se Becky glielo avrebbe chiesto non ci sarebbero state menzogne o scuse quella volta, Stephanie era davvero bellissima.
Sorridendo ancora, Becky spostò una ciocca ribelle dietro all'orecchio, voltandosi a guardare il profilo curvilineo della ragazza.
«Credo che questa possa bastare, non ne serviranno altre.» disse, a proposito della fotografia.
Steph la seguì mentre i piedi di entrambe tornarono a contatto con il sentiero sterrato del parco, afoso certo, silenzioso per metà. La bionda aumentò il passo facendosi anticipare dal rumore dei tacchi.
«Grazie.» disse Steph a voce più alta, tutta rossa, facendo voltare Becky verso di lei.
Rimasero ferme, tra l'ombra degli alberi e il sole alto.
«E per cosa?» le domandò Becky, scuotendo il capo. La valigia in mano, più disordinata di quanto non lo fosse prima.
«Per le tue fotografie, ecco...mi fai sentire speciale.» Steph abbassò ancora di più il tono di voce nel nominare l'ultima parola. Becky sospirò dal naso, quasi sgarrò gli occhi. Guardare la piccola Stephanie parlarle con così tanta ammirazione e dolcezza la rapiva, portandola lontano da qualsiasi mondo terreno. Avrebbe dovuto smetterla di sentirsi così, anche se non poteva trattenersi, Becky doveva darci un taglio. Ma Steph era davvero troppo bella.«Non sono io a farti sentire speciale, tu lo sei già senza troppi sforzi.» Becky le sorrise, Steph abbassò il viso ma lasciò gli occhi sollevati verso la ragazza più alta.
Jamie rise, con il cuore pieno di tenerezza. Non ci pensò due volte, non sprecò quella possibilità, Becky prese coraggio. Fece scivolare una mano dietro la nuca di Steph, ingarbugliando le dita tra i morbidi capelli biondi. La corona di fiori si abbassò leggermente in pendenza da un lato, senza cadere.
Becky si chinò in avanti e posò un piccolo bacio caldo sulla fronte di Steph.
Stephanie Rogers non riuscì a cancellare dalla sua pelle la morbidezza di quella bocca, che ammirò sorridere finché non dovette ritornare a casa.
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Petals ||Fem!Stucky||✔
FanfictionA Stephanie Rogers non va a genio la sua vita; giovane moglie del prestigioso ed affascinate Markus Carter, la ragazza sente di non appartenere a quella proiezione del matrimonio, di un futuro monotono e già scritto per lei. Nei primi anni quaranta...