Capitolo IV - Louis fa progressi

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Bright Young Thing - Albert Hammond Jr.

È dio-solo-sa-che-ora del pomeriggio quando Louis riesce a sollevare le palpebre, la faccia schiacciata contro il cuscino rovinato di un divano scandalosamente ingiallito.
Bleah, sa di cioccolato ammuffito. Questo è…
Questo è bleah.
Leggermente disorientato (grazie a un’altra notte al pub che si è prolungata fino alle prime ore del mattino), decide di alzarsi, i muscoli che tirano e si rifiutano di collaborare. Le ossa scricchiolano, le articolazioni saltano. Dio, sta diventando anziano.
 Si guarda un attimo intorno, strizzando gli occhi all’indistinta luce grigia che filtra attraverso la piccola finestra dall’altro lato della stanza. Le imposte sono mezze abbassate, ma è come se non ci fossero – grandioso, mancano dei pezzi nella piccola striscia di plastica biancastra e la cordicella è aggrovigliata irreparabilmente, lasciando la struttura in uno strano angolo. Proprio delle imposte di merda. Louis sente l’urgenza di strattonarle fino a che non cadono per terra, ma.
Ma questo potrebbe probabilmente essere scortese, no? Considerando che non è neanche il suo appartamento. Considerando che il suo amico lo lascia dormire lì ogni volta che vuole.
Be’. ‘Amico’. Anthony lavora allo stesso pub di Louis. A volte bevono e a volte fumano insieme e a volte ridono delle loro sfortune, ma perlopiù non chiacchierano e perlopiù coesistono in silenzio. Ma pacificamente, quindi Louis lo considera un amico. È fortunato ad avere questo ragazzo nella sua vita, considerando che ha lasciato il suo appartamento in affitto mesi fa. Non si ricordava mai di pagare il mese, ecco tutto. O non aveva mai i soldi perché li scialacquava in tutt’altro. Una delle due.
La vita è difficile.
Ma ad ogni modo. Deve alzarsi. Oziare sul divano degli amici è magnifico e tutto il resto, ma oggi è un grande giorno per Louis Tomlinson. Ha un Harry Styles da conquistare. E deve rimettersi in gioco se ha intenzione di raggiungere i suoi obiettivi. Perché, no, non vuole arrendersi. Solo perché è da un po’ che non affascina qualcuno, non significa che Louis abbia scordato come si combatte una battaglia difficile.
Nope. Questo è solo l’inizio.
Con un sospiro che gli piacerebbe considerare più determinato che esausto, si spinge via dal divano, infilando i suoi sporchi e doloranti piedi dentro le Vans rovinate che è stato abbastanza intelligente da lasciare vicino alla sua giacca. Bravo ragazzo. Affianco a queste, per terra, c’è una copia di La campana di vetro di Sylva Plath, mezzo aperto e a faccia in giù. Louis ha tentato di leggerlo la notte scorsa quando è tornato, il rumore delle chitarre elettriche di merda del pub che gli rimbombavano un po’ troppo forte nel cranio, nei timpani. Delle volte gli piace sostituire il rumore con le parole. Ma le parole non l’hanno catturato la scorsa notte, quindi ha semplicemente posato il libro, si è girato dall’altra parte e si è addormentato.
Non c’è da stupirsi, in realtà. Sta cercando di leggere quel libro da circa un anno. Per dio solo sa quale motivo. Anthony ne possiede una copia da quando Louis lo conosce (nonostante non l’abbia mai visto leggere neanche la lista della spesa, figuriamoci pagine intere) e ogni volta che Louis è lì, prova a leggere un’altra pagina. Ma c’è qualcosa al riguardo, qualcosa sulla troppa semplicità, sulla distanza dalla realtà o sull’irrealtà dello stesso che ha sempre portato Louis a posarlo. Gli piace, ma…
Ma non finisce mai i libri, in ogni caso. Non è strano? Louis non ha mai terminato un libro in vita sua. Gli piace leggere, davvero, ma nel momento in cui arriva all’ultimo capitolo e la fine è vicina, si ferma.
Forse è perché sa sempre cosa sta per accadere. Non ha bisogno di qualcun altro che glielo racconti. Lo sa già. Forse.
Tossisce, tossisce rumorosamente, e porta il dorso della mano a coprire la bocca. La sente calda e sbavata e screpolata. Ha bisogno di rasarsi. Ha bisogno di apparire al meglio per oggi.
Ha bisogno di vincere.
Chiudendo gli occhi per un breve, brevissimo istante, si prepara, respirando con l’intero corpo, fino a che le punte delle dita sembrano riempite d’aria. Continua a inspirare, espirare, mentre infila le cuffie nelle orecchie, apre la cartella dei Pink Floyd e ascolta ‘Jugband Blues’ uscendo dall’appartamento e camminando a tempo con l’irregolare ritmo che batte nei timpani.
 
**
 
“Fratello Caro,” Louis sorride in modo sfacciato, nel momento in cui Zayn lo accoglie aprendo la porta della sua camera. “Be’, buongiorno. Non è che per caso Liam è in casa, vero?”
Zayn tira su col naso, spingendo gli spessi occhiali sul naso con l’indice. Scrolla una spalla. Indossa una maglietta nera e arancione con sottili triangoli verde limone dappertutto. Non ha i pantaloni, solo un paio di slip neri. Non dovrebbe essere minimamente eccitante. E invece. Cazzo.
“È a scuola, Tommo.”
“Oh.” Oh sì. Scuola. “E tu…?”
Di nuovo, Zayn scrolla una spalla, prima di tossire con una mano sulla bocca. “A volte la scuola è opprimente.”
Louis ride appena, scuotendo la testa con un cenno di tenerezza. Oh, Zayn. “Hai ragione, cazzo.” Si scambiano un piccolo sorriso di comprensione. È piacevole. È facile stare attorno a Zayn. “Be’, sono solo venuto per aggiornarlo su Styles prima del Terzo Round.”
Le labbra di Zayn si contraggono ma non dice niente, annuisce solamente e si osserva il gomito.
“Starai a casa tutto il giorno, allora?”
“Non so,” Zayn borbotta, le labbra che si muovono appena. “Potrei uscire a fare una corsa.”
“Una corsa?” Louis ripete, incredulo. Onestamente, il più grande movimento che Louis abbia mai visto fare a Zayn è spostarsi dal letto alla porta. “Da cosa stai scappando?” domanda, confuso.
“Ho bisogno di un po’ d’aria. Sto diventando claustrofobico qua dentro.”
Mh. Louis schiocca la lingua. “Mi sembra giusto.”
“Forse inizierò a fare arrampicata.” Zayn dice come se fosse una vera possibilità. Lo dice come se vivessero vicino a una roccia da scalare.
Louis non può trattenersi dal ridere. “Sì, forse.” Sogghigna, resistendo alla tentazione di alzare gli occhi al cielo. Vivono in due diversi pianeti, loro due. A volte desidererebbe vivere in quello di Zayn. O almeno potergli far visita ogni tanto. “Ti farò sapere, allora,” conclude, allungando un braccio per pizzicare lo stomaco di Zayn, prima di girarsi e avviarsi perso l’uscita.
“Ahia,” sente Zayn lamentarsi con cinque secondi di ritardo.
Sembra tutto tranne che sincero, ma fa quasi venire voglia a Louis di sorridere.
 
**
 
Louis non ha ancora raggiunto la libreria, quando lo vede.
Styles è lì, accovacciato sull’erba sotto un vecchio albero con larghe foglie ovali, vicino al laghetto del cortile. La schiena è appoggiata contro il tronco e curvata in avanti, le cuffiette presenti mentre regge un largo libro di testo tra le sue gambe. Sembra tranquillo, avvolto in un soffice cardigan grigio, i jeans un po’ troppo corti per lui, che rivelano le morbide curve delle sue caviglie e i calzini bianchi. Anche le sue Converse sono così bianche. Così, così bianche. Com’è possibile che non siano sporche? Neanche un po’? Louis osserva i propri piedi, le scarpe grigie-barra-marroni-barra-nere-barra-gialle con piccoli disegni indelebili e macchie di unto. I lacci sono sfilacciati e quasi neri. Probabilmente ha anche le pulci.
Bene. Pennellate diverse dipingono il mondo, e tutta quella roba lì.
Louis potrebbe essere l’antitesi di questo ragazzino.
Riportando lo sguardo sul ragazzo in questione, comincia ad avanzare verso di lui. Ha un piano. Più o meno.
Non ha intenzione di ripassare le battute o usare tranelli, oggi. Improvviserà e basta. Ha intenzione di vedere come si evolverà la situazione e ha intenzione di focalizzarsi su Styles e sulle sue risposte e sulle sue espressioni e sulle sue mani. Ha intenzione di analizzarlo dalle basi e ripartire da lì. Se ci vorrà un po’, allora oh be’.
Roma non è stata costruita in un giorno.
Quando lo raggiunge, riesce a vedere abbastanza del libro sulle sue gambe da capire che è qualcosa relativo alla storia. O forse all’arte. Ci sono disegni cruenti, piccole parti di testo scritte in maniera incredibilmente sottile, e foto in alta definizione di manufatti orrendi che sembrano sul punto di sgretolarsi. Proprio… allettante. Una lettura piacevole.
Senza pensarci due volte, dà un colpetto alla scarpa di Styles con la punta della propria.
“Ehi, ciao,” saluta, occhi che esaminano con attenzione il viso di Styles mentre quest’ultimo distoglie lo sguardo dal suo libro.
All’inizio sembra spaventato, poi sorpreso, poi… poi abbastanza inespressivo. Che è un progresso, probabilmente. Meglio del disprezzo in ogni caso, no?
Louis calcola già la giornata di oggi come un successo.
“Sei tu,” Styles brontola, togliendosi una cuffietta. Sta ancora fissando Louis, senza sbattere le palpebre.
“Sono io,” conferma Louis, fissandolo di rimando. Piega un po’ di più le labbra. “Sono tornato,” scherza dopo un momento, alzando le spalle in un gesto di auto-disprezzo, prima di ficcare le mani nelle tasche. C’è un buco sul fondo. Infila il dito in quest’ultimo, muovendolo avanti e indietro e giocando con i pelucchi.
Dato che Styles ha deciso di continuare a fissarlo senza neanche mezzo sorriso, quello di Louis svanisce, mentre distoglie lo sguardo.
È tutto così difficile. E imbarazzante. Si sente irrequieto. Il colletto si è fatto fastidiosamente stretto. Perché è cosìdifficile?? Perché non riesce a pensare a niente da dire?
Oggi non è più un successo. Fanculo.
“Sei veramente insistente, lo sai?”
La voce di Styles, che è morbida e – osa dire – divertita, coglie di sorpresa Louis che rialza lo sguardo, e incontra un’espressione che a momenti lo fa inginocchiare a terra e ringraziare il cielo. Ed è tutto dire.
Perché Styles non sembra minimamente disgustato o infastidito quanto sembri esasperato. E tutti sanno che, con l’esasperazione, si arriva all’affetto. È una regola non scritta.
Louis ha una possibilità, Louis ha una possibilità.
Liam Payne, sto arrivando.
“Sono insistente solo se ne vale la pena,” replica Louis, e azzarda un altro piccolo sorriso.
Styles non lo ricambia. Ma non è neanche tornato ai suoi libri.
“Mi dispiace per ieri,” continua Louis, afferrando l’opportunità. Sfrutterà la sua fortuna fino a che girerà a suo favore. “E per… be’. Tutti gli altri giorni, presumo?”
Questa volta, Styles distoglie lo sguardo, ma si leva anche l’altra cuffietta. Si rigira il filo tra le mani, attorcigliandolo tra le lunghe dita. Gli occhi sono rivolti verso il basso, mostrando perfettamente le sue ciglia. Grazioso, grazioso e angelico ragazzo. Sarà suo.
“Per cosa ti stai scusando?” domanda Styles, pacato, e il timbro basso della sua voce risuona come un tuono.
“Per essere stato aggressivamente diretto,” Louis replica, veloce come un fulmine e, huh. Ehi. Sono una perfetta tempesta, loro due. “E per essere stato un po’ un coglione.”
Styles si mordicchia le labbra, continuando a giocherellare con le cuffiette senza guardare Louis. “Non ti preoccupare,” alza le spalle, e i suoi occhi incrociando quelli di Louis per un millesimo di secondo. “Non sono stato molto gentile neanche io.”
Louis alza la testa, valutando le sue parole, prima di azzardarsi a compiere un passo in avanti. Styles non batte ciglio.
“Vero,” Louis concorda pensieroso, e percepisce la fortuna, la speranza, fluire nelle vene come eroina. ‘Heroin’. When I put a spike into my vein “Ma, ad essere sinceri, hai semplicemente reagito come avrebbe fatto qualsiasi persona sana di mente se qualcuno si fosse schiantato contro il suo tavolo e avesse poi chiesto un appuntamento così dal nulla.”
Styles ride. O forse tossisce, a giudicare dalla stridula e sorpresa esplosione di suoni, ma Louis è quasi sicuro che sia una risata, e deve impedirsi fisicamente di alzare un pugno in aria in segno di vittoria.
Ma il ragazzo mantiene un sottile, sottile sorriso, prima di abbassare infine le sue mani, adesso completamente incastrate nelle cuffiette, sul libro posato sulle gambe, e alza la testa per fissare apertamente Louis. Uno dei suoi occhi è illuminato dalla luce del sole, l’altro all’ombra di una delle grandi, enormi foglie. Un occhio è di un magnifico verde acqua. L’altro ha profonde venature turchesi. Luce contro buio.
“Posso sedermi?” chiede Louis. Raddrizza le spalle, cercando di sembrare il ritratto della rispettabilità.
Styles annuisce. “Sì. Suppongo di sì.” Ma è tornato a fissare il libro sulle sue gambe.
“Non ti distrarrò a lungo dai tuoi studi. Promesso.” Louis aggiunge, alzando la mano in un giuramento.
C’è un mordicchiamento di labbra e un altro piccolo cenno del capo e un altro leggero rossore sulle guance di Styles. Ma è rigido. E, perlopiù, esitante.
Ma comunque. È ricettivo. È tutto quello di cui Louis ha bisogno.
Per un momento, i due rimangono in silenzio, ma è piuttosto piacevole, principalmente per il fatto che è riempito dal cinguettio degli uccelli e dalle voci degli studenti. La postura di Styles è rigida, e avvicina le gambe al petto e raddrizza la schiena quando Louis si siede, ma non sta mostrando cenni di ostilità o completa diffidenza, e l’intera situazione è così opposta a quella di ieri, che Louis si sente nuovamente a disagio.
  Oggi è arrivato armato per una guerriglia brutale. E invece si ritrova in un pacifico raduno. Quindi.
Che cosa dovrebbe fare adesso?
Appoggia le mani sull’erba, sentendo la fredda terra sotto i palmi.
Okay, quindi. Ora come ora, Louis ha una possibilità di vittoria. Ha una possibilità. Quindi, ora che i giochi sono ufficialmente iniziati, cosa ha bisogno di fare? Cosa Liam vorrebbe che lui facesse?
Gli studi. Vuole che Louis mandi a puttane i suoi studi. Deve distrarlo. Farlo a pezzi. Rovinare lui e la sua popolarità e il suo successo e la sua reputazione. Liam vuole la borsa di studio dell’università. Liam vuole che Louis distrugga le possibilità di Styles.
Gli studi. Sì.
 “Certo che studi proprio un casino,” Louis commenta casualmente, e lascia che una delle sue gambe cada da un lato, il ginocchio a toccare la coscia di Styles.
Styles si sposta, interrompendo il contatto.
Porca puttana.
“Sei molto intelligente, allora?” Louis continua, imperterrito. “Dato che hai sempre il naso nei libri?”
Styles assottiglia un poco le labbra mentre lancia un’occhiataccia a Louis di sottecchi, prima di spostare lo sguardo sul laghetto di fronte a loro. La superficie si increspa, un paio di anatre nuotano via. “Anche tu potresti ficcare il naso in un libro una volta ogni tanto,” borbotta, a voce bassa.
Louis ridacchia appena, sorpreso. “Ehi!” Si gira verso il ragazzo con un’espressione incredibilmente ferita, ma mantenendo le mani poggiate sull’erba, un ginocchio premuto contro il petto. “Cosa te lo fa pensare?”
Le labbra di Styles si contraggono. Sposta lo sguardo su Louis, questa volta completamente. “Perché in quel caso forse non saresti così deciso a parlare con degli sconosciuti,” dichiara, con calma.
Heh.
Perlomeno possiede un po’ di senso dell’umorismo.
“Hai ragione,” Louis ammette, e sorride solo per un attimo, prima di tirare su col naso e distogliere lo sguardo. “Ma io non parlo con tutti gli sconosciuti,” aggiunge, forte abbastanza da farsi sentire da Styles. Osserva la piccola famiglia di anatre vicino alla riva. Sono così piccole. Che dolcezza. “Solo quelli carini.”
Quando si volta, Styles è completamente rosso. Nel vederlo, non riesce a trattenere un sorriso divertito.
“Sono di nuovo aggressivamente diretto, vero?” domanda, osservando Styles diventare ancora più rosso.
“Un po’,” balbetta quello, cercando di nascondere il rossore, sistemando un riccio solitario dietro l’orecchio. Distende le gambe, incrociando le caviglie.
Ancora silenzio. Ma non è totalmente sgradito. Louis sta ancora cercando di pensare a come approcciarsi.
“Tu non vieni a scuola qui, vero?”
A quello, Louis si irrigidisce, ogni accenno di sorriso svanito. Un debole brivido si diffonde lungo il collo. Questo è un territorio pericoloso.
“Uhm,” comincia, e questa volta è lui a evitare il contatto visivo, nonostante lo sguardo che sente bruciare sul cranio. Styles lo sta fissando intensamente. “No, in effetti no.”
“Non ci vai proprio?”
Domande, domande. Normalmente, Louis non avrebbe neanche considerato l’idea di rispondere. Ma questa potrebbe essere un’eccezione. Ha bisogno di conquistare la fiducia di Styles più di quanto abbia mai avuto bisogno di quella degli altri.
“No. Non più.”
“Allora perché vieni qui? Perché eri in biblioteca quando hai sbattuto contro il mio tavolo?”
Okay. Un intenso interrogatorio. Okay. È giusto. (No non lo è.)
Louis tossisce appena, sapendo che gli serve una risposta. Le parole sono bloccate in gola. “Ho degli amici qui,” spiega. Ed è la verità, ma, in qualche modo fa sentire Louis ancor più volubile. Stringe più forte i fili d’erba.
“Chi sono i tuoi amici?” Styles lo sta bersagliando di domande, il tono monotono, lo sguardo fisso, gli occhi che brillano.
Eppure in qualche modo non sembra aggressivo, sembra solo sincero e curioso e diretto. Il che rende leggermente più facile a Louis rispondere.
“Ehm, Zayn. Zayn Malik.” Deglutisce, esitante. Se non la racconta giusta, rischia di sembrare solo più sospetto. Simula un’espressione pacata, alzando la testa per incontrare i grandi occhi di Styles. Ancora snervanti. “E il suo fratellastro Liam Payne. Siamo buoni amici.”
Styles annuisce, principalmente a se stesso, ma non sbatte le palpebre, non distoglie lo sguardo. “Ho alcune lezioni con loro,” dice, e la voce è atona, nessun segno di disagio o allarme. “Sembrano simpatici.”
Simpatici. Zayn è simpatico.
Liam non è simpatico.
Se solo questo ragazzino sapesse…
“Ovvio,” Louis ride, falso come sempre. Vuole solo la smetta di fare domande.
“Quindi vieni a scuola per loro? Anche se sono a lezione?”
Dio.
“Be’, sì. Non ho nient’altro da fare. Lavoro la notte, quindi ho un sacco di tempo da perdere durante il giorno. E non ho tanti altri amici, comunque.” Le dita strappano un paio di fili d’erba. La famiglia di anatre sta nuotando in sincronia.
“Dove lavori?” domanda Styles. La sua voce è ritmata, curiosa e diretta.
Eppure in qualche modo si trova a rispondere senza esitazione. “In un pub. È poco conosciuto, dubito che tu ne abbia sentito parlare. È dall’altra parte della città. Sulla Waterstreet.”
Styles mormora un cenno di assenso.
Questo non è quello che Louis aveva programmato. Seccato, finge un sorriso, indirizzando la conversazione su una strada diversa.
“Quindi, Harry Styles,” dice con disinvoltura, sdraiandosi e puntellandosi sui gomiti. Sorride, mostrando il suo angolo migliore. “Basta parlare di me. Sono sicuro che tu sia molto più interessante di questo solo e vecchio bastardo. A meno che…” lancia un’occhiata ai libri, ancora sulle gambe di Styles. “Devi tornare a studiare? Ti sto trattenendo troppo?”
Styles alza le spalle, l’espressione perlopiù indecifrabile. C’è solo una leggera linea tra le sue sopracciglia, solo una leggera rigidità nella sua postura, solo una leggera consapevolezza della presenza di Louis. “No no. In ogni caso devo andare al lavoro a breve. Non ti preoccupare.” Alza nuovamente le spalle, alcuni dei suoi ricci disordinati che si muovono con il vento. Il suo cardigan sembra delicato, più delicato della sua pelle che sembra addirittura fragile.
Povero fragile ragazzo. Ma fragile, sfortunatamente, è quello di cui Louis ha bisogno.
“Ah, sì. Il misterioso posto di lavoro,” Louis sorride. Le labbra di Styles si contraggono in risposta, ma distoglie lo sguardo, imbarazzato. “Perché un piccolo e ricco affarino come te dovrebbe lavorare, in ogni caso?” lo prende in giro, inclinando la testa da un lato per poggiarla sulla spalla. Fissa Styles attraverso le ciglia.
“Non sono ricco,” Styles risponde lentamente, le sopracciglia che si corrugano in confusione.
Questo attira l’attenzione di Louis. Raddrizza nuovamente la testa. “Non lo sei?”
Styles scuote la testa. “No. Per questo ho un lavoro.”
Merda.
Louis annuisce, tornando a osservare il laghetto. “Capisco,” dice, strizzando gli occhi per la troppa luce del sole.
Liam aveva fatto sembrare come se Styles fosse ricco. Non l’aveva detto? O Louis l’ha solo dedotto?
“Quindi l’unica cosa che fai è gironzolare qui tutto il giorno?” Styles domanda, osservando curiosamente Louis, ma la sua voce è calma, quasi esitante. Come se non fosse sicuro se sta chiedendo troppo, se si sta impicciando troppo.
Decisamente l’antitesi di Louis.
“Sì, quasi sempre.” Louis fa spallucce. E, purtroppo, è anche la risposta più onesta. Huh. Non l’ha mai realizzato prima.
Quanto cazzo è triste. E patetico. E inquietante.
Oddio, Louis è inquietante.
“Sì, credo di essere inquietante,” borbotta in una triste rivelazione. Oddio. “Sono un emarginato e inquietante pazzoide.” Le labbra si contraggono con umorismo un po’ macabro mentre proferisce queste parole, voltandosi verso Styles.
(Non è emarginato, comunque.  Gli piace stare da solo.)
Anche le labbra di Styles si contraggono. “È per questo che sei alla ricerca disperata di un appuntamento?” domanda, e o i suoi occhi hanno catturato la luce del sole, o c’era un barlume di malizia nello sguardo del piccolo bastardo.
Bene, bene, bene. Qualcuno sta diventando più audace.
Almeno è divertente.
“Probabile, sì,” Louis ride, e si siede più diritto, sistemando le braccia sopra la gamba più alta. “Prendo di mira chiunque sembra voglia parlare con me.”
“Ti sembra che io voglia parlare con te?” Styles sorride, inclinando la testa. Sembra essere stato colto di sorpresa con quelle parole.
Louis stringe le labbra e riflette.
“No.”
Il sorriso del ragazzo si allarga. Si allarga, ma subito dopo distoglie lo sguardo e quello sparisce.
Ma comunque. Profuma di vittoria.
“Presumo che sia il motivo per cui sono così… ehm, presente,” continua Louis, con estrema noncuranza. Sta prendendo confidenza. “Quello, e perché mi sento un coglione per averti fatto sentire a disagio, quindi sto cercando di farmi perdonare facendo amicizia con te. Che, in realtà, ti sta facendo sentire ancor più a disagio. Capisci il mio dilemma.”
“Non mi stai facendo sentire a disagio,” dice Styles a bassa voce, immediatamente. Le sopracciglia di Louis schizzano verso l’alto. “Solo che non capisco, tutto qui.” I suoi occhi sono rilassati. Tutto in lui è rilassato. “Tipo, una settimana fa, non c’eravamo neanche mai visti. E ora mi vieni a cercare, tipo, ogni giorno.”
“È solo il terzo giorno, cucciolo,” Louis replica, sminuendo le parole con un gesto della mano. “È a malapena un impegno prolungato.”
Styles si limita a serrare le labbra, senza dire nulla per un momento.
“È comunque strano,” conclude, alla fine.
“Già,” concorda Louis dopo un attimo. “Decisamente strano, presumo. Ma eccomi qui, eh?” si volta verso Styles, forzando un sorriso che non sente di voler elargire. Vorrebbe solo andarsene. Tutto questo sembra sbagliato. Ancora. Persino con il barlume di speranza. “Posso lasciarti stare, comunque. Posso andare a trovare Zayn o Liam e dare fastidio a loro. Lasciarti ai tuoi libri.” Posa un dito sul sopracitato oggetto mentre lo dice, e questo cade facendo un rumore tale da spaventare una delle anatre.
Styles si limita a fare spallucce. “Come ti ho detto, devo andare al lavoro a breve. E non mi stai dando fastidio. Solo che non sono… molto bravo nelle conversazioni.”
Louis non riesce a trattenere il divertimento che spinge le labbra in un sorriso, un sopracciglio che si alza sulla fronte. “Sul serio? Tra i due sei tu quello attraente,” Louis mente, a metà. Che, sì, Styles sembra molto più socialmente incapace piuttosto che il contrario, ma a quanto pare sta facendo la sua parte. Louis pensa alla ragazza bionda del giorno prima, la sua facile risata e il modo in cui i suoi occhi si alzavano per osservarlo. “Sembra che tu piaccia alle persone qui. Per quel poco che ho visto, almeno.”
Styles fa spallucce, chiudendo il suo libro. Un altro piccolo lampo di vittoria.
“Non so. Mi piacciono le persone, sì. Sono gentili.” Infila il libro dentro la borsa, gli occhi che seguono i movimenti. “Ma non sono…” Si interrompe, lanciando uno sguardo a Louis. “Non importa.”
“Cosa?” Louis incalza, sinceramente curioso. Ha bisogno di ogni informazione che riesce a recuperare.
“No, niente. Era una stupidaggine. Sono stanco.” Chiude la zip della borsa e non aggiunge nient’altro.
Be’, cazzo. Un buco nell’acqua.
Louis cerca di non sbuffare, limitandosi a fissare il laghetto, cominciando a cercare giustificazioni per andarsene. Domani. Domani sarà il giorno. Domani inizierà a impegnarsi di più. Deve insistere.
“Voglio solo fare del mio meglio,” Styles dice all’improvviso, e la schiettezza coglie di sorpresa Louis. Osserva il ragazzo, ma Styles ha di nuovo lo sguardo fisso sul laghetto, sopracciglia corrugate e mani intrecciate un po’ troppo strette. “Non sono così bravo a farmi, tipo, degli amici veri. Riesco a parlare con le persone, tipo, a scuola. Ma non è…” Si morde l’interno delle labbra, pensoso, gli occhi appena più scuri. Louis lo fissa. “Sono più bravo nelle cose di scuola che in quelle sociali, presumo. Ma sono nuovo, sai. Quindi, tipo. Devo fare del mio meglio anche per questo motivo. Capisci?”
No, non capisce.
“In che senso?” domanda Louis.
Sente di essere sulla strada giusta. Se Louis riesce a capire le motivazioni di Harry, allora può farle a pezzi fino a farle sparire.
Per un momento, Styles è silenzioso, seduto con la borsa tra le gambe. Sta fissando il laghetto con gli occhi semichiusi per il sole, i capelli arruffati, e le labbra soffici. È nel complesso una soffice e piccola creatura, silenziosa e ingenua. Ma inspiegabilmente distante. Questo pensiero lo porta a fissarlo più intensamente, cercando di metterlo a fuoco. Tuttavia, sembra sempre avere i contorni sfuocati.
“È noioso. Quello che sto dicendo è noioso,” Styles sbotta infine, dopo secondi, forse minuti, corrugando ancor di più le sopracciglia e guardando altrove.
“Non è noioso,” lo corregge Louis, con gentilezza. “Dimmi tutto.”
Vuole sapere. Niente di quel che esce dalla bocca di Styles è scontato. Ha bisogno di sapere.
“Be’.” Styles si interrompe di nuovo, mangiucchiandosi l’interno delle labbra e arricciando il naso. Ricomincia a rigirarsi le cuffiette tra le mani. Ha dei tic nervosi. È a disagio, in qualche modo. “È che sembra così facile per tutti qui. Sia socialmente che a livello accademico. Sei mai venuto a scuola qui?” domanda, voltandosi verso Louis.
Louis scuote la testa. “Nah. Troppo snob per i miei gusti. Mi avrebbero odiato, in ogni caso.”
Un’espressione sarcastica e divertita si forma sulle labbra di Styles ma lui non commenta, si limita ad annuire e continua. “Be’, non sono sicuro che tu conosca le dinamiche e tutto il resto. Dai tuoi amici, insomma. Ma è… competitivo qui.”
Louis quasi sbuffa per l’ironia di tutto ciò.
“E io ho sempre dovuto impegnarmi un po’ più degli altri, capito? Non so. Tipo, la mia famiglia non ha, tipo, un sacco di soldi o che. E io non sono così intelligente. O talentuoso, in un qualsiasi ambito. Affatto. Semplicemente non ho tutti quei soldi.”
Il sorriso di Louis si affievolisce, giusto un po’. Qualcosa striscia nel suo stomaco.
“E quindi, tipo…” Styles si interrompe di nuovo, schiarendo la voce prima di continuare. “Mi dispiace se ti sono sembrato veramente scortese quando ci siamo incontrati la prima volta.” Le parole sono precipitose, gli occhi che guizzano nervosamente in direzione di Louis. “È solo che… che…” Le dita si stringono maggiormente. “Non so sempre cosa dire. E.” Si morde più forte l’interno delle labbra, gli occhi che brillano. “Io so chi sei.”
Qualcosa di freddo e pesante piomba nello stomaco di Louis.
Oh no. Cazzo. Cazzo.
“Ah sì?” domanda, ma la sua voce è stridula, solo un po’ più debole di come dovrebbe essere. Cazzo. L’irritazione ribolle dentro di lui, sgorgando da tutti i pori dentro il buco del suo stomaco.
Styles annuisce, gli occhi che ancora una volta guizzano verso Louis, poi si spostano di nuovo. “Già. Ho sentito il tuo nome da queste parti. La gente parla di te.”
Questo non è un bene. Per niente.
Ma Louis si mantiene composto e si limita ad annuire. “Capisco.” Deve mettere fine a questa conversazione, adesso.
Ma, ovviamente, Styles continua.
“Dicono cose,” dice, lentamente e a bassa voce. “Sul tipo di persona che sei.”
L’irritazione sale.
“Okay. E?” Louis protende appena il mento, con aria di sfida.
Non si lascerà giudicare da questo ragazzino. No.
“E questo è tutto,” borbotta Styles. “Non so nulla di specifico. Solo piccole cose.” Deglutisce, ma si volta a guardare Louis, e i suoi occhi sono della solita, irritante grandezza. Nessuna scusa nel verde, nel blu, nel grigio. “Solo piccole cose che la gente dice di te. Quello che pensano di te.”
Piccole scintille di rabbia esplodono nel petto di Louis.
Come se questi ragazzini sapessero qualcosa della sua cazzo di vita. Che si fottano.
“E invece cosa pensi tu di me, Harry Styles?” Louis lo sfida allora, e nonostante mantenga il tono tranquillo, non osa sbattere le palpebre o muoversi, guardando direttamente dentro gli occhi del ragazzo, sprezzante, forte e orgoglioso.
Non si lascerà giudicare.
“Io credo,” Harry comincia lentamente, e il suo viso si rilassa, le spalle si abbassano. “Che mi piacerebbe decidere da solo che tipo di persona sei.”
Louis è colto di sorpresa, quindi non risponde, si limita a sbattere le palpebre e voltare la testa per fissare il laghetto di fronte a loro.
“Mi sembra corretto,” dice alla fine, le parole che fluiscono nella brezza.
Il suo battito è ancora irregolare.
Non è quello che si aspettava. Oggi è tutto troppo pesante. Troppo, troppo presto. Sta facendo progressi, sì, ed è tremendamente elettrizzato all’idea di andare da Liam e raccontargli i particolari, ma.
Ma si sente piuttosto a disagio in questo momento, cazzo. Questo ragazzino è così… così…
Non sa nemmeno quale sia la parola giusta.
“Ti chiedo scusa se ho ferito i tuoi sentimenti in qualsiasi modo,” Styles dice a bassa voce dopo un momento.
E, cosa? Che cazzo di cosa ridicola da dire.
“Non hai ferito i miei sentimenti,” Louis scatta, immediatamente.
Ma Styles continua come se non l’avesse neanche sentito. “Non avrei dovuto dirti che- quello che la gente pensa su di te… mi dispiace. Non avrei dovuto, tipo-” Styles si interrompe. “Dico sempre le cose sbagliate. Te l’ho detto che sono una merda a conversare,” conclude, e quando Louis si volta, trova il ragazzo a fissarlo intensamente, le scuse scritte chiare in faccia.
“Immagino che avrei dovuto darti retta, allora,” Louis dice in modo sardonico, ma alza un angolo della bocca. Perché non è nemmeno arrabbiato. Non veramente. Solo sorpreso. Solo in guardia. Styles non ha detto niente di male. È stato…
Be’. È stato gentile. Non sta neanche giudicando Louis. Sinceramente.
Louis non è arrabbiato. Solo che non sa cosa farsene di tutto questo. Sa che è un bene, sa che funzionerà… ma. È tutto difficile da capire e mettere insieme.
“Be’, in questo caso, se la metti così,” Styles continua dopo un momento, e sbatte le palpebre in direzione di Louis come il gigante barbagianni che è, “Immagino che se ti sei sentito turbato, allora è colpa tua.”
A quelle parole la testa di Louis scatta nella sua direzione, ed è onestamente sorpreso di vedere Styles trattenere un esitante sorriso, le ginocchia premute contro il petto e le mani poggiate sull’erba ai suoi fianchi. In qualche modo, sembra al tempo stesso cauto e aperto. È inspiegabile.
Ma Louis sbuffa. “Dio,” soffia, scuotendo la testa, e sente Styles proferire un debole e divertito suono accanto a lui. “Sei proprio un fiume in piena oggi, eh? Tu e la tua dannata insolenza.”
La parola fa arricciare ulteriormente le labbra di Styles. Posa il mento sulle ginocchia, osservando Louis attraverso le ciglia e i ricci ribelli e la luce del sole. Le sue guance sono rosa, e strofina rapidamente le labbra rosse e sorridenti contro le ginocchia fasciate nei jeans. “Non sono mai stato chiamato insolente prima d’ora,” borbotta, e poi il suo sguardo cade sull’erba. “È strano sentirlo.”
“Forse non da quelli che non l’hanno ancora scoperto,” Louis mormora in un tono ancor più secco, e Styles soffia un’altra piccola risata in risposta, il mento ancora poggiato sulle ginocchia. È tutto rannicchiato. Come un piccolo burrito.
Esteticamente, è tenero. Styles è tenero. Possiede proprio un fascino innato. Un’ingenua e candida innocenza.
È un peccato che Louis debba distruggerlo.
È un pensiero pesante.
“Devo andare al lavoro,” Styles dice alla fine, dopo che i loro sorrisi si sono acquietati e l’aria si è fatta più fresca.
Louis annuisce. “Okay. Dove lavori, quindi?”
Ma Styles si limita a scuotere la testa con un sorriso nascosto, alzando gli occhi al cielo mentre raccoglie la sua borsa e la mette a tracolla sulle spalle. Però non si è ancora alzato. “Sei sempre più inquietante.”
 Sta diventando decisamente più sfacciato.
“Mi piace pensare di essere attraente.”
“Insofferente?”
“No, no, cucciolo… at-tra-en-te,” Louis articola con tono di disgusto, perché è uno stronzo, perché fa ridacchiare Styles. Il che è una fortuna. “Quindi, dov’è che lavori? Posso venire? Non ti disturbo. Mi limiterò a star seduto sulle tue gambe mentre tu fai qualsiasi cosa debba fare, sarò buono.” Sorride diabolicamente, essendo intenzionalmente troppo sfrontato.
Fortunatamente, Styles sembra cogliere l’umorismo, mostrandosi più divertito che infastidito. “Decisamente insofferente.”
La bocca di Louis si piega. “E tu hai anche il coraggio di dirmi che nessuno ti ha mai chiamato insolente prima d’ora.”
“Di solito non sono così scortese,” Styles ridacchia, ma sembra compiaciuto, e quando si alza e Louis lo segue a ruota, non sembra completamente scoraggiato.
“Probabilmente tiro fuori solo il peggio delle persone,” Louis gli fa l’occhiolino.
Styles arrossisce di nuovo. Louis potrebbe trasformarlo in gioco alcolico.
“Forse è per questo che tutti mi odiano,” continua, percependo una piccola scintilla di orgoglio nel guardare il rossore espandersi lungo il collo di Styles.
Ma a quelle parole, il divertimento sparisce dagli occhi del ragazzo. “Ehi, senti, Louis-” comincia, ma Louis alza una mano per interromperlo.
“Nah, sto solo scherzando. Non mi importa.”
“Loro non ti odiano.”
“Oh? Ah no?”
Styles scuote la testa. “No. Sembra che… non so. Ti ammirino, in un certo senso.”
Huh. Be’, questo è inaspettato.
“Ma questo non rende quello che dicono meno cattivo. Quello che per alcuni è un complimento, per altri è un insulto. E io credo che una persona meriti più rispetto di questo.”
Il sorriso di Louis vacilla. Solo un po’.
Rispetto. Questo ragazzo, il suo obiettivo, pensa che Louis meriti più rispetto.
C’è un momento di pausa e Styles si limita a fissare Louis, sfacciato e tranquillo e ignaro, mentre gli concede volentieri il suo tempo. Perché lentamente, molto lentamente, sta cominciando a lasciare andare piccoli e insignificanti pezzi di sé; fino a che, un giorno, cederà anche i pezzi più rilevanti. E Louis li userà contro di lui.
E questo ragazzo pensa che Louis meriti di essere trattato con più rispetto.
“Tu non mi conosci, Harry,” dice a bassa voce, dopo un momento. Cerca di essere disinvolto, ma sa che il suo tono di voce è diventato troppo basso.
“Non devo conoscerti per rispettarti,” Styles risponde immediatamente, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Una semplice verità. Due più due fa quattro. “È il mio modo di vedere le persone.”
“Quindi tu rispetti chiunque?” Louis domanda, sopracciglia alzate in sorpresa. Che ingenuo.
Ma Styles annuisce, convinto e sicuro. “A meno che non mi diano un motivo per non farlo, sì.”
‘Presto ti darò un motivo per non farlo,’ è quello che Louis non dice. Solo il pensiero gli suscita un piccolo peso sullo stomaco.
È un peccato.
“Sei un bravo ragazzo, Harry Styles,” dice Louis alla fine. Solo con un po’ di senso di colpa.
Styles solleva appena le sopracciglia. “Pensavo di essere insolente.”
Heh.
“Sei un bravo e insolente ragazzo,” si corregge, lasciando apparire un piccolo sorriso. “Un dolce e piccolo insolente.”
Styles scoppia a ridere. Bene.
“Ti lascio andare, comunque,” dice Louis, facendo un passo indietro. “Divertiti al lavoro. Qualsiasi esso sia. Forse ci vediamo domani.”
“Non avevo dubbi,” Styles borbotta nel voltarsi.
C’è qualcosa… c’è qualcosa nell’aria che porta la mano di Louis ad allungarsi per afferrare il braccio di Styles.
Ipoteticamente parlando, questa potrebbe essere l’ultima possibilità. Se, se, Louis volesse tirarsi fuori da questa storia, questa potrebbe essere l’ultima possibilità per lasciar andare il ragazzino.
“Senti. Harry,” dice, e il viso di Styles si rilassa in un’espressione curiosa, mentre aspetta che Louis continui.
Non lo fa.
“Sì?” lo sprona, le sopracciglia inarcate.
Louis deglutisce.
“Se ti sto, tipo, sinceramente, dando fastidio… basta che me lo dici. Lo so che ho detto di non avere nient’altro di meglio da fare, ma posso iniziare, che ne so, a lavorare a maglia o qualcosa di simile. Collezionare francobolli.” Styles ride di nuovo. Ma Louis non sorride. “Seriamente. Basta che me lo dici.”
Lo fissa con attenzione, occhi negli occhi.
Ipoteticamente, questa potrebbe essere la sua occasione.
“Lo so,” Styles dice piano. Ma poi alza le spalle. “E io potrei avertelo detto ieri. Ma… non so. Anche io a volte mi sento solo.” Il secondo in cui le parole escono dalla bocca, unisce le sue labbra piene, la pelle che arrossisce, e abbassa la testa.
Le sue parole mandano qualcosa attraverso Louis. Ma suona anche come un bilancio delle vittime.
“Okay,” Louis asserisce, lasciando andare il suo braccio. Il gioco è fatto. “Volevo solo esserne sicuro.”
Styles si lascia andare in un mezzo sorriso nell’allontanarsi. “Ci vediamo, Louis.”
“Sì,” risponde a bassa voce, osservando Styles mentre si gira e va via, la borsa che rimbalza dolcemente dietro di lui ad ogni goffo e pesante passo. Ha proprio delle gambe lunghe. “Ci vediamo, Harry.”
 
**
 
“Non ho più avuto neanche mezza cazzo di notizia da te. Spero che sia perché la tua bocca è stata troppo impegnata a succhiare il cazzo di Styles,” Liam ringhia.
Dio.
“Stai buono, Keats,” Louis borbotta, alzando le mani in segno di resa. “Piano con i sonetti. Lo sai che la poesia mi spezza il cuore.”
Liam gli lancia un’occhiataccia, incrociando le braccia. “Ha. Ha.”
“Ha. Ha,” lo imita Louis sogghignando, ma sul suo sguardo passa un barlume di divertimento. Scuotendo la testa, supera quell’orso bruno di Liam Payne, prima di buttarsi sul suo letto, cuscini che rimbalzano ovunque, vestiti che cascano per terra. Il ghigno si allarga quando si stiracchia, lasciando che l’intero corpo occupi la maggior parte del letto, spaparanzandosi più che può.
Alla fine, anche Liam sogghigna.
Ma lo nasconde, uscendo immediatamente dalla stanza e avviandosi lungo il corridoio.
“Dove sono i tuoi?” Louis gli urla dietro, gli occhi che vagano per la stanza disordinata. C’è uno strano odore di tacos, o qualcosa del genere. O forse sono i piedi di Liam.
“In vacanza,” risponde Liam. “A Cannes. Tornano la settimana prossima.”
“Oddio. Amo Cannes in questo periodo dell’anno,” dice, strascicando le parole. Spera che si prendano un’intossicazione alimentare. Ricchi genitori di merda.
Ma Liam non risponde. Invece, Louis sente un intenso bussare a una porta da qualche parte in lontananza.
“Zayn!” chiama Liam. “Apri, bro!”
Louis sente la porta aprirsi, e allunga le orecchie.
“Sì?” domanda la voce addormentata di Zayn.
“Eccoti qua, idiota. Dove cazzo sei stato? Non eri qui quando sono tornato a casa. Dove sei andato?”
“A correre.”
“A correre? Tu corri? Perché sei andato a correre?”
Louis può quasi vedere Zayn alzare le spalle.
“Non so. Ne avevo voglia?”
“Giusto.” E ora può vedere Liam alzare gli occhi al cielo. “Be’, Louis è qui. Probabilmente a breve ceniamo. O stiamo qui a cazzeggiare.”
“Figo.”
“Vieni, dai,” Liam sospira con esasperazione, e la successiva cosa che Louis vede è Liam che trascina Zayn per la manica nella sua stanza. Zayn sembra indifferente e svogliato, mentre si lascia condurre.
“Ehi, Tommo,” saluta. “Ho trovato un libro figo. È scritto dal punto di vista di una capra.”
Louis scoppia a ridere. “Dove trovi ‘sta merda, Zen?”
“Me l’ha dato Liam.”
Liam alza di nuovo gli occhi al cielo. “Solo perché era gratis.” Ma un guizzo di soddisfazione gli passa sul viso.
L’unica qualità positiva di Liam è Zayn. Forse perché Zayn è leggermente insicuro e problematico (molto problematico) o forse perché Liam è l’unico figlio di due persone veramente crudeli e il suo lato umano desidera ardentemente legami familiari, ma lui si prende completamente cura di Zayn come una leonessa farebbe con il suo cucciolo.
Non ne hanno mai parlato – così come Louis non ha mai parlato del suo desiderio di scoparsi occasionalmente Zayn. Ma è l’unica qualità positiva di Liam.
“Awwweh, ma guardatevi,” Louis sghignazza, tornando a sdraiarsi sul letto. “Fratelli per la vita, proprio.”
Liam quasi sibila il suo “Oh, fottiti,” nello stesso momento in cui Zayn annuisce pensieroso e biascica un riflessivo, “Probabile.”
Troppo carini.
“Quindi,” Liam dice allora, e si volta verso Louis con le braccia incrociate, tutto ufficiale e virile. Louis potrebbe distruggerlo pezzo per pezzo se volesse. Solo con la sua lingua e nient’altro. O, cazzo, solo con un fottuto dito. Liam lo sa. È divertente. “Aggiornami. Stai facendo progressi?”
Louis si concede un sorriso accondiscendente e un esame approfondito del corpo di Liam mentre si stiracchia sul letto come un gatto. “Progressi?” domanda innocentemente. Arriccia le labbra e spalanca gli occhi, sbattendo le palpebre in confusione.
Liam gli lancia un’occhiataccia. E probabilmente si sta eccitando. “Con Harry Styles. Progressi,” ripete con maggiore fermezza. Troppa. Le nocche sono bianche lì dove stanno stringendo le braccia.
“Ahhhh, sì,” Louis sospira, e Zayn sorride, divertito. “Mh, fammi pensare…” Si picchietta le dita sulle labbra, fingendo contemplazione.
Ma poi Zayn manda tutto a puttane.
“Sta fallendo, Li,” dice, con il più grande sorrisetto compiaciuto dell’universo, e osserva Liam, divertito, sedendosi sulle sue mani sulla sedia della scrivania.
Liam sembra un po’ pallido. Rosa, come una gomma da masticare. “Ancora??” sputa fuori, gli occhi spalancati.
“Ehi!” Louis scatta, trafiggendo Zayn, che sembra semplicemente soddisfatto di sé, con lo sguardo. “Non più, no. Oggi c’è stata una svolta.” Il sorriso si allarga, mostrando i denti. “Vuole che continui a infastidirlo. L’unico motivo per cui all’inizio era dubbioso è perché ha sentito parlare di me. O qualcosa del genere.” Louis alza gli occhi al cielo. “Ma è abbastanza stupido da non voler ascoltare nessuno. Dice che vuole farsi una sua idea da solo. Quindi. Sta entrando nella tana del lupo di sua spontanea volontà, davvero.”
Il sorriso di Zayn è sparito, sostituito rapidamente da un cipiglio. Rimane in silenzio e Louis evita i suoi occhi, ignora il peso sul suo stomaco.
“Quindi, nel complesso, è tutto a posto,” conclude con un largo sorriso che gli tira fastidiosamente le labbra.
Il viso di Liam si rilassa in una viscida espressione di appagamento. “Perfetto. Solo un altro passo, allora. Sapevo di poter contare su di te, Tommo.” I suoi occhi penetrano in quelli di Louis.
Brucia. Come se potesse spaccarlo in due.
Yep.” Lo fissa di rimando, abbassando le palpebre e leccandosi le labbra. “Non ti deludo mai.”
C’è un brevissimo momento in cui Louis vorrebbe quasi allungare le braccia, afferrare Liam per la maglietta e far scontrare le loro labbra – se solo fosse – ma poi Zayn si muove e, oh già. Zayn.
“Voi due siete strani,” dice, scuotendo la testa, e gli occhiali scivolano appena sul naso. Ma questa volta non li sistema, focalizzando invece la sua attenzione su una palla di carta buttata sulla scrivania di Liam. “Ragazzi, guardate” dice, raccogliendola. La tiene sul palmo, allungando la mano verso di loro. “Sembra la luna.”
No, per niente.
Ma Louis ride e Liam sembra infastidito e Zayn osserva la palla di carta con occhi meravigliati, e la conversazione cade nel dimenticatoio.
Da qualche parte, nel retro della mente di Louis, è consapevole che questa sarà presto la sua vita. Sarà una presenza fissa qui.
Molto presto.
Deve solo superare prima un ostacolo riccio e ingenuo.

Gods&Monsters [Larry Stylinson • Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora