Capitolo 25.

                                    

                                          
Mi girai lentamente verso gli altri, che ora mi stavano fissando con uno sguardo leggermente terrorizzato dal mio comportamento. Lo sapevo che non c'era da stupirsi: nessuno dei Radurai mi avrebbe perdonata così facilmente, nemmeno Newt, ma ci avrei provato.
Un semplice 'scusa' non sarebbe mai bastato, dovevo fare altro. Molto altro. Avrei dovuto dimostrargli di essere la stessa Elena della Radura, quella che conoscevano, quella che aveva tenuto testa a più di trenta ragazzi e che non aveva paura di dire la sua opinione.
                          
Era anche grazie a me se erano usciti dal Labirinto. Ovviamente Thomas era l'autore della fuga più ingegnosa e allo stesso tempo più stupida del secolo, ma per la maggior parte se ora eravamo fuori dagli artigli dei Dolenti era soprattutto per merito suo. Io in realtà dovevo semplicemente ringraziare i miei sogni, o ricordi che fossero.
Forse avrei potuto riconquistare la loro fiducia salvando la vita a qualcuno di loro. Se non altro avrei avuto tante occasioni, dato i guai in cui erano soliti cacciarsi.
                          
O magari avrei semplicemente dovuto spiegare loro come stavano le cose per poi...
"Eli! Mi stai ascoltando?" chiese Newt, con un tono di voce leggermente irritato.
"Ehm... Sì, sì..." annuii distrattamente. Non mi ero accorta che di essere rimasta a fissare ragazzi e ragazze mentre i pensieri stavano sfrecciando nella mia testa.
"Lascia perdere Minho. È fatto così. Ti era molto affezionato e per lui è stato un vero colpo al cuore quando ha capito che ci avevi traditi." spiegò con calma, avvicinandosi a me.
Era? Perché ora non lo è più? Pensai buttandomi il morale a terra.
"Non so le altre teste puzzone, ma io voglio sapere cosa sta passando per quella tua testolina ingegnosa." disse mettendomi un braccio intorno al collo, come se nulla fosse cambiato dai vecchi tempi.
                          
I vecchi tempi... Questo sì che mi faceva sentire vecchia, nonostante avessi appena diciassette anni.
"In realtà non è niente di ingegnoso... Stavo solo pensando che forse è tutta una cosa di logica, come il codice che abbiamo dovuto trovare per uscire dal Labirinto. Magari c'è qualcosa che dobbiamo fare su questo stendardo." spiegai semplicemente, abbassando la testa verso le mie scarpe, che erano diventate improvvisamente interessanti.
"Be' ma questa volta non ci sono Mappe con cui creare delle lettere e di certo non credo che basti digitare qualcosa per tirarci fuori di qui. Questo è il mondo reale, Fagio. Non un caspio di Labirinto." aggiunse Frypan, facendo un'osservazione intelligente che non avevo considerato.
                          
"Avete un'idea migliore di starcene qui a non fare nulla?" chiese Newt scompigliandosi i capelli biondi. Il suo colore aveva perso luminosità, come se non stesse bene. O magari era solo lo sporco.
Vidi alcuni Radurai scrollare le spalle e altri scuotere la testa. "E allora aspettiamo." constatò sbuffando e iniziando a camminare, tirandomi dietro a lui.
                          


                          


                          
Eravamo seduti a terra da più di mezz'ora quando Minho si decise a tornare e ricongiungersi al gruppo. Probabilmente aveva preferito fare una passeggiata per calmare i nervi e far sbollire la rabbia, o magari aveva corso. In ogni caso, qualunque cosa avesse fatto in quella mezz'ora, era riuscita sicuramente alla grande dato che ora mi sembrava molto più calmo e avvicinabile.
Non volli comunque rischiare di innescare in lui un'altra dose di ira, perciò me ne rimasi zitta a parlare con gli altri Radurai per spiegare loro tutto quello che era successo. A dire la verità, nessuno sembrava contento di riavermi nel gruppo, ma probabilmente tutti si erano messi ad ascoltarmi per via della curiosità e forse anche della necessità di spiegazioni.
                          
Se non altro stavamo ammazzando il tempo in qualche modo anche se non mi sembrava che stesse scorrendo più di tanto.
Minho mi osservò per qualche secondo, ma feci finta di non vederlo. Forse voleva semplicemente capire se stavo raccontando fandonie oppure se ero realmente sincera. Evitai il suo sguardo inizialmente, ma poi, vedendo che continuava a fissarmi, decisi di alzare gli occhi e incatenarli alle sue pupille nere come l'oscurità.