Epilogo

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Dal giorno in cui Mattia aveva preso il volo, che poi scoprii di essere solo andata, per Bergamo erano già passati quasi due anni.

Noi, a piccoli passi, avevamo abbassato tutte quelle maschere che negli anni passati avevamo indossato e che ci avevano modificato ad occhi esterni, tornando ad essere noi.

Avevamo deciso di frequentarci davvero, e così lui era tornato a casa propria.

Era stato difficile per lui, una volta tornato a casa, spiegare alla madre che avesse chiuso la storia con Jacopo, che non lo amasse più e che, testuali parole, il suo cuore appartenesse da sempre ad un altro.

Lui le aveva parlato di me, del fatto che fossi andato a Roma per lavoro, che avessimo parlato e 'chiarito' dopo esserci confrontati e che, adesso, fossi pronto ad esprimere quei sentimenti che negli anni erano maturati.

Sfiducia e non accettazione la governarono per davvero tanti mesi, dovendo subire le sue occhiatacce e le battutine cattive che mi riservava quando, per compiacere Mattia che desiderava unione, cenavo a casa loro.

Per me, invece, dopo aver detto a mia madre di quella mia riscoperta natura, la seconda persona a saperlo fu mia sorella e, sorprendentemente, non fu neanche troppo difficile farlo... Il problema più grosso fu mio padre.

Lui, quando lo seppe, non lo accettò, e in tutta risposta mi accusó di essere "falsamente uomo". Litigó con mia madre e con mia sorella ma niente e nessuno fu in grado di impedire ciò che successe.

Fui costretto a farmi le valigie e a trasferirmi, almeno momentaneamente, a casa del mio ragazzo.

Passai un periodo davvero duro... I rapporti con la mia famiglia erano stati messi in bilico da mio padre mentre la madre di Mattia sembrava controllare ogni mia minima mossa, ogni minimo cambiamento di espressione quando parlavo con il figlio, rendendo la situazione più pesante di quanto già non lo fosse.

Quella sfiducia, del tutto comprensibile, durò almeno per sei mesi... Mesi durante i quali la frequentazione tra me e Mattia era stata ufficializzata, diventando così una vera e propria relazione.

E mai, mai, mai, mi capitó di sentirmi pentito di aver dato ascolto, per la prima volta, al mio cuore.
Quando lo baciavo, quando mi lasciava una carezza, quando mi abbracciava, quando dormivamo stretti in quel suo letto da una piazza l'uno stretto all'altro, quasi come fossimo un puzzle perfetto... Mi sentivo bene, sentivo di essere davvero me stesso per la prima volta nella vita.

Lui sapeva rendermi felice anche solo rivolgendomi uno dei suoi sorrisi dolci e caldi, sapeva tranquillizzarmi solo sfiorandomi una mano, e sapeva sconvolgermi quando ci ritrovavamo da soli ad esplorare i nostri relativi corpi.

Fare l'amore con lui poi, era una cosa del tutto inspiegabile... Avevamo imparato a conoscerci, e lui sapeva esattamente cosa fare, come sfiorarmi, come baciarmi, per farmi godere, per farmi stare bene e per far scoppiare il cuore nel mio petto che, quasi, implorava di non farlo battere così velocemente... Era tutto perfetto, lui era perfetto.

Poi sono arrivate le prime festività insieme, i primi Natali, poi la Pasqua... Tutte festeggiate fra le mura calorose di casa Zenzola mentre mia madre e mia sorella continuavano a cercar di far ragionare mio padre senza tuttavia ottenere riscontri positivi.

I giorni scorrevano nella più totale tranquillità, intervallata raramente da qualche piccolo litigio che poi si concludeva con una ricerca delle attenzioni da parte dell'altro che, puntualmente lo ignorava, e un bacio rubato che poi veniva coronato da un sorriso chiarificatore.

Il giorno più importante della mia vita, fino a quel momento, fu però il giorno del secondo Natale passato insieme.

Quella sera ancora la ricordavo benissimo... Avevamo appena terminato il classico cenone Natalizio quando Mattia mi aveva invitato a raggiungere il giardino con lui, sedendoci sulla panchina in paglia posta in una zona più rientrata e riparata dalle intemperie tipiche del clima stagionale.

Ricordami Di Scordarti [Zenzonelli] Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora