Di tutti gli obbiettivi che una macchina fotografica poteva catturare noi eravamo sicuramente il ritratto più bello. Troppe foto avevo da conservare, alcune le avevo anche nascoste per non farle vedere a nessuno, altre erano invece in bella vista perché non macchiate da nessun peccato. Non potevo fotografare quel momento, non avevo i mezzi e né il coraggio di farlo, ma una volta che quella notte chiusi gli occhi sperai tanto che non rimanesse solo nella mia testa ma che venisse trasportato su una tela o su una semplice fotografia solo per passare i giorni a riguardarlo.
Un filo di luce penetrava appena nella stanza e toccava le lenzuola piene di pieghe che però coprivano alla perfezione i nostri corpi. Dormiva ancora quando io aprii gli occhi, mi ero svegliato poco più tardi dell'alba accorgendomi che quel giorno non aveva al mio fianco il vuoto più totale ma forse il ragazzo che aveva più detestato negli anni precedenti. Aveva gli occhiali appoggiati sul comodino alla destra del letto e a terra ancora la camicia. Mi alzai per prenderla e per portarla vicino al mio naso. Conservava ancora il suo profumo addosso, ricordai come la prima cosa che avevo sentito di lui quest'estate era stato proprio quel buon odore che lo accompagnava sempre. Rimasi seduto ad osservarlo per molto, avrei dovuto svegliarlo, avrei dovuto provare paura per lui in caso qualcuno fosse entrato ma non ne provavo. Rimasto abbagliato da un legame che non avevo idea di quanto potesse durare o per quanto potesse essere nascosto. Se esistevano davvero amori che potevano essere liberi avrei scelto la libertà e la luce del sole anche per noi perché era vero come molti dicevano, gli esseri umani erano nati per amare e odiare poi stava al sentimento più forte vincere. Ma non mi era permesso essere libero come non sarebbe stato per lui o almeno non con me. Restava che godersi lo spazio di questo tempo di cui avevo tanta voglia di rimanerci aggrappato.
«Sei già sveglio.» Disse mentre si stiracchiava nel letto, mi fece sorridere vederlo così, era così umano che non sembrava lui. «Buongiorno anche a te.» Risposi avvicinandomi a lui. Mi strinse ancora una volta vicino a lui, io gli baciai la spalla e feci cadere una mano sul suo petto. Faceva attenzione sempre a come mi prendeva, avevo ancora le bende e avevo capito anche ieri che aveva paura di farmi male. «Non devi avere paura, sto bene.» Dissi per tranquillizzarlo. «Lo so ma» Sussurrò vicino al mio orecchio «Non voglio che le tue ferite ti facciano di nuovo male.» «Preoccupato per me?» Chiesi non nascondendo il mio tono sarcastico. «Io? Nah.» Disse e mi alzai per rivestirmi, presi una camicia verde, dei dei pantaloni neri e mi sedetti per mettermi il tutto e proprio mentre mi allacciavo le scarpe lo sentii dire.
«Sì.» Sorrisi e giurai che sentii per poco le mie guance arrossare ma non dissi niente, mi alzai semplicemente e gli passai i vestiti.«Devi andare, non puoi restare qui, è già tanto se ieri non ci abbiano sentito.»
«Non ci hanno sentito e non possono sentirci nemmeno ora.»
«Cosa ?» Lo vidi infilarsi i pantaloni e lasciare la camicia sbottonata per poi alzare le spalle e dire. «Ho silenziato la camera mentre dormivi.»
«Scusa da quanto tempo mi guardavi dormire esattamente?»
«Il tempo necessario per vedere che sai disegnare e soprattutto sai disegnare me.»
«Oh, fanculo Potter.» Rise dopo la mia risposta e si alzò prendendo il mio quaderno tra le mani. «Posso tenerlo?»
«Ovvio che no.»
«Perché no?» Chiese lui mentre si portava il quaderno al petto. Girai gli occhi al cielo e dirigendomi verso la porta dissi. «Devi andare, non è sicuro qui.»
«Nemmeno per te.»
Mi fermai un attimo, abbassai lo sguardo e uscendo dissi solo. «Già, non lo è per nessuno.»
Non mi seguì, aveva capito che quando sarei tornato lui doveva essere via, avrei voluto portagli qualcosa da mangiare ma poche volte mangiavo in camera mia quindi semplicemente controllai subito dove fosse mia madre e se fosse vicina a quella stanza. Dissi persino a Kreacher di prepararle qualcosa per tenerla occupata aggiungendo anche di non dire che lo avevo ordinato io. Se ci fosse stata qualcosa da invidiare a quella donna era la furbizia e la sua perspicacia nel intuire le cose. Era in grado di farti credere di non sapere nulla fino a farti mettere in ginocchio per l'umiliazione. Non era l'unica manipolatrice di questa casa però era quella più brava a nasconderlo.
Scesi e vidi Kreacher fare come avevo detto, vidi anche lei con la coda dell'occhio e cercando di non fare rumore salii di nuovo le scale. Mio padre era ancora in camera, la sua malattia stava sicuramente peggiorando, mi avvicinai soltanto alla sua porta e lo sentii tossire. Nessun dottore era stato in grado di curarlo, ripetevano tutti che sarebbe passato a fine anno ma secondo me andava solo che a peggiorare. Aprii la porta per controllare se dormisse ma lo vidi sveglio per mia sfortuna.
«Entra.» Disse e lo feci. Odiavo mio padre perché mi faceva sentire fragile come una sua marionetta che continuava a cercare un suo segno di affetto ma che otteneva solo altri fili seguiti da comandi. «Non vedrai più Barty.» Alzai lo sguardo, stava scherzando ? Era uno scherzo ?
«Cosa?»
«Regulus non osare contraddirmi. Hai idea di cosa hai fatto tu l'altro giorno? Hai mentito a tua madre e quel ragazzo ha sicuramente una cattiva influenza su di te.»
Il suo tono duro, le sue sopracciglia erano abbassate e ravvicinate creando così delle rughe verticali tra esse. Le sue palpebre tese, labbra chiuse mentre i suoi occhi mi fissavano con odio. Pensai stesse anche stringendo i pugni, lo faceva sempre quando ero piccolo. «Non lo vedrai più, storia chiusa.»«Padre è mio amico.» risposi ma lo vidi alzarsi. Non si reggeva in piedi eppure voleva a tutti i costi mostrare il suo solito portamento autoritario e la sua postura rigida. «Credi mi interessi?»
Feci un passo in avanti, non potevo non vedere più Barty, era l'unico oltre a Pandora, che mi era già vietato vederla, con cui potevo parlare liberamente, chiedere consigli o semplicemente togliermi il peso della maschera che portava in questa casa.
«Sono tuo figlio.»Sono cieche le persone che credono ancora nelle aspettative false, non conoscono il gusto della rabbia mischiata alla tristezza ogni volta che queste vengono abbattute senza nemmeno un ripensamento. Non hanno mai sentito la proprie labbra vibrare perché non riuscivano più a emettere nessun suono o non hanno mai provato a trattenere il pianto per non ricevere un'umiliazione aggiuntiva.
Fu la sua risata a colpirmi di più di tutta quella conversazione, una risata che si ripeteva nella mia testa in continuazione, ma la cosa peggiore era che non potevo andarmene, non finché avesse detto lui che potevo. «Mi chiedo come possa avere un figlio così stupido.» Commentò dopo che finì di ridere, poi lo fece di nuovo, rise ancora avvicinandosi a me. Girai leggermente la testa di lato quando fu abbastanza vicino. Veloce fu la sua mano quando mi colpì in pieno volto. Non mi mossi nemmeno in quel caso.
«I Black non piangono.»
Non avevo la forza di guardarlo, avrei preferito non aver provato pena per lui e non essere entrato in quella stanza. «Non sto piangendo.» Dissi scandendo bene le parole. Non stavo piangendo e non lo avrei fatto. Vidi le sua labbra incurvarsi al in sù e sorridere. «Sei pessimo a mentire Regulus, io te lo dico perché ti voglio bene, ora vattene.»
E così feci, uscii da quella stanza e mi chiusi nella mia.
te lo dico perché ti voglio bene.
te lo dico perché ti voglio bene.
te lo dico perché ti voglio bene.
te lo dico perché ti voglio bene.Solo un'altra menzogna con cui giustificava il tutto. Guardai il letto e lui non c'era più, solo la piega delle lenzuola era rimasta e un biglietto. Lo presi e c'era un indirizzo scritto
Downing Street 10
Vieni tra tre giorni qui. Butta il biglietto una volta che lo leggi.
J.P
Autore
Hey, sono mancato per 5 giorni, troppi direi :)
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Mine // Jegulus
FanfictionÈ l'estate del 1977, più precisamente è luglio, questo significa che il tempo sta per scadere per Regulus. Un tempo che sta mirando sempre di più ad unica porta senza via d'uscita. Non è facile avere 16 anni in un mondo che è sempre più predisposto...