1 Luglio 1977.
Il treno era arrivato ma io non salivo, volevo osservare le persone, volevo vedere se i loro sguardi incontravano i miei o se invece erano troppo concentrati sul mezzo che stava per partire. Era una cosa stupida anche perché avevo fatto tutta quella strada per niente se avessi perso il treno ma avrei preso sicuramente il prossimo che sarebbe arrivato tra cinque minuti. E così guardavo e studiavo le figure passare davanti a me, una più diversa dell'altra. Alcune di esse erano più ansiose, mani agitate, camminata svelta e sguardi veloci, quasi impercettibili. Magari dovevano andare a un colloquio di lavoro o dare un esame, pensai. Altre invece erano avvolte da una totale calma che quasi provavi invidia nel ammirare i loro volti così rilassati; infine, c'erano quelle che avevano preso la mia totale attenzione ed erano due ragazzi. Non erano amici, potevo riconoscere dai loro occhi quel sentimento negato per la paura degli sguardi, certo se fossero stati maghi la loro sorte sarebbe stata molto peggiore, ma non lo erano, eppure, avevano paura.
In Inghilterra non era più illegale essere omosessuali tanto che il 1 ° luglio del 1972 si tenne una sfilata di protesta da Hyde Park a Trafalgar Square a Londra. Quel giorno me lo ricordavo bene, molti maghi ne erano rimasti indignati e ancora più disgustati dal mondo babbano, altri invece avevano preferito non proferire parola in modo che a nessun giovane mago venisse in mente di ricreare una cosa così repellente.
La loro paura però colpì me direttamente come se fossi io uno dei due, questo forse perché nonostante il loro amore non fosse più vietato, come lo era nel mio, nel loro mondo esisteva ancora un odio profondo radicato ancora nella società. E quindi non potevo non provare anch'io quella sensazione nonostante non stessi rischiando.
I loro occhi si guardavano come se dovessero dirsi addio per sempre ma senza volersi veramente separare. Nessuno dei due voleva dirsi quel saluto così tanto odiato nei libri che però faceva così tanto piangere i lettori che si innamoravano piano piano di quelle pagine senza volersi staccare nemmeno da esse. Io in quel momento non ero soltanto che un lettore che sperava in un lieto fine sapendo che si dovrà rassegnare leggendo le ultime righe del capitolo del libro. I due non si diedero un bacio, si abbracciarono soltanto e una volta che i loro corpi furono separati già sentivano di mancarsi. Il treno fischiò e il ragazzo andò via senza voltarsi, forse era così che avevano stabilito ma quando incontrò il mio sguardo mi sentivo io ora il libro. I suoi occhi riconobbero in me qualcosa che non avevo capito nemmeno io e mi sorrisero. Fu breve il momento perché mi alzai d'impulso o forse per paura ed entrai nel treno prima che anche l'ultima porta potesse chiudersi.
Mi trovavo in piedi col fiatone, in piedi da solo che pensavo e ripensavo a quello sguardo. Magari mi era solo sembrato, magari non mi aveva nemmeno guardato, tutte ipotesi che erano futili e di poca importanza. Un rumore violento si sentì, il treno che stava partendo si fermò bruscamente, non me ne accorsi in tempo e venni quasi catapultato a terra ma qualcosa o qualcuno impedì che io picchiassi la testa contro la parete e questa volta l'istinto mi comandò di aggrapparmi al braccio della persona sconosciuta. La figura non si rifiutò di prendermi nella caduta. Finimmo però entrambi contro la parete senza farci troppo male rimanendo solo colpiti dallo spavento. Il treno fischiò di nuovo e tutte le porte finalmente si chiusero, solo allora mi accorsi che ero finito praticamente abbracciato ad uno sconosciuto di cui non avevo ancora visto il volto ma solo sentito il profumo che era fresco e ricordava a tratti il muschio. Quando mi distaccai da lui però mi sentii un completo idiota e il suo sguardo su di me di certo non mi face sentire meglio. Era sorpreso di vedermi, ma non in positivo, forse si era quasi pentito di avermi preso, ero sicuro che quella sua espressione avrebbe voluto tanto nasconderla ma non era stato troppo furbo da farlo in tempo. Mi chiedevo se mi avesse visto prima di cadere o se fosse stata solo una coincidenza e che in realtà ci eravamo solo scontrati per sbaglio e l'eroe che mi aveva "salvato" portava il nome di "incidente casuale".
«Black.» Disse piano la sua voce quasi vergognandosi del mio cognome cosa che mi fece quasi scattare in avanti, ma il pensiero lucido di non avere la mia bacchetta mi fece rimanere fermo immobile e composto. Lo osservai di nuovo cercando di ricordare l'ultima volta che lo avevo visto, era cambiato, era più grande, sul viso si vedevano appena dei peletti di barba che forse aveva deciso di togliere, persino la sua espressione in volto sembrava più matura. Mi venne in mente solo per un secondo di chiamarlo per nome come faceva il resto della scuola, ma poi mi ricordai di quello che rappresentavo, di quello che ero e di quello che dovevo diventare e allora le parole dalla mia bocca uscirono più naturali. «Potter.»
Non ci volle molto per avere la risposta alla mia domanda perché fu lui a togliermi ogni dubbio e a rispondere con un tono che non seppi dargli un colore. «Prima che tu possa farti strane idee, non volevo prenderti ma volevo uscire da questo maledetto treno se tu non mi fossi venuto addosso.» Risi al suo pronunciare "strane idee" che idea dovevo farmi se non che fosse solo un arrogante che pensasse che il mondo girasse tutto intorno a lui?
«Non preoccuparti che l'idea lucida in mente che ho di te resterà sempre quella.» Nel mio tono non nascondevo la rabbia, non ne sentivo il bisogno, lui non aveva nascosto la sua espressione disgustata mente diceva il mio cognome, ma non potevo aspettarmi altro da un traditore del suo sangue come lui, cosa ne sapeva lui dell'onore e della storia che la mia famiglia si portava dietro da secoli ?
Avrei preferito molto volentieri non trovarmi in quella situazione, avrei preferito sapermi controllare meglio e non agire come uno sporco idiota che ha il terrore di tutto, ma forse lo avrei visto ugualmente se fossi rimasto seduto, dopo tutto era lui quello che sarebbe dovuto uscire quindi in un modo o in un altro il nostro incontro ci sarebbe stato. Ma la voce del controllore decise che forse le mie pene per quel giorno non dovevano ancor finire.
«Vi invito gentilmente a sedervi, posso vedere i vostri i biglietti?» Non era cattiva la sua intenzione ma la odiai lo stesso. Era una donna bassa con i capelli lisci e biondi che le uscivano dal cappello blu che portava. Aveva un'aria cordiale, decisamente migliore delle persone che avevo incontrato finora. La seguimmo e ci indicò due posti liberi che per fortuna non erano uno davanti all'altro ma comunque non erano distanti, successivamente ci controllò i biglietti e speravo tanto che lui non lo avesse ma quando vidi il foglietto di carta rimasi quasi deluso. Così mi sedetti vicino al finestrino perché volevo guardare fuori e non dare nemmeno la minima attenzione a quel Potter, ma per quanto volessi continuare ad isolarmi sentivo i suoi occhi addosso come fari della luce che cercavano di trovare un qualcosa in me senza rassegnarsi nemmeno alla mia indifferenza.
«Da quanto prendi dei treni babbani?» Chiese improvvisamente senza staccare i suoi occhi su di me. Decisi che si sarebbe degnato di un mio sguardo ma non di una mia risposta e se tanto la volesse cercare avrebbe dovuto porgere la sua domanda con meno arroganza nel modo.
Allora ritentò , con un tono diverso da quello di prima, ma non meno odioso. «Black, ti ho fatto una domanda. »Lo guardai di nuovo, portava ancora i suoi occhiali tondi che tanto ostentava per farsi notare dalle ragazze perché gli davano quel tocco di finto intellettuale che alle ragazze amavano. Di certo non insinuavo che fingesse di non vedere per portarli ma che se ne vantasse questo lo sapevo di certo.
«Non tutte le domande sono degne di una risposta.»
«E quali sarebbero quelle degne ?»
«Quelle non poste con arroganza.» Risposi sperando in una rasegnazione da parte sua ma era troppo testardo per farlo e io non capivo che gioco stesse giocando.
«Allora la farò diversa. Perché tu erede della famiglia Black ti trovi in un comune treno babbano?»
Si impegnò anche a fingere di non odiarmi ma la sua voce lo tradiva bene.
«Non tutte le domande meritano una risposta e nemmeno questa la merita.»
Il treno si fermò e io senza guardare il cartello che diceva il nome della fermata uscii senza girarmi e senza salutarlo. Semplicemente scesi lasciandolo lì con le sue domande e portando con me le mie.
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Mine // Jegulus
FanfictionÈ l'estate del 1977, più precisamente è luglio, questo significa che il tempo sta per scadere per Regulus. Un tempo che sta mirando sempre di più ad unica porta senza via d'uscita. Non è facile avere 16 anni in un mondo che è sempre più predisposto...