⚛︎ 𝐚𝐫𝐞 𝐰𝐞 𝐝𝐚𝐭𝐢𝐧𝐠?

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Il mio sguardo era rivolto verso il basso, troppo debole per guardarla in faccia e degnarla di una risposta di senso compiuto che non comprendesse ininterrotto balbettamento alle sue parole.

Era innamorata di me pure lei.

«Io.. non so esattamente quando e come sia successo, ma è successo, e con tutta onestà va benissimo così.» disse, e a quel punto mi sentii quasi in dovere di fissarla negli occhi.

«Io veramente credevo che come tutte le mie cotte sarebbe passata in meno di un mese, però cazzo, ogni volta che ti guardo negli occhi» dissi io finalmente incrociando il suo sguardo.

«Quindi.. insomma io e te adesso stiamo ..insieme?» domandò lei abbassando ogni tanto la direzione dei suoi occhi sulla mia anca, forse per l'imbarazzo, ed era strano, perché non avevo mai, ma proprio mai visto Elizabeth timida e rossa in viso, così decisi di prenderla in giro come lei faceva con me di solito.

«Scusa se ti interrompo, ma vederti così rossa mi fa morire» ridacchiai.

«Simpaticissima, ma non hai risposto alla mia domanda» ironizzò come sempre lei.

«Si pomodoro, adesso.. sì, adesso stiamo insieme»

«Ju ti voglio davvero tanto bene» sorrise lei, fiondandosi qualche secondo dopo tra le mie braccia. Sentivo le sue labbra appoggiate sulla sensibile pelle mio collo, e le sue braccia sulla mia schiena, le quali si spostarono lentamente sulla mia nuca, costringendomi ad alzare la testa dalla sua spalla, e a guardarla dritta nei suoi occhi, che per la prima volta riconobbi davvero come verdi. Il vedere finalmente quel colore mi strappò un sorriso, che si sciolse quando le sue labbra si fiondarono sulle mie, togliendomi dalla distrazione sui suoi occhi.

Avevamo disperato bisogno l'una dell'altra, ma finalmente da qualcosa di più che amiche, qualcosa di concreto; stavamo insieme.

Le sue dita, quelle maledette dita, si infilarono tra i miei capelli disordinandoli, solo per tenermi ferma mentre lei partecipava ad un viaggio d'escursione all'interno della mia bocca. Però io, nonostante mi stessi facendo dominare, nel profondo sapevo benissimo che poi avrei dovuto passare alla posizione attiva per compensare tutto ciò che lei mi aveva fatto la scorsa sera.

Non so esattamente cosa mi prese, ma ebbi uno scatto di potenza che mi portò a stringere la presa sui fianchi della mia ragazza, e a girare le posizioni, spingendola sul muro dove prima ero appoggiata io. Le bloccai i polsi sulla parete, senza che lei si ribellasse, e partii da dei semplici baci sul collo, sufficienti a farla ansimare lievemente, poi proseguii sbottonandole lentamente, giusto per farla andare via di testa, la nera camicetta che portava.

Si stava trattenendo dall'urlarmi addosso per la lentezza solo perché amava essere gentile con me, e si sarebbe sentita in colpa per giorni se lo avesse fatto.

«Julia..»

«Sì?»

«Ti prego..» sussurrò semplicemente.

Bastò quel "ti prego" ansimato a farmi partire; le sfilai la camicetta appoggiandola il più delicatamente possibile a terra,  e passai entrambe le mani sotto al suo reggiseno, che però non slacciai o tolsi, mi limitai a giocherellare per poco con i suoi capezzoli, fermandomi quando vidi che cominciavano a diventare troppo duri e a farle male.

Così scesi ulteriormente, lasciandole un bacio sulla parte superiore, quella sporgente, dello sterno. Sfiorai con un dito quegli addominali che non avevo mai ammirato così da vicino, ma che avevo più che altro sempre invidiato.

Non lo diedi a vedere, però ebbi come un forte colpo allo stomaco, come una notifica che ti ricorda ogni volta "ehi! tu gli addominali non li hai!" ed era davvero odioso.

Lasciai perdere, non volevo rovinare un momento simile, e dopo un piccolo minuto di esitazione, che probabilmente non aveva nemmeno notato, le feci allacciare le gambe sul mio bacino, e unendo di nuovo le nostre labbra, la portai di sopra. Ecco, mentre ci baciavamo, un altro colpo allo stomaco: era leggera, non mi faceva male tenerla in braccio. Non le facevo una colpa per l'essere perfetta, però boh, avevo sempre avuto questo difetto di sentirmi immensamente inferiore al partner, con ogni partner che avessi mai avuto.

La feci sdraiare sul letto, e lentamente le sfilai i jeans neri che portava, che ammetto dire con quella camicia nera la rendeva una dea, a dir poco.

I jeans stavolta, al contrario del precedente capo, li lanciai in aria non fregandomi di dove si sarebbero appoggiati.

Portai le sue gambe sulle mie spalle, e mi avvicinai sempre di più alle sue mutande bianche, completamente - e non sto scherzando - fradicie. Lei fissava dritto in alto per mantenere un pacato controllo, anche se il respiro ormai non lo controllava più, e aveva deciso di lasciarsi andare finalmente, anche con me.

«Vado» dissi, aspettando invano un suo qualsiasi segno di consenso.

Scostai delicatamente le sue mutande, ed ebbi finalmente la vista del suo sesso. Non la feci aspettare più di tanto vedendo le sue condizioni, e partii infilandole un dito dentro, per, come prima cosa, farla abituare. All'aggiunta del secondo dito le partì un gemito così forte che si dovette tappare la bocca per non fare troppo rumore.

«Non trattenerti tesoro, urla il mio nome» le dissi spingendo sempre più a fondo.

Aggiunsi il terzo ed ultimo dito, e questo la fece sul serio impazzire.

«Porca puttana Julia, ti prego.. si..» stava godendo come una matta, e amavo vederla finalmente stare bene a causa mia. La sentivo, sentivo che stava per venire, e così, giusto per fare la stronza,  sfilai le dita dalla sua vagina, ma vedendola pronta a ringhiarmi contro, introdussi invece immediatamente la lingua.

Girai e rigirai con la punta attorno al suo clitoride, con l'intenzione di farla urlare più forte di prima, e ci riuscii quando spostai la mia lingua direttamente tra le sue pieghe; sentii le sue mani, divenute bollenti e tremolanti, appoggiarsi sulla mia testa e condurmi al ritmo che desiderava. Lo capii praticamente subito, ma nonostante questo non volle staccare le mani dalla mia testa, anzi, decise di usarla come sfogo; quando sentiva dolore o goduria, tirava i miei capelli non troppo forte.

Non dopo tanto tempo mi venne direttamente in bocca, e ingoiai tutto, godendomi i suoi gemiti e sospiri, che nonostante la fine di quel rapporto, non cessavano.

«Sei stata fantastica cazzo, ti amo» sussurrò lei, ancora sotto effetto delle mie spinte.

«Grazie a dio» esclamai, buttandomi di peso accanto a lei sul letto.

Appena sentii la sua testa girarsi in mia direzione feci lo stesso, creando un contatto visivo quasi indistruttibile, tranne che per il sonno, perché ci addormentammo così, sdraiate l'una accanto all'altra, con le mani giunte e il ricordo di una notte fantastica.

𝐨𝐮𝐭 𝐨𝐟 𝐦𝐲 𝐥𝐞𝐚𝐠𝐮𝐞» 𝖾.𝗈𝗅𝗌𝖾𝗇 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora