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Un altro colpo della sua cinghia e gli strappo la faccia a morsi!

"Che devo fare con te, Elìa?" e mi dà giù la quarta frustata.

Non gli rispondo subito. Sono troppo concentrato a farmi sbiancare le nocche contro i lati del tavolo sgangherato contro il quale mi sta punendo.

"Dovevo prendere le medicine... per Mirco! O morirà!" tento di giustificarmi, ma serve a poco.

"E allora? Una bocca in meno da sfamare! Ricorda chi è che ti nutre, piccolo ingrato!"

"Piccolo? Ho quasi ventisei anni, Gu'. In quale epoca sei rimas-" e l'ultima cinghiata dietro alla schiena mi mette a tacere, per oggi.

Crollo a carponi, ansimando per riprendere fiato. Fortunatamente, il capo sa che le sue marchette non possono essere danneggiate più di tanto. È questo l'unico privilegio di fare la puttana: mangiamo meglio rispetto al resto dei cittadini. Gurzo ci procura acqua per lavarci e proteine, dato che per i clienti dobbiamo essere appetibili al primo sguardo.

"Ho finito con te, per ora" dichiara, e risistema la cinta a reggergli i pantaloni, strizzati sotto al suo ventre grasso, floscio e pieno di lunghe smagliature.

Tutto di Gurzo è talmente strano e rivoltante da essere quasi comico. Ha la fissa per l'accatastare suppellettili e pezzi di mobilio perfettamente inutili: un vero accumulatore seriale. Nella vita, però, c'ha saputo fare: ha reclutato un sacco di giovanotti dalla strada e ha tirato su questo teatrino. Quindi, se ne sta tutto il giorno a crogiolarsi tra le sue cianfrusaglie e a scoparsi i suoi, compreso me, della ciurma. E guadagna senza alzare uno spillo. Per fortuna, io e i miei compagni siamo sempre piuttosto rassegnati, quando lo fa: ha un pisello talmente piccolo e fino da non fare danni. Almeno non danni fisici.

Non me ne accorgo neanche adesso, mentre mi fotte da dietro sul tavolo lurido della "cucina". Diciamo, perché è lercia da sembrare una latrina e io potrei impazzire solo per tutto questo sporco che vedo fuori, e che sento dentro.

"Mh, bravo Elìa, fa' il bravo, così..."

Le sue spinte sono ridicole. Sembra un maiale d'allevamento intensivo; quello che mi fa più schifo è sentire la sua carne flaccida e sudata sbattermi contro le cosce e la sua pancia premermi contro il coccigeo, il resto non importa, dato che essendo diffidente per natura ha almeno il buon senso di indossare un doppio preservativo.

Con un grugnito da cinghiale, si decide a venire e a lasciarmi andare. Senza dirgli una parola, mi tiro su le braghe e giro i tacchi, diretto ai piani di sopra della baracca. In questa villetta fatiscente viviamo in sedici. Esatto, quasi venti persone, dai dieci ai trent'anni. È atroce, lo so, ma è già tanto se abbiamo un tetto sulla testa che non sia fatto di amianto sfaldato, sfondato o stellato.

Mi precipito al capezzale del piccolo Mirco e neanche gli chiedo come sta. Recupero il pacco che mi ha dato la sentinella e comincio a preparare la siringa con la Penicillina.

Ha una febbre da cavallo, dev'essersi preso una brutta infezione... e non voglio immaginare quale. Devo stare attento all'ago e al sangue, è sempre così. Da dieci anni faccio questa vita infernale, mai serena. Se sono rimasto in salute è solo per la mia benedetta germofobia.

"Elìa..." mugola il piccolo. Ha i capelli tutti arruffati e le guance che bruciano. Sarà almeno a trentanove gradi.

"Sono qua, non ti lascio" lo rassicuro. È solo un bambino... L'ennesima vittima di questo sistema muffo, marcio fino al midollo. "Con questa ti sentirai meglio. Riposa."

"Non è vero, non mi sentirò meglio" rantola, e mi fa stringere il cuore. "Sto per morire."

"No", gli accarezzo i capelli, carico di compassione. "Non lo permetterò."

Mirco sorride. Ha solo dieci anni e già si è arreso. Ma io no, non mollo... e mi servono altre medicine. L'idea di dover andare a cercare quella sentinella mi provoca una strisciata di disgusto nello stomaco, ma devo farlo.

Cuore di plasticaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora