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Il fetore di questo posto è qualcosa di allucinante.

Doveva portarmi proprio qui, il mio "cliente"? Non che gliene importi, si vede che ha fretta.

Ci siamo appartati in un container vecchio quanto Matusalemme. Le infiltrazioni delle fognature e la muffa radioattiva formano pitture rupestri piuttosto comuni, da queste parti.

"Inginocchiati."

Obbedisco, poi sollevo la testa per guardarlo. Ha la faccia coperta da un passamontagna, il codardo. Porta la divisa blu delle Sentinelle, i peggior pervertiti dell'Amministrazione. I suoi scarponi pesanti sono borchiati, li userà per piantare calci nelle costole, immagino, insieme alla fondina ascellare e al manganello agganciato alla coscia.

Io mi sottometto, perché ho imparato a sopravvivere, ma gli dico lo stesso: "Metti il preservativo", e il mio è quasi un ordine, seppur io non sia nella posizione di darne.

"Sono pulito, idiota. Siete voi cani dello skuoll che portate piattole e malattie."

Chiudo gli occhi, sbuffando. Cerco di mantenere la calma, ma devo ribattere lo stesso: "Ah, sì? Però ti piace fartelo succhiare, da questo cane dello skuoll..."

Un manrovescio mi arriva in piena faccia e mette a posto i ruoli. Barcollo per rimettermi in posizione, sentendo sulla lingua un sapore ferroso e i detriti del pavimento appiccicati alle mani.

"Ora che ti sei sciacquato quella bocca col tuo sangue sì, il preservativo lo metto. Contento?"

Dio, dammi la forza di non tentare un omicidio. Anche perché, non è la prima volta con un cliente così stronzo. Dovrei averci fatto l'abitudine. Così, mi decido a iniziare a massaggiarglielo con una mano da sopra il pantalone, mentre con l'altra recupero un preservativo e inizio a scartarlo, mentalmente un po' sollevato. Almeno ha collaborato.

Questo qui non ha tutti i torti; le malattie sessualmente trasmissibili falciano parecchie troppe al giorno. Così, il bene più prezioso dopo l'acqua e la farina sono proprio i profilattici. L'Amministrazione dello skuoll – nome comune che denota la nostra città-stato o meglio, discarica-stato – provvede a distribuirne in gran quantità e noi li usiamo, per una questione di vita o di morte.

Per il momento sono pulito anch'io. Molti dei miei amici sono morti di AIDS e sifilide che io non ho contratto, per via della mia ossessione per la contraccezione e l'igiene, per quanto possibile.

Sistemo immediatamente la punta del preservativo sul suo pene eretto e scivolo giù lungo l'asta, seguendo lo strato di silicone. Con una mano mi appoggio al suo fianco, con l'altra inizio il mio lavoro di bocca. Dalla consistenza soda della sua pelle capisco che quest'uomo ha più o meno la mia età: intorno ai venticinque, trent'anni al massimo.

Esatto, sono il più vecchio delle marchette. Il mio capo, Gurzo, è un tipo che non fa differenza d'età finché "porti il pane a casa", come dice sempre.

"Mmh..."

Lo sento gemere da sotto il cappuccio di stoffa nera che gli copre la faccia. Sta gradendo il servizio, e anche parecchio. Con due mani mi artiglia i capelli e mi costringe a fare su e giù, sfruttando il mio talento per il risucchio di profondità. Non gli ci vuole tanto, per fortuna.

La mia prestazione si interrompe all'improvviso, mentre io ero sovrappensiero lui si abbandona all'orgasmo con un gemito rauco. Mi divincolo dalla sua stretta.

"Se hai finito, lasciami."

"Sì, scusa."

Si è davvero scusato? Ho capito, la performance gli è stata assai gradita. Infatti, il suo atteggiamento è decisamente più rilassato.

Mi tiro in piedi, se non arrivo alla sua altezza sarà per cinque o dieci centimetri in meno. La sentinella si decide a recuperare dalla tasca della giacca il pagamento. Prima di prenderlo, si tira su la manica e, lasciando scoperto l'avambraccio muscoloso, noto che è pieno di tatuaggi: rose e spine, farfalle e serpenti qua e là, tipico dei tamarri del nuovo mondo. Ma è anche e soprattutto il simbolo dello status sociale: più inchiostro addosso hai, meno nella merda vivi, significa. I tatuaggi costano una fortuna.

Questo qui sarà una guardia di ceto medio. A conferma di ciò, mi consegna in mano un pacchetto di farmaci. "Penicillina, antistaminico e cardio aspirina a lunga scadenza" spiega, sbrigativo.

"Ottimo" confermo, sistemandomi la merce sotto al giaccone logoro e bucato in più punti.

"Ci si vede... Come ti chiami?"

"Ha importanza?" replico, acido.

Così, alza il mento per salutarmi e cammina via, calpestando la pozza melmosa dove ha gettato il profilattico usato. Ricontrollo il prodotto del mio baratto e sguscio verso la base.

Le strade della metropoli sono sentieri scavati nell'immondizia. Sacchi di roba non identificata, vecchi elettrodomestici e plastiche, soprattutto, sono i veri sovrani del nuovo mondo. Il denaro non esiste più, nessuno lo produce – l'Euro ha perso valore e si è estinto. In un mondo dove non esistono più immobili decenti né centri commerciali, quattro spicci di carta o metallo non valgono niente: noi scambiamo cose. Prestazioni per oggetti quotidiani essenziali, e viceversa.

Oggi pomeriggio, per esempio, avrei dovuto chiedere in cambio del materiale da costruzione, invece mi sono fatto dare la Penicillina per il piccolo Mirco, uno dei nostri, che ha la febbre da non so quanto.

Devo prepararmi mentalmente alla punizione che Gurzo m'infliggerà.













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