𝑳𝒂 𝒕𝒂𝒗𝒆𝒓𝒏𝒂

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Avvolti in stracci da barboni allungavano le mani verso i loro tricorni, pieni di fori, piegandosi in una sorta d'inchino di rispetto; tutta parvenza per cercare di passare inosservati a occhi indiscreti. 

C'era sempre qualcuno dalla lingua biforcuta pronto a cantare tutte le vicende che accadevano in quel posto, finendo infine sottomessi. 

Da quando il governo aveva provveduto per la faccenda dei pirati, in quelle tre isole poco distanti, quegli uomini si erano rintanati in attesa di qualcuno o qualcosa che potesse risvegliare i loro animi dormienti. 

Nessuno avrebbe più avuto la possibilità di mobilitare una rappresaglia contro le giubbe e conglomerare una sorta di rivoluzione pirata.

"Brutto... pezzo di rogna" inveì un vecchio straccione alticcio, contro un altro della sua stazza più ubriaco di lui. 

Il posto era pieno di gente: prostitute, a uomini di un certo rango, imploranti di farsi riempire altro liquido nei loro bicchieri. 

La bettola si fermò all'istante a osservare il litigio che si stava svolgendo davanti agli occhi di tutti i presenti, io invece notai il volto di Roger seccarsi alla vista di un'altra sfuriata, nientedimeno portò le mani a pugno sui fianchi facendosi assottigliare gli occhi, nel tentativo di contenere il fastidio. 

A malapena mi trattenni dal ridere.

"Ti sei sbattuto la mia donna!" Lo accusò, sostenendo gli occhi celestiali, uguali ai miei. "E adesso io sbatto te" aggiunse di ripicca, con voce più pacata ma tagliente, giusto per incutere timore all'uomo dalla folta barba nera che si era proteso verso di lui, tentando di mostrarsi dall'aspetto irremovibile, se pur barcollava come una bandiera al vento. 

I presenti presero a ridere sguaiatamente. 

Entrambi mostravano un'età nella media: per nulla alti, anzi, corpulenti e di bassa statura fomentarono la mia voglia di godere di uno di quei tanti attesi litigi che sbellicavano il mio umore. 

Mi sistemai sulla sedia, pulendomi i pantaloni pieni di gusci di noccioline, poi allungando i piedi per accavallarli, mi liberai delle briciole finite nelle lunghe ciocche ondulate e vermiglie, in modo che la mia aria giuliva potesse godere del prossimo spettacolo.

L'uomo accusato si resse a malapena con una mano poggiata allo schienale di una sedia, una delle tante di quell'arredamento composto di puro legno di quercia. 

Velvet, la morigerata per parvenza, aveva preferito optare, nella sua redditizia attività, per toni caldi e neutri, adornando il tutto con piante di piccola palma in angoli più nascosti e lontane dai maldestri; ci teneva a quei vasi di creta.

 Il piccolo cortile all'aperto fungeva anche da taverna serale, oltre ad avere successo per il miglior bordello del posto. 

Le pareti erano di un bianco sporco, macchiate da schizzi di vecchio alcol e le edere verdognole scendevano dal balcone quadrato del piano superiore, dove vi erano le stanze da intrattenimento per tutti quelli che volevano godere degli eccessi della vita.

 Il pavimento, invece, era intriso di schizzi di vomito e le puzze, di conseguenza, erano abbastanza forti. 

Ci feci l'abitudine.

"Io non l'ho sbattuta, è lei che ha sbattuto me!" Interferì l'ubriaco, giustificandosi. Reclinò il capo e tracannò il rum emettendo un gemito di piacere al liquido scolato tutto d'un sorso, infine, abbassò gli occhi verso l'altro che lo osservava con perplessità, assumendo una smorfia sconcertata sulle labbra.

"Insomma, chi ha sbattuto chi?" Si intromise un terzo nella direzione del banco, intrufolandosi nella discussione e parendo trattenersi dal ridere.

Improvvisamente qualcuno irruppe all'interno, in un'entrata a tutta fretta. 

Le porte si spalancarono e una folata di vento scompigliò i capelli di coloro che erano adagiati sui tavoli nelle vicinanze. 

A causa del rumore provocato dalle ante sbattute, giunse un urlo breve, e anche la musica cessò all'entrata di un ragazzo ansante, come se avesse qualcuno alle calcagna. 

Scorsi le sue fattezze oltre i corpi: corti capelli neri come la fuliggine, labbra secche, quasi biancastre e fisico mingherlino. 

Corrugai la fronte rizzandomi con la schiena per poterlo fiutare con attenzione; il petto coperto da una camicia in lino bianco, due taglie più grande del suo corpo efebico, non faceva altro che andare su e giù cercando di riprendere fiato. Si chinò su se stesso per un attimo e si raddrizzò: "è stata vista!" Dichiarò risoluto, inondando l'ambiente.

"Chi?" Chiese un tale lì dentro.

I miei occhi scorsero la sagoma di Velvet scendere i gradini scheggiati di quella larga scalinata: Reggeva un ventaglio aperto in una mano, mentre l'altra scivolava sul passamano. 

Cinta in un abito sfarzoso, pienamente agghindata da collane appariscenti e bracciali scintillanti, scostò la spalla coperta dai suoi capelli biondo cenere che ricadevano a cascata per deviare una coppia avvinghiata. 

Non mi piaceva averla intorno, per cui mossi tre passi obliquamente in modo da allontanarmi e rigettando un'occhiata alle sue vicinanze, scorgendola lanciarmi un sorriso furbesco sotto uno sguardo tagliente. 

Quei suoi occhi accusatori non mi intimorirono, bensì me ne rimasi indifferente, e infatti fece sviare lo sguardo sul ragazzo. 

Maledetta taccagna.

Il giovane turbato, si scrutò intorno, scontrandosi con tutti quei balordi che presero a fissarlo. Gli tremavano le mani, notando come stesse cercando di calmarsi.

"Avanti mentecatto! Parla!" 

Allorché il ragazzino si diede forza ingoiando così forte da farsi gonfiare un'arteria del collo. "Una nave dalle vele nere!"

 "Una nave dalle vele nere!"

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• La doppia vita di Liz 1.

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𝐼 𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 - 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑙𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora