𝑳𝒂 𝒕𝒂𝒗𝒆𝒓𝒏𝒂

3K 308 339
                                    

1

La musica echeggiava e il caos regnava. 

Musicisti che strimpellavano mezzi ubriachi, mostrando i denti ingialliti, mentre qualche boccale volava dalla scala e il buon rum veniva sprecato all'aria. 

Fosse stato per me, lo avrei prima tracannato e poi ci avrei urinato dentro, consegnandolo a qualche fannullone che gongolava beato in quel posto. 

Per fortuna, il buon vecchio Roger era sempre pronto a farsi strada tra la calca di masse puzzolenti che vigevano in quel bordello.

Roger scostò con il gomito un uomo preso a lambire lungo il collo di una donna del posto. 

La prostituta, avvolta in un abito dallo scollo vistoso, sorrideva sensualmente in modo da attirare l'attenzione degli uomini.

Mise in mostra la prosperosa mercanzia, permettendo che quelle dita insozzate rasentassero la sua pelle mulatta. 

Ella era una delle tante che sottostava agli ordini di Velvet: la padrona del Mogul, uno dei pochi bordelli del sud a funzionare alla perfezione anche da taverna. La ragazza non faceva altro che sorridere di circostanza, come obbligata dal mestiere. 

Erano tempi duri dove la fortuna girava di rado e l'unico mezzo per arrampicarsi verso la cima della gloria, era quello di utilizzare metodi estremi per estremi rimedi.

"Porca miseria, Liz, quanto cazzo stai bevendo?!" Gli scappò a Roger, con voce alta, sorpreso di vedere tre boccali vuoti su quel pezzo di legno raschiato. Poggiò il quarto ordine sul tavolo e che mi spettava, reggendosi dai continui spintoni provenienti da ogni dove.

Gli uomini cantilenavano qualcosa di incomprensibile da quelle bocche screpolate, si dilettavano beati in cantilene assordanti reggendo le loro caraffe e sorseggiandoli con gran foga mentre tenevano per la vita delle giovani donne: la loro presa era salda, come per paura che potessero fuggire via.

"Roger sai che sono una di quelle che riesce a reggere sia l'alcol, che le personalità cui mi trascino alle spalle" gli risposi sostenuta e con un sorriso bonario, genuino, di chi ha l'anima leggiadra. 

Distolsi lo sguardo da lui per posarlo su quel posto alla vista infimo, ma che osservandolo attentamente, era il posto perfetto per librarsi nella baldoria generale. 

Battei le mani a ritmo alla vista di ubriaconi che si acciuffarono in un angolo, come se quello scempio mutasse in spettacolo d'estasi per i miei poveri occhi.

In quelle ultime settimane mi avevano costretta a farmi sorbire, d'obbligo, i cicalecci dei ricevimenti tenuti per accogliere l'ufficiale della marina Britannica, Ben Wilkinson. 

Si era recato insieme allo zio Lewis Wilkinson a New Weiven per controllare che l'ordine e la disciplina tra i fannulloni della piccola isola, del mar dei Caraibi, funzionasse secondo la legge. 

Di tanto, il vecchio claudicante, così soprannominato da me per la sua camminata dovuta a una ferita di guerra, si recava da noi, smanioso di approdare e mettere piede su quei granelli di sabbia bianca per osservare il lavoro ben svolto da alcune giubbe stanziate in quel pezzo di terreno. 

Però l'anziano, a sua insaputa, non sapeva che parecchi di loro furono corrotti dai vecchi pirati dell'isola. 

Io sì, fui messa a conoscenza, ma feci orecchie da mercante. 

Imbellettati da quella stoffa rosso sangue, procedevano nella quotidianità ordinaria di un qualsiasi soldato obbediente alla carica assegnatagli.

I restanti sopravvissuti passavano perfettamente come dei semplici inetti del posto. 

𝐼 𝑝𝑖𝑟𝑎𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝑛𝑢𝑜𝑣𝑜 𝑚𝑜𝑛𝑑𝑜 - 𝑙𝑎 𝑝𝑒𝑟𝑙𝑎 𝑏𝑖𝑎𝑛𝑐𝑎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora