§. 6. Che se dovrò poi esporre per farvi cosa grata, stimatissimo signor abate, e distesamente spiegare quel tanto, che penso sulle tre difficoltà, che vi ho divisate, e che mi si affacciarono subito alla mente; forse che le ravviserete meritevoli di considerazione, ed atte a far sospendere il giudizio di chi pieno d’avvedutezza non vuol precipitosamente sottoscriversi ad un nuovo e strano pensamento, nè vuol prenderli la briga di confutarlo. E primieramente chi ci assicura, che i detti due tempj, uno con proporzione nella colonna minore di quattro diametri, l’altro di poco eccedente, realmente esistano? Il signor le Roy lo asserisce, ma esso però confessa, che vide il primo de’ detti tempj, e farebbe il più basso, e adattato a provare il suo assunto, passando fortunatamente pel luogo chiamato Toricion; e soggiunge, che per mancanza di strumenti, e di scale, prese le misure con canne aggiunte, e rilevò la larghezza, e forma del capitello a misura d’occhio, e col mezzo stesso avrà anche presa l’idea del ristringimento. Io so, che l’occhio de’ professori è accurato, e talvolta non prende abbaglio; ma non farò loro torto alcuno se dirò, che non è da paragonarsi all’esattezza del passetto, e del compasso. L’esame d’una fabbrica, che deve dar norma ad un nuovo sistema, non deve misurarsi a occhio in passando, ed in fretta, ben sapendosi, che la precisione, ed accuratezza delle misure architettoniche mal si conforma colle premure, e coll’agitazione di chi viaggia. Anche il Pococke viaggiando vide lo stesso tempio di Teseo, ma in luogo di trovarlo alto cinque diametri, lo rappresentò di sette1. Finalmente lo stesso signor le Roy nella seconda edizione della sua opera non ha avuto difficoltà di confessarci, che nel disegnare le fabbriche greche, ha cercato di farcele com-
- ↑ Descript. of the East, ec. Tom. iI. par. 2. pl. 163.