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Pagina:De le lettere.djvu/13

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accεnti; (come ne la lingua Grεca ʃi vede; da la quale ὲ la Latina, ε la Italiana diʃceʃa) perciꞷ̀ che εʃʃεndo la voce aere percꞷʃʃo, viεne ad εʃʃere cꞷrpo; il quale ha tre dimenʃioni; ciꞷὲ lungheza, largheza, εt alteza; Ɛ perὼ ciaʃcuna syllaba ha tutte tre queʃte qualità; ciꞷὲ lungheza, ꞷ brevità; craʃʃitudine, ꞷ tenuità; εlevatione, ꞷ depreʃʃione; le quali cꞷʃe ʃi ʃegnano con divεrʃi accεnti; ciꞷὲ la lungheza, ε brevità con tεmpi; la craʃʃitudine, ε tenuità con spiriti; la εlevatione, ε depreʃʃione con tuꞷni; le quali cꞷʃe εʃʃεndo da la prolatione, ε ʃuꞷno de le vocali divεrʃe, manifeʃta cꞷʃa ὲ, che eʃʃa prolatione del ʃuꞷno non puꞷ εʃʃere accεnti; ʃe bεne i tεmpi, εt altre cꞷʃe le accompagnano. Ma poniamo, che queʃta prolatione nel e, εt o pur voleʃʃeno contra ꞷgni rεgola ʃegnare con accεnti, come faranno nel z, che non ὲ vocale? cεrto non ʃꞷ. ma bεn mi perʃuado, che il deʃcrivere queʃta diverʃità di pronuntia per punti, ꞷ per accεnti, oltre che farεbbe qualche confuʃione, ʃarεbbe anchora piu difficile ad imprεndere, che non ὲ queʃta; la quale ὲ aʃʃai facile, ε non impediʃce il lεggere a niuno. Pur, ʃe queʃti cotali ne la loro opinione