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Iginia d'Asti/Atto secondo

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Atto secondo

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Atto primo Atto terzo
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ATTO SECONDO.

Camera illuminata nell’appartamento d’Iginia.


SCENA I.


Si ode per un momento una musica di ballo, ma lontana. ROBERTA esce affannata da stanze vicine. IGINIA da altra parte le viene incontro. Sono entrambe magnificamente vestite.


Roberta.1Dal giardino ritorni?
Iginia. Oh! alfin la mesta
Anima mia dall’importuna gioia
Di quelle danze si sottrae! Non cessa
D’accrescersi la pompa: ad ogni istante
Nuova magica scena in luminose
Sale una parte del giardin trasmuta....
Ma quelle feste, il sai, tedio a me sono:
E tu, crudele amica, ivi sì a lungo
Perchè lasciarmi?
Roberta.                               Iginia....
Iginia.                                                   E che? Tremanti
I detti tuoi? Roberta mia, deh, loco
Non ti tengo di figlia? — A te mie pene
Ascose non son mai: le tue mi schiudi.
Roberta.Io tremo, sì. — Mentre con regio fasto
Gli onori a cui salía celebra Evrardo,

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Mentre pari a’ più splendidi monarchi
Di cortigiani un vile stuol lo acclama,
Niun sa, che al fianco suo dianzi un nemico,
Un guelfo s’accostava.
Iginia.                                        Ohimè! in periglio....
Roberta.No: il ciel non volle che feroci spirti
Questo guelfo portasse.
Iginia.                                   E occulto....
Roberta.Io il vidi,
E pe’ giorni del tuo padre tremai,
E pe’suoi giorni stessi. Oh, guai, se alcuno
Riconosceal! Di sangue intrisa certo
Venia la festa. — Ratta io dalla turba
Lunge trassi l’incauto: — amata figlia,
Deh, non biasmarmi: forza erami udirlo,
E nasconderlo....
Iginia.                              Chi? dove?
Roberta.                                             T’acqueta.
Scorgesti un vecchio cavalier dall’ombre
Del più folto boschetto al rilucente
Vial de’ tigli scorrere, e più volte
Rinselvarsi, e apparir, quindi appressarsi
Al sedil nostro?
Iginia.                              Al padre io l’additai,
Ma già lontano era l’ignoto, e il padre
Nol ravvisò: teco il rividi poscia
In segreto colloquio, e tu il seguisti.
Roberta.Passato erami accanto, e da’ negri occhi
Tal guardo in me vibrò, ch’io ’l riconobbi.
Atterrita ammutisco: ed ei: «Roberta,
» Bada, son io, m’ascolta.» A quella voce
Più non v’ha dubbio: che far deggio? orrende
Sciagure penso: Evrardo mai da guelfi
Cinto sarebbe? — Gridar quasi io volli
«Al tradimento!» ma rattenne Iddio
La funesta parola; e sulle tracce
Del travisato cavalier mi spinse.
Il seguo: ci appartiam.

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Iginia.2                                             Madre!
Roberta.                                                  Sì.... desso!
Dalla finta canizie il giovenile
Sembiante discoperse....
Iginia.                                             Ah mi sostieni!
Egli era!... — E questi miei palpiti indegni
Al cor vietar non saprò dunque io mai?
Giulio! — Oh madre, io l’amava! Immensamente
Io quell’ingrato amava! Al padre mio
I sacri giorni a insidiar vien forse?
Roberta.No: calmati.
Iginia.                         Prosiegui: il mio pallore
Non ti spaventi. — Oh Giulio! E che cercava
Fra’ suoi nemici? Del feroce editto
Ignaro ei solo?
Roberta.                         — «Ad affrontar la morte,
» (Disse) mi spinge amor: sovra la casa
» Del consol pende alta sciagura: Iginia,
» E chiunque è a lei caro io vo’ far salvi:
» Perciò ad Iginia uopo è ch’io parli.»
Iginia.                                                            Audace!
Parlarmi, disse? E qui lo spinge amore?
Crede forse ch’io ignori?... Oh, ma qual pende
Su noi sciagura? Veritier lo estimi,
Od impostor? No, no, Roberta: ei ménte:
Egli non m’ama. E tu, sdegnata, certo,
Il cacciavi.
Roberta.                    Rampogne, ira, preghiere,
Tutto adoprava per cacciarlo. Oh figlia,
Qual torvo sguardo su me figgi?
Iginia.                                                       A guelfo,
D’Evrardo io figlia, io dar ascolto! E il pensi?
No, Roberta, nol pensi: amica troppo
A Iginia sei. Perdona: al senno tuo
Oltraggio io fea.
Roberta.                                   Misera me! Sa Iddio
Come l’insano io respingessi....

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Iginia.                                                  Un detto
Solo bastava: i traditori abborro:
Ed ei la patria e me tradiva a un tempo.
Roberta.Gliel dissi: e forsennato esso alla festa
Rieder volea, parlarti ad ogni costo,
E non curar, se a’ piedi tuoi spirante
Da’ ghibellini ferri indi cadesse.
Iginia.Oh truce idea! Ma dunque ei....
Roberta.                                                  Da mie stanze
Partir non volle.
Iginia.Oh cielo! Qui? — Roberta,
L’amica mia, no, tu non sei: di Giulio .
I delitti obliasti e il dover mio:
Del ghibellino console io son figlia.
Va’, l’allontana: salvalo; e s’ei chiede
Dell’odio mio, digli, ch’a dritto io l’odio,
Ma che il vo’ salvo. Affrettati: m’udisti?
Veder non posso un traditor.


SCENA II.

Giulio, e dette.


Giulio.3                                                       Quel nome,
Quel nome infame, ah no, Giulio non merta;
Te ingannò la calunnia.
Iginia.                                             Audace!
Giulio.                                                       Ah Iginia!
Pe' tuoi giorni ten supplico, pe’ giorni
Del padre tuo; non puoi negarmi ascolto!
Iginia.Temerario! Fuggirti....
Giulio.4                                        Una parola,
Un breve istante! — Ah, colui tanto abborri,
Che un giorno....
Iginia.                                   Tu le guelfe armi vestisti!
Del padre mio il nemico, altro non veggio!
Giulio.Ferma! — Sol che un istante udito m’abbi,

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Poi farò l’odio tuo pago, tra i ferri
Inimici scagliandomi: chè gioja
Unica ad uom, cui tu dispregi, è morte.
Iginia.Giulio! fuggi. In qual rischio?...
Giulio.                                                       Ora opportuna,
Securissima è questa: odimi: tutta
Ne’ festivi orti accogliesi la turba:
Niun qui mi scopre. Ah, per l’immenso amore
Ch’arde — qui— per te sola, e più sempre arde!..
Iginia.Perfido! E speri anco ingannarmi?
Giulio.                                                       Oh quanto
Sdegno nel tuo sembiante! Io....
Iginia.5                                                  Qual rimane,
Delle vedove guelfe or tra l’illustre
Campione e me comun pensiero?
Giulio.6                                                  Oh, Iginia!
Sì crudo oltraggio io da te avermi, indegno
È del tuo cor. — Tu pur, tu alle sciagure
Insultar d’onorata inclita stirpe,
Che i suoi prodi, e sue case, e suoi tesori
Perdea miseramente, e a far palese
La sua innocenza non trovava un solo
Vendicator! — Io quello esser dovea,
Io, d’Iginia l’amante, o d’un tal core
Immeritevol divenir! — Manfredo
Fratel d’arme non m’era? Alterna gloria,
E negli studi, e nelle giostre, e in campo,
Sin da’ più giovanili anni segnato
Noi pari entrambi avea, fulgido esempio
D’amistà e di virtù. Che? abbandonarlo,
Di sua innocenza io conscio, allor che vili
Tradimenti apponeagli un vil senato
D’oro e di sangue sitibondo sempre?
No, difenderlo! e te perder piuttosto,
Te sommamente amata.... abbenchè figlia,
Ahi, d’un tiranno!

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Iginia.                                        Il padre mio rispetta.
Giulio.Difendere l’amico, e gridar empia
La legge, che alla patria il miglior tolse
De’ cittadini suoi! Scuotere il sangue
D’un tal eroe dal ghibellin mio manto;
E non più ghibellin dirlo, chè infamia
Stava e delitto su quel nome! E il giorno
Che alla raminga vedova e ai pupilli
Non rimanea ricovro altro che i guelfi,
Seguirli nell’esiglio! e miei fratelli
Color nomar, che del mio amico ai figli
La ghibellina origine obliando,
Offrian la destra, e ospital tenda, e scudo!
Tale, adorata Iginia, era del prode
Che tu amavi il dover! dover, ch’enormi
Sacrificii m’impose: ah, mi credea
Che Iginia li sentisse — ella mi spregia!
Iginia.Reo non sarebbe? oh, me infelice!
Giulio.                                                            E duolti
Ch’io spregevol non sia!
Iginia.                                             Giulio, deh, lascia
Ch’io forte sia nell’abborrirti!
Giulio.                                                  E il brami?
No.
Iginia.     Ma creder poss’io? Te l’onorata
Vedova di Manfredo....
Giulio.                                        Amante mai:
Amico avrammi sempre.
Iginia.7                                                  Amante, mai?
Quel volto, quel linguaggio.... Oh qual barbarie
Saria il tradirmi!
Giulio.                                   Oh gioja! ancor tu m’ami 1
Tu m’ami, sì. — 8 Debol fanciulla! E tanto
Avvilir la tua grande alma potevi,
Sì indegnamente gl’incolpevoli atti
(Lascia ch’io ’l dica), i più magnanimi atti

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Interpretando di colui che t’ama,
E cui l’alto desio sol d’onorarti
Spinge fuor delle basse orme del volgo!
Te meglio e me conosci: uom, cui donato
Avevi il cor, tal uomo era, o divenne,
Che non più mai disistimare è forza.
Iginia.Oh fia vero? Roberta....
Giulio.                                             E chi rattenne,
So non tu, il ferro mio, quando a’ miei piedi
Cadde Evrardo in battaglia? E chi al superbo
La non merlata libertà rendea?
Tu, Iginia; tu: che indivisibil genio
Me ispiri sempre, e a degne opre costringi!
Iginia.Oh, ben allor mi disse il cor: «Memoria
» Di me Giulio serbò.»
Giulio.                                        Ma incalza il tempo.
L’alta ragion che qui m’adduce ascolta.
Sui ghibellini impreveduto nembo
Rugge. — Tu tremi? Calmati: — propizio
Alla patria ed a noi spunta il futuro.
I rei soli cadranno: i rei — non tutti,
Non tutti, no — suo difensore avrammi
Evrardo.
Iginia.               Oh ciel!
Giulio.                              Di plebe il furor primo
In questo tetto (Iginia, ah, caldamente
Te ne scongiuro) non ti trovi.
Iginia.                                                  Ahi, quando?
Come?
Giulio.          Dimane — a mezza notte — i guelfi....
Ma tu vacilli....
Iginia.                              No.
Giulio.                                   D’Evrardo è usanza
Appo la suora sua teco ad amiche
Veglie recarsi: in quel securo ostello
Diman, ven prego, donne, ivi la sera
Abbiavi. Qui potria l’ira del volgo
Contra la consolar reggia irrompendo

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Obliar che co’ rei stan gl’innocenti.
Io il cieco popol frenerò: distorre
Da questo albergo ogni ruina io bramo:
Ma se il furor, le tenebre, la forza
D’irresistibil moltitudin vano
Rendesse il pensier mio.... deh, fra 'l tumulto
L’amata Iginia non si trovi. — Orrendo
Arcano ti paleso: un vostro detto
Perder mi può ma s’io qui pur cadessi,
Non però certa men fia la vittoria
De’ congiurati guelfi. I truci editti
De’ tiranni son tardi: ascoso e lieve
Foco omai più non è: fiamma gigante,
Che tutte le astigiane alme divora,
Di vendetta e giustizia è il desir santo.
Divise, ignote, sì, ma numerose
Schiere di guelfi alla città fan siepe:
Nostra è la plebe entro le mura: un cenno
Soltanto aspetta. — Dubbia anco a me fosse
La fede vostra, o donne; anco tradito
Foss’io, — il ripeto — me perderei solo,
Non la fraterna impresa. Il dover mio
Doman co’ guelfi — oggi appo te mi chiama:
A loro e a te sacra è del par mia vita.
Iginia.9Oh madre mia! Parlar non posso: un gelo
Mi stringe il cor. — Che fia di noi? Sul padre,
O sull’amante, iniquo ferro pende:
Come dall’un rimoverlo, e non l’altro
Tradir?
Giulio.                Miei giorni in tua balia son posti:
Bensì, ov’io pèra, al genitor rapisci
L’unica guelfa man, sovra lui pronta
Generoso a protendere uno scudo.
Iginia.Qual d’eroismo e di barbarie un misto
V’agita, o furibonde alme guerriere?
Non v’abborrite, e vi svenate: un gioco
Feroce è l’assalirsi, e il perdonarsi,

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Onde uccidersi poscia, e uccider sempre,
Onde aver morti a vendicar. Ma intanto
Alla virtù s’intrecciano delitti
Più enormi ognor: non più vergogna, è gloria
Il farsi d’un’insegna oggi campione,
Diman d’un’altra; — gloria, alla donzella,
Cui si giura d’amar, cui si vuol salva
Dalla ruina, il guerreggiarle il padre,
Il cingerlo d’insidie e di perigli,
Ove, men che d’estinguerlo, si ostenta
Nobil desio di calpestarlo, e il braccio
Tendergli poscia, onde vieppiù avvilirlo!
Giulio.Me così trasfiguri? E amante....
Iginia.                                                       Figlia
Del console son io.
Giulio.                                             Sì reo mi tieni?
Or ben, le lance del tuo padre invoca:
Fra loro a pormi io venni.
Iginia.                                        Ah crudel! taci:
Lasciami: il ciel solo mi resta. Ah, Giulio,
Se è ver che m’ami, il reo nembo allontana;
Salva la tua città da nuova strage!
Molto può il nome tuo, molto può eroe
Cui virtù, e amor con egual fiamma accende.
Grande agli sguardi miei fora colui,
Di tutto l’amor mio colui sol degno,
Che a non tentata ancor gloria aspirasse....
Giulio.Qual?
Iginia.          Non di fere, inutili vendette;
Non di brutal desio d’empi trionfi;
Ma di terger le lagrime all’afflitta
Patria; di richiamar tutti a un’insegna
I discordi fratelli, ambe lasciando
Le sanguigne di guelfo o ghibellino
Maledette bandiere. — Alti mortali
Alcuna volta apparvero, onde il cenno
Era sovra le turbe onnipossente:
Oh l’età mia d’un simile mortale

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Priva non fosse! — e quei fosse il mio amante!
E sì pura e magnanima splendesse
L’ambizïon di lui, che strascinati
Da dolce irresistibile malía
Si sentissero i cuori, e — s’appressando
Con alterna pietà — sulla sventura
Comun s’intenerissero, e un sol grido
Ripetesser con lui: «Pace, ed oblio.
» Del mutuo errar! Siam d’una patria figli!»
Oh quel degno mortal, quasi un Iddio
Alla mia innamorata alma parrebbe!
Giulio, tu quello sii!
Giulio.                                        Lusinghier sogno,
O fanciulla, t’illude. Havvi perversi
Tai secoli, ove l’uom, se pure è grande,
Tutto mostrarsi qual ei sia non puote.
Abietta stirpe è questa infra cui nacqui:
Sorda a’ bei nomi di fraterna pace,
Di virtù, d’amor patrio. Ira e vendetta
Spigne i men tristi, i più viltà e rapina:
Ed i men tristi io scelsi. — Oh al guardo mio
Il tuo sogno un dì pur, ma breve tempo,
Ahi rifulgea, nell’inesperta aurora
Della mia giovinezza! Il mondo è vile,
Non il tuo amante, o Iginia.
Iginia.                                             Ogni speranza
Dunque?...
Giulio.                    Immutabil fato!
Roberta.                                        Alcun s’appressa.
Iginia.Perduti siam.
Roberta.10                              Qui celati.
Iginia.                                                  Oh me lassa!
Giulio!
Giulio.               Iginia! dimane in questo tetto
Deh, non ristarti!
Iginia.Ah fuggi!11

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SCENA III.

EVRARDO, ROFFREDO, GIANO, Guardie, e IGINIA.


Evrardo                                                   Eccola. — Figlia,
Sola tu qui?
Iginia.                     Padre....
Giano.                               Il tremor suo chiara
Mi fa la colpa: indizii certi io n’ebbi:
Giulio qui si nasconde.
Iginia.                                              Ah no!
Giano.                                                  Si scorra
Ogni recesso dell’ostello.
Iginia.                                              Ferma.
Padre, consol non sei? Tal soffri oltraggio
All’onor tuo?
Giano. Se più la figlia o il padre
Colpevol sia, giudicherà il senato.12
Evrardo. Temerario!
Roffredo. T’arresta: al consol fatta
Verrà ragion: ma provi il consol pria
Che reo di stato egli non è.13


SCENA IV.

I precedenti, fuorchè GIANO e le guardie.


Evrardo.                                                   Si ardisce
D’Evrardo dubitar? — Perfida! il vero
Celar non puoi. Come il vedesti? Parla:
Dove s’asconde? Il furor mio paventa.
Iginia.14 Ahi! gli sgherri il trascinano. Mio Giulio!15

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SCENA V.

GIANO e le Guardie conducoso ROBERTA. EVRARDO rialza la figlia che non dà segni di sentimento.


Giano.16Ite: ovunque s’insegua.
Roberta.17                                             Oh figlia mia!
Roffredo.18 Che? il vedeste?
Giano.                                   Balzato è da un verone:
Ma scampo a lui non fiavi: ancor dischiuse
Della città non son le porte. — In nome
Della legge domando or che tradotte
In carcer sieno e queste donne entrambe,
E del sospetto Evrardo i servi tutti.
Evrardo.Oh rabbia!
Roberta.                     Io sola, io son la rea!
Evrardo.                                                        Costei,
Sì, che tradiami, in carcere si ponga:
Mallovador mi rendo e per Iginia
E pe’ famigli miei.
Iginia.19                               Dov’è? Con esso
Morir vo’.
Evrardo.                     Sciagurata! In qual abisso
Precipitato hai di tuo padre i giorni!
Iginia.Roberta! ohimè, dove ti traggon? — Padre,
Pietà! pietà!
Evrardo.                          Colei più non la merta.
Roberta.20Addio!|
Iginia.           Seguir la vo’. — Padre....
Evrardo.                                                  In me scorgi
Il console, empia! il tuo giudice.... e trema!21

Note

  1. Reprimendo la sua agitazione.
  2. Con grande affanno.
  3. Si precipita a’ piedi d Iginia, e la tiene per la veste.
  4. Si alza trattenendola.
  5. Con amara indifferenza.
  6. Dolorosamente risentito.
  7. Guardandolo con amore.
  8. Con affettuosa dignità.
  9. Abbracciando Roberta.
  10. A Giulio.
  11. Roberta conduce via Giulio.
  12. Cavando la spada.
  13. Fa cenno a Giano che colle guardie scorra il resto dell’appartamento.
  14. È in uno stato deplorabile di terrore: ella aspetta ad ogni istante che abbiano preso Giulio: guarda con occhi spalancati il padre, quasi non intendendo le sue parole: articola voci indistinte: l’affanno le tien chiuse le fauci. Finalmente ode che i soldati ritornano, ed esclama.
  15. Fa alcuni passi per andargli incontro e cade tramortita.
  16. Alle guardie.
  17. Accorre ad Iginia.
  18. A Giano.
  19. Rinvenendo.
  20. Ad Iginia.
  21. Roffredo, Giano e guardie partono conducendo Roberta. Evrardo trattiene fieramente Iginia che vorrebbe seguir l’amica. Cade il sipario.