Utente:AikiTommy/Sandbox
Urie Bronfenbrenner (Mosca, 29 aprile 1917 – Ithaca, 25 settembre 2005) è stato uno psicologo russo naturalizzato statunitense. Il suo contributo più noto, soprattutto nell'ambito della psicologia dello sviluppo, è rappresentato dal modello ecologico di cui fu il fondatore.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Figlio del medico Alexander e di Eugenia Bronfenbrenner, all'età di sei anni si trasferì con i suoi familiari dall'Unione Sovietica agli Stati Uniti. Il padre divenne direttore della divisione ricerca del "New York State Institution for the Mentally Retarded" a New York.
Studiò dapprima psicologia e musica alla Cornell University, in seguito si laureò in psicologia dello sviluppo mentale alla Harvard University e infine nel 1942 ottenne il Ph.D. alla University of Michigan.
Dopo appena 24 ore dal dottorato si arruolò nelle forze armate americane impegnate nella seconda guerra mondiale, durante la quale adempì al servizio di psicologo.
Una volta terminata la guerra lavorò brevemente come assistente capo psicologo clinico per la ricerca nel nuovo programma di formazione in psicologia clinica a Washington D.C. e successivamente come assistente professore di psicologia presso l'Università del Michigan per un periodo di due anni.
Successivamente si trasferì alla Cornell University, prima come assistente di psicologia e poi come professore, nella facoltà di "Sviluppo umano, studi familiari e psicologia".
Si sposò con Liese Price con cui ebbe sei bambini. Morì ad Ithaca all'età di ottantotto anni a causa di complicazioni dovute al diabete.[1]
Il Modello Teorico di Bronfenbrenner: Fasi Storiche
[modifica | modifica wikitesto]Bronfenbrenner, con il suo "modello ecologico" (Ecological systems theory), intende l'ambiente di sviluppo del bambino come una serie di cerchi concentrici, legati tra loro da relazioni.
- Il Microsistema è il livello centrale, entro il quale le unità interpersonali minime costituite da diadi (es. madre-bambino) si rapportano al loro interno e con altre diadi con significative interazioni dirette. Un microsistema è dunque un pattern organizzato di relazioni interpersonali, attività condivise, ruoli e regole, che si svolgono perlopiù entro luoghi definiti. La famiglia, la rete della parentela più estesa, la scuola, sono esempi di microsistemi.
- Il Mesosistema è un sistema di microsistemi: si riferisce a due o più contesti cui il soggetto partecipa direttamente in modo attivo e alle loro interconnessioni.
- L'Esosistema è costituito dall'interconnessione tra due o più contesti sociali almeno uno dei quali è esterno all'azione diretta del soggetto. Un esempio di esosistema è costituito dal rapporto tra la vita familiare e il lavoro dei genitori.
- Il Macrosistema comprende le istituzioni politiche ed economiche, i valori della società, la sua cultura: i complessi di credenze e comportamenti che caratterizzano il macrosistema sono trasmessi da una generazione a quella successiva attraverso i processi di socializzazione condotti dalle varie istituzioni culturali, come la famiglia, la scuola, la chiesa, il luogo di lavoro e le strutture politico-amministrative.
Introduce il concetto di "famiglie", al plurale, volendo in questo modo problematizzare i cambiamenti culturali e sociali in atto: infatti la sua è una teoria ecodinamica (movimento dell'ambiente, che possiamo definire un cambiamento della società).
La teoria dello sviluppo umano di Urie Bronfenbrenner ha subito numerose modifiche dal momento in cui è stata proposta negli anni ‘70 fino alla sua morte. Questa evoluzione è caratterizzata dal passaggio, convenzionalmente suddiviso in tre fasi, da un modello strettamente ecologico a uno bioecologico.
Prima Fase (1973-1979)
[modifica | modifica wikitesto]La prima fase è contraddistinta da una descrizione dei diversi livelli dell’ambiente ecologico in cui si sviluppa l’essere umano, prestando maggiormente attenzione alla realtà esterna, senza approfondire il ruolo dell’individuo.
È possibile individuare due principali ragioni alla base della nascita del modello ecologico:
- La mancanza nel panorama scientifico dell’epoca di una teoria dello sviluppo che prendesse in considerazione l’influenza del contesto, poiché le ricerche erano solitamente condotte in ambienti artificiali di laboratorio ed ottenevano esiti non facilmente generalizzabili alle situazioni quotidiane. A tal proposito Bronfenbrenner nel 1977 scriveva “gran parte della psicologia dello sviluppo contemporanea è la scienza dello strano comportamento di bambini in strane situazioni, con strani adulti, per i periodi di tempo più brevi possibili”[2];
- La necessità di fornire delle basi teoriche utilizzabili in modo efficace nel campo della politica sociale rivolta ai bambini, agli adolescenti e al sistema familiare.
In questa prima fase il pensiero di Bronfenbrenner è stato influenzato da diversi autori; tra questi Kurt Lewin con il suo concetto di “campo fenomenologico”; Lurija, Leontiev e Vygotskij, psicologi sovietici dei quali ha ammirato la visione di una ricerca finalizzata a una trasformazione della società; ma anche da tutti "giganti" alle cui opere Bronfebrenner riconobbe grande importanza: George Herbert Mead, Sigmund Freud, Edward C. Tolman, Kurt Goldstein, Otto Rank, Jean Piaget, Ronald A. Fisher e in ambito sociologico dagli autori William I. e Dorothy S. Thomas. Bronfenbrenner ebbe inoltre proficui contatti con alcuni dei più grandi studiosi della sua epoca, che lo introdussero ai più disparati ambiti scientifici: Frank S. Freeman, emerito di psicologia ed educazione alla Cornell University, Robert M. Ogden e Walter Fenno Dearborn, che furono i suoi primi professori, ma anche Lauriston Sharp, che lo introdusse all'antropologia culturale, Robert Ulich alla filosofia ed Harry C. Carver alla matematica statistica e al disegno sperimentale[3].
Questo è il periodo in cui il Modello Ecologico dello sviluppo umano prende forma, a partire dall’esigenza di Bronfenbrenner di sottolineare, all’interno di un quadro teorico, la potente influenza del contesto sullo sviluppo umano; secondo l’autore infatti lo sviluppo ecologico può essere considerato come “lo studio scientifico dell'accomodamento progressivo e reciproco, lungo tutto l'arco della vita, tra un organismo umano in crescita e i mutevoli ambienti immediati in cui vive, poiché questo processo è influenzato dalle relazioni che si instaurano all'interno e tra questi ambienti, nonché con i più ampi contesti sociali, sia formali che informali, in cui gli ambienti sono inseriti[4]”.[5]
Il punto di partenza della teoria è che lo sviluppo umano sia un processo di progressivo adattamento dell'individuo, che si evolve e cresce con ciò che lo circonda. Ciò che caratterizza questo approccio è l'idea che organismo e ambiente siano sistemi che interagiscono in maniera reciproca e multi-dinamica. Tali interazioni modificano il singolo, il contesto e la qualità delle future interazioni tra di essi. In particolare, Bronfenbrenner individua quattro strutture interconnesse che interagiscono direttamente o indirettamente con l’individuo e le sue caratteristiche:
- Il Microsistema è quell’ambiente con particolari caratteristiche fisiche, sociali e simboliche più prossimale all’individuo. E’ un pattern organizzato di relazioni interpersonali, attività condivise, ruoli e regole (ad es. la famiglia, la rete della parentela più estesa, la scuola) che influenza direttamente l’individuo ma che è a sua volta influenzato dall’individuo stesso.
- Il Mesosistema è dato dall’interazione tra due o più microsistemi. La conformazione di tale struttura subisce modifiche, ampliandosi, ogni qual volta l’individuo entra a far parte di un nuovo ambiente o al contrario riducendosi nel momento in cui ne esce. Pertanto il mesosistema influenza in maniera indiretta lo sviluppo dell’individuo, in quanto determina dei cambiamenti nei suoi microsistemi. Esempi di mesosistema possono essere: l’interazione tra famiglia e scuola o tra famiglia e gruppo dei pari del bambino.
- L'Esosistema è il risultato dell’interazione che un ambiente ecologico con cui l’individuo non ha alcun tipo di relazione instaura con uno dei suoi microsistemi. Nonostante non coinvolga esplicitamente l’individuo può influenzarlo e a sua volta esserne influenzato in modo indiretto. Un esempio di esosistema è costituito dal rapporto tra la vita familiare e il lavoro dei genitori.
- Il Macrosistema è il livello sovraordinato che comprende e dà forma a tutti gli altri sistemi e che coincide con i valori culturali (sociali, economici, politici, educativi e giuridici) dell’ambiente di riferimento dell’individuo. Fondandosi sul principio di reciprocità, che caratterizza le strutture esaminate finora, anche le proprietà del macrosistema possono essere modificate attraverso le interazioni con gli altri sistemi in esso inclusi. I complessi di credenze e comportamenti che caratterizzano il macrosistema sono trasmessi da una generazione a quella successiva attraverso i processi di socializzazione condotti dalle varie istituzioni culturali.
Secondo Bronfenbrenner le strutture descritte possiedono 3 caratteristiche essenziali:
- Si tratta di strutture interdipendenti tra loro che si influenzano in modo circolare, per cui ciò che accade a un livello influenza ed è influenzato dagli eventi che si verificano negli altri contesti;
- Lo sviluppo è il frutto di processi interattivi tra le persone e i loro ambienti di riferimento;
- L’ambiente è inteso come campo fenomenologico, dato dall’immaginazione e dalla fantasia da una parte e dall’esperienza privata della persona dall’altra. Questo campo orienta le azioni e influenzare le relazioni dell’individuo.
Nonostante Bronfenbrenner consideri già l'ambiente come facente parte di un sistema ecologico all’interno del quale avviene lo sviluppo, il principale limite di questa fase consiste in una sottovalutazione del ruolo attivo che possiede la persona nel modificare l’ambiente di appartenenza.
Seconda fase (1980-1993)
[modifica | modifica wikitesto]Nella seconda fase viene posta più attenzione all’individuo e ai suoi processi di sviluppo, che assumono una funzione attiva. Inoltre, evidenzia la necessità di considerare, nell’ambito della ricerca, anche il ruolo svolto dal trascorrere del tempo.
Durante questo periodo l’autore analizza i diversi modelli di ricerca utilizzati nel campo dello sviluppo delineandone i vantaggi e i limiti.
Bronfenbrenner e Crouter definiscono i modelli di ricerca come «la concettualizzazione dell'ambiente, e il suo ruolo nello sviluppo, che è esplicito nelle definizioni operative impiegate dal ricercatore»[6].[2] Tra i paradigmi presi in esame dall’autore troviamo: il modello di indirizzo sociale ("social-address model"), che si basa esclusivamente sulle caratteristiche geografiche e sociali del luogo in cui l’individuo vive e trascura totalmente le caratteristiche personali e i processi attraverso cui gli stessi si pongono in relazione con l’ambiente esaminato. Tale modello lascia infatti presumere che un singolo ambiente condizioni tutti i soggetti in egual misura al di là dei loro tratti caratterizzanti.
Diversamente, il modello persona-contesto ("person-context model") include le caratteristiche personali, ma non riesce ancora a spiegare i processi che sono alla base dello sviluppo.
Il modello processo-contesto (process-context model), invece, spiega i processi di sviluppo prendendo in considerazione il contesto, i comportamenti oggettivi e gli stati psicologici soggettivi.
Questa analisi spinge Bronfenbrenner a ideare un nuovo modello denominato “processo-persona-contesto” (process-person-context model), che prende in considerazione l’interazione tra la persona, il contesto e i processi attraverso cui l’individuo si sviluppa. Questo paradigma presenta, tuttavia, il limite di non considerare il ruolo del tempo.
I modelli che, invece, includono nei propri studi questa variabile sono detti “di cronosistema” e interpretano lo sviluppo come un processo in continuo cambiamento.
In seguito all’analisi dei vari paradigmi, Bronfenbrenner ridefinisce il modello ecologico illustrando lo sviluppo come dipendente dalle interazioni che avvengono tra la persona e gli individui con cui entra in relazione in determinati tempi e luoghi. Inoltre pone enfasi sulle “caratteristiche istigative”, ossia le peculiarità, appartenenti all’ambiente e alla persona, che scoraggiano o incoraggiano l’interazione reciproca ostacolando o agevolando la crescita psicologica.
Terza fase (1993-2006)
[modifica | modifica wikitesto]Nell’ultima fase si assiste al passaggio dal modello ecologico a quello bioecologico. Qui l'enfasi è sui "processi prossimali", che lo stesso autore definisce “i motori dello sviluppo”[7], evidenziando il rapporto tra questi e i meccanismi d’interazione tra il contesto e le caratteristiche individuali della persona.
La teorizzazione di tale paradigma è accompagnata dalla formulazione di un nuovo modello di ricerca, denominato “Processo-Persona-Contesto-Tempo” (Process-Person-Context-Time model, o PPCT), in cui per la prima volta viene considerato anche il ruolo del trascorrere degli eventi.
Questo sistema teorico risulta quindi composto da quattro elementi che esercitano un’influenza sullo sviluppo dell’organismo attraverso la loro interazione reciproca:
- Processi prossimali: possono essere considerati come forme durature di reciproca interazione tra l’organismo biopsicologico in evoluzione e i contesti ambientali (sociali, fisici e simbolici) in cui è inserito; inoltre Bronfenbrenner afferma: «la forma, il potere, il contenuto e la direzione dei processi prossimali che influenzano lo sviluppo variano sistematicamente in funzione congiunta delle caratteristiche della persona in via di sviluppo e dell'ambiente (sia immediato che più remoto) in cui i processi sono in corso e la natura degli esiti evolutivi presi in considerazione»[8][9].
Bronfenbrenner sostiene che i processi prossimali siano in grado di migliorare l’efficacia del funzionamento dello sviluppo qualora l’individuo viva in condizioni stabili e vantaggiose; invece in condizioni di svantaggio tendono a ritardare le conseguenze delle disfunzioni dello sviluppo.
- Caratteristiche della persona: Bronfenbrenner ne ipotizza tre principali.
La prima è la caratteristica della forza o “direzione”, che può essere generativa o dirompente, rispettivamente al sostegno o all'impedimento dei processi prossimali. L’autore attribuisce alla forza generativa caratteristiche che «coinvolgono orientamenti attivi come la curiosità, la tendenza a iniziare e impegnarsi in attività da soli o con gli altri, la reattività alle iniziative degli altri e la prontezza a rimandare la gratificazione immediata per perseguire obiettivi a lungo termine»[10].[2]
La direzione dirompente è invece caratterizzata da proprietà che tendono alla «l'impulsività, l'esplosività, la distraibilità, l'incapacità di differire la gratificazione o, in una forma più estrema, ricorrere all'aggressività e alla violenza»[10].
La seconda è la caratteristica della risorsa, che promuove o limita l’impegno dell’individuo nei processi prossimali. Quelle che facilitano lo sviluppo comprendono «l’abilità, la conoscenza, la competenza e l’esperienza»[9]; la limitazione dei processi prossimali è invece svolta da risorse che includono «difetti genetici, basso peso alla nascita, handicap fisici, malattie gravi e persistenti o danni alla funzione cerebrali»[9].[2]
La terza è la caratteristica della domanda, che consiste nelle qualità immediatamente osservabili della persona capaci di condizionare i processi prossimali incoraggiando o scoraggiando reazioni da parte dell’ambiente sociale (attrattività, età, temperamento, colore della pelle, sesso, ecc.).
- Contesto: questo aspetto non viene ulteriormente approfondito in quanto già ampiamente trattato nelle fasi precedenti. Il contributo di Bronfenbrenner in questo caso è limitato semplicemente alla definizione dei sistemi di contesto come luoghi in cui avvengono i processi prossimali, con una particolare attenzione ai microsistemi.
- Tempo: Bronfenbrenner in questa fase introduce il concetto di tempo poiché ritiene il corso evolutivo dell’individuo come «incorporato e fortemente modellato dalle condizioni e dagli eventi che si verificano durante il periodo storico in cui la persona vive»[11].[12]
Aggiunge dunque al suo modello concentrico un quinto sistema più esterno: un “cronosistema” che ingloba tutte le dimensioni sottostanti.
L’autore distingue questo elemento in tre livelli:
- microtempo: riguarda la «continuità rispetto alla discontinuità negli episodi in corso del processo prossimale»[9];
- mesotempo: riguarda la frequenza con cui questi eventi si verificano in giorni e in settimane;
- macrotempo: «si concentra sulle mutevoli aspettative ed eventi nella società, sia all'interno che attraverso le generazioni» [9].[2]
La terza fase rappresenta il compimento dell’evoluzione di una teoria sviluppatasi nel corso di oltre trent’anni, nei quali il focus si è spostato su diversi elementi fino a fissarsi sui processi prossimali, che si pongono alla base dello sviluppo dell’individuo interagendo reciprocamente e dinamicamente con le caratteristiche della persona e dei contesti ambientali.
Applicazioni pratiche del modello bioecologico
[modifica | modifica wikitesto]La ricerca sui processi dinamici di interazione tra individui e sistemi[4] a cui Bronfenbrenner ha dedicato la vita non è però stato un semplice esercizio di interpretazione teoretica. Probabilmente in ossequio alla più famosa citazione del suo mentore Kurt Lewin: «non esiste niente di più pratico di una buona teoria»[13], Bronfenbrenner ha sempre mostrato grande attenzione tanto alla componente empirica quanto a quella applicativa del modello[14], facendone un vero e proprio “strumento scientifico”. Inoltre, la flessibilità di tale paradigma ha portato molti ricercatori ad utilizzarlo in associazione con altri modelli o come base per sviluppare i propri framework teorici. Ad ogni modo, tale approccio sistemico consente di interpretare i dati sui processi alla base dello sviluppo ontogenetico tenendo in considerazione le molteplici componenti che vi contribuiscono oltre agli aspetti biologici individuali: variabili inerenti all’ambito della famiglia[5][15] [16]; aspetti della cultura scolastica che vanno dal clima presente in classe[17][18] alle politiche relative all’istruzione[19][20]; tratti culturali e organizzativi dei luoghi del contesto sociale[21]. Inoltre ha permesso di affrontare sia problematiche specifiche[10] sia tematiche più generali anche considerando la loro evoluzione nell’arco del tempo[22][15], a vari livelli, sia con un alto grado di generalizzazione[4] che in ambiti particolari e di grande rilievo come lo studio delle problematiche inerenti ai bambini delle famiglie migranti nel mondo[2][9][23].
Un’analisi bioecologica dei fattori inerenti allo sviluppo linguistico del bambino, ad esempio, ha permesso ai ricercatori del dipartimento “Sviluppo Umano” del Max Planck Institute di integrare le evidenze psicologiche, educative e linguistiche, individuando la lettura condivisa, svolta principalmente a casa ma anche a scuola, come processo prossimale fondamentale per capire le differenze individuali sia nello sviluppo delle competenze orali sia nell’acquisizione dell’abilità di comprendere quel che si legge, aspetto quest’ultimo in cui tale processo prossimale riveste il ruolo di predittore principale. Su tale base è stato proposto un “modello triadico per lo sviluppo del linguaggio orale”[5] fondato sulle relazioni tra bambino, adulto e libro, sotto forma di connessioni di attenzione condivisa rafforzate dall’uso di domande sulla comprensione di base e inferenziali, utili anche con libri di figure privi di parole scritte.
Ci possono essere tuttavia eventi problematici nei processi prossimali di microsistema che impattano sul fattore persona senza che altri microsistemi come la scuola possano agire in supporto diretto: un esempio è lo stress tossico vissuto dalle madri più vulnerabili. Alcuni ricercatori si sono posti l’obiettivo di trovare strategie preventive per salvaguardare la salute dei bambini le cui madri sono vulnerabili o hanno vissuto periodi di stress tossico. Lo stress, quando intenso e duraturo, ha degli effetti nocivi sulla salute fisica e psicologica della persona e quando il soggetto sottoposto a stress è la madre le conseguenze negative si estendono anche alla salute del bambino attraverso le interazioni prossimali nel microsistema. Tuttavia bisogna sempre tener conto del fatto che diversi fattori posti a vari livelli si influenzano reciprocamente: per esempio la discriminazione razzista a livello macrosistemico può condizionare direttamente o indirettamente la salute mentale della madre, il che a sua volta influisce sul livello microsistemico della famiglia ed esosistemico per quanto riguarda gli interventi sociali. Attraverso l’applicazione pratica del modello ecologico è stato riscontrato che le fonti di stress e i fattori di protezione sono multistrato, transazionali e hanno un'influenza complessa sul caregiving nelle famiglie a rischio di stress tossico. Attualmente la ricerca sta puntando ad intensificare le indagini empiriche sulle complesse relazioni tra i fattori di protezione e di rischio con l'obiettivo di elaborare interventi preventivi per sostenere le famiglie vulnerabili[15].
La genitorialità è un tema vasto e complesso che ben si inserisce nella cornice teorica formulata da Brofenbrenner, il quale porta la famiglia come esempio specifico del microsistema per via delle influenze reciproche e dirette che avvengono in questo contesto. La genitorialità può comportare dei guadagni e delle perdite: per esempio alcuni studi hanno dimostrato che durante la gravidanza le madri sperimentano un aumento in termini di materia grigia ma una perdita di alcune capacità cognitive, mentre i padri subiscono una notevole riduzione nella produzione di testosterone[16]. Anche la difficoltà nel destreggiarsi tra lavoro e ruoli familiari è una dinamica complessa che può comportare sia delle perdite che dei guadagni (o anche entrambi simultaneamente). Il modello ecologico è servito a sottolineare che è proprio l’insieme di fattori individuali e ambientali intrinsecamente legati ad influenzare le perdite e i guadagni dei genitori ed è grazie all’utilizzo del modello come framework teorico e interpretativo che sono state riscontrate delle implicazioni nell'attuazione di programmi di intervento e programmi preventivi per i genitori.
Un altro settore in cui le ricerche sono state particolarmente prolifiche riguarda il contesto scolastico. La scuola è uno dei microsistemi più rilevanti per la vita dell’individuo e per lo sviluppo del bambino. Infatti a scuola il bambino ha la possibilità di sviluppare non solo le abilità cognitive, ma anche le abilità sociali e le norme culturali. Nel microsistema scuola sono molteplici i fattori che influenzano lo studente e viceversa lo studente interagisce in modo dinamico all’interno di questo contesto. Alcune ricerche hanno studiato a fondo il ruolo del clima scolastico, le conseguenze di un clima scolastico negativo e ostile nonché i fattori di protezione caratterizzanti un clima scolastico positivo e sereno[17].
Altre ricerche sono andate ad analizzare più nel dettaglio alcuni fenomeni tipici che hanno luogo in questo contesto, come il caso del bullismo omofobico. In tutti questi studi il modello ecologico di Brofenbrenner è stato utilizzato come cornice teorica che fornisce delle informazioni in merito alle influenze intersistemiche e intrasistemiche più o meno dirette. Per esempio nel caso del bullismo omofobico il microsistema “scuola” e il microsistema “gruppo dei pari” sono i contesti in cui è più frequente che il fenomeno si manifesti. Il macrosistema, nonostante sia il sistema più distante dall’individuo, ha delle influenze non irrilevanti come il peso che ha il costrutto dell’eteronormatività nelle società e nelle culture moderne, il che rappresenta un fattore di rischio per gli appartenenti alla comunità LGBTQ . Ma anche il cronosistema ha un ruolo nella determinazione del clima scolastico, come nel caso di eventi storici che condizionano le credenze, le priorità e le norme della cultura. La Grande Depressione, i Movimenti per i diritti civili e i movimenti femministi, o le sparatorie nelle scuole sono esempi di eventi storici che influenzano il carattere dei sistemi annidati in un quadro ecologico[18].
Nell’ambito scolastico è stata anche sottolineata l’importanza di applicare dei protocolli che salvaguardino il sonno dei bambini più piccoli: è risaputo che una giusta igiene del sonno in termini di quantità e qualità possa migliorare molti processi cognitivi, come l’attenzione e la memoria, ma anche emotivi, come l’aggressività o la tranquillità del bambino, e che una scorretta routine del sonno abbia conseguenze negative ad ampio raggio. Per queste ragioni è necessario garantire un sonno adeguato ai bambini in via di sviluppo e in questo caso la prospettiva ecologica di Brofenbrenner ha mostrato un’utilità pratica nell’individuazione di programmi educativi per il sonno più efficaci[20].
La società di cui il bambino fa parte, tuttavia, è complessa e non ha solo un impatto indiretto, mediato dalla famiglia e dagli altri microsistemi in cui l’individuo è inserito: nel modello bioecologico PPCT di Bronfenbrenner, infatti, i fattori macrosistemici, esosistemici e mesosistemici si compenetrano dinamicamente in un’idea di contesto multi-stratificato che entra in relazione con la persona attraverso i processi prossimali, modificandosi lungo l’asse del tempo individuale così come del tempo storico[9]. Lo stesso sviluppo dell’identità nel bambino, fattore critico della crescita che ha il suo momento di massima delicatezza nell’adolescenza, è un processo negoziato socialmente. Ciò è evidente soprattutto se osserviamo quel che accade quando una società accoglie persone provenienti da un milieu culturale differente, come nel caso dei bambini migranti. Per questi ultimi, infatti, la formazione del senso d’identità richiede una negoziazione sociale aggiuntiva[2], poiché il bambino diventa cardine dell’incontro tra un mondo linguistico, culturale e simbolico di provenienza e una struttura sociale fondata su presupposti spesso completamente differenti[9]. I ricercatori della Scuola di Salute della Popolazione dell’Università di Auckland hanno utilizzato il modello bioecologico PPCT di Bronfenbrenner per analizzare i fattori che condizionano il processo di formazione dell’identità negli adolescenti asiatici migrati in Paesi anglofoni in giovanissima età (0-9 anni), una generazione intermedia tra la così detta “prima” (bambini nati e cresciuti all’estero) e “seconda” generazione (bambini nati già nel Paese ospitante)[2]. Questi bambini diventano il fulcro di una interazione tra mondi “alieni”, in cui l’individuo deve decidere quali aspetti della cultura d’origine mantenere e quali sostituire o integrare con elementi della cultura di approdo, selezione tanto più difficile in quanto la cultura di provenienza spesso coincide in questo caso con la cultura della famiglia – peraltro a volte “spezzata” tra i due Paesi – e della casa natìa. Pertanto se solitamente il microsistema famiglia e il microsistema scuola godono di riferimenti culturali, normativi e simbolici, condivisi a livello strutturale e formano nell’interazione reciproca un mesosistema che per quanto possa diventare conflittuale si riferisce allo stesso paradigma culturale, nel caso della bambina e del bambino migrati in giovanissima età sono proprio questi ultimi a dovere fare da luogo d’incontro tra famiglia e scuola, in un’età in cui il senso di identità e la relativa stabilità sono ancora del tutto in formazione. Essi possono inoltre diventare protagonisti delle interazioni dirette tra familiari e cultura ospitante, ad esempio nel caso in cui essendo in fase di scolarizzazione attiva siano gli unici a saper leggere e comprendere la lingua del Paese d’arrivo, diventando così fulcro di interazioni esosistemiche dalle quali sarebbero solitamente esclusi, come nel caso in cui si debbano fare carico di leggere e tradurre documenti legali o di lavoro. Naturalmente vi sono anche istanze sociologiche nel macrosistema dei Paesi ospitanti che ostacolano il processo di integrazione identitaria e alcune di queste sono contro-intuitive; ad esempio, in Canada, coinvolgere gli adolescenti nelle istituzioni dominanti ha ottenuto un doppio effetto: maggiore senso di appartenenza al Paese ospitante ma anche maggiore senso di diversità razziale e difficoltà nel complementare le due norme culturali[2], con la conseguente autoidentificazione in quelle definizioni culturali ibride evidenti in termini come cino-canadese o ispano-americano. In contesti del genere anche lo stesso microsistema scolastico può diventare luogo di ulteriori, profondi dilemmi interiori, come testimonia il caso osservato dalla Marinari in cui adolescenti coreani semi-occidentalizzati definivano se stessi “twinkies” per distinguersi dai coreani “FOB”[24] (dall’inglese “Freshly Out of the Boat”, cioè “appena scesi dalla nave”): si venivano così a creare due sottosistemi di identità della persona legati da un nesso culturale originario che però veniva attivamente rifiutato da entrambi i gruppi[25], causando di fatto un conflitto nel microsistema dovuto plausibilmente a fattori macrosistemici (rapporto tra le culture del Paese di provenienza e di arrivo, struttura delle politiche di integrazione), mesosistemici (differente livello di interazione tra famiglie e apparato scolastico) e possibilmente esosistemici (differente autopercezione delle famiglie in relazione al livello di integrazione sociale). Le conseguenze possono essere rilevanti poiché se un’identità etnica risolta positivamente è correlata a maggiori livelli di autostima, di prosocialità e di accettazione reciproca all’interno del gruppo dei pari, è inversamente correlata a sintomi depressivi e all’abuso di droghe e alcool[2].
Simili problematiche dello sviluppo psicosociale di tipo identitario[26] risultano ancora più evidenti nel caso di migrazione forzata; i bambini profughi e/o rifugiati affrontano una crisi che coinvolge ogni aspetto: biologico (spesso hanno ricevuto danni fisici permanenti, specie se provengono da aree di conflitto armato o fortemente inquinate), microsistemico (non sempre c'è la famiglia e se c'è ha spesso subito profondi traumi), esosistemico (non solo il rapporto tra adulti migranti obbligati e nazioni accoglienti è spesso difficilissimo ma è anche molto difficile far sì che i bambini non vi siano coinvolti, molte volte direttamente) e macrosistemico (vedi paragrafo precedente), con una trasversale componente mesosistemica e cronosistemica (sia a livello storico sia personale) che rende il tutto estremamente complicato e dinamico[9]. L’approccio bioecologico di Bronfenbrenner si mostra in questo caso fondamentale non solo nella comprensione della complessità dei sistemi, ma anche nell’elaborazione di soluzioni efficaci per il supporto al benessere dei bambini e ad un adeguato sviluppo psicosociale: i ricercatori dell’Istituto per la Salute e lo Sviluppo Globali della Queen Margaret University di Edimburgo hanno utilizzato il modello PPCT per analizzare il problema, suggerendo un approccio di intervento multilivello capace di individuare e sfruttare le interazioni sinergiche tra i vari sistemi ecologici per supportare l’agentività dei fanciulli agendo sui processi prossimali a partire da interventi di supporto alla funzione genitoriale[9]. Un approccio sistemico permette anche di analizzare la complessità di problematiche controintuitive ma di elevato impatto sociale come i crescenti livelli di obesità patologica nei bambini della vastissima comunità cinese residente negli USA, determinato da un connubio di fattori microsistemici (stile genitoriale e relativo impatto sui processi prossimali, tendenza ad usare il cibo come regolatore dello stato affettivo del bambino, livelli di attività motoria come pratica famigliare condivisa), mesosistemici (rapporto tra famiglie e welfare, esosistemici (livello di reddito dei genitori e loro rapporto con i servizi del quartiere, come alimentari e luoghi dell’attività fisica), macrosistemici (rapporto tra cultura alimentare cinese e statunitense, nonché una tendenza culturale ad esprimere l’affetto attraverso il cibo) e cronosistemici (la memoria familiare della Grande Carestia Cinese, che porta a concepire l’obesità come indicatore di salute e ricchezza)[23]. Ma un approccio simile può anche essere proficuamente utilizzato per comprendere come una stessa cultura macrosistemica si declini in differenti condizioni all’interno del medesimo Paese: in Brasile è stato usato per studiare come i fattori geografici (vivere in un ambiente semiarido, costiero o montuoso) impattasse sullo sviluppo della motricità in bambini economicamente svantaggiati[19] mentre sempre in Canada due università dell’Ontario lo hanno utilizzato come modello di base per sviluppare due nuovi framework concettuali, uno per obiettivi di ricerca e l’altro per obiettivi di applicazione pratica, per comprendere come i modelli di urbanizzazione agiscano da fattori di rischio nell’eziologia delle patologie psichiche in forte aumento tra gli adolescenti, notando come il vivere in un’area fortemente urbanizzata sia collegato ad una maggiore incidenza di sintomi depressivi, angoscia, schizofrenia, disturbo da stress post-traumatico e paranoia, andando ad esplorare quali possano essere i fattori ambientali protettivi (come le aree naturali sia vegetali che acquatiche, le biblioteche e le aree per l’esercizio fisico) e di rischio (come il rumore, il traffico e l’assenza di aree pedonali) in un’ottica di neurourbanesimo[27] e suggerendo l’importanza di considerare il fattore sociale nella pianificazione delle città[21]. Altro fattore emerso come di grande rilievo è la casa in cui il bambino vive, luogo del microsistema[28].
Le teorie di Bronfebrenner hanno quindi trovato un ventaglio di applicazioni davvero ampio, capace persino di estendersi oltre le fasi della vita umana solitamente intese come fasi di sviluppo considerando un’idea più ampia di sviluppo umano: si sono addirittura rivelate utili in un’analisi multimodello di un fenomeno tipicamente opposto all’età infantile, come il pensionamento[15].
Ma la dimensione temporale rappresentata dal cronosistema risulta indispensabile anche per analizzare le implicazioni di eventi gravi che possono colpire la vita della persona, come patologie o aggressioni fisiche traumatiche. Ad esempio bambini e adolescenti sopravvissuti alla patologia tumorale sono di gran lunga più vulnerabili rispetto alla popolazione generale sia per quanto riguarda la salute fisica che il benessere mentale e l'attività fisica può agire come fattore protettivo, riducendo le possibilità di sviluppare altre malattie e diminuendo il divario di salute rispetto al resto della popolazione, ma viene spesso abbandonata. Uno studio longitudinale ha utilizzato la teoria ecologica di Bronfenbrenner per individuare i meccanismi attraverso cui è possibile promuovere e mantenere tale attività protettiva nei gruppi di cancer survivors[22]. Un’altra ricerca ha utilizzato l'approccio ecologico per analizzare le implicazioni a lungo termine sulla salute mentale delle vittime di aggressioni sessuali, considerando tanto l’età adolescenziale quanto l’età adulta[10].
In conclusione il modello teorico di Bronfenbrenner, grazie alla sua capacità di prendere in considerazione fattori sistemici personali, contestuali, processuali ma anche dello scorrere del tempo, è tuttora considerato uno strumento scientifico altamente flessibile utilissimo per la comprensione dei complessi sistemi in cui l’essere umano si sviluppa e vive e le sue teorie, al pari delle sue opere, godono tuttora di una diffusione assai ampia, sfociata anche nella fondazione del Bronfenbrenner Center for Traslational Researc presso la Cornell University.
L’esteso utilizzo in ambito sperimentale delle teorie formulate da Bronfenbrenner dimostra gli innegabili vantaggi dell’approccio sistemico allo studio dei fenomeni umani, per quanto il processo storico di perfezionamento in fasi successive abbia condotto, secondo alcuni autori, ad una loro applicazione talvolta non appropriata, poiché basata su versioni obsolete del modello dei sistemi ecologici[29][30].
Critiche e limiti
[modifica | modifica wikitesto]Molte delle critiche alla teoria ecologica sono stata avanzate dallo stesso Bronfenbrenner, il quale in uno scritto affermava: «Ho perseguito un'agenda nascosta: quella di rivalutare, rivedere ed estendere, così come pentirmi e persino rinunciare ad alcune delle concezioni esposte nella mia monografia del 1979»[31].[29] Il passaggio tra le prime due fasi è dovuto alla consapevolezza dell’autore dell’eccessiva attenzione rivolta al contesto a discapito del ruolo che la persona svolge nel proprio processo di sviluppo.
Vélez-Agosto e collaboratori nel 2017 muovono una critica alla visione della cultura di Bronfenbrenner in quanto collocata all’interno del macrosistema «come se operasse all'esterno delle attività, azioni e routine quotidiane nei microsistemi». Gli autori, basandosi sulle teorie di Vygotskij, Rogoff e Weisner, propongono quindi una concezione di cultura non separata dall’individuo, ma come risultato dell’attività umana.[5]
Una critica riguardante la ricerca contemporanea è stata mossa da alcuni ricercatori, i quali evidenziano come molto spesso alcuni studi che sostengono esplicitamente di fare riferimento alla teoria ecologica di Bronfenbrenner in realtà non basino la propria ricerca sulla fase più matura del modello o si ispirano, semplicemente, ad alcuni concetti limitati del pensiero dell’autore senza considerarne la visione d’insieme. Tale azione è del tutto legittima ma dovrebbe essere chiaramente esplicitata dai ricercatori. Quando ciò non avviene, si può anche pensare a una mancanza di informazioni adeguate sull’evoluzione in varie fasi della teoria di Bronfenbrenner, il che risulterebbe essere un limite, non attribuibile tuttavia a Bronfenbrenner.[29] Un follow-up compiuto recentemente dimostra come questa tendenza sia stata negli ultimi anni quasi superata, nonostante il modello PPCT non abbia ancora trovato piena applicazione[30].
L’ultima ragione per cui spesso gli studiosi non trattano la forma matura del modello ecologico riguarda infatti la difficoltà nel tradurre efficientemente la teoria in ricerca. Basti pensare al concetto di “tempo”, che richiede studi longitudinali per ottenere risultati validi. Tuttavia va anche considerato come Bronfenbrenner non abbia mai ritenuto che ogni aspetto del suo pensiero dovesse essere necessariamente incluso in ogni studio.
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