Rivarossi
Rivarossi SpA | |
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Stato | Italia |
Forma societaria | Società per azioni |
Fondazione | 1945 a Como |
Fondata da | Alessandro Rossi, Antonio Riva |
Chiusura | 2004 (da quell'anno il marchio è di proprietà della Hornby International Ltd.) |
Sede principale | Como |
Gruppo | Hornby Railways |
Settore | Modellismo |
Prodotti | Miniature elettroferroviarie |
Sito web | www.hornbyinternational.com/en/6-rivarossi |
«Noi eravamo artigiani, ma con sistemi produttivi industriali.»
La Rivarossi è stata la prima e, per molti anni, la più famosa ditta costruttrice di modelli ferroviari in Italia.
Sebbene in Europa e negli Stati Uniti d'America esistessero già da molti anni ditte specializzate nello stesso settore, la Rivarossi contribuì decisamente alla separazione definitiva del treno giocattolo dal "modello". Quest'ultimo era ed è caratterizzato da una maggiore attenzione alla riproduzione fedele e in scala dei suoi prototipi.[Nota 1]
Si distinse, inoltre, per originali innovazioni tecnologiche che le permisero, insieme a un'attenzione alla clientela inconsueta nel mondo della produzione di massa, di far nascere un mercato interno per i suoi prodotti e d'inserirsi rapidamente e stabilmente nei più importanti mercati mondiali.[Nota 2]
Storia
[modifica | modifica wikitesto]Le origini
[modifica | modifica wikitesto]La Rivarossi fu fondata il 31 ottobre 1945 come società in accomandita semplice dall'ingegner Alessandro Rossi (Schio, 1921 - Cortina d'Ampezzo, 2010)[2][3][4], discendente dell'imprenditore ottocentesco Alessandro Rossi, che rilevò una fabbrica di commutatori elettrici (Apparecchi Strumenti Aeronautici snc) di cui era già comproprietario il ragionier Antonio Riva (uscito dalla società il 24 ottobre 1946).[5][Nota 3]
Gli inizi furono in un garage di quattro locali adattato ad officina dislocato nel primo e più piccolo cortile di servizio della settecentesca Villa Bassi - Roncaldier di Albese (Como)[6], ma già nel 1947 venne inaugurato lo stabilimento (una palazzina uffici e un capannone doppio), costruito dall'impresa Mario Faverio su terreni di proprietà della madre di Rossi, a Sagnino presso Como[7], che sarà la sede definitiva fino al 2000.
All'inizio volle caratterizzarsi come produttrice di "giocattoli scientifici" oltre che di modelli ferroviari, e nei primi anni produsse anche scatole di costruzioni metalliche ispirate al Meccano.[8]
In Europa contribuì decisamente al passaggio dal treno giocattolo al "modello", con maggiore attenzione alla riproduzione fedele e in scala dei treni.
Fino ad allora le maggiori marche europee, in particolare la Märklin e la Trix[Nota 4], insieme alla Hornby (che produceva anche il Meccano), producevano principalmente treni giocattolo, in latta o fusione di metallo. La scala faceva approssimativamente riferimento alla 00 inglese (1:76), "ma fondamentalmente mancava, da parte di tutti i costruttori, la ricerca della scala esatta" (Giorgio Giuliani).[9][10][11][12][Nota 5]
Successivamente Alessandro Rossi, diventato consulente tecnico del MOROP, promosse la redazione delle norme tecniche unificatrici europee NEM, ispirandosi a quelle statunitensi emanate dalla NMRA che già erano seguite per la produzione della sua ditta destinata a quel mercato.[13][Nota 6]
Nel 1946 venne presentato il primo modello, quello dell'automotrice elettrica E.700 delle Ferrovie Nord Milano[Nota 7], insieme a un primo complesso di binari e componentistica di comando.[14][15] Nello stesso anno la ditta espose alla Fiera Campionaria di Milano il suo primo assortimento con un plastico ferroviario. Un anno dopo il modello di un'automotrice Diesel delle FS segnò l'inizio della transizione dal giocattolo di lusso al modello.[16]
Fin dal 1947 internazionalizzò la produzione affiancando all'assortimento per il mercato italiano quello per il mercato statunitense.[17]
Dai primi anni cinquanta acquisì la rappresentanza esclusiva per l'Italia di alcune delle più importanti ditte straniere produttrici di materiali accessori per il modellismo ferroviario[18]. Nel 1955 iniziarono i lavori di ampliamento della fabbrica con un nuovo capannone a quattro falde nel quale venne insediato il reparto torneria.
Il successo
[modifica | modifica wikitesto]Nel 1957 realizzò un'importante fornitura di materiale rotabile in scala H0 per l'americana Lionel, una delle prime e più importanti ditte del settore e allora la più grande industria di giocattoli al mondo. Lionel produceva solo in scala 0 e per entrare rapidamente nel mercato dell'H0 si affidò alla produzione Rivarossi[19][Nota 8]. In quel periodo il capannone della torneria fu prima ampliato lateralmente e poi rialzato di un piano apponendovi sulla facciata il logo "Rivarossi", infine nel 1961 si eseguì la sopraelevazione della palazzina uffici (in soli cinque mesi e senza mai sospendere l’attività lavorativa al piano sottostante), raggiungendo la situazione edificatoria che sarà quella definitiva e rimarrà tale fino alla cessazione dell’attività nel 2000 e all’abbattimento degli stabili nel 2008.
All'inizio degli anni sessanta, dapprima grazie ad accordi con la tedesca Trix.[20] e poi autonomamente, iniziò la produzione di modelli per i ricchi mercati tedesco e svizzero.[Nota 9]
Nel 1963 la Rivarossi acquisì la quota di Corrado Muratore, uno dei fondatori della Pocher, la quale aveva sviluppate proprie linee produttive nella sua sede di Torino. La produzione di modelli ferroviari già Pocher venne trasferita da Torino a Como nel 1965-1966. L'uscita di Arnaldo Pocher dalla ditta da lui fondata (1968) e l'incendio dello stabilimento torinese (1972), con altri eventi, condussero l'ormai Divisione Pocher all'abbandono della produzione di modelli ferroviari.[21]
Nel 1968 iniziò la produzione dei modelli in scala N (1:160), dapprima in collaborazione con l'americana ATLAS[22], poi autonomamente fino al 1993, quindi insieme alla Lima e dal 1996 anche con l'Arnold Rapido.
Nel 1969 aggiunse alla produzione nella scala H0 quella nella scala 0 (1:45), che continuò fino al 1988.
Dopo avere ricevuto per tre volte il premio Pinocchio d'oro (nel 1962 per la serie di modelli in scatola di montaggio TrenHObby, nel 1963 per il Sistema Tramway e nel 1964 per la serie di modelli verniciati a imitazione dell'ottone Modello HO Oro[23]), all'inizio degli anni settanta la sua produzione, giudicata favorevolmente e premiata dalla stampa tecnica e dalle associazioni di appassionati straniere, aveva ormai una forte e radicata presenza nei principali mercati mondiali.
Verso il 1970 aveva circa 300 dipendenti oltre a circa 600 collaboratori esterni, tra cui gli stampisti.[24][25][26] In quegli anni la dirigenza considerò la possibilità di delocalizzare la produzione (a Hong Kong), ma l'esito dei controlli di qualità eseguiti su alcuni lotti di provini[Nota 10] e considerazioni di opportunità nel rapporto coi dipendenti anche dell'indotto indussero a mantenere la produzione in Italia.[9][27][Nota 11]
Le crisi
[modifica | modifica wikitesto]Dopo avere superate con successo alcune crisi industriali, specialmente nel 1974[Nota 12] e nel 1981, quest'ultima causata dal fallimento dell'AHM (grazie a essa all'epoca il mercato statunitense assorbiva gli otto decimi della produzione[28]), Alessandro Rossi nel 1984 lasciò le cariche sociali. Subentrò una nuova proprietà (Rivarossi Nuova Gestione), presieduta da Giorgio Dalla Costa, industriale proveniente dal settore farmaceutico che portò in azienda nuovi capitali, coll'ingegner Alessandro Rossi junior (cugino del fondatore) quale amministratore delegato e direttore tecnico (dal 1984 al 1990), e poi vicepresidente (dal 1991 al 2000).[29]
Mentre i mutati gusti dei consumatori più giovani[Nota 13] e l'evoluzione del fermodellismo inducevano la dirigenza aziendale ad abbandonare le linee produttive destinate ai principianti (come le confezioni d'avvio) e al fermodellista costruttore di modelli e di plastici[Nota 14], e a indirizzarsi ai collezionisti[Nota 15], nel 1990 cambiò nuovamente l'assetto societario ed iniziò una fase di acquisizioni di ditte concorrenti: nel 1992 viene acquisita la Lima[30][Nota 16], a cui seguirono la tedesca Arnold e la francese Jouef.[31]
Ritiratisi il Dalla Costa e gli altri dirigenti del primo periodo "post-Rossi", nel 2000 si ebbe un nuovo assetto societario: con una curiosa alchimia finanziaria venne costituita la Lima SpA con sede a Brescia, e la Rivarossi divenne ora una divisione della ditta che otto anni prima aveva acquisito. Furono chiusi lo storico stabilimento di Como (in località Sagnino) e quelli di Champagnole (Jouef) e Muhlhausen (Arnold), e la produzione viene concentrata nello stabilimento Lima a Isola Vicentina.[31][32]
La fine
[modifica | modifica wikitesto]Dopo alcuni anni di convulse vicissitudini gestionali e finanziarie[33][34][35] e nonostante un tentativo di salvataggio in extremis da parte di una cordata d'imprenditori vicentini, sostenuta anche da ex dirigenti e dipendenti della Lima e della Rivarossi[36][Nota 17][37], nel settembre 2004 il gruppo cessò le attività e venne successivamente acquisito per otto milioni di euro dall'inglese Hornby (altra storica marca del settore), che da allora continua a produrre col marchio Rivarossi ma in Cina. Il comunicato di Hornby relativo all'acquisizione del Gruppo Lima comprendente i marchi Rivarossi, Lima, Jouef, Arnold, Pocher è del 16 dicembre 2004.[38]
La sede di Como ospitava una vastissima raccolta di modelli costruiti dalle principali ditte del settore italiane e straniere. Dopo la chiusura dello stabilimento essa fu trasferita prima a Vicenza e poi presso la sede della Hornby nel Regno Unito, che espose al pubblico pochi pezzi nel proprio museo.[39][40] La restante maggior parte di essa, smentendo varie assicurazioni date agli ambienti fermodellistici italiani e nonostante le loro proteste, dalla stessa Hornby inglese fu venduta a operatori commerciali e da questi a collezionisti privati.[41][42]
Da interviste al personale pubblicate dalla stampa specializzata e d'informazione si sa che gli archivi interni sarebbero stati, almeno in parte, distrutti.[31]
Nei mesi di aprile e maggio 2008 lo storico stabilimento di Sagnino, in via Pio XI (già via della Conciliazione), fu demolito per fare spazio a nuovi edifici di abitazioni e locali commerciali.[31] Costruito nel 1947 dall'Impresa Mario Faverio di Como con carpenteria metallica realizzata dall'Antonio Badoni di Lecco, era in disuso dall'anno 2000.
Il Comune di Como ha fatto propria una proposta d'intitolare al fondatore dell'azienda il piazzale prospiciente l'area dove sorgeva lo stabilimento,[43] in cui, il 3 marzo 2013, è stato scoperto un monumento dedicato a lui e all'azienda.[44]
Nel 2012 è stata diffusa la proposta di costituire, a Como o nella sua area territoriale, un museo-centro di documentazione dell'attività e della produzione della Rivarossi.[45]
Rapporto con la clientela
[modifica | modifica wikitesto]H0 Rivarossi
[modifica | modifica wikitesto]Come altre aziende del settore, tra il 1954 e il 1967 pubblicò una rivista bimestrale, HO Rivarossi, dedicata alla promozione del modellismo ferroviario e alla divulgazione della storia e della tecnologia delle ferrovie reali[Nota 18], e perciò con obiettivi più ampi di quelli di un normale periodico aziendale.[46][47][48] Essa aveva "seimila lettori".[49]
Negli ultimi tre anni la rivista fu inserita, come supplemento interno, nella rivista Italmodel Ferrovie[50], fondata, diretta ed edita dal 1951 al 1974 dal pioniere del fermodellismo italiano Italo Briano (Savona, 1901 - Milano, 1985)[51][52], fondatore e primo presidente della Federazione italiana modellisti ferroviari e amici della ferrovia (di essa Alessandro Rossi, socio della prima ora[53], fu anche consulente tecnico e vicepresidente[54]) e della federazione MOROP (acronimo di Verband der Modelleisenbahner und Eisenbahnfreunde Europas/Union Européenne des Modélistes Ferroviaires et des Amis des Chemin de Fer).[55]
I collaboratori
[modifica | modifica wikitesto]Tra i collaboratori di HO Rivarossi va citato Zeta-Zeta, pseudonimo dell'ingegner Bruno Bonazzelli (Loreto 1895-Milano 1984)[56], ispettore del Servizio Impianti elettrici e segnalamento delle FS e tra l'altro ricostruttore dell'Officina Apparati Centrali di Milano dove lavorò Achille Cardani, promotore del Museo ferroviario di Roma (inaugurato nel 1954)[57][58] e poi, con altri, della Sezione ferroviaria del Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci e del Museo nazionale ferroviario di Pietrarsa, che pubblicò ampi articoli sulla storia della trazione a vapore e della trazione elettrica in Italia e in Europa, e una nutrita serie di schede tecniche sulle locomotive a vapore delle FS.
Un altro collaboratore molto attivo era ACu, acronimo di Aldo Cuneo, nato a Genova, ragioniere, rappresentante commerciale per la Liguria e collaboratore della rivista Italmodel ferrovie[59][60], che non esitò, in nome del crescente realismo propugnato dalla Rivarossi[61], ad assumere posizioni autonome rispetto a quelle assunte dal Briano negli anni cinquanta.[62][63][Nota 19]
Sintomatico il caso di Silvano Bevini, (Modena, 1930-Modena, 2016), perito industriale e appassionato modellista che aveva presentato in HO Rivarossi molte sue realizzazioni, e che fu assunto dalla stessa Rivarossi divenendo uno dei componenti della direzione dell'Ufficio tecnico.[64][65]
La parte grafica della rivista era curata da Amleto Dalla Costa[66], presso il cui studio lavorava anche Giorgio Mizzi (Milano, 1940-Buxtehude, 2008), autore dal 1962 al 1971 delle tavole di copertina dei cataloghi generali di vendita.[67] I testi dei cataloghi, all'origine e per molti anni scritti personalmente da Alessandro Rossi, a partire dagli anni Settanta furono in gran parte stesi da Silvano Bevini.[65]
Formare gli appassionati
[modifica | modifica wikitesto]L'attenzione alla clientela non limitata alla garanzia e al post-vendita, espletata tanto dai tecnici della sede centrale quanto dalla rete commerciale e dai riparatori[Nota 20] insieme ai dettaglianti (spesso essi stessi appassionati, come i citati Aldo Cuneo e Domenico Tromby), oltre che tramite la rivista HO Rivarossi, aveva caratteri innovativi per il mondo industriale italiano dell'epoca.[68][69]
In un'epoca in cui la cultura elettrotecnica del fermodellista italiano medio non era molto elevata, anche a causa della bassa scolarità, fu fatta divulgazione non banale sulla componentistica e sugli schemi elettrici.[70][71]
Un punto di forza delle politiche aziendali fu la vendita al pubblico di tutte le parti di ricambio[Nota 21], descritte in appositi cataloghi anch'essi offerti in vendita. Generazioni di fermodellisti hanno iniziato a costruire modelli assenti dal mercato grazie a quella disponibilità[Nota 22], e HO Rivarossi promuoveva la loro attività con le sue rubriche "Diamoci da fare" e "I nostri lettori all'opera".[72] Nel panorama fermodellistico internazionale questa politica aziendale aveva pochi precedenti.[73][74]
Innovazioni
[modifica | modifica wikitesto]I brevetti
[modifica | modifica wikitesto]Durante la sua attività, la Rivarossi ha introdotto diverse innovazioni, alcune delle quali brevettate, poi seguite anche dalle principali industrie di modellismo italiane e straniere. Si possono citare le principali:[75][76][77][78]
- 1946: utilizzo di materiali plastici per le carrozzerie e altre parti dei modelli. Precedentemente tutti i costruttori utilizzavano il metallo, con la pressofusione o il lamierino tranciato.[79]
- 1947: introduzione, fra le prime ditte in Europa e nel Mondo, del sistema in corrente continua a due rotaie[80][81][82] (dal 1947 al 1955 tutti i modelli, i binari e la componentistica vennero prodotti anche per il sistema a corrente alternata a tre rotaie[83], data la presenza sul mercato delle produzioni Märklin che utilizzavano il sistema con binario a tre rotaie alimentato a corrente alternata.)
- 1947-1950: brevetto di un gancio telecomandabile (poi non entrato in produzione[Nota 23]).
- 1951-1958: brevetto per l'utilizzo di micromolle per i carrelli.
- 1951-1958: brevetto dei soffietti di intercomunicazione in gomma.
- 1956-1960: brevetto di un sistema di blocco automatico con controllo dei segnali.
- 1956-1960: brevetto di assi con punte coniche e sedi di rotazione coniche.
- 1966-1970: brevetto di diffusore in plastica trasparente per l'illuminazione interna delle carrozze.
- 1966-1970: brevetto di trasmissione del moto a tutti gli assi, azionata da un solo motore, per i modelli di locomotive articolate.
- 1971-1975: brevetto di un dispositivo elettronico per la generazione dei suoni delle locomotive.
- 1976-1980: brevetto di un dispositivo elettronico per l'illuminazione interna dei modelli con intensità costante.
- 1976-1980: brevetto di un dispositivo per la generazione elettronica dei suoni delle locomotive caratterizzati per tipo.
- 1981-1985: brevetto della carenatura mobile dei carrelli, che ne consente l'inscrizione anche in curve di raggio minimo senza semplificazioni della riproduzione.
- 1986-1990: brevetto del S-Drive: nuovo tipo di trasmissione del moto, alternativa alla vite senza fine e con generazione dell'inerzia di frenatura (alternativa alla trasmissione con volano).
Va citato fra le innovazioni anche il gancio, studiato dall'azienda per non dovere pagare i diritti di brevetto ad altre ditte, che negli anni Sessanta fu perfezionato per consentire un maggiore realismo delle manovre.[84][85]
Innovazioni non commercializzate
[modifica | modifica wikitesto]Vanno citati anche gli studi, stimolati dalla presenza sul mercato di analoghi dispositivi di altre ditte europee[Nota 24] e statunitensi e datati al 1962 circa, di dispositivi pneumatici ad azionamento meccanico che avrebbero consentito l'emissione del fumo dal camino delle locomotive a vapore sincronizzandola con la velocità e generando quindi una riproduzione realistica dei "colpi di scappamento".[86][87][88][89]
Produzione
[modifica | modifica wikitesto]Un cinquantennio di produzione
[modifica | modifica wikitesto]Il catalogo storico ufficiale del cinquantenario elenca 3568 locomotive, carri e carrozze in H0, 712 in N e 139 in 0.[76][90][91]
Fin dal 1947, oltre alle linee produttive di modelli alimentati a corrente continua per il sistema a due rotaie vengono prodotti anche modelli per il sistema a corrente alternata a tre rotaie introdotto e diffuso dalla Märklin.[92][93][Nota 25]
Inoltre, fin dal 1948, vengono prodotti modelli semplificati di prezzo più accessibile al consumatore medio, con l'obiettivo di allargare il mercato.[Nota 26] Apparsi in varie "serie" ("Standard 48", ""rr", "Junior") sono rimaste in catalogo fino agli anni Novanta, quando i mutati gusti dei consumatori più giovani e l'evoluzione del fermodellismo indussero la dirigenza aziendale a concentrarsi solo su prodotti di "fascia alta", destinati a un mercato via via più esigente e che tendeva ad abbandonare il fermodellismo per il collezionismo statico.[94][95][Nota 27]
Fin dall'inizio offrirà molti prodotti in scatola di montaggio, a prezzi più bassi di quelli dei modelli già montati.[Nota 28] Dal 1962 tale linea confluirà in una "serie" avente una sua caratterizzazione d'immagine, che scomparirà solo negli anni Novanta.[96][Nota 29]
Il mercato italiano
[modifica | modifica wikitesto]Tra i modelli significativi prodotti per il mercato italiano si possono ricordare quello dell'835, prodotta dal 1954 al 1965 e prima riproduzione realistica[Nota 30] di una locomotiva a vapore FS[97][98][99][100][Nota 31]; quello della E.626 FS, prodotta dal 1948 al 1955, con una ripresa "per collezionisti" nel 1959-1960[101][102][103][104][Nota 32]; le varie versioni del modello della E.424 FS, prodotte dal 1952[Nota 33] senza interruzione e con continui miglioramenti[105][106][107]; e quelli delle E.428 FS, la cui riproduzione della prima serie (E.428.001-096), entrata in produzione nel 1966, sosteneva ancora egregiamente il giudizio tecnico nel 1982.[108][109][Nota 34]
Il mercato statunitense
[modifica | modifica wikitesto]Il mercato statunitense apprezzò molto i modelli delle gigantesche locomotive a vapore articolate come la Big Boy dell'Union Pacific Railroad, in produzione dal 1967, mai uscita dal catalogo e prodotta in quasi un milione di esemplari[9][26][111], e H-8 Allegheny della Chesapeake & Ohio, che era stata scelta dall'autorevole rivista statunitense Model railroader quale miglior "Locomotiva dell'anno 2001" e miglior "Prodotto del settore fermodellistico dell'anno 2001".[Nota 35][112][113][Nota 36] Da ricordare anche i primi modelli di locomotive a vapore statunitensi: la 0-4-0T Dockside tipo C16 Baltimore & Ohio[114][115], prodotta dal 1948 al 1977 e venduta in "decine di migliaia" di unità per i mercati italiano e statunitense[114][116][117], l'"Atlantic" della Southern Pacific[118] dalla cui "italianizzazione" fu ricavata la prima locomotiva a vapore italiana[119] e la macchina del treno Hiawatha, classe A della Milwaukee Road, che sul mercato dell'antiquariato raggiunse quotazioni eccezionali.[120][121]
Il mercato tedesco
[modifica | modifica wikitesto]Una volta cessata la collaborazione con la Trix la Rivarossi iniziò autonomamente a sviluppare progetti per il mercato tedesco.
Tra le locomotive a vapore tedesche spiccano le articolate Gt 2x4/4 poi BR 96[122] e BR 98[123][124], la BR 77¹ giudicata "la migliore tra le locomotive a vapore da essa costruite"[125] e la BR 59.[126]
Tra le locomotive elettriche si cita il modello della DB 118 (già E 18), che nonostante la sua età nel 1993 sosteneva ancora bene il confronto con analoghi modelli di produzione Märklin e Roco.[127]
Modelli di prestigio
[modifica | modifica wikitesto]Da segnalare la serie "Modello H0 Oro" costituita da modelli di locomotive e carrozze scelte fra i più significativi e placcati a imitazione dell'ottone.[128]
Notevoli i modelli di carrozze dei tipi costruttivi della prima metà del Novecento della Compagnie Internationale des Wagons-Lits.[129]
Alla fine degli anni Settanta fu avviata una linea produttiva in scala 0, denominata "Capolavori 0", di modelli prodotti completamente a mano.[130]
Collaborazioni con altre ditte straniere
[modifica | modifica wikitesto]Accordi commerciali con varie ditte, tra cui quello con la tedesca Trix in base al quale la ditta tedesca commercializzò molti prodotti di quella italiana e viceversa, inserendoli nei rispettivi cataloghi, permisero all'azienda di penetrare in mercati "difficili" come quello tedesco.[131]
Fin dall'inizio la Rivarossi assunse il ruolo di importatrice per l'Italia dei prodotti di ditte specializzate, dapprima nella produzione e vendita di giocattoli generici e poi solo di prodotti per il modellismo, non solo ferroviario. Tali prodotti, per circa un ventennio, furono descritti in appositi cataloghi. Poi si ritenne sufficiente offrire direttamente i cataloghi di vendita originali.[132]
Tale linea commerciale rispondeva alla necessità, molto sentita da parte degli acquirenti italiani, di disporre di prodotti per la costruzione di plastici e di diorami, e fu seguita, tra gli altri, dal pioniere italiano del settore Italo Briano coi suoi marchi Modelprodotti e Modelcarta
Binari, accessori e componentistica
[modifica | modifica wikitesto]Interessante anche la produzione di accessori, iniziata fin dal 1947.[Nota 37] Spiccano il sistema dei binari e deviatoi, attentamente progettato e ingegnerizzato[Nota 38], le riproduzioni di vere stazioni e di veri fabbricati d'esercizio delle FS[133][134][135] e di semafori ad ala e fissi, collegati ai sistemi di comando della circolazione dei convogli.[136]. Anche questi componenti furono brevettati.[70]
Rivarossi e Pocher
[modifica | modifica wikitesto]Rivarossi diventò socia di minoranza nel 1963 e proprietaria nel 1974 della Pocher, altra importante ditta italiana del settore[137][138], inserendo così nel proprio catalogo la sua produzione di modelli ferroviari[139] e commercializzando la sua prestigiosa produzione di autovetture in scala 1:8, giudicate dalla stampa specializzata ai vertici del modellismo mondiale.[140]
Tra i modelli realizzati dalla Pocher a Torino nel 1963 su richiesta della Rivarossi (nella persona dell'ingegner Brunner) si cita quello della locomotiva Bayard, eseguito in 875 pezzi e probabilmente "il primo modello di serie in Europa costruito in tutto ottone".[141][Nota 39]
Un caso speciale è quello dal modello dell'elettrotreno FS ALe 803, progettato dalla Pocher e presentato come novità nel 1965, quando già la ditta torinese era diventata una divisione di quella comasca, che fu l'unico modello di elettrotreno italiano prodotto dalla Rivarossi durante la direzione aziendale di Alessandro Rossi (nel 1997, durante la "nuova gestione", fu prodotto il modello dell'elettrotreno FS ETR.200).[142][143]
Le scelte aziendali della Pocher, dipendenti dall'origine come orafo del suo fondatore, si caratterizzarono dapprima come tipiche dell'alto artigianato e solo dal 1963 circa, dopo l'ingresso nella proprietà della Rivarossi, cominciarono a orientarsi verso la produzione di massa.[144]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Il fermodellismo si distingue dal collezionismo di modelli. Esso si concentra sulla costruzione di impianti ferroviari in miniatura funzionanti a imitazione delle ferrovie reali e di riproduzioni in scala e funzionanti dei veicoli ferroviari.
- ^ "Rivarossi ha fatto nascere il fermodellismo di stile italiano, in un'epoca in cui l'unica offerta del mercato erano i giocattoli; lo ha sostenuto commercialmente, accompagnandolo con un'attività editoriale in cui spicca la rivista H0 Rivarossi, che molti ricordano ancora oggi con simpatia; gli ha dato l'impronta tecnica diffondendo la scala H0, la corrente continua, il binario finalmente a due rotaie, l'uso della plastica per ottenere riproduzioni sempre più raffinate." Cfr. 50 anni di Rivarossi, in I treni, 16 (1995), n. 156, p. 52.
- ^ La società era stata fondata nel febbraio 1943 da Alberto Lanza, Giuseppe Lampugnani e Antonio Riva con l'obiettivo di produrre strumenti di misura per l'Aeronautica militare italiana e anche dispositivi meccanici di precisione. Il precipitare degli eventi bellici e la sconfitta militare spinsero la dirigenza aziendale a iniziare la produzione di commutatori per elettrodomestici, che venivano venduti alla Ignis. Vennero comunque mantenute alcune linee di produzione di oggetti meccanici di precisione, tra cui supporti per macchine fotografiche e moschettoni per paracadute. Giuliani 2011, p. 32.
- ^ Che rappresentarono i riferimenti tecnologici di Alessandro Rossi e collaboratori per l'impostazione iniziale dell'attività progettuale. Cfr. Giuliani 2007, p. 49.
- ^ Tra i produttori stranieri che prima della Rivarossi avevano dovuto affrontare il problema del passaggio da una scala imprecisa alla vera HO si citano Fleischmann, Trix e Märklin. Cfr. Rivarossi oggi e domani, in I treni oggi, 4 (1983), n. 26, p. 34.
- ^ La scala "circa 1:80" per i modelli di tipo italiano, mantenuta fino agli anni ottanta, fu causa di polemiche tra la Rivarossi e la stampa specializzata, specialmente con la rivista Italmodel ferrovie durante la direzione di Enrico Milan, subentrato nel 1975 a Italo Briano: cfr. Cosa non abbiamo visto a Milano, in Italmodel ferrovie, 29 (1979), n. 224, pp. 59-61, Enrico Milan, Corrado Muratore, Una lettera all'Editore: la verità che scotta, in Italmodel ferrovie, 29 (1979), n. 229, pp. 66-68; articolo digitalizzato con commento di Giorgio Giuliani. Cfr. anche gli editoriali Rivarossi oggi e domani, in I treni oggi, 4 (1983), n. 26, p. 34 e em (Erminio Mascherpa), Che cosa ci aspettiamo dalla nuova Rivarossi, in I treni oggi, 5 (1984), n. 45, p. 35. Le lettere di lettori (Il problema dell"italiano", in I treni oggi, 2 [1981], n. 10, p. 34), le testimonianze di altri negozianti (Domenico Tromby, Dieci anni di modellismo, in I treni oggi, 11 [1990], n. 100, pp. 104-105), le recensioni dei modelli (Prove e misure e Prove e confronti nelle riviste Italmodel ferrovie e I treni oggi, poi I treni: cfr. Erminio Mascherpa, Dieci anni di Prove e misure, in I treni oggi, 11 [1990], n. 100, pp. 110-111) e il successo di vendita dei modelli di tipo italiano in scala esatta, prodotti dalla Roco, dalla Lima e da altre ditte, dimostrano la fondatezza di quelle critiche
- ^ Che prestava servizio sulla linea Saronno-Como
- ^ In quegli anni la rapida espansione del mercato indusse la dirigenza della Rivarossi, grazie ai rapporti con la statunitense Athearn, a produrre, in parte con semilavorati forniti da quella ditta, diversi tipi di carrozze viaggiatori e di carri merce destinati a quel mercato, che servirono a saggiarne le potenzialità: cfr. per le carrozze [1] e per i carri [2].
- ^ A quell'epoca la concorrenza con le altre imprese, e specialmente con la Fleischmann, era tanto agguerrita da spingere quest'ultima a produrre dei modelli delle locomotive FS 685 ed E.428 con l'evidente intenzione di penetrare nel mercato italiano, così come stava cercando di fare con altri mercati europei. Cfr. Spy Stories - Rivarossi Vs Fleischmann. La ditta tedesca tentò d'inserirsi nel mercato italiano anche offrendo i modelli citati a prezzi inferiori di quelli dei modelli corrispondenti prodotti dalla Rivarossi, ma la migliore qualità di questi ultimi permise all'azienda italiana di vincere la sfida. Cfr. I prezzi dei modelli, in I treni oggi, 13 (1992), n. 130, pp. 52-56; Giuliani, Rivarossi, op. cit., p. 52.
- ^ La velocità di rotazione dei motori non era uniforme, come era stato chiesto dal capitolato, giacché le variazioni di velocità dei modelli erano proporzionate a quelle dei prototipi e affidate ai differenti rapporti di trasmissione. Cfr. L740/L280
- ^ La considerazione di Rossi per i suoi collaboratori e dipendenti è ricordata anche da personalità esterne all'azienda: [3].
- ^ Causata da un incendio sviluppatosi nello stabilimento: cfr. Intervista con Alessandro Rossi, in Vois ferrées edizione italiana, 1 (1982), n. 1.
- ^ Fino all'inizio degli anni Settanta la costruzione di un plastico era il sogno di moltissimi ragazzi. Cfr. Massimo Cecchetti, RRagazzi RRivarossi.
- ^ L'ultimo catalogo generale di vendita in cui apparvero le linee dei binari e degli accessori montati, oltre alla linea TrenHObby, è quello del 1990: Catalogo generale di vendita 1990, Como, Rivarossi, 1990 (binari: pp. 79-81; accessori montati: pp. 82-83; serie TrenHObby: pp. 73-76). Nel catalogo del 1992 l'offerta s'era ridotta solo a quella della piattaforma girevole e della scatola di montaggio della rimessa per locomotive idonea al montaggio con la piattaforma: Catalogo generale di vendita 1992, Como, Rivarossi, 1992, p. 122. Poi, fino al 1999, le linee dei binari e degli accessori preesistenti continuarono a essere disponibili solo nei cataloghi Lima e Jouef (Pergine: mai stata Lima?). Dal 1999 fino al 2004 il sistema dei binari, completamente riprogettato presso la Lima in armonia dichiarata con gli standard attuali (norma NEM 112) e presentato nel suo catalogo del 1997-1998 (Catalogo generale di vendita 1997-1998, Isola Vicentina, Lima, 1997, pp. 174-180), riapparve anche nel catalogo Rivarossi (Catalogo generale di vendita 1999, Como, Rivarossi, 1999, pp. 111-121). Va precisato che la pratica del fermodellismo già da anni vedeva, grazie alla diffusa adesione da parte delle ditte alle norme di unificazione internazionali (NEM, NMRA e altre), l'uso di materiali d'armamento e di comando e controllo di provenienza eterogenea.
- ^ Sintomatico il caso del modello della locomotiva FS A.691.026, prodotta in soli 600 esemplari numerati e offerta a un prezzo molto maggiore della media. Cfr. Prove e misure. Locomotiva FS A.691. Rivarossi H0, in I treni oggi, 6 (1985), n. 54, pp. 46-49.
- ^ La Lima era all'epoca la più grande industria del settore del mondo. Già nel 1980 il suo catalogo generale internazionale comprendeva 1147 articoli nelle scale N, H0, 00 e 00. Cfr. Gian Guido Turchi, Quadruplicati i modelli Lima disponibili in Italia, in I treni oggi, 1 (1980), n. 3, pp. 38-40.
- ^ Alcuni dei dirigenti e dipendenti già del Gruppo Lima hanno poi dato vita a nuove aziende del settore tra cui la ViTrains. Cfr. ViTrains: storia Archiviato il 13 febbraio 2013 in Internet Archive.
- ^ Fino al 1960 circa l'impegno nella divulgazione da parte delle Ferrovie dello Stato, delle altre aziende ferroviarie e delle industrie costruttrici e manutentrici del settore fu episodico o assente.
- ^ Va sottolineato, comunque, che i rapporti fra Italo Briano e la Rivarossi furono sempre cordiali e fecondi. Ne è un esempio l'opuscolo 20 plastici Rivarossi, edito dalla casa editrice del Briano fra il 1962 e il 1964 con testo anonimo ma riconoscibilmente suo, che ripubblicò le descrizioni dei plastici costruiti dai tecnici aziendali già presentate in H0 Rivarossi: 20 Plastici Rivarossi - Edizioni Briano.
- ^ Formati in appositi corsi: cfr. Giorgio Giuliani, Corso riparatori 1960.
- ^ I cataloghi di vendita comprendevano anche gli elementi costitutivi degli alimentatori, dei binari e degli scambi: [4][5][6]
- ^ Alessandro Rossi voleva garantire la possibilità di costruire integralmente le locomotive partendo dai ricambi, possibilità sfruttata dai dettaglianti per offrire ai collezionisti modelli ormai fuori catalogo. Cfr. [7].
- ^ L'idea fu ripresa all'inizio degli anni Sessanta (Catalogo novità 1962, Como, Rivarossi, 1962, p. 11), in concomitanza con lo sviluppo dei progetti dei nuovi ganci "con presganciatore" e dello "sganciatore elettromagnetico", entrati effettivamente in produzione nel 1965 (Catalogo di vendita 1965-66, Como, Rivarossi, 1965, p. 44-45).
- ^ I cataloghi di vendita del 1950 presentavano due locomotive dotate di dispositivi per l'emissione continua del fumo, analoghi a quelli della ditta tedesca Seuthe: cfr. Il fumo delle vaporiere
- ^ Il modello della locomotiva FS E.424 prodotto dal 1962 per il sistema a tre rotaie a corrente alternata fu una risposta commerciale all'analogo modello della Märklin, che era entrato in produzione nel 1960. Cfr. Catalogo generale di vendita 1962-63, Como, Rivarossi, 1962, p. 15 [8], Luigi Voltan, Benedetto Sabatini, E 424 in scala, avanti tutti, in Tutto treno, 17 (2006), n. 199, p. 66, Giorgio Stagni, Le tradizionali locomotive Märklin: come sono fatte [9].
- ^ I prezzi al pubblico sono desumibili dai listini e dai cataloghi: cfr. Listini prezzi.
- ^ La Lima, che baserà il suo successo commerciale sulla grande economicità dei suoi modelli, fatto che la porterà a essere la più grande ditta produttrice del mondo, inizierà la produzione nel 1958.
- ^ Nel 1962 il modello da montare della locomotiva a vapore FS 740 costava 7.600 lire contro le 11.500 lire del modello montato. Cfr. Catalogo generale di vendita 1962-63, Como, Rivarossi, 1962, pp. 9 e 55 [10].
- ^ Il Catalogo generale di vendita 1990, Como, Rivarossi, 1990, alle pp. 73-76 presenta i modelli della Serie TrenHObby, con una drastica riduzione dell'offerta rispetto ai cataloghi precedenti pur in presenza di alcune novità. Cfr. [11].
- ^ Fu preceduta, dal 1950, da una riproduzione in scala HO della 691 FS prodotta in collaborazione con la ditta Cos.Mo. di Milano, e da una riproduzione in scala O della 685 FS (fonte: Rivarossi, Catalogo generale di vendita 1950, Como, Rivarossi, 1949, pp. 6 B, 10 B, 10 R, 15 R, 5 V). A esse fece seguito, dal 1952, l'"italianizzazione", in scala HO, del modello di una locomotiva della Southern Pacific (fonte: Rivarossi,Catalogo generale di vendita 1952, Como, Rivarossi, 1951, pp. 10 B, 12 R).
- ^ Nel primo fascicolo di H0 Rivarossi, datato aprile 1954, il disegno tecnico che a partire dal primo numero occupò le pagine centrali (in questo caso le pp. 8-9) è quello del modello della 835 di cui si annunciava prossima la distribuzione ai negozi quale novità dell'anno, tanto montata quanto in scatola di montaggio.
- ^ Nel 1980 l'immissione sul mercato da parte della Roco di un modello di quella macchina completamente nuovo, in scala HO esatta e ai livelli qualitativi correnti determinò l'inizio del periodo "contemporaneo" del fermodellismo in Italia: cfr. Benedetto Sabatini, Luigi Voltan, Rivoluzione dopo rivoluzione. Le E 626 nel modellismo, in Tutto treno, 17 (2005), n. 188, pp. 62-71. Il primo modello italiano Rivarossi in scala esatta fu quello della locomotiva FS E.321 e rimorchio E.322: cfr. Prove e misure. Locomotive FS E.321 ed E.322, in I treni oggi, 7 (1986), n. 63, p. 48-51; Locomotive elettriche FS E.321 ed E.322
- ^ Vari elementi dimostrano che i prototipi, eseguiti in metallo e non in plastica e forse commercializzati, risalirebbero al 1950. Cfr. Andrea Ferruccio Ferrari, Prototipo E.424 Rivarossi (PDF), su rivarossi-memory.it. URL consultato il 1º marzo 2023 (archiviato dall'url originale il 6 aprile 2016).
- ^ Negli anni Sessanta una ditta veneta, Favero, produsse un modello delle macchine di terza serie (E.428.123-203) con parti meccaniche ed elettriche di propria ideazione ma cassa riproducente quella della Rivarossi, anche negli errori. La Rivarossi intentò causa per violazione della proprietà industriale e la vinse: Treni Favero H0
- ^ Il prototipo del modello era stato scelto come risposta aziendale alle sfide di altre aziende straniere che, profittando della crisi della Rivarossi, avevano iniziato a produrre modelli delle grandi locomotive a vapore statunitensi da anni cavalli di battaglia della ditta lombarda (Y3 di LifeLike/Roco, Big Boy di Märklin). Cfr. Rivarossi ultima ora!, in Tutto treno, 13 (2001), n. 139, p. 40.
- ^ In quello stesso anno la ditta fu premiata anche dalla Federazione italiana modellisti ferroviari e amici della ferrovia per il modello della locomotiva FS E.402 B, e dalla rivista olandese Rail hobby per quello della locomotiva NS mDDM. Cfr. Insieme per crescere. Il nuovo Gruppo fermodellistico italiano della LIMA S.p.A., in Mondo ferroviario, 17 (2002), n. 192, pp. 46.
- ^ Dal 1950 in poi gli accessori, ma non i binari e la componentistica elettrica, erano inseriti nella "Serie Gialla". Cfr. Antonio Gamboni, Rivarossi Serie Gialla (1950-1958) Archiviato il 23 dicembre 2011 in Internet Archive..
- ^ Presentando i nuovi deviatoi in curva e "inglese semplice" si sottolineò lo sforzo di progettazione posto alla loro base, in sintonia col diffuso prestigio di cui godeva l'innovazione tecnologica negli anni Sessanta Catalogo generale di vendita 1966-67, Como, Rivarossi, 1966, p. 6-9
- ^ Nel 1995 la Rivarossi, in collaborazione con la ditta romana MFAL, produsse un nuovo modello della Bayard. Cfr. Pietro Merlo, Pierluigi Zanferli, Novegro 95, in Bollettino FIMF, 34 (1995), n. 206: [12] Archiviato il 14 marzo 2016 in Internet Archive..
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- Giorgio Giuliani, Rivarossi, due parole con il fondatore, in Tutto treno, vol. 20, n. 208, 2007, pp. 48-55.
- Giorgio Giuliani, I treni Rivarossi. La storia della Rivarossi narrata dai protagonisti, Roma, Ilmiolibro, 2011, ISBN 978-88-91008-28-2.
- Giorgio Giuliani, Rivarossi. I treni, la storia, i protagonisti attraverso sessant’anni di storia di modelli ferroviari, Cermenate, New Press Edizioni, 2018, ISBN 978-88-9356-060-3.
- Michele Lomolino, Catalogo guida al modellismo ferroviario di Arnaldo Pocher, prefazione di Arnaldo Pocher, Palermo, Edizioni ML, 1984.
- Renzo Perret, Intervista con Alessandro Rossi, in Vois ferrées edizione italiana, vol. 1, n. 1, 1982.
- Rivarossi, 50 anni di modellismo ferroviario, Como, Rivarossi, 1995.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Modellismo ferroviario
- Federazione italiana modellisti ferroviari e amici della ferrovia
- Pocher
- Lima (azienda)
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Rivarossi
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Sito ufficiale, su hornbyinternational.com.
- Rivarossi Memory: sito amatoriale sulla storia della Rivarossi con documentazione fotografica della produzione, digitalizzazione delle pubblicazioni e forum
- Museo Virtuale Rivarossi: sito amatoriale che propone un piccolissimo Museo Virtuale Rivarossi