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Raggio di Schwarzschild

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In fisica e astronomia, il raggio di Schwarzschild o raggio gravitazionale è un raggio caratteristico associato a ogni massa. È definito[1][2] da

con massa del corpo, costante di gravitazione universale e velocità della luce nel vuoto.

Prende il nome dall'astronomo tedesco Karl Schwarzschild, che nel 1916 calcolò la soluzione esatta delle equazioni della relatività generale di Einstein nel caso particolare di una massa sferica non rotante e priva di carica elettrica. Il termine è utilizzato soprattutto nei campi della teoria della gravitazione e della relatività generale, per designare la distanza - che coincide con l'orizzonte degli eventi - dal centro di un buco nero di Schwarzschild (di massa sferica, non rotante e privo di carica elettrica).

Il raggio di Schwarzschild è proporzionale alla massa del corpo: il Sole ha un raggio di Schwarzschild di circa 3 km mentre quello della Terra misura 8,87 mm. Altri esempi di valori che assume il raggio di Schwarzschild sono indicati nella seguente tabella:

Oggetto Raggio di Schwarzschild (m) Densità corrispondente (g/cm3)
Via Lattea (~ a.l.)
Sole
Terra
Sagittarius A* (SMBH)
Andromeda (SMBH)
NGC 4889 (SMBH)

La sfera avente questo raggio è una superficie apparentemente singolare, ovvero su essa le coordinate in cui è comunemente espressa la metrica di Schwarzschild perdono di significato a causa di divergenze nel tensore metrico. Tuttavia la singolarità è eliminabile, a differenza di quella che ha luogo in un buco nero, ad esempio passando da coordinate sferiche, in cui la singolarità è presente, a quelle di Kruskal-Szekeres nelle quali è assente.

La superficie individuata da questo raggio è l'orizzonte degli eventi per un buco nero di Schwarzschild (privo di carica elettrica e non rotante). Le onde elettromagnetiche e la materia provenienti dall'interno del corpo non possono superare l'orizzonte degli eventi, da qui deriva il nome "buco nero". A titolo di esempio, il raggio di Schwarzschild del buco nero supermassiccio situato al centro della nostra Galassia (Sagittarius A* (SMBH)) è pari a circa 12,7 milioni di km. Il raggio di un buco nero deve essere uguale o inferiore al suo raggio di Schwarzschild che, come detto, ne delimita l'orizzonte degli eventi. Di norma, le dimensioni fisiche di un buco nero risultano inferiori al suo raggio di Schwarzschild.

Raggio gravitazionale classico

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L'espressione matematica del raggio di Schwarzschild può essere ottenuta anche senza ricorrere al complesso formalismo della relatività generale. John Michell fu il primo, in un saggio[3] del 1783, a sostenere che un corpo celeste di massa molto elevata è in grado di trattenere la sua stessa luce. Egli ipotizzò che un oggetto celeste di questo genere (successivamente chiamato buco nero) non sia direttamente visibile ma possa, se parte di un sistema binario, essere identificato tramite il moto di un astro visibile suo compagno. Indipendentemente da Michell, anche Pierre Simon Laplace suppose, nel 1796, che potessero esistere "corpi oscuri", la cui enorme forza di gravità impedisce alla loro stessa luce di raggiungerci. Questi lavori si basavano sulla teoria corpuscolare della luce di Isaac Newton, allora generalmente accettata.

Dato un corpo sferico di massa M e raggio R, la velocità di fuga di un altro corpo di massa m che si trovi ad una distanza dal centro di M è data da

con costante di gravitazione universale. Si noti che nella formula non è presente la massa m del corpo in fuga, ma soltanto la massa M che genera il campo gravitazionale. Da ciò si deduce che la formula sulla velocità di fuga si applica anche a particelle prive di massa, come la luce. A conferma diretta, si ha che non esce luce dall'orizzonte degli eventi di un buco nero.

Il raggio gravitazionale (che coincide col raggio di Schwarschild relativistico) di un corpo sferico di massa M è il raggio r per cui la velocità di fuga è pari alla velocità della luce:

Da cui si ricava:

La costante di proporzionalità vale circa 1,48×10−27 m/kg, per cui

Siccome il diametro di un nucleo atomico è circa 5×10−15 m, una forza tale da portare una massa di 1 kg al suo raggio gravitazionale dovrebbe vincere le forze nucleari che impediscono ai nucleoni di fondersi.

Raggio di Schwarzschild relativistico

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Nella teoria della relatività generale, l'energia potenziale gravitazionale (che è parte dell'energia meccanica conservata) di una particella di prova è correlata a delle costanti del moto attraverso la geodetica. Queste costanti sono date da un campo vettoriale di Killing, che è un generatore infinitesimale di un'isometria: lo spaziotempo "sembra uguale" nella direzione di un vettore di Killing. La maggior parte degli spaziotempo possibili non ha un campo vettoriale di Killing ma, per definizione, uno spaziotempo statico (come, ad esempio, lo spaziotempo di Schwarzschild) ha un campo vettoriale di Killing simile al tempo, che può essere scritto nella forma

in cui è la geodetica, la metrica per una qualsiasi varietà spaziale e risulta indipendente dal tempo.[4]

Il fattore è chiamato redshift gravitazionale e, nello spaziotempo di Schwarzschild, è dato da

dove

  • lunghezza d'onda della radiazione elettromagnetica (fotone) misurata alla sorgente d'emissione;
  • lunghezza d'onda misurata dall'osservatore;
  • frequenza della radiazione elettromagnetica (fotone) misurata alla sorgente d'emissione, con ;
  • frequenza misurata dall'osservatore, con ;
  • raggio di Schwarzschild;
  • distanza tra il centro di massa del corpo gravitante di massa M e raggio R ed il punto dal quale è stato emesso il fotone ;
  • distanza tra il centro di massa del corpo gravitante di massa M e raggio R ed il punto in cui viene osservato il fotone ;
  • variazione frazionaria della lunghezza d'onda o della frequenza

Se l'osservatore si trova ad una distanza infinita da M (), la formula del redshift gravitazionale si semplifica:

Un fotone emerge da un campo gravitazionale, prodotto per esempio da una stella, avendo perso energia a causa di tale campo. Presenta quindi uno spostamento verso frequenze minori (redshift gravitazionale) che dipende dalla intensità del campo gravitazionale nel punto in cui è stato emesso. L'energia misurata per tale fotone sarà quindi , pari alla differenza fra quella in assenza di campo e quella persa a causa del campo gravitazionale:

Come si vede, all'aumentare della massa M diminuiscono l'energia e la frequenza; aumenta quindi lo spostamento del fotone verso il rosso. Quando l'energia osservata dall'infinito si annulla , il fotone è, per così dire, intrappolato nel campo gravitazionale. Tale condizione si verifica quando

che è la derivazione relativistica del raggio di Schwarzschild .

Nel limite newtoniano, quando è sufficientemente grande rispetto al raggio di Schwarzschild , il redshift gravitazionale diventa

Raggio di Schwarzschild quantistico

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La determinazione del raggio di Schwarzschild per una particella atomica o subatomica si ottiene partendo dall'equazione della lunghezza d'onda Compton

La massa e la lunghezza d'onda Compton sono quindi inversamente proporzionali:

Sostituendo tale relazione nella definizione classica del raggio di Schwarzschild si ottiene, per una particella atomica o subatomica, che

con costante di Planck e costante di Planck ridotta.

Poiché rappresenta l'ordine di grandezza del diametro con cui possiamo localizzare un micro-oggetto, il suo raggio di Schwarzschild è . Si ha quindi

dove è la lunghezza di Planck.

Per sostituzione algebrica diretta si trova che il doppio della lunghezza di Planck corrisponde esattamente al raggio di Schwarzschild di una massa di Planck

Il raggio di Schwarzschild non può quindi essere minore del doppio della lunghezza di Planck , né la massa M minore della massa di Planck .

Le considerazioni precedenti vanno tuttavia prese con le dovute precauzioni:

(EN)

«To be picturesque, we can say that if we have a black hole about the size of the Planck length, and we try to locate it to an accuracy equal to its radius, the Heisenberg uncertainty principle makes the momentum of the black hole so poorly known that there may be enough energy around to create another black hole of that size! I warn the reader to take this with a massive grain of salt, since there is no good theory of this sort of thing yet - much less any experimental evidence. But people have sharpened this sort of thought experiment and seen that things get awfully funny at the Planck length. By analogy with particle physics, one might expect processes involving virtual black holes to be very important at this length scale. Hawking and others have written interesting papers on reactions induced by virtual black holes... but I would not take these predictions too seriously yet.»

(IT)

«Per essere pittoreschi possiamo dire che se abbiamo un buco nero della grandezza della lunghezza di Planck e proviamo a localizzarlo con un'accuratezza uguale al suo raggio, il principio di indeterminazione di Heisenberg implica che la quantità di moto del buco nero sia conosciuta con un'imprecisione tale che potrebbe esserci abbastanza energia intorno da creare un altro buco nero di quella grandezza! Metto in guardia il lettore sul prendere questo cum grano salis, dato che non c'è ancora nessuna buona teoria su questa sorta di cose e ancor meno una qualsiasi evidenza sperimentale. Tuttavia questi esperimenti immaginari sono stati sempre più affinati e alla lunghezza di Planck la situazione diviene veramente molto strana. Per analogia con la fisica delle particelle ci si potrebbe aspettare che i processi che coinvolgano buchi neri virtuali siano davvero importanti a questa scala di lunghezza. Hawking e altri hanno scritto interessanti articoli sulle reazioni indotte da buchi neri virtuali... ma non prenderei queste previsioni troppo seriamente per il momento.»

Classificazione dei buchi neri secondo il raggio di Schwarzschild

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A seconda dell'ordine di grandezza della massa, e quindi del raggio, i buchi neri sono classificati in tre categorie: supermassicci, stellari e primordiali. Questa classificazione, come suggerisce il nome, è strettamente legata ai diversi processi che hanno dato origine ai diversi tipi di buchi neri.

Buchi neri supermassicci

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Accumulando materia di densità ordinaria (ad esempio 1 000 kg/m³, come la densità dell'acqua che per coincidenza è abbastanza simile alla densità media del Sole), fino a raggiungere circa 150 milioni di volte la massa del Sole, un agglomerato assume dimensioni inferiori al suo raggio di Schwarzschild, diventando un buco nero supermassiccio (o supermassivo). Si ritiene che il limite superiore per la classe dei buchi neri supermassicci possa essere pari ad alcuni miliardi di masse solari. L'esistenza, al centro della via Lattea, di un buco nero supermassiccio di massa pari a oltre 4 milioni di masse solari è una prova sperimentale dell'esistenza dei buchi neri.[5] Si ritiene che i buchi neri supermassicci non si formino direttamente dal collasso di una stella o di un ammasso stellare; potrebbero piuttosto avere origine come buchi neri di dimensioni stellari e accrescere gradualmente la propria massa grazie alla cattura di altri corpi celesti e alla fusione con altri buchi neri. Maggiore è la massa complessiva di una galassia, maggiore è la massa del buco nero supermassiccio posto al centro di essa.

Buchi neri stellari

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Accumulando materia ad densità simile a quella di un nucleo atomico (circa 1018 kg/m³) fino a raggiungere circa 3 masse solari, un agglomerato collassa entro le dimensioni del suo raggio di Schwarzschild, divenendo un buco nero stellare. Anche le stelle di neutroni sono caratterizzate da un valore di densità simile.

Buchi neri primordiali

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Il raggio di Schwarzschild associato a una piccola massa è estremamente ridotto. Una massa pari a quella del monte Everest è caratterizzata da un raggio di Schwarzschild inferiore a un nanometro; nessun meccanismo oggi noto sarebbe in grado di generare un oggetto così compatto. Buchi neri di questo tipo potrebbero essersi formati in una fase primordiale dell'evoluzione dell'universo, poco dopo il Big Bang, quando la densità della materia era estremamente alta. Questi ipotetici buchi neri di piccole dimensioni sono noti come buchi neri primordiali.

Riferimenti letterari

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Il racconto fantascientifico Schwarzschild Radius[6] (EN, 1987) di Connie Willis fornisce una spiegazione comprensibile e sufficientemente accurata del raggio di Schwarzschild.

Il libro Un verdor terrible[7] (ES, 2020) di Benjamín Labatut contiene il racconto La singolarità di Schwarzschild, dedicato alla scoperta del raggio di Schwarzschild e alla prematura scomparsa dello scienziato.

  1. ^ (EN) Marc Kutner, Astronomy: A Physical Perspective, Cambridge University Press, 2003, p. 148, ISBN 9780521529273.
  2. ^ (EN) Mike Guidry, Modern General Relativity: Black Holes, Gravitational Waves, and Cosmology, Cambridge University Press, 2019, p. 92, ISBN 978-1-107-19789-3.
  3. ^ Piero Bianucci, Vedere, guardare, UTET, Torino 2015, p. 344.
  4. ^ Potential Energy in General Relativity, su physics.stackexchange.com. URL consultato l'11 giugno 2023.
  5. ^ Svelata la prima immagine del buco nero al centro della Via Lattea, su repubblica.it, 12 maggio 2022. URL consultato l'11 giugno 2023.
  6. ^ Connie Willis, Il raggio di Schwarzschild, Fanucci Editore, Roma 1988, ISBN 8834706234.
  7. ^ Benjamín Labatut, Quando abbiamo smesso di capire il mondo, Adelphi, Milano 2021, ISBN 978-88-45-93518-3.

Voci correlate

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