Pyrrhocorax graculus

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Gracchio alpino
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SubphylumVertebrata
SuperclasseTetrapoda
ClasseAves
OrdinePasseriformes
SuperfamigliaCorvoidea
FamigliaCorvidae
GenerePyrrhocorax
SpecieP. graculus
Nomenclatura binomiale
Pyrrhocorax graculus
(Linnaeus, 1766)
Areale

Il gracchio alpino (Pyrrhocorax graculus (Linnaeus, 1766)) è un uccello passeriforme della famiglia dei Corvidae[2].

Il nome scientifico della specie, graculus, deriva dal nome stante a designare in tardo latino gli uccelli neri e gracchianti, come taccole e ghiandaie.

Esemplare a Gangotri.
Esemplare in volo nel parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi.

Misura 34-38 cm di lunghezza, per 160-277 g di peso e 75-85 cm di apertura alare[3]. A parità d'età, i maschi sono leggermente più grossi e robusti rispetto alle femmine[3]: per la regola di Bergmann, inoltre, le sottospecie asiatiche sono più grosse rispetto alla nominale[4].

Si tratta di uccelli dall'aspetto massiccio e robusto, dalla piccola testa arrotondata con becco sottile e ricurvo verso il basso, lunghe ali digitate, coda squadrata e forti zampe non molto lunghe: nel complesso, il gracchio alpino è molto simile al gracchio corallino, rispetto al quale presenta dimensioni medie lievemente minori, ali più corte e coda più lunga in proporzione al corpo e soprattutto becco più corto e di colore diverso.

Il piumaggio si presenta di colore uniformemente nero lucido su tutto il corpo.
I due sessi non presentano dimorfismo sessuale nella colorazione: i giovani differiscono dagli adulti maturi sessualmente per la colorazione nerastra delle zampe.

Il becco è di colore giallo limone, gli occhi sono di colore bruno scuro e le zampe sono di color rosso-arancio.

Esemplare in natura.
Stormo in volo nell'Oberland Bernese.
Gruppo in Alta Carniola.
Esemplari sulle Alpi dell'Algovia.

Il gracchio alpino è un uccello dalle abitudini di vita essenzialmente diurne e gregarie, che vive in gruppi che possono contare da una dozzina fino a oltre un migliaio di individui, mantenendosi in genere numericamente più consistenti durante i mesi estivi (quando la disponibilità di cibo è maggiore) e frazionandosi durante l'inverno[5]. Si tratta di uccelli molto mobili, che durante il giorno compiono spostamenti anche di decine di chilometri (fino a 20 km di raggio e fino a 1600 m di dislivello) per raggiungere i luoghi di foraggiamento, salvo poi fare ritorno nel tardo pomeriggio verso i posatoi da utilizzare per passare la notte al riparo dai predatori e dalle intemperie, posizionati in genere su pareti scoscese.

I gracchi alpini non sono uccelli territoriali: alcuni esemplari, tuttavia, sono stati osservati mentre compivano delle picchiate intimidatorie nei confronti della volpe tibetana, comportamento questo considerabile più come gioco che come effettivamente territoriale[6]. All'interno di uno stormo, tuttavia, vige una gerarchia tanto più rigida quanto più il cibo è scarso, che vede la dominanza degli uccelli adulti su quelli giovani e sugli immaturi, oltre alla dominanza degli individui di sesso maschile sulle femmine.

Si tratta di uccelli molto vocali: essi, infatti, sono soliti tenersi in contatto vocale quasi costante fra loro, mediante una serie di richiami che comprendono l'inconfondibile fischio pigolante che suona come kyorr, molto musicale e unico fra i corvidi, oltre che una serie di versi che vanno da gracchi d'allarme a sommessi pigolii emessi durante l'alimentazione o il grooming[7].

Alimentazione

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Esemplare si alimenta a Ormont-Dessous.

Il gracchio alpino è un uccello tendenzialmente onnivoro, nel quale la componente carnivoro/insettivora è preponderante durante il periodo caldo e quella vegetariana predomina durante i mesi freddi.

Esemplare si ciba su albero di Sorbus a Moena.

Questi uccelli cercano il cibo al suolo in gruppi, scandagliando l'erba bassa e il suolo col becco alla ricerca di prede o altro materiale potenzialmente commestibile. Le aree di foraggiamento cambiano durante l'anno, mantenendosi più in quota durante l'estate (quando gli uccelli in riproduzione evitano le quote inferiori, nonostante il fatto che ivi potrebbero facilmente reperire grandi quantità di cibo lasciate dai turisti) e scendendo gradatamente verso valle con le prime nevicate, raggiungendo i centri abitati in marzo-aprile prima di ritornare sulle cime[8][9]: nelle aree con presenza di strutture alberghiere in quota, i gracchi (soprattutto i giovani) tendono invece a non scendere mai a valle, trovando in quei luoghi il cibo necessario[8].

Esemplare si ciba sul Massiccio del Monte Bianco.
Esemplare nutrito da un turista a Grän.

Durante la tarda primavera ed i mesi estivi, la dieta del gracchio alpino si compone quasi esclusivamente di piccoli insetti (soprattutto i piccoli coleotteri Selatosomus aeneus e Otiorhynchus morio, oltre che cavallette, bruchi, lumache e bigattini). In autunno, inverno ed all'inizio della primavera, invece, questo uccello mangia soprattutto bacche (mirtillo ed altri frutti di bosco, ginepro, olivello, uva ursina, bagolaro), cinorrodi di rosa canina, frutta (mele, pere, uva) e talvolta i fiori di zafferano maggiore, questi ultimi forse come fonte di carotenoidi[10].
Nelle aree turistiche, inoltre, i gracchi alpini (in particolar modo i giovani individui) integrano la propria dieta coi rifiuti lasciati dall'uomo, diventando presenze frequenti lungo i sentieri, nelle aree pic-nic e nelle discariche.

Similmente a quanto osservabile in molti corvidi, anche il gracchio alpino conserva il cibo in surplus in spaccature della roccia per poi consumarlo durante i periodi di magra, avendo cura di coprirlo con dei sassolini[11].

Il gracchio alpino è un uccello rigidamente monogamo, nel quale le coppie restano insieme per la vita e mostrano spiccata filopatria, tendendo a nidificare sempre nello stesso sito[12].

Giovane (notare le zampe scure) sullo Zugspitze.

La stagione riproduttiva comincia verso i primi di maggio (circa un mese più tardi in Medio Oriente ed Asia Centrale[3]): nonostante le abitudini gregarie, e nonostante il fatto che in aree particolarmente ricche di cibo sia possibile osservare più coppie nidificanti nello stesso sito, generalmente le coppie nidificano in solitudine[12].
Il nido, piuttosto massiccio, viene costruito da ambedue i genitori con rametti e radici intrecciate a coppa, e foderato internamente con erba e pelame: esso viene generalmente posizionato in una rientranza di una parete rocciosa o in una caverna, oppure in un edificio abbandonato, sebbene soprattutto nei Balcani i gracchi possono nidificare in semplici buche scavate nel terreno[13].

Uovo.

All'interno del nido, la femmina depone 3-5 uova bianco-grigiastre con screziature brune, di circa 33,9 x 24,9 mm[14]: esse vengono covate dalla sola femmina per 14-21 giorni (col maschio che rimane di guardia nei pressi del nido e si occupa inoltre di reperire il cibo per sé e per la compagna), al termine dei quali schiudono dei pulli ricoperti da un denso piumino[15], che vengono alimentati da ambedue i genitori fino a 29-35 giorni di vita, quando s'involano congiungendosi con lo stormo d'appartenenza dei genitori, dove continueranno a chiedere insistentemente l'imbeccata anche ad altri adulti.

La nidificazione in alta montagna del gracchio corallino è resa possibile dal fatto che le uova possiedono una quantità di pori minore rispetto a specie affini diffuse a quote inferiori (il che limita gli scambi con l'esterno, soprattutto quelli idrici, ulteriormente ridotti dalla bassa pressione riscontrabile in quota)[16][17], mentre gli embrioni presentano emoglobina estremamente affine all'ossigeno[18].

Distribuzione e habitat

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Esemplari sulle Grigne.
Esemplare in Alta Austria.
Esemplare sulle Alpi Giulie.
Esemplare nel parco nazionale di Toubkal.

Il gracchio alpino è diffuso in un ampio areale paleartico, che va dalla Spagna alla Cina centrale.
In Europa meridionale, la specie è diffusa nella Cordigliera Cantabrica, nei Pirenei, nelle Alpi, nella penisola balcanica[19], oltre che a Creta ed in Corsica. In Medio Oriente è possibile osservare questi uccelli in Turchia e nel Levante, a sud fino al Monte Hermon, oltre che in Caucaso, Kurdistan, monti Elburz e Zagros, spingendosi ad est attraverso l'Asia centrale fino ai monti Altaj e Sajany a nord (attraverso il centro-nord dell'Afghanistan, il Pamir, il Tien Shan, con una popolazione isolata nel nord del Belucistan) e alle propaggini occidentali dell'Arunachal Pradesh attraverso le pendici meridionali dell'Himalaya a sud (dal Kashmir al sud del Tibet, attraverso Nepal, Bhutan e Sikkim). In Nordafrica, il gracchio alpino è osservabile nel Rif ed in Alto e Medio Atlante, in Marocco).
Durante l'ultima era glaciale, i gracchi alpini erano diffusi anche in Francia e alle Canarie[20][21], e fino al XVIII secolo anche sui Monti Tatra[22].

In Italia, la specie nidifica su tutto l'arco alpino (pur essendo comune solo in Valle d'Aosta e sulle Alpi Dinariche) e sull'Appennino[9].

Si tratta di uccelli stanziali in tutto il loro areale, che tuttavia durante l'inverno (pur mantenendo i posatoi dove passare la notte sempre nello stesso luogo in quota) scendono più a valle per reperire il cibo: esemplari in dispersione, tuttavia, sono stati osservati fino in Repubblica Ceca, Ungheria e a Cipro, mentre alcuni esemplari provenienti dal Marocco hanno stabilito una colonia riproduttiva nei pressi di Malaga.

Il gracchio alpino è una specie d'alta montagna: questi uccelli popolano i pascoli alpini al di sopra della linea degli alberi, con presenza di falesie rocciose o pietraie dove cercare riparo per la notte e nidificare, fra i 1260 e i 2880 m di quota in Europa, fra i 2880 e i 3900 m di quota in Nordafrica e fra i 3500 e i 5000 m di quota sull'Himalaya[3]. Singole coppie hanno nidificato a 6500 m di quota, mentre non è raro osservare gruppetti di esemplari seguire i rocciatori sul Monte Everest fin oltre gli 8000 m[16].

Se ne riconoscono tre sottospecie[2]:

A queste si aggiungerebbe una sottospecie estintasi in tempi preistorici, Pyrrhocorax graculus vetus, diffusa in Europa nel Pleistocene[20][23].

La sottospecie forsythi, invece, non viene riconosciuta da alcuni autori, che la sinonimizzano con digitatus[24].

  1. ^ (EN) BirdLife International, Pyrrhocorax graculus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Corvidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato il 6 maggio 2014.
  3. ^ a b c d (EN) Yellow-billed Chough (Pyrrhocorax graculus), su Handbook of the Birds of the World. URL consultato il 2 ottobre 2018.
  4. ^ Laiolo, P. & Rolando, A., Ecogeographic correlates of morphometric variation in the Red-billed Chough Pyrrhocorax pyrrhocorax and the Alpine Chough Pyrrhocorax graculus, in Ibis, vol. 43, n. 3, 2000, p. 602–616, DOI:10.1111/j.1474-919X.2001.tb04888.x.
  5. ^ Delestrade, A., Factors affecting flock size in the Alpine Chough Pyrrhocorax graculus, in Ibis, vol. 136, 1994, p. 91–96, DOI:10.1111/j.1474-919X.1994.tb08135.x.
  6. ^ Blumstein, D. T. & Foggin, J. M., Playing with fire? alpine choughs play with a Tibetan red fox, in Journal of the Bombay Natural History Society, vol. 90, 1993, p. 513–515.
  7. ^ Laiolo, P.; Rolando, A.; Delestrade, A.; de Sanctis, A., Geographical variation in the calls of the choughs, in The Condor, vol. 103, n. 2, 2001, p. 287–297, DOI:10.1650/0010-5422(2001)103[0287:GVITCO]2.0.CO;2.
  8. ^ a b Laiolo, P.; Rolando, A.; Carisio, L., Winter movements of the Alpine Chough: implications for management in the Alps (PDF), in Journal of Mountain Ecology, vol. 6, 2001, p. 21–30. URL consultato il 3 ottobre 2018 (archiviato dall'url originale il 5 luglio 2007).
  9. ^ a b Rolando, A. & Patterson, I. J., Range and movements of the Alpine Chough Pyrrhocorax graculus in relation to human developments in the Italian Alps in summer, in Journal of Ornithology, vol. 134, n. 3, 1993, p. 338–344, DOI:10.1007/BF01640430.
  10. ^ McKibbin, R. & Bishop, C. A., Feeding observations of the western Yellow-breasted Chat in the south Okanagan valley British Columbia, Canada during a seven-year study period (PDF), in British Columbia Birds, vol. 18, 2008, p. 24–25.
  11. ^ Wall, S. B. V., Food hoarding in animals, University of Chicago Press, 1990, p. 306, ISBN 0-226-84735-7.
  12. ^ a b Delestrade, A & Stoyanov, G., Breeding biology and survival of the Alpine Chough Pyrrhocorax graculus, in Bird Study, vol. 42, n. 3, 1995, p. 222–231, DOI:10.1080/00063659509477171.
  13. ^ (DE) Baumgart, W., Alpendohlenkolonien in Felsschächten des Westbalkan, in Journal für Ornithologie, vol. 108, n. 3, 1967, p. 341–345, DOI:10.1007/BF01671883.
  14. ^ Harrison, C. J. O., A field guide to the nests, eggs and nestlings of European birds: with North Africa and the Middle East, Collins, 1975, p. 316, ISBN 0-00-219249-7.
  15. ^ Starck, J. M. & Ricklefs, R. E., Avian growth and development. Evolution within the altricial precocial spectrum (PDF), Oxford University Press, 1948, p. 7, ISBN 0-19-510608-3 (archiviato dall'url originale il 16 dicembre 2008).
  16. ^ a b Bahn, H. & Ab, A., The avian egg: incubation time and water loss (PDF), in The Condor, vol. 76, n. 2, 1974, p. 147–152, DOI:10.2307/1366724, JSTOR 1366724.
  17. ^ Rahn, H. & Ar, A., The avian egg: incubation time and water loss, in The Condor, vol. 76, n. 2, 1974, p. 147–152, DOI:10.2307/1366724, JSTOR 1366724.
  18. ^ Black, C. P. & Snyder, G. K., Oxygen transport in the avian egg at high altitude, in American Zoologist, vol. 20, n. 2, 1980, p. 461–468, DOI:10.1093/icb/20.2.461.
  19. ^ Stoyanov, G. P.; Ivanova, T.; Petrov, B. P.; Gueorguieva, A., Past and present breeding distribution of the alpine chough (Pyrrhocorax graculus) in western Stara Planina and western Predbalkan Mts. (Bulgaria) (PDF), in Acta Zoologica Bulgarica, Suppl. 2, 2008, p. 119–132.
  20. ^ a b Mourer-Chauviré, C.; Philippe, M.; Quinif, Y.; Chaline, J.; Debard, E.; Guérin, C.; Hugueney, M., Position of the palaeontological site Aven I des Abîmes de La Fage, at Noailles (Corrèze, France), in the European Pleistocene chronology, in Boreas, vol. 32, n. 3, 2003, p. 521–531, DOI:10.1080/03009480310003405.
  21. ^ Reyes, J. C. R., New fossil records of choughs genus Pyrrhocorax in the Canary Islands: hypotheses to explain its extinction and current narrow distribution (PDF), in Ardeola, vol. 54, n. 2, 2007, p. 185–195.
  22. ^ Tomek, T. & Bocheński, Z., Weichselian and Holocene bird remains from Komarowa Cave, Central Poland, in Acta zoologica cracoviensia, 48A, 1–2, 2005, p. 43–65.
  23. ^ (HU) Válóczi, T., Vaskapu-barlang (Bükk-hegység) felső pleisztocén faunájának vizsgálata (Investigation of the Upper-Pleistocene fauna of Vaskapu-Cave (Bükk-mountain)) [collegamento interrotto], in Folia historico naturalia musei Matraensis, vol. 23, 1999, p. 79–96.
  24. ^ Vaurie, C., Systematic notes on Palearctic birds, in American Museum Novitates, vol. 1658, n. 4, 1954, pp. 6–7.

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