Vai al contenuto

Protofemminismo

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il termine protofemminismo viene applicato ad una tradizione filosofica che anticipa il femminismo moderno e alla persone che sposarono questa tradizione in un'epoca in cui il concetto di femminismo era ancora sconosciuto[1] (precedentemente cioè al XVIII secolo)[2][3]. Il suo utilizzo preciso è pacifico così come il movimento per i diritti delle donne del XVIII e XIX secolo viene inquadrato sotto la denominazione di "femminismo".

L'utilità del termine viene respinta da alcuni studiosi moderni[4], così come anche quella del termine postfemminismo.

Antica Grecia

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Donne nell'antica Grecia.

Il quinto libro de La Repubblica di Platone discute sul ruolo di genere della donna: "I cani sono divisi in maschi e femmine, ma forse essi invece condividono altrettanto le loro funzioni sia nella caccia e nel mantenere i cuccioli e negli altri doveri de cani? O facciamo affidamento al maschio per l'intera ed esclusiva cura della prole, mentre lasciamo le femmine in casa, con l'idea che la loro opera sui neonati ancora lattanti sia sufficiente?"

La Repubblica afferma che le donne all'interno dello Stato ideale dovrebbero lavorare a fianco degli uomini, ricevere la stessa educazione e condividere ugualmente la stessa responsabilità in tutti i settori statali. Per le donne coinvolte in ciò vi è la sola eccezione che nei lavori richiesti hanno una minore capacità e resistenza fisica[5].

Medio Oriente

[modifica | modifica wikitesto]

In Medio Oriente durante il Medioevo un primo tentativo di migliorare la condizione femminile si verificò nel corso delle prime riforme avviate dall'islam; vennero infatti concessi maggiori diritti nei campi del matrimonio, del divorzio e dell'eredità[6]. Nelle altre culture, compresa la civiltà occidentale, alle donne non venne concordata una personalità giuridica se non molti secoli dopo[7].

Il The Oxford Dictionary of Islam afferma che il generale miglioramento dello status delle donne arabe includeva il divieto di infanticidio femminile e il pieno riconoscimento della personalità della donna[8]: "La dote, finora considerata come un "prezzo della sposa" pagato al padre, divenne un dono nuziale trattenuto dalla moglie come una parte della sua proprietà personale"[6][9].

Secondo la legge islamica costituita dalla Sharia, il matrimonio non è più considerato come uno "stato o condizione obiettiva definitiva" ma piuttosto come un semplice contratto, per cui il previo consenso della donna era di fondamentale importanza, addirittura imperativo[6][8][9]. Le donne diedero i diritti di successione all'interno di una società fortemente intrisa di patriarcato la quale aveva precedentemente limitato l'eredità esclusivamente al parente maschio[6].

L'orientalista tedesca Annemarie Schimmel afferma che "rispetto alla posizione pre-islamica delle donne, la legislazione islamica condusse ad enormi progressi; la donna qui ha il diritto, almeno secondo la lettera della legge, di amministrare la ricchezza in oro che ha portato nella famiglia o che si è guadagnata con il proprio lavoro"[10].

Vi sono stati alcuni che hanno affermato l'esistenza della prova della matrilinearità nell'Arabia arcaica, presente sia negli Amirites dell'attuale Yemen che nei Nabatei stanziati nell'Arabia settentrionale[11]. Alcuni altri hanno ipotizzato che la motivazione di Maometto fosse quella di rimuovere la matrilinearità e di instaurare un sistema puramente patriarcale, a cui vengono attribuite fino ai giorni nostri le conseguenze dirette.

La storica israeliana Shulamith Shahar credeva che la moglie del profeta Khadija bint Khuwaylid fosse stata l'ultima imprenditrice di successo che si potesse trovare in Arabia. Vi è purtuttavia la prova che Khadija fosse la norma piuttosto che l'eccezione, prima che la nuova legge imposta da Maometto non comprendesse l'intera Arabia.

A seguito della rivoluzione religiosa islamica la donna d'affari araba scompare; si ritiene probabile che il profeta mirasse specificamente al sistema matrilieo, facendolo sostituire con quello che credeva essere il nuovo (per la regione) sistema patriarcale. Lungi dall'essere un protofemminista Maometto sarebbe invece stato quello che rimosse i diritti delle donne, in un momento in cui tali diritti erano invece ampiamente disponibili per le donne dei paesi nordici europei non ancora toccati dall'influenza del cristianesimo e per quelle asiatiche[12].

Altri si oppongono decisamente a questa interpretazione, come ad esempio l'orientalista scozzese William Montgomery Watt il quale asserisce che Maometto, nel contesto storico del suo tempo, può essere considerato una figura che ha testimoniato in nome dei diritti delle donne e che ha migliorato notevolmente le cose. Watt spiega: "All'epoca dell'Islam, le condizioni delle donne erano terribili - non avevano il diritto di possedere proprietà, avrebbero dovuto essere di proprietà dell'uomo, e se l'uomo moriva, tutto andava direttamente ai suoi figli".

Maometto, tuttavia, "istituendo diritti di proprietà, eredità, istruzione e divorzio, ha dato alle donne alcune salvaguardie fondamentali"[13]. Haddad e lo studioso statunitense di islamismo John Louis Esposito affermano che "Maometto concesse alle donne diritti e privilegi nella sfera della vita familiare, nel matrimonio, nell'istruzione e negli impegni economici, diritti che aiutarono a migliorare lo status delle donne all'interno della società"[6].

Per quanto riguarda il sessismo la legge civile, soprattutto durante il colonialismo, negò a lungo alle donne sposate qualsiasi diritto di proprietà o personalità giuridica distinta da quella dei loro mariti. Quando gli inglesi fecero applicare la loro legge ai musulmani al posto della Sharia, come facevano in alcune colonie della corona britannica il risultato fu quello di smantellare il diritto per le donne sposate di possedere una proprietà, fatto questo che la legge islamica le aveva sempre accordato, rendendo in tal modo ancora più difficoltoso il progresso verso l'uguaglianza sociale dei sessi[14].

Mentre nel periodo pre-moderno non vi era formalmente nessun movimento femminista, vi furono tuttavia numerose figure importanti che sostenevano il miglioramento dei diritti e della condizione femminile, questi spaziano dal filosofo mistico medievale Ibn Arabi, il quale sosteneva che le donne avrebbero potuto raggiungere livelli spirituali altrettanto elevati quanto gli uomini[15], fino a Nana Asma’u, figlia del riformatore settecentesco Usman dan Fodio, che spinse in direzione dell'alfabetizzazione e l'istruzione femminile per tutte le donne musulmane[16].

Le donne svolsero un ruolo importante nelle fondamenta di molte istituzioni educative islamiche (Madrasa), come è il caso della moschea di al-Qarawiyyin per opera di Fatima al-Fihri nell'859, dalla quale si sviluppo una madrasa di grande importanza nel medioevo. Questo stato di cose continuò fino all'avvento della dinastia degli Ayyubidi (XII e XIII secolo), quando 160 moschee e madrase esistevano nella sola Damasco, di cui 26 furono fnanziate direttamente da donne attraverso il sistema delle fondazioni Waqf (opere di carità o Trust). Metà dell'intero mecenatismo reale di queste istituzioni furono delle donne[17].

Di conseguenza le opportunità per favorire l'istruzione femminile si svilupparono in tutto il mondo islamico durante l'epoca d'oro islamica medievale. Ancora nel XII secolo lo studioso del sunnismo Ibn 'Asakir scrisse che le donne potevano studiare, guadagnare Ijazah (titolo di studio universitario) e qualificarsi come studiose (ʿĀlim) e insegnanti. Questo fu il caso soptrattutto delle famiglie che volevano garantirsi la massima educazione possibile, sia per i figli sia per le figlie[18].

Ibn 'Asakir sostenne l'educazione femminile e calcolò un numero di otto differenti tipi di studiose presenti nel suo tempo. L'educazione femminile nel mondo islamico venne ispirata soprattutto dall'esempio costituito dalle mogli di Maometto Khadija, un'imprenditrice di successo, e da Aisha, una celebre studiosa di "scienze Hadith" nonché condottiera militare durante la battaglia del Cammello. Secondo un Ḥadīth attribuito allo stesso Maometto, egli ebbe a elogiare le donne di Medina a causa del loro spiccato desiderio di conoscenza religiosa[19].

Mentre non esistevano restrizioni legali all'educazione femminile, alcuni uomini non approvarono questa pratica come ad esempio Ibn al-Haj al-Abdari (morto nel 1336) il quale si considerò sconvolto dal comportamento assunto da alcune donne che assistevano informalmente alle sue lezioni[20]:

«[Considerate] ciò che alcune donne fanno quando le persone si riuniscono con uno sceicco per ascoltare [la recitazione] di libri. A quel punto anche le donne vengono a sentire le letture; gli uomini si siedono in un posto, mentre le donne li affrontano apertamente. Succede anche in questo tempo che alcune delle donne sono trasportate dalla situazione; una si alza, si siede e grida ad alta voce. [Inoltre,] la sua "Awrah" (parte intima) apparirà; nella sua casa, la loro esposizione sarebbe proibita - come può essere permessa all'interno di una moschea, in presenza di uomini?»

La forza lavoro del Califfato che veniva impegnata proveniva da diversi ambiti etnici e religiosi, mentre uomini e donne erano coinvolti in differenti attività economiche[21]. Le donne furono impiegate in una vasta gamma di attività commerciali e in diverse professioni[22]: nel settore primario (come in agricoltura ad esempio), nel settore secondario (come lavoratrici edili, tintori, in filatura ecc.) e finanche nel settore terziario (come investitrici, medici, infermiere, presidentesse di gilde, intermediatrci, commercianti (colportore), finanziatrici e creditrici, studiose, ecc)[23].

Le donne musulmane mantennero anche il monopolio su alcuni rami dell'industria tessile, la più vasta e maggiormente specializzata e orientata verso il mercato dell'epoca, in occupazioni come la filatura, la tintura e il ricamo. In confronti i diritti di proprietà femminile e il lavoro sotto salario furono relativamente rari nel continente europeo fino all'epoca della rivoluzione industriale del secoli XVIII e XIX[24].

Durante il XII secolo il famoso filosofo islamico nonché Qadi (giudice) Averroè affermava che le donne erano uguali agli uomini sotto tutti gli aspetti e che disponevano di pari capacità di mettersi in evidenza sia in tempo di pace che durante la guerra, citando esempi di donna guerriera tra gli arabi, i greci e gli africani per sostenere la propria tesi[25].

Nel corso del primo periodo della storia dell'Islam esempi femminili di notevoli musulmane che combatterono durante l'espansione islamica e la Fitna (guerra civile) come soldati e finanche ufficiali includono Umm 'Umara Nusayba[26], la succitata Aisha[27], Khawla bint al-Azwar e Wafeira[28].

Lo stesso argomento in dettaglio: Diritti delle donne § Europa medievale.

Le protofeministe del Medioevo europeo riconosciute come importanti esempi di partecipazione dal successivo sviluppo del femminismo comprendono Maria di Francia (poetessa), Eleonora d'Aquitania, Bettisia Gozzadini, Nicolaa de la Haye, Christine de Pizan, Edvige di Polonia, Laura Cereta e La Malinche[29].

Ruolo svolto dalle donne nella rivolta dei contadini

[modifica | modifica wikitesto]

La rivolta dei contadini del 1381 consistette in una ribellione del Tardo Medioevo contro la servitù della gleba in Gran Bretagna; molte donne vi svolsero ruoli importanti e di rilievo.

Il 14 giugno 1381 il Lord Cancelliere nonché Arcivescovo di Canterbury Simon Sudbury venne fatto trascinare all'interno della Torre di Londra e ivi subì la decapitazione. La leader a capo del gruppo era Johanna Ferrour, che ordinò espressamente una tale azione violenta a causa delle severe imposte comminate per mezzo statistico (il testatico) riguardanti Sudbury (Suffolk)[30].

Ferrour ordinò senza indugio alcuno anche la decapitazione del Lord gran tesoriere, Sir Robert Hales, per il suo ruolo nell'istituzione della tassa statistica[31]. Oltre a guidare questi ribelli, Ferrour indusse a bruciare il Savoy Palace e si appropriò di un pettorale d'oro appartenente ad un duca. Lo Chief Justice John Cavendish fu decapitato personalmente da Katherine Gamen, un'altra leader femminile della rivolta[31].

Secondo la professoressa associata di letteratura inglese medioevale presso il Bates College, Sylvia Federico, le donne spesso ebbero il forte desiderio di partecipare alle rivolte, soprattutto in questa in particolare. Queste donne fecero tutto quello che stessi uomini compirono; furono altrettanto violente, se non di più, nelle loro azioni nel tentativo di ribellarsi contro il governo.

Johanna Ferrour non fu l'unica donna a capo di questa rivolta; vi furono più rappresentanti femminili coinvolte: una donna venne accusata di aver incoraggiato un attacco contro un carcere a Maidstone nel Kent, mentre un altro capo donna fu responsabile del sequestro di una moltitudine di palazzi ed ella spaventò talmente i servitori che non si sentirono più abbastanza al sicuro per tornare in seguito. Anche se non vi furono molti leader femminili in questa ribellione, v'era una sorpresa enorme nel trovarsi di fronte alle donne che facevano parte della folla. Per esempio, vi furono settanta ribelli femminili solo a Suffolk[32].

Le donne che vennero attivamente coinvolte in questa ribellione avevano ragioni valide per desiderare di partecipare e in alcuni casi per assumere il ruolo di leader. La tassa statistica del 1380 era molto più dura sulle donne sposate, quindi non è meno sorprendente il fatto che le donne risultarono essere violente al pari degli uomini, se non di più, per quanto riguarda il loro coinvolgimento nella rivolta dei contadini. I vari atti estremi della violenza esposti da queste donne dimostrarono tutto il loro odio sempre più crescente nei confronti del governo[32].

Europa rinascimentale

[modifica | modifica wikitesto]

Nel corso del XVI secolo, l'autrice veneziana Moderata Fonte scrisse della superiorità delle donne[33], mentre Agrippa von Nettesheim scrisse sulla "superiore eccellenza delle donne sugli uomini"[34].

XVII secolo: non-conformismo, protettorato e conservazione

[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Condizione femminile nel XVII secolo.

Marie de Gournay (1565-1645), l'ultimo amore di Michel de Montaigne curò la terza edizione dei Saggi (Montaigne) dopo la sua morte. Ella scrisse due importanti saggi femministi, The Equality of Men and Women (l'uguaglianza degli uomini e delle donne) (1622) e The Ladies' Grievance (l'indignazione delle signore) (1626). Nel 1673 François Poullain de La Barre scrisse invece De l'égalité des deux sexes (sull'uguaglianza dei due sessi)[34].

Il XVII secolo vide lo sviluppo di molte sette non-conformiste, come i Quaccheri, che permisero una maggiore libertà di espressione alle donne rispetto alle altre religioni consolidate. Scrittori femministi noti nel campo della religione e della spiritualità comprendono Rachel Speght, Katherine Evans e Sarah Cheevers, Margaret Fell, uno dei membri fondatori dei Quaccheri e Sarah Blackborow[35][36][37].

Questa tendenza continua nella prominenza di alcuni ministri femminili e scrittrici come Mary Mollineux e Barbara Blaugdone nei primi decenni del quaccherismo[38]. In generale, però, le donne che predicaono o che espressero opinioni sulla religione si trovarono in costante pericolo di essere sospettate di follia o di stregoneria e molte fra queste, come Anne Askew, furono condannate alla morte sul rogo con l'accusa di eresia[39]; esse sono morte "per la loro implicita o esplicita sfida all'ordine patriarcale"[40].

Nel regno di Francia e nel regno d'Inghilterra (poi regno di Gran Bretagna), alle idee femministe erano attribuiti i caratteri di eterodossia, come accadde per i Valdesi e i Catari, piuttosto che di ortodossia. L'egualitarismo religioso, come quello abbracciato dai Livellatori, si riversò nell'uguaglianza di genere, ed ebe quindi anche implicazioni politiche. Le donne dei Livellatori inscenarono dimostrazioni pubbliche su larga scala e petizioni per ottenere uguali diritti, sebbene licenziati dalle autorità pubbliche[41] locali.

Nel corso del XVII secolo si vide anche emergere un maggior numero di scrittrici, come Anne Bradstreet, Bathsua Makin, Margaret Cavendish, (duchessa di Newcastle), Lady Mary Wroth[42][43] e Mary Astell, che rappresentarono con le loro persone ed opere il cambiamento e l'evoluzione di ruoli delle donne le quali ne fecero ricorso per la loro educazione. Tuttavia esse incontrarono una notevole ostilità, come viene esemplificato dalle esperienze di Cavendish e Wroth il cui lavoro non fu pubblicato fino al XX secolo inoltrato.

La Francia del Seicento vide anche la nascita della moda del salotto letterario, luogo di ritrovo culturale dell'Intelligencija della classe superiore, gestito dalle donne e in cui vi partecipato a pieno titolo anche in qualità di artiste[44]. Ma mentre le donne vennero elette a membri di un salotto, continuarono a rimanere però sullo sfondo e in secondo piano, scrivendo "ma non per la pubblicazione"[45]. Nonostante il limitato ruolo svolto dalle donne nei salotti, Jean-Jacques Rousseau le considerava come una "minaccia per la supremazia naturale degli uomini"[46].

Mary Astell viene spesso descritta come la prima scrittrice femminista; tuttavia questa rappresentazione non riesce a riconoscere il debito intellettuale dovuto a Anna Maria van Schurman, a Bathsua Makin e ad altre donne che l'hanno preceduta. Fu certamente una delle prime scrittrici femministe in lingua inglese, le cui analisi sono oggi rilevanti per quanto riguarda l'interpretazione del suo tempo, che si mossero oltre i primi scrittori sul tema istituendo vere e proprie istituzioni educative per le donne[47][48]. Astell insieme ad Aphra Behn posero le basi per la teoria femminista nel XVII secolo. Nessuna donna avrebbe più parlato ancora ad alta voce per un altro secolo. Nei resoconti storici Astell viene spesso messa in ombra dalla sua più giovane e maggiormente colorita amica e corrispondente Lady Mary Wortley Montagu.

La liberalizzazione dei valori sociali e la secolarizzazione della Restaurazione inglese offrirono nuove opportunità per le donne nelle arti, un'occasione che esse utilizzarono per promuovere la loro causa. Tuttavia le drammaturghe incontrarono notevoli forme di ostilità. Queste includono Catherine Trotter, Mary Delarivier Manley e Mary Pix; ma la più influente di tutti[48][49][50] risultò essere Aphra Behn, la prima inglese a raggiungere lo status di scrittrice professionista[51].

Ella fu una romanziera, una drammaturga e una propagandista politica[52]. Anche se ebbe il successo sperato durante la propria vita, Behn venne spesso trattata come un caso "involontario" dagli scrittori del XVIII secolo come Henry Fielding e Samuel Richardson[52]. Allo stesso modo la critica del XIX secolo Julia Kavanagh ebbe a dichiarare che "invece di elevare l'uomo alle norme morali della donna [Behn] affondò al livello del coraggio di uomo"[53]. Nel XX secolo Behn riuscì ad acquisire una più ampia cerchia di lettori oltre all'accettazione critica. Virginia Woolf elogiò la sua carriera e scrisse: "Tutte le donne insieme dovrebbero lasciare cadre dei fiori sulla tomba di Aphra Behn... perché fu per merito suo che loro si sono guadagnate il diritto di parlare"[54].

Nell'Europa continentale importanti scrittrici femministe comprendono Margherita d'Angoulême, Marie de Gournay e Anna Maria van Schurman, che attaccavano i ritorni periodici della misoginia e promuovevano l'educazione delle donne. Nel Vicereame della Nuova Spagna la suora messicana Juana Inés de la Cruz (1651-1695), avanzò la necessità dell'educazione delle donne in particolare nel suo saggio "Rispondi a Suor Philotea"[55]. Alla fine del XVII secolo le voci delle donne che i facevano sentire stavano diventando sempre più numerose, almeno tra le donne istruite.

La letteratura degli ultimi decenni del secolo fu talvolta chiamata "la battaglia dei sessi"[56] ed divenne spesso sorprendentemente polemica, come in The gentlewomans companion; or, A guide to the female sex[57] (1675) di Hannah Woolley. Tuttavia le donne continuarono a ricevere risposte miste, tra l'apprezzamento e la critica, perché sentivano anche una violenta repulsione e persino l'autodistruzione come risposta da parte delle scrittrici. Esse furono anche sottoposte a pressioni sociali in conflitto tra loro, una delle quali era l'aver o meno l'opportunità di un lavoro al di fuori della casa e un'istruzione che a volte si rafforzava nell'ordine sociale tanto quanto il pensiero indipendente più ispirato.

  1. ^ Botting Eileen H, Houser Sarah L. "Drawing the Line of Equality: Hannah Mather Crocker on Women's Rights". American Political Science Review (2006), 100: 265-278
  2. ^ Cott, Nancy F. 1987. The Grounding of Modern Feminism. New Haven: Yale University Press.
  3. ^ Offen, Karen M. 2000. European Feminisms, 1700–1950: A Political History. Stanford: Stanford University Press.
  4. ^ Ferguson, Margaret. Feminism in time. Modern Language Quarterly 2004 65(1): 7-27
  5. ^ Platone, La Repubblica, su classics.mit.edu, Translated by Benjamin Jowett. URL consultato il 21 dicembre 2014.
  6. ^ a b c d e (EN) John L. Esposito, Islam: The Straight Path, New York, Oxford UP, 1998 (2005), Print pag. 79
  7. ^ Lindsay Jones, p.6224
  8. ^ a b Esposito (2004), p. 339
  9. ^ a b Khadduri (1978)
  10. ^ Schimmel (1992) p.65
  11. ^ Nikki Keddie, Women in the Middle East: Past and Present, 2007
  12. ^ (EN) Shulamith Shahar, The Fourth Estate - A History of Women in the Middle Ages, 1983
  13. ^ (EN) W. Montgomery Watt, Islamic Creeds: A Selection, Edinburgh, Edinburgh UP, 1994, Print.
  14. ^ Noah Feldman, Why Shariah?, su nytimes.com, New York Times, 16 marzo 2008. URL consultato il 5 ottobre 2008.
  15. ^ Souad Hakim, Ibn 'Arabî's Twofold Perception of Woman: Woman as Human Being and Cosmic Principle, in Journal of the Muhyiddin Ibn 'Arabi Society, vol. 31, 2002, pp. 1–29.
  16. ^ Beverly B. Mack e Jean Boyd, One Woman's Jihad: Nana Asma'u, Scholar and Scribe, USA, Indiana University Press, 2000.
  17. ^ (EN) James E. Lindsay, Daily Life in the Medieval Islamic World, Greenwood Publishing Group, 2005, p. 197, ISBN 0-313-32270-8.
  18. ^ James E. Lindsay, Daily Life in the Medieval Islamic World, Greenwood Publishing Group, 2005, pp. 196& 198, ISBN 0-313-32270-8.
  19. ^ James E. Lindsay, Daily Life in the Medieval Islamic World, Greenwood Publishing Group, 2005, pp. 196, ISBN 0-313-32270-8.
  20. ^ James E. Lindsay, Daily Life in the Medieval Islamic World, Greenwood Publishing Group, 2005, p. 198, ISBN 0-313-32270-8.
  21. ^ Maya Shatzmiller, pp. 6–7.
  22. ^ Maya Shatzmiller (1994), Labour in the Medieval Islamic World, Brill Publishers, ISBN 90-04-09896-8, pp. 400–1
  23. ^ Maya Shatzmiller, pp. 350–62.
  24. ^ Maya Shatzmiller, "Women and Wage Labour in the Medieval Islamic West: Legal Issues in an Economic Context", Journal of the Economic and Social History of the Orient 40 (2), pp. 174–206 [175–7], 1997.
  25. ^ Jamil Ahmad, Ibn Rushd, in Monthly Renaissance, vol. 4, n. 9, September 1994. URL consultato il 14 ottobre 2008.
  26. ^ Girl Power Archiviato il 15 gennaio 2016 in Internet Archive., ABC News
  27. ^ Edwin Black, Banking on Baghdad: Inside Iraq's 7,000 Year History of War, Profit, and Conflict, John Wiley and Sons, 2004, p. 34, ISBN 0-471-70895-X.
  28. ^ (EN) Hale, Sarah Josepha Buell, Woman's Record: Or, Sketches of All Distinguished Women, from "The Beginning Till A.D. 1850, Arranged in Four Eras, with Selections from Female Writers of Every Age, Harper Brothers, 1853, p. 120.
  29. ^ Blain, Virginia, et al. The Feminist Companion to Literature in English (Yale UP, 1990)
  30. ^ Peasants' Revolt: The Time When Women Took Up Arms, su bbc.co.uk. URL consultato l'8 aprile 2013.,
  31. ^ a b Peasants' Revolt: The Time When Women Took Up Arms, su bbc.co.uk. URL consultato l'8 aprile 2013.
  32. ^ a b Hogenboom, Melissa. Peasants' Revolt: The time when women took up arms.” BBC News. BBC News Magazine, 14 June 2012. Web. 7 March 2013.
  33. ^ Spencer, Anna Garlin and Mitchell Kennerly, eds. The Drama of a Woman of Genius. NY: Forum Publications, 1912.
  34. ^ a b 1972 Schneir, Miram, Feminism: The Essential Historical Writings, Vintage Books, 1994, p. xiv, ISBN 0-679-75381-8.
  35. ^ Fraser, Antonia. The weaker vessel: Women's lot in seventeenth century England. Phoenix, London 1984.
  36. ^ Marshall-Wyatt, Sherrin. Women in the Reformation era. In, Becoming visible: Women in European history, Renate Bridenthal and Claudia Koonz (eds.) Houghton-Mifflin, Boston 1977.
  37. ^ Thomas, K. Women and the Civil War sects. 1958 Past and Present 13.
  38. ^ Persecution and Pluralism: Calvinists and Religious Minorities in Early.... By Richard Bonney, David J. B. Trim. [1]
  39. ^ Lerner, Gerda. "Religion and the creation of feminist consciousness". Harvard Divinity Bulletin November 2002 Archiviato il 6 maggio 2008 in Internet Archive.
  40. ^ Moses, Claire Goldberg. French Feminism in the 19th Century. 1984, p. 7.
  41. ^ British Women's Emancipation Since the Renaissance, su historyofwomen.org. URL consultato il 7 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 26 aprile 2013).
  42. ^ The poems of Lady Mary Roth. Roberts, Josephine A (ed.) Louisiana State University 1983
  43. ^ Greer, Germaine. Slip-shod sybils Penguin 1999, at 15-6
  44. ^ Goldberg, Claire Moses. French Feminism in the 19th Century. Syracuse: State University of New York, 1985, p. 4.
  45. ^ Bodek, Evelyn Gordon. "Salonieres and Bluestockings: Educated Obsolescence and Germinating Feminism." Feminist Studies 3 (Spring-Summer 1976), p. 185.
  46. ^ Goldberg, Claire Moses, p. 4.
  47. ^ Kinnaird, Joan. "Mary Astell: Inspired by ideas" in D.Spender, ed., Feminist Theories, p. 29
  48. ^ a b Walters, Margaret. "Feminism: A very short introduction". Oxford University 2005 (ISBN 0-19-280510-X)
  49. ^ Goreau, Angeline. Aphra Behn: A scandal to modesty (c. 1640-1689) in Spender op. cit. 8-27
  50. ^ Woolf, Virginia. Una stanza tutta per sé (A room of one's own), 1928, pag 65
  51. ^ Todd, Janet. The Secret Life of Aphra Behn. New Brunswick, NJ: Rutgers UP, 1997, p. 4.
  52. ^ a b Todd, Janet, p. 2.
  53. ^ Kavanagh, Julia. English Women of Letters. (London, 1863), p. 22.
  54. ^ Woolf, Virginia. A Room of One's Own. NY: Penguin Books, 1989, p. 71.
  55. ^ Juana Inés de la Cruz, Sor. Respuesta a Sor Filotea 1691. pub posthum. Madrid 1700
  56. ^ Upman AH. "English femmes savantes at the end of the seventeenth century". Journal of English and Germanic Philology 12 (1913)
  57. ^ Woolley, Hannah. The Gentlewoman's Companion. London 1675