Metagene (architetto)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Tempio di Artemide, Efeso, disegno fantasioso di Philip Galle (1572).

Metagene (in greco antico: Μεταγένης?, Metaghénēs; Cnosso, VI secolo a.C.VI secolo a.C.) è stato un architetto e inventore greco antico.

Modellino del tempio secondo le più recenti ipotesi ricostruttive. Si noti la statua della dea al centro del grande edificio, posta in uno spazio vuoto: l'Artemision infatti doveva presentarsi come una sorta di cortile circondato da un immenso portico, il cui aspetto esterno tuttavia rievocava l'immagine canonica del tempio a capanna.
Macchine descritte da Vitruvio in I dieci libri di architettura, utilizzate da Metagene per trasportare pietre di dimensioni significative, dalla cava al tempio.
Una ricostruzione delle macchine utilizzate da Metagene per il trasporto di pietre pesanti.
Una ricostruzione delle macchine utilizzate da Metagene per il trasporto di pietre pesanti.

Metagene nacque a Cnosso, nell'isola di Creta, figlio dell'architetto Chersifrone.[1][2][3]

Metagene fu attivo nella seconda metà del VI secolo a.C.[1][2]

Metagene collaborò con Teodoro di Samo, esperto di fondazioni in terreno paludoso,[4] e col padre alla costruzione dell'Artemisio di Efeso,[3][5] considerato una delle sette meraviglie del mondo antico, e assieme al padre scrisse un documento riguardante questo edificio, di cui parlano Vitruvio e Plinio il Vecchio.[1][2]

Plinio il Vecchio riferisce che il tempio era stato costruito da Chersifrone di Cnosso,[6] che secondo Vitruvio (80 a.C. - 15 circa) fu aiutato dal figlio Metagene.[7] Nel trattato scritto dai due architetti erano descritte le notizie sulle tecniche da loro adottate per trasportare le colonne e poi gli architravi dalla cava,[7] grazie all'utilizzo di macchine tirate dai buoi da loro inventate,[3][5] e per innalzare poi gli architravi sulle colonne.[6]

Anche Strabone (ante 60 a.C. - 24 circa) riferisce di Chersifrone come architetto del tempio arcaico, seguito da un altro di cui non fa il nome e che avrebbe allargato l'edificio.[8]

Secondo Diogene Laerzio (180-240)[9] per le fondamenta del tempio collaborò alla progettazione anche l'architetto Teodoro di Samo, figlio di Rhoikos, che aveva lavorato, inizialmente con il padre, anche per l'Heraion di Samo: secondo Plinio,[6] per evitare i problemi posti dal terreno su cui era costruito il tempio, paludoso e poco solido, le fondamenta poggiavano su un letto di carbone schiacciato e lana.[5]

Quando Chersifrone si ritirò, Metagene continuò l'opera iniziata dal padre.[5] Dato che l'edificio era voluminoso, e arduo posizionare le fondamenta a causa del terreno di natura paludosa, Chersifrone si occupò soprattutto della preparazione del terreno e del trasporto delle grosse colonne: Metagene invece realizzò la costruzione vera e propria con l'innalzamento delle colonne, il trasporto e la installazione degli architravi.[1][2]

Gli storici dell'arte ipotizzano che la prima attività di Metagene e del padre si sia effettuata già nella Ionia al tempo di Aliatte II, a dimostrazione della diffusione dell'attività dei Dedalidi di Creta in tutto l'Egeo, e dell'importanza dell'architettura della civiltà minoica assieme a quella anatolica e mesopotamica.[1][2]

  1. ^ a b c d e Metagene, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato l'8 febbraio 2019.
  2. ^ a b c d e Metagene, in le muse, VII, Novara, De Agostini, 1966, p. 428, SBN IT\ICCU\RAV\0082218.
  3. ^ a b c Dizionario storico di architettura, vol. 2. URL consultato l'8 febbraio 2019. Ospitato su Google Books.
  4. ^ Appunti di storia dell'architettura 1 (primo anno), su Storia dell'architettura uno - Politecnico di Milano. URL consultato l'8 febbraio 2019. Ospitato su Tumblr.
  5. ^ a b c d Opere complete di Francesco Milizia risguardanti le belle arti .... URL consultato l'8 febbraio 2019. Ospitato su Google Books.
  6. ^ a b c Plinio il Vecchio, Naturalis historia, 36, 21.
  7. ^ a b Vitruvio, De architectura, 10, 2,11-12.
  8. ^ Strabone, Geografia, 14, 1,22-23.
  9. ^ Diogene Laerzio, Vite e dottrine dei filosofi illustri, 2, 103-104.
  • (DE) Anton Bammer, Die Architektur des Jüngeren Artemisions von Ephesos, Wiesbaden, Franz Steiner, 1972, ISBN 978-3-515-00014-7.
  • (EN) Anton Bammer, A peripteros of the Geometric Period in the Artemision of Ephesus, in Anatolian Studies, vol. 40, British Institute at Ankara, 1990, pp. 137-159, DOI:10.2307/3642799, ISSN 0066-1546 (WC · ACNP).
  • (DE) Anton Bammer, Der Peripteros im Artemision von Ephesos, in Anatolia antiqua - Eski Anadolu, vol. 13, n. 1, Institut français d'études anatoliennes, 2005, pp. 177-221, ISSN 1018-1946 (WC · ACNP). URL consultato il 29 ottobre 2016.
  • (DE) Anton Bammer e Ulrike Muss, Der Hekatompedos im Artemision von Ephesos, in Anatolia antiqua - Eski Anadolu, vol. 17, n. 1, Institut français d'études anatoliennes, 2009, pp. 151-174, ISSN 1018-1946 (WC · ACNP). URL consultato il 29 ottobre 2016.
  • (DE) Anton Bammer e Ulrike Muss, Das Artemision von Ephesos. Das Weltwunder Ioniens in archaischer und klassischer Zeit, Magonza, Phillip von Zabern, 1996, ISBN 978-3-8053-1816-7.
  • (DE) Otto Benndorf e Wilhelm Wilberg, Studien am Artemision, a cura di Otto Benndorf, collana Forschungen in Ephesos, 1, Vienna, Österreichisches Archäologisches Institut, 1906.
  • (EN) David George Hogarth, Excavations at Ephesus. The Archaic Artemisia, Londra, British Museum, 1908. URL consultato il 29 ottobre 2016.
  • (EN) Ulrike Muss, Sculptures from the Artemision at Ephesos, in Dora Katsonopoulou e Andrew Stewart (a cura di), Paros III. Skopas of Paros and his World. Proceedings of the Third International Conference on the Archaeology of Paros and the Cyclades (Paroikia, Paros, 11-14 June 2010), Atene, Paros and Cyclades Institute of Archaeology, 2013, pp. 459-476.
  • (EN) Alexander Stuart Murray, Remains of Archaic Temple of Artemis at Ephesus (PDF), in Journal of Hellenic Studies, vol. 10, n. 1, Society for the Promotion of Hellenic Studies, 1889, pp. 1-10, DOI:10.2307/623583, ISSN 0075-4269 (WC · ACNP). URL consultato il 29 ottobre 2016.
  • (DE) Ulrike Muss, Die Bauplastik des archaischen Artemisions von Ephesos, collana Sonderschriften des Österreichischen ArchäologischenInstitutes, 25, Vienna, 1994, ISBN 978-3-900305-16-1.
  • (DE) Ulrike Muss, Anton Bammer e Mustafa Bueyuekkolanci, Der Altar des Artemision von Ephesos, collana Forschungen in Ephesos, XII/2, Vienna, Österreichisches Archäologisches Institut in Wien - Österreichischen Akademie der Wissenschaften in Wien, 2001, ISBN 978-3-7001-3477-0.
  • (DE) Aenne Ohnesorg, Der Kroisos-Tempel. Neue Forschungen zum archaischen Dipteros der Artemis von Ephesos, collana Forschungen in Ephesos, XII/4, Vienna, Österreichisches Archäologisches Institut in Wien - Österreichischen Akademie der Wissenschaften in Wien, 2007, ISBN 978-3-7001-3477-0.
  • (DE) Burkhardt Wesenberg, B.M. 1206 und die Rekonstruktion der Columnae caelatae des jüngeren Artemision, a cura di Ulrike Muss, collana Der Kosmos der Artemis von Ephesos (Sonderschriften, 37), Vienna, Österreichisches Archäologisches Institut, 2001, pp. 297-312, ISBN 978-3-900305-36-9.
  • (EN) John Turtle Wood, Discoveries at Ephesus including the site and remains of the Great Temple of Diana, Boston, James R. Osgood and Company, 1877, LCCN 04034384.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]