La paura numero uno
La paura numero uno | |
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Commedia in tre atti | |
Autore | Eduardo De Filippo |
Lingua originale | |
Genere | Teatro |
Composto nel | 1950 |
Pubblicato nel | Il Dramma n. 133 del 1951 |
Prima assoluta | 29 luglio 1950 Teatro La Fenice di Venezia |
Personaggi | |
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Riduzioni cinematografiche | Versione televisiva del 1964, regia di Eduardo De Filippo con la collaborazione televisiva di Guglielmo Morandi. |
La paura numero uno è una commedia in tre atti scritta da Eduardo De Filippo nel 1950, inserita dall'autore nella raccolta Cantata dei giorni dispari.
Fu rappresentata per la prima volta a Venezia, al Teatro La Fenice, il 29 luglio 1950 in occasione dell'XI Festival del Teatro di Venezia: la compagnia era "Il teatro di Eduardo con Titina De Filippo".[1] La prima pubblicazione avvenne su Il Dramma n. 133 del 1951.
L'edizione televisiva per il Teatro di Eduardo della RAI risale al 1964.
Trama
[modifica | modifica wikitesto]Matteo Generoso rende impossibile la vita dei suoi familiari, ossessionato dalla paura dello scoppio della terza guerra mondiale. La moglie Virginia, esasperata, si rivolge al fratello Arturo che escogita una trovata: organizza un finto giornale radio nel quale si annuncia lo scoppio della tanto paventata guerra. Tranquillizzato dalla realizzazione del suo timore ossessivo, Matteo riesce finalmente a guardare avanti, e acconsente al matrimonio della figlia Evelina con il giovane Mariano Conforto.
Però per un tragico errore anche Luisa, la madre di Mariano, si convince, malgrado le successive spiegazioni di Virginia, che sia effettivamente scoppiata un'altra guerra: la donna, che aveva perso il marito e il figlio maggiore nei precedenti conflitti, è morbosamente legata a Mariano, e all'idea che possa partire anche lui per la guerra lo mura letteralmente vivo in uno stanzino, intenzionata a farlo uscire soltanto alla fine del conflitto.
Dopo un certo tempo Mariano riesce in qualche modo a fuggire dalla sua prigione e a sposare Evelina. Luisa, apparentemente, accetta la realtà, ma, anche a causa del matrimonio del figlio, resta frustrata nel suo feroce e irrazionale amore materno, e cerca di alleviare il suo dolore dedicandosi alla confezione di marmellate e di frutta sciroppata. Se i figli, infatti, sono destinati a crescere e ad allontanarsi dalla madre, le marmellate possono essere chiuse a chiave in un armadio senza ribellarsi, possono essere possedute senza manifestare nessuna volontà, quindi in definitiva gratificano maggiormente la cieca possessività di Luisa.
Commento
[modifica | modifica wikitesto]Nata su commissione di Gino Cervi e Andreina Pagnani, La paura numero uno fu per il suo autore un relativo insuccesso.[1] Dopo il primo periodo di rappresentazione nella stagione teatrale '50-'51, non fu più ripresa; la critica si espresse negativamente circa la commedia, evidenziando i difetti strutturali dell'opera, con passaggi dal comico al drammatico, dal farsesco al melodrammatico ritenuti troppo bruschi e mal amalgamati, e non ultimo l'espediente narrativo della madre che mura in casa il figlio, ritenuto troppo poco plausibile.[2] A cinque anni esatti da Napoli milionaria!, il tema della guerra torna ad ispirare la fantasia di Eduardo; ma non quella già combattuta, con il suo strascico di lutti e sconvolgimenti morali. Ora è una guerra futura, possibile, temuta, incombente, attualissima[3]: la guerra fredda, della quale tanto si discute in quel momento, e che potrebbe diventare guerra atomica proprio mentre il papa (Pio XII) lancia al mondo il messaggio di fratellanza dell'Anno Santo 1950.
Tutto questo dà alimento a La paura numero uno, una commedia con molti – forse troppi – personaggi che entrano ed escono dalla scena con un criterio di ingegneria teatrale del tutto nuovo, ma piuttosto frammentario e discontinuo[1][4]. Persino Cervi e la Pagnani, nella lettera in cui garbatamente rinunciano al lavoro di Eduardo, li rilevano "marionette senza passione".[5]
Non mancano, come sempre, ottimi spunti di comicità, fra i quali vanno almeno citati l'assurda incetta di provviste fatta da Matteo e, in generale, la sua paradossale reazione davanti alla notizia dell'inizio delle ostilità. Ai ricami umoristici fanno da contraltare momenti di profonda tristezza, come quello in cui Matteo e Arturo passano in rassegna le guerre a cui l'Italia del Novecento ha partecipato, associando a ciascuna di esse una canzone goliardica tranne che alla più recente: gli orrori del secondo conflitto mondiale, da Auschwitz a Hiroshima, possono solo ridurre a un silenzioso sgomento.
La paura numero uno soffre però di uno squilibrio fra i primi due atti, in cui si dipana la vicenda del protagonista, e il terzo, praticamente tutto dedicato al personaggio di Luisa, quasi fosse un'altra opera a sé stante. Partita da un tema di attualità, la commedia vorrebbe andare oltre e rappresentare l’umanità che combatte contro se stessa, l’Uomo contro l'Uomo.[senza fonte]
Versione televisiva
[modifica | modifica wikitesto]La commedia fu adattata, nel 1964, per la televisione all'interno del ciclo Il Teatro di Eduardo. Diretta dallo stesso Eduardo con la collaborazione televisiva di Guglielmo Morandi, contava tra gli interpreti, in ordine di apparizione: Luisa Conte nella parte di Virginia, moglie di Matteo Generoso; Maria Teresa Lauri, Carla Comaschi, Maria D'Ajala, Orazio Orlando, Lida Ferro nella parte della signora Luisa; Glauco Onorato, il figlio che finisce murato vivo; Carlo Giuffré nella parte del fratello di Virginia; Eduardo De Filippo, il protagonista della commedia, Matteo Generoso; Nico Da Zara, Pietro Carloni (nella vita, marito di Titina), Pasquale De Filippo (fratellastro di Eduardo), Carlo Pennetti, Anna Valter, Antonio Ercolano, Evole Gargano, Clara Bindi, Lando Buzzanca, Michele Faccione, Pietro Recanatesi, Massimo Ungaretti, Luigi Leoni, Vittorio Soncini, Cesare Di Vito, Enzo Verduchi, Sandra Caccialli, Fiorangela Filli, Bianca Manenti.
L'adattamento comporta che alcuni riferimenti all'attualità del 1950 siano eliminati: ad esempio, nel riferimento ai potenziali clienti della pensione che la signora Bravaccino intende aprire abusivamente, non si parla di pellegrini giunti a Napoli per l'anno santo, ma genericamente di turisti.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b c Fiorenza Di Franco, Le commedie di Eduardo, Laterza, Bari, 1984, pp. 163-167.
- ^ Fiorenza Di Franco, Le commedie di Eduardo, 1984, Biblioteca Universale Laterza, pag. 167, ISBN 88-420-2499-6.
- ^ Eduardo De Filippo: atti del convegno di studi sulla drammaturgia civile e sull'impegno sociale di Eduardo De Filippo, senatore a vita : 9 novembre 2004, Roma, sala conferenze della Biblioteca "Giovanni Spadolini", a cura di Elio Testoni, Rubbettino Editore, 2005, pag. 85.
- ^ Ermanno Contini, Il Messaggero, Roma, 7 aprile 1951 in Fiorenza Di Franco, Eduardo, Gremese, Roma 2000, p. 171.
- ^ Maurizio Giammusso, Vita di Eduardo, Minimum Fax, 2009, Roma, pag. 259, ISBN 978-88-7521-236-0.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Eduardo De Filippo, Teatro (Volume secondo) - Cantata dei giorni dispari (Tomo primo), Mondadori, Milano 2005, pagg. 1161-1303 (con una Nota storico-teatrale di Paola Quarenghi e una Nota filologico-linguistica di Nicola De Blasi).
- Fiorenza Di Franco, Le commedie di Eduardo, Laterza, Bari, 1984.
- Fiorenza Di Franco, Eduardo, Gremese, Roma, 2000.
- Maurizio Giammusso, Vita di Eduardo, Minimum Fax, Roma, 2009.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Università di Roma, trama dell'opera, su w3.uniroma1.it. URL consultato il 29 settembre 2007 (archiviato dall'url originale il 1º settembre 2005).