Kalām
Il termine arabo kalām (in arabo كلام?) di per sé significa «parola, discorso, linguaggio». L'espressione ʿilm al-kalām (in arabo علم الكلام?) nella cultura islamica indica tuttavia specificamente la conoscenza relativa al kalām Allāh («Parola di Dio»), equivalente al greco antico Logos o al Verbo evangelico, riferendosi quindi alla teologia speculativa islamica.
Studio della Parola divina
[modifica | modifica wikitesto]Dal momento che Dio (Allah) fa conoscere la Sua volontà (che s'identifica col Bene) soltanto tramite la Rivelazione - in mancanza della quale l'umanità non avrebbe alcuna possibilità di orientarsi, fidando nei suoi soli fallibili sensi e nella sua limitata intelligenza - quanto detto da Dio nel Corano assume un valore fondamentale. Studiare cioè la Parola divina significa conoscerLo, sia pure nei soli aspetti che sono stati fatti oggetto della Rivelazione.
Tale approccio non sempre è condiviso dai mistici che privilegiano invece un rapporto "personale" con Dio, un'ascesi progressiva che mira a fare riconfluire il proprio Essere apparente nell'Unico davvero esistente.
Il fatto che il Corano sia sempre stato definito "parola di Dio" ha condotto a un durissimo confronto (non sempre rimasto sul piano puramente teorico) sulla createzza del testo sacro islamico. Da un punto di vista eminentemente storico tutto portava a credere che esso fosse stato creato da Dio per gli uomini in un dato momento storico dell'esistenza dell'umanità, ma contro la tesi della "createzza" coranica (asserita ad esempio, come marca fondamentale delle proprie riflessioni teologiche, dal Mutazilismo), si mossero tanto Ahmad ibn Hanbal, quanto Abu al-Hasan al-Ash'ari. Essi sostennero infatti che, proprio perché "parola di Dio", il Corano non poteva essere che eterno a parte ante, dal momento che sarebbe stato inammissibile che un attributo divino fosse creato dall'Essere stesso cui quell'attributo pertiene ontologicamente.
Varrà la pena osservare come una simile riflessione fosse stata già fatta dall'Ebraismo che, infatti, nei Midrashim (commenti) al libro del Genesi, affermava che "prima che fosse creato il mondo" furono create sette cose, tra cui la Torah e il Tempio,[1] sulla scorta della frase «Il Signore mi ebbe con sé al principio dei suoi atti, prima di fare alcuna delle sue opere più antiche (Proverbi, 8:22-30)[2]».
I mutakallimūn, vale a dire i teologi, sono considerati fra gli esponenti di punta dei "dotti di scienze religiosi" (ʿulamāʾ ʿulūm al-dīn ), unitamente ai giurisperiti (fuqahāʾ ), ma spesso in polemico contrasto con i filosofi, per la convinzione di questi ultimi che Dio si potesse in parte conoscere anche con lo strumento della ragione umana da Lui elargita all'umanità, asserendo in definitiva l'esistenza di una sorta di "teologia naturale".
I teologi si sono anticamente divisi in due gruppi: i dogmatici e i mutakallimūn.
Il kalām è costituito dal Daqīq al-kalām, nel quale vengono discusse le proprietà della natura e dal Jalīl al-kalām, che invece prevede indagini teologiche e metafisiche.
Tra i più importanti pensatori e teologi islamici, che contribuirono alla stesura e alla revisione delle tematiche concernenti il kalām, si annoverano Ibn Hazm (933-1063), che fu considerato un innovatore, al-Ghazālī (1058-1111), che è stato uno dei più influenti pensatori islamici di tutti i tempi.
Alla fine dell'XI secolo, una disputa incorsa fra i teologi, a causa di opinioni divergenti sugli attributi divini, sollevò una serie di accuse reciproche di miscredenza, mettendo in serio pericolo la ripresa degli studi e dell'insegnamento del kalām.[3]
Sviluppi storici
[modifica | modifica wikitesto]Storicamente la prima riflessione teologica sorse già nel VII secolo intorno al problema del rapporto tra fede e opere in ordine alla salvezza e alla giustificazione, dando luogo a un'accesa polemica tra i kharijiti, che sostenevano che il peccatore perde lo status di credente ed è dannato, e tutti gli altri secondo i quali invece un simile giudizio non spettava agli uomini bensì solo a Dio e dovesse perciò essere differito al momento del finale rendiconto (da irjāʾ = "differimento", costoro furono poi chiamati murgiti).
Un altro grande tema di discussione riguardò la fisionomia di Dio, che determinò l'emergere di una corrente antropomorfista (sulla base di passi coranici che descrivono Allah come un grande re celeste, che siede sul trono, vede, ascolta ecc.) e di un'altra che, all'opposto, negava qualsiasi possibilità di attribuire a Dio tratti umani e sosteneva di conseguenza l'interpretazione allegorica di detti passi.
Una terza questione accese gli animi, quella dei limiti del qadar divino ossia dell'"attività decretante" di Allah che, secondo concezioni estreme, eserciterebbe una "costrizione" (jabr) su tutto il creato in ogni suo aspetto e giungerebbe perciò a vanificare qualsiasi margine di libertà umana (da cui la corrente omonima jabrita, in sostanza predestinazionista); la posizione opposta, che fa salvo invece un qualche margine di libertà individuale e sostiene di conseguenza il libero arbitrio, prese il nome di qadarita.
A partire dal IX secolo si forma la grande scuola dei mu'taziliti che, anche avvalendosi dei nuovi strumenti della dialettica (pervenuti attraverso le diffuse traduzioni dal greco di testi di scienza e filosofia a partire dall'VIII sec.), svilupperanno in una riflessione più organica e sistematica alcune tesi di matrice qadarita e rifletteranno a fondo sul concetto centrale di tawḥīd ("unità" divina); più tardi si formerà la scuola degli Ash'ariti, che dal X sec. prenderà il sopravvento, in parte mediando con correnti più tradizionaliste e conservatrici sensibili al lascito jabrita e che si coaguleranno nell'indirizzo dell'Hanbalismo, ferocemente avverso alla "scienza straniera" dei filosofi ellenizzanti e ai teologi di indirizzo dialettico; un'ulteriore scuola, quella dei maturiditi si svilupperà nei territori più orientali, ispirandosi in parte al lascito mu'tazilita.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ In principio (a cura di Giovanni Paolo Tasini), Roma, Città Nuova, 1988, p. 33.
- ^ Edizione Nuova Riveduta.
- ^ "Creation and the Personal Creator in Islamic Kalām and Modern Cosmology", di M.B. Altaie, Department of Physics, Yarmouk University, 21163 Irbid, Giordania (pubblicato su: "Humanity, the World and God, Studies in Science and Theology", Vol. 11, 149-166, Lund University, Sweden 2008)
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]Non esiste molto in italiano sull'argomento. Una sintesi, di ottima fattura, è leggibile negli ampi capitoli dedicati alla teologia islamica in:
- A. Bausani, L'Islam, Garzanti, Milano, 1980
- Carlo Saccone, I percorsi dell'Islam, EMP, Padova, 2003 (con eccellente bibliografia di oltre 2000 titoli complessivi)
Dizionari di termini religiosi e teologici:
- A. Campisi, Lessico della teologia islamica, Rubbettino, Soveria Mannelli 1994
- H.A.R. Gibb, Shorter Encyclopedia of Islam, Leida, 1961 (solo le voci religiose e teologiche della editio major)
Per approfondire.
Trattazioni classiche:
- A.J. Arberry, Revelation and Reason in Islam, Londra, 1971
- L. Gardet, M.M. Anawati, Introduction à la théologie musulmane. Essai de théologie comparée, Vrin, Parigi, 1981
- H.A.R. Gibb, La structure de la pensée religieuse de l'Islam, Parigi, 1950
- I. Goldziher, Le dogme et la lois de l'Islam, tr. francese, Paris 1958
- G.E. Grunebaum (a cura),Theology and Law in Islam, Wiesbaden 1971
- D.B. Mac Donald, Development of Muslim Theology: Jurisprudence and Constitutional Theory, New York, 1965
- P. Morewedge, Islamic Philosophical Theology, Albany, 1979
- M.S. Seale, Muslim Theology: a Study of Origins with Reference to the Church Fathers, Londra 1964
- A. al-Shahrastānī, Kitāb al-iqdām fī ʿilm al-kalām, Beirut, Dār al-kutub al-ʿilmiyya, 2004 (trad. inglese parziale The Summa Philosophiae of Shahrastani, Oxford, 1934)
- M.M. Sharif (ed.), A History of Muslim Philosophy and Theology, Wiesbaden, 1966
- J. W. Sweetman, Islam and Christian Theology, Londra, 1947
- A.S. Tritton, Muslim Theology, Londra, 1947
- A.J. Wensinck, The Muslim Creed. Its Genesis and Historical Development, Londra, 1965
Trattazioni più recenti:
- M. Arkoun, Essais sur la pensée islamique, Parigi, 1979
- Roger Arnaldez, Aspects de la pensée musulmane, Parigi, 1987
- R. Caspar, Traité de théologie musulmane, vol. I, Roma PISAI, 1987; vol. II: Le Credo, PISAI, Toma 1999
- M. Cook, Early Muslim Dogma, Cambridge, 1981
- W.I. Craig, The Kalām Cosmological Argument, London and Basingstoke, The Macmillan Press Ltd., 1979
- J. Van Ess, Theologie und Gesellschaft in 3. und 4. Jahrhundert Hidschrah, 4 voll., Berlino-New York 1991-93
- W. Madelung, Religious Schools and Sects in Medieval Islam, Londra, 1985
- W. Montgomery Watt, The Formative Period of Islamic Thought, Edimburgo, 1973
- W. Montgomery Watt, Islamic Philosophy and Theology, Edimburgo, 1987
- W. Montgomery Watt, Islamic Creeds, Edimburgo, 1994
- Tilman Nagel, Triumph und Scheitern des islamischen Rationalismus im 11. Jahrhundert, Monaco di Baviera, 1988
- T. Nagel, Geschichte der islamischen Theologie. Von Mohammed bis zur Gegenwart, Monaco di Baviera, 1994
- A. Ventura, L'Islam sunnita nel periodo classico (VII-XVI secolo), in: (a cura di G. Filoramo) Storia delle religioni - Islam, Roma-Bari, Laterza 1995
- H. Wolfson, The Philosophy of the Kalām, Harvard University Press, 1976
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- kalām, in Dizionario di filosofia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2009.
- (EN) kalām, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.