Ipparchia

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Ipparchia

Ipparchia (in greco antico: Ἱππαρχία?; Maronia, 350 a.C. circa – 280 a.C. circa) è stata una filosofa greca antica.

Nacque a Maronia, località molto vicina all'attuale Tracia orientale, per poi trasferirsi, insieme alla sua famiglia, ad Atene. Sorella del cinico Metrocle, originaria di una famiglia di buona condizione, minacciò di uccidersi se non le fosse stato consentito di sposare il filosofo cinico Cratete di Tebe. Secondo Diogene Laerzio, Cratete, non riuscendo a dissuaderla,

«toltisi i vestiti, di fronte a lei, disse: Lo sposo è questo; questi i suoi averi. Prendi una decisione in base a questo.
Costui, infatti, non potrà essere tuo sposo, se non acquisirai anche il suo stesso modo di vivere.
»

Nell'Antologia Palatina (VII, 413), è riportato un epigramma che la riguarda:

«Io, Ipparchia,
non scelsi opere di donne dalle ampie vesti,
ma la dura vita dei cinici,
non ebbi scialli ornati di fibbie,
né alte calzature orientali,
né retine splendenti nei capelli,
ma una bisaccia col bastone,
compagna di viaggio e adatta alla mia vita,
e una coperta per giaciglio.»

In un simposio, avrebbe confutato Teodoro l'ateo con questo ragionamento[2]:

«Se ciò che Teodoro fa non è ingiusto, neanche fatto da Ipparchia sarà ingiusto. Se Teodoro, colpendosi, non commette un'ingiustizia, neanche Ipparchia, colpendo Teodoro, commetterà ingiustizia.»

Al rimprovero di questi di aver abbandonato i lavori dei telai, rispose di aver messo a frutto il tempo per la propria educazione, anziché sprecarlo nei telai[3]

La Suda riporta che scrisse alcuni trattati filosofici, oltre che alcune lettere indirizzate a Teodoro l'ateo, ma nulla di ciò è sopravvissuto[4]

  1. ^ Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VI 96
  2. ^ Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VI 97
  3. ^ Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VI 98
  4. ^ Suda On Line quarto risultato

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