Gneo Genucio Augurino
Gneo Genucio Augurino | |
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Tribuno consolare della Repubblica romana | |
Nome originale | Cn. Genucius Augurinus |
Morte | 396 a.C. |
Gens | Genucia |
Tribunato consolare | 399 a.C., 396 a.C. |
Gneo Genucio Augurino (... – 396 a.C.) è stato un politico e militare romano.
Primo Tribunato consolare
[modifica | modifica wikitesto]Nel 399 a.C. fu eletto tribuno consolare con Lucio Atilio Prisco, Marco Pomponio Rufo, Gaio Duilio Longo, Marco Veturio Crasso Cicurino e Volero Publilio Filone.[1]
Marco Veturio fu l'unico patrizio ad essere eletto alla massima magistratura romana per quell'anno.[2]
Durante l'assedio contro Veio si registrò un improvviso afflusso di contingenti di Capenati e Falisci, che presero di sorpresa le forze romane assedianti, che però, memori di quanto accaduto qualche anno prima (nel 402 a.C.) con i tribuni consolari Manio Sergio Fidenate e Lucio Verginio Tricosto Esquilino, organizzarono prontamente una controffensiva che mise in fuga i nemici.[2]
Secondo tribunato consolare
[modifica | modifica wikitesto]Nel 396 a.C. fu eletto tribuno consolare con Publio Licinio Calvo Esquilino, Publio Melio Capitolino, Lucio Titinio Pansa Sacco, Lucio Atilio Prisco e Quinto Manlio Vulsone Capitolino.[3]
Mentre continuava l'assedio di Veio, Lucio Titinio e Gneo Genucio marciarono contro i Falisci ed i Capenati, ma furono da questi sorpresi in un'imboscata. Gneo Genucio morì combattendo, mentre Titino riuscì a riparare con i superstiti.
La notizia della rovina dell'esercito romano fece cadere Roma, ed i soldati che assediavano Veio, nel panico, tanto che alcuni di questi tornarono in città.
«A Roma erano arrivate notizie ancora più allarmanti: l'accampamento di fronte a Veio era già in stato d'assedio e colonne di nemici pronte a battersi stavano ormai marciando alla volta di Roma. Ci fu un accorrere scomposto di gente sulle mura. Le matrone, richiamate fuori dalle case dalla paura generale, si riversarono nei templi a rivolgere preghiere e suppliche agli dèi.»
Solo la nomina di Marco Furio Camillo a dittatore riuscì a riportare la calma in città e nell'esercito, che rinfrancato, fu artefice della caduta di Veio, dopo un decennale assedio.
Note
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