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Gloria Film

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Film Artistica Gloria
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StatoItalia (bandiera) Italia
Forma societariasocietà in accomandita semplice
Fondazione20 aprile 1913 a Torino
Fondata daDomenico Cazzulino, Mario Caserini
Chiusuradicembre 1916
Sede principale
  • uffici: Torino
  • stabilimento: Torino, via Quittengo 39
Persone chiave
  • Mario Caserini
  • Camillo De Riso
  • Lydia Borelli
Settoreproduzione cinematografica
Prodottifilm
Slogan«Ars vera lex»

La società Film artistica Gloria, comunemente conosciuta come Gloria Film, è stata una casa di produzione cinematografica torinese del periodo del muto la cui attività si sviluppò dall'inizio del 1913 sino alla fine del 1916. Nonostante la brevità della sua vita aziendale è riconosciuta come una delle più significative imprese italiane del settore negli anni precedenti la prima guerra mondiale.

Un inizio pieno di speranze

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L'azienda venne costituita nella forma giuridica di una accomandita semplice in data 20 aprile 1913 con una durata prevista di 25 anni ed un capitale sociale di 250.000 lire, suddiviso tra 14 soci, tra i quali le quote prevalenti erano attribuite a Domenico Cazzulino e Mario Caserini[1]. Il primo, imprenditore nel settore dell'esercizio di sale cinematografiche, era stato tra i pionieri del cinema torinese, affiancando sin dal 1901 Roberto Omegna nella gestione di una "Sala Edison" ove venivano proiettati cortometraggi di produzione francese[2], espandendosi poi anche in altre città del nord, tra cui Bologna[3]. Mario Caserini, che aveva iniziato la sua attività di cineasta presso la "Cines", si era trasferito, assieme alla moglie Maria Gasperini ed altri collaboratori, a Torino presso la "Ambrosio" con un vantaggioso contratto che lo impegnava sino al marzo 1915[4].

I due principali fondatori della "Gloria Film": Domenico Cazzulino (a sin.) e Mario Caserini

Tuttavia, mosso da un temperamento esuberante egli decise di interrompere tale collaborazione in quanto «non mi bastava essere parte, per quanto di una macchina interessantissima, ma desideravo diventare io stesso la forza motrice, [quindi] ottenni lo scioglimento del contratto che mi legava alla "Ambrosio"[5]». Caserini sarà quindi il direttore artistico della nascente impresa.

Nel concreto, come traspare sia dalle dichiarazioni di Caserini che dalla documentazione disponibile, l'effettiva operatività dell'azienda aveva preceduto il suo atto costitutivo. Infatti sin dal gennaio 1913 era stata individuata una sede da destinare all'attività produttiva nella via Quittengo, che all'epoca era nell'estrema periferia della città[6]: si trattava di un'area di 3.600 m² sulla quale preesisteva una fonderia i cui fabbricati vennero riutilizzati per i nuovi fini, mentre ex novo venne realizzato solo il teatro di posa[7], sulla base di una autorizzazione edilizia del 30 gennaio 1913[1]. Gli uffici amministrativi furono invece collocati in via Ospedale.

A differenza di altre aziende analoghe, la "Gloria Film" scelse di non dotarsi al suo interno di laboratori per sviluppo e stampa delle pellicole, appoggiandosi a tale fine sullo stabilimento BIAK di Lione (che aveva anche una filiale a Torino) nel quale era interessato quell'ing. Adolfo Pouchain che era stato amministratore della "Cines" dal 1906 al 1911, quando nell'azienda romana lavorava Caserini[5]. I preparativi per l'avvio dell'attività produttiva impegnarono i primi mesi del 1913: già all'inizio di marzo il nuovo teatro di posa erano quasi ultimato, cosicché ad aprile si potevano avviare le riprese, mentre proseguivano gli ingaggi degli artisti destinati a lavorare nella nuova azienda, spesso provenienti dalle concorrenti[8].

Lo stabilimento di produzione della "Gloria Film" in via Quittengo 39 a Torino, fine 1913

Nello stesso periodo iniziava una martellante campagna pubblicitaria che impegnava pagine e pagine delle riviste del settore per annunciare che «La "Gloria" produrrà esclusivamente film artistiche di lungo metraggio da soggetti di autori di fama indiscussa[9]». Intanto Cazzulino, nominato amministratore della società, si occupava di organizzare la distribuzione, associando la "Gloria" alla "De Giglio", per utilizzare i canali distributivi di cui tale azienda disponeva[10].

Gli ambiziosi progetti aziendali diventarono realtà alla metà di giugno 1913 quando la "Gloria Film" aprì il suo teatro di posa in occasione delle ultime riprese del suo primo lungometraggio, Il treno degli spettri. Con una iniziativa inedita, giornalisti ed autorità vennero invitati ad assistere alla lavorazione delle scene finali, dando vita nel complesso di via Quittengo ad un evento mondano che attirò sulla neonata casa di produzione simpatia ed attenzione[6], replicate quando dello stesso film fu organizzata una "prima" al cinema "Borsa" di Torino (di proprietà di Cazzulino) alla mezzanotte del 28 giugno, esaltandone così il sapore di "thriller"[8].

Giugno 1913. Si inaugura l'impianto della "Gloria Film" a Torino. Con l'occasione furono girate le ultime scene del primo lungometraggio prodotto, Il treno degli spettri

Dopo un secondo film (la farsa Florette e Patapon) le prospettive della "Gloria" decollarono quando riuscì a scritturare una delle più note ed applaudite attrici teatrali del momento, Lyda Borelli. Su di lei due autori non professionisti genovesi (il medico, ma anche appassionato di spettacolo e musica, Emiliano Bonetti, e l'insegnante e giornalista Giovanni Monleone) costruirono un soggetto drammatico cui attribuirono come titolo l'ultimo verso della Manon Lescaut di Puccini. Nacque così Ma l'amor mio non muore, che segnò il costume e rappresentò la cultura di un'epoca, quale capostipite del dramma cinematografico di ambientazione borghese moderna[1], Il film di Caserini (per diversi osservatori il suo capolavoro[11]) ebbe un successo straordinario e venne venduto in tutto il mondo, tanto che arrivarono notizie di sue acclamate proiezioni anche da località lontane come Melbourne o La Paz[12].

Lo straordinario riscontro di pubblico e di critica del primo film interpretato dalla Borelli indusse la "Gloria" a metterne immediatamente in cantiere un secondo, La memoria dell'altro, che, uscito nel gennaio 1914, ebbe anch'esso un notevole successo[13]. Sulla scia di questi successi, la "Gloria" riuscì, in poco tempo, a garantire ai suoi prodotti una vasta distribuzione internazionale rivolta sia ai principali mercati europei (Spagna, Francia, Gran Bretagna, paesi Scandinavi) che agli Stati Uniti,[8].

A quel punto la "Gloria", benché nata da meno di un anno, veniva già annoverata tra le sette principali aziende di produzione cinematografica torinesi (a fronte delle 4 romane, 3 milanesi e 2 napoletane) nel cui ambito s'era conquistata in quel poco tempo un posto di riguardo[14]. Le prospettive di un impetuoso sviluppo erano così concrete che si diede il via ad alcune iniziative di potenziamento dell'impresa: venne acquistato un lotto di terreno di circa 3000 m², adiacente a quello di primo impianto, per poter ampliare lo stabilimento e fu rilevato un teatro di posa a Pegli (a quel tempo ancora Comune autonomo da Genova) per utilizzare le migliori condizioni di luce naturale che esistevano in prossimità del mare[15]. Questa struttura, che da qualche tempo era inattiva, venne rapidamente rimessa in funzione a partire dal gennaio 1914 da Paolo Cantinelli ed in essa furono girate da Caserini diverse scene di Nerone ed Agrippina[8], oltre a funzionare anche con due "troupes" contemporaneamente al lavoro[16]. La Liguria fu interessata, sempre nel gennaio 1914, da una seconda iniziativa espansiva della "Gloria" quando Cazzulino, confermando il suo spirito di esercente oltre che di produttore, rilevò la "Universale" una delle sale cinematografiche centrali di Genova, nella quale i film della "Gloria" venivano proiettati in esclusiva[17].

Due tra i principali collaboratori della "Gloria Film": il regista Alberto Degli Abbati /a sin.) e l'attore-regista Vittorio Rossi Pianelli

Nella seconda metà del 1913 Caserini e la "Gloria" subirono una prima battuta d'arresto, frutto anche del clima di concorrenza, spesso sleale, che caratterizzava a qual tempo le case cinematografiche, provocando non pochi strascichi giudiziari. Decisero infatti di produrre una seconda edizione de Gli ultimi giorni di Pompei, per le cui riprese si volle utilizzare il prestigioso scenario dell'Arena di Verona, dove si trasferì un cast di rilievo in cui Caserini era affiancato da Alberto Degli Abbati e Giuseppe De Liguoro[18]. Ma nello stesso periodo anche la "Ambrosio" e la "Pasquali" avevano messo in cantiere un film tratto da quel romanzo. Nonostante fossero state già girate diverse scene, la "Gloria" decise di sottrarsi allo scontro diretto, destinando quelle riprese ad un altro film, Nerone ed Agrippina, che uscirà nel marzo dell'anno successivo, riscuotendo però scarso successo[15].

Crisi e chiusura

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La crescita qualitativa e quantitativa che nel 1913 aveva permesso alla "Gloria" di assumere un ruolo di primo piano nel panorama della cinematografia italiana, si infranse a metà del 1914 in un primo momento a causa d'un dissidio tra Caserini e la società di cui non si conoscono le cause, se non che si trattò di «un disaccordo con gli azionisti» che il 16 giugno 1914 indusse il regista a lasciare l'impresa da lui stesso fondata per rientrare alla "Ambrosio"[19].

Un fotogramma della farsa Florette e Patapon, secondo film prodotto dalla "Gloria" /1913), oggi perduto. Gli attori al centro sono Mary Baima Riva e Camillo De Riso

Ma se alla perdita del suo regista più importante la "Gloria" rispose accentuando l'attività dei suoi sostituti, ben più grave doveva essere, due mesi dopo, lo scoppio della Guerra che, benché l'Italia fosse ancora neutrale, comportò un arresto dell'attività dovuto al contingentamento dei conti bancari disposto dal governo,[20] ed alla difficoltà di approvvigionamento di pellicola vergine. Come molte altre aziende anche la "Gloria" fu costretta a ridurre le lavorazioni ed a tagliare le paghe del personale di circa il 50 per cento[21].

Le crescenti difficoltà portarono rapidamente alla crisi quella che all'inizio s'era dimostrata una fortunata iniziativa industriale. Nel 1915 la produzione proseguì, ma alla chiusura dell'esercizio, nel maggio 1916, la società denunciò una perdita di 231.000 lire, che quasi azzerava il capitale sociale[8]. Nonostante ciò, si decise di proseguire sperando in un miglioramento della situazione, ma sei mesi dopo, nel corso di un'assemblea straordinaria che si tenne il 6 novembre, si dovette prendere atto che ogni speranza di rilancio era vana e si deliberò la scioglimento e la messa in liquidazione della società[22]

La cessazione della attività produttiva della "Gloria" lasciò tuttavia in funzione gli impianti di via Quittengo che per qualche tempo vennero affittati ad altre produttrici, Poi nel 1918 essi furono venduti alla società "Electa Film"[23], costituita dall'imprenditore Alberto Fasola e dell'attore regista Mario Bonnard, che però se ne allontanò quasi subito[24].

Fasola, che aveva a sua volta costituito la società IN.CI.T. nella quale aveva fatto confluire anche lo stabilimento torinese ex "Gloria", nel 1919 cedette il tutto per la consistente somma di 800.000 lire[25] alla U.C.I., per cui tale impianto diventò uno degli 11 posseduti in Italia dall'elefantiaco (e per molti critici, vantaggioso solo per chi riusciva, in anni di crisi, a cedergli i propri impianti[26]) "trust" cinematografico costituito nel dopoguerra per tentar di contrastare la penetrazione del cinema statunitense, salvo poi disfarsene nel 1921[27]. L'area fu quindi assorbita dall'avanzare dell'espansione edilizia torinese.

Due attrici della "Gloria Film" nel 1913 - 14: Antonietta (Nelly) Pinto - a sin. - e Fernanda Sinimberghi

Artisti e collaboratori

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Per quanto l'avventura produttiva della "Gloria Film" sia stata breve, l'azienda torinese costituì nel periodo antecedente la Guerra mondiale, conosciuto come gli "Anni d'oro" della produzione italiana[13], un elemento di qualità, rappresentando per il dramma borghese moderno, lo stesso valore innovativo che per i soggetti storici venne, nello stesso periodo, simboleggiato da Cabiria[23]. Ciò fu possibile anche grazie al fatto che, nonostante i pochi anni di attività, la "Gloria" poté usufruire per periodi più o meno lunghi della collaborazione di alcuni dei nomi più noti della cinematografia dell'epoca.

Già al momento della costituzione della "Gloria" vi arrivarono, assieme a Caserini ed alla moglie, e come loro attratti dalle grandi prospettive positive dell'iniziativa[15] i registi Alberto Degli Abbati e Giuseppe De Liguoro, Mario Bonnard (che entrerà subito nel cast del primo film Il treno degli spettri) e l'attore - regista Camillo De Riso che sarà il realizzatore di tutte le comiche distribuite dall'azienda torinese; con loro si trasferì nella nuova azienda anche l'operatore Giuseppe Angelo Scalenghe, portandovi tutti costoro l'esperienza acquisita alla "Ambrosio"[8].

In un periodo in cui la distinzione sul "set" tra sceneggiatore, regista ed interprete non era così rigida come poi diventerà in seguito, lavorano in via Quittengo in tali ruoli "misti" Vittorio Rossi Pianelli, Emilio Petacci, Leopoldo Carlucci, Gino e Piero Calza - Bini, Giuseppe Pinto e Telemaco Ruggeri. Presso la "Gloria" inizia la sua quasi trentennale carriera registica Amleto Palermi. Nella parte conclusiva dell'attività aziendale collabora anche come regista Pier Antonio Gariazzo, mentre lo diventano Gian Paolo Rosmino, già attore, e Guido Di Nardo, in precedenza soggettista

Fotogramma de La memoria dell'altro, secondo film interpretato da Lyda Borelli per la "Gloria"
Scena di Nerone e Agrippina, film che la "Gloria" produsse in sostituzione de Gli ultimi giorni di Pompei

Tra le attrici, oltre al caso di Lyda Borelli, che diede vita ad un modello di ideale femminile legato ai temi dell'amore e della morte[4], destinato di lì a poco a sfociare nel fenomeno divistico[28], da segnalare la presenza delle sorelle Letizia ed Isabella Quaranta, di Lydia De Roberti, Antonietta (Nelly) Pinto, Fernanda Sinimberghi ed Elisa Severi. Particolarmente importante la "squadra" dei soggettisti della "Gloria" in cui spiccano senz'altro i due genovesi Bonetti e Monleone /che poi seguirono Caserini quando si allontanò dalla società) ed il titolare dell'ufficio autori Renzo Chiosso. Caso raro per l'epoca tra gli autori che lavorarono per la "Gloria" anche una donna, la baronessa Vittorina De Rege.

La produzione della "Gloria Film" si estende dal 1913 al 1916, ma in quest'ultimo anno, così come in quello successivo, escono pellicole realizzate in gran parte nell'anno precedente. Tenendo fede ai propositi iniziali la produzione della "Gloria Film" - a differenza di quella delle aziende concorrenti - non puntò, salvo due sporadici casi, sui documentari (i "dal vero" nella terminologia del tempo), limitandosi quindi ai soli film a soggetto dei quali un buon numero lungometraggi; tra essi numerose comiche che rappresentano circa un quinto del totale. Complessivamente risultano editi dalla casa in tale periodo poco meno di 90 titoli.

Per la ricostruzione della filmografia completa della "Gloria" si è fatto riferimento ai vari volumi editi dal C.S.C. e da E.R.I. relativi al cinema muto italiano, limitatamente ai titoli dei film a soggetto, argomento di quella collana. Per quanto riguarda i documentari, i titoli sono stati ricavati dall'opera di Maria Adriana Prolo, citata nella bibliografia. I vari titoli, per quanto possibile, sono stati classificati secondo il criterio dell'anno di uscita della pellicola. Quando manca il nome del regista significa che le fonti non l'hanno indicato, non avendolo reperito.

Secondo la ricerca recentemente pubblicata da Aldo Bernardini (citata nella bibliografia) della produzione "Gloria Film" sono sopravvissuti soltanto una decina di titoli, custoditi in cineteche sia italiane che straniere. Tra di essi ci sono opere importanti come il famoso Ma l'amor mio non muore (che nel 2013, ad un secolo esatto dalla sua uscita, è stato restaurato dalla Cineteca di Bologna) nonché il suo successivo, La memoria dell'altro; salvati anche il colossal storico Nerone ed Agrippina e due pellicole (su un totale di cinque) della serie Cuore. Perduti invece, il primo film prodotto dalla "Gloria Film" (Il treno degli spettri), tutte le comiche interpretate e dirette da Camillo De Riso e tutti i film diretti sia da Alberto Degli Abbati che dall'attore - regista Vittorio Rossi Pianelli. Scomparse anche le pellicole dirette nel corso del suo soggiorno torinese da Amleto Palermi.

  1. ^ a b c Franco Prono, Atti di nascita del cinema a Torino, in Fabbriche della fantasticheria, cit. in bibliografia, p.120-122.
  2. ^ Mario Verdone, intervista a Roberto Omegna pubblicata su Cinema, seconda serie, n.4 del 15 dicembre 1948.
  3. ^ Elena Napoli, I cinefili a Bologna nel 1911, in Immagine. Note di Storia del Cinema, quarta serie, n. 1. gennaio - dicembre 2010.
  4. ^ a b Prolo, cit. in bibliografia, p.56.
  5. ^ a b Caserini, intervista in Vita cinematografica, n.1 del 15 gennaio 1913.
  6. ^ a b Cfr, La "Film artistica Gloria", una grandiosa cerimonia di battesimo in Vita cinematografica, n. 11 del 15 giugno 1913.
  7. ^ Friedemann, cit. in bibliografia, p.117.
  8. ^ a b c d e f Bernardini, cit. in bibliografia, p.522-525.
  9. ^ Inserzione in Vita cinematografica, n. 4 del 28 febbraio 1913.
  10. ^ La società "mista", costituita il 17 maggio 1913 con un capitale di 100.000 lire, prese il nome di "De Giglio e Gloria". Cfr. Prono, cit., p.122.
  11. ^ Cfr. Roberto Paolella, voce Caserini Mario nel Filmlexicon degli autori e delle opere, Roma, 1951.
  12. ^ Giovanni Monleone, Confessioni sul valico, Genova, Pagano, 1954, p.44.
  13. ^ a b Cfr. Aldo Bernardini, Vittorio Martinelli, Il cinema muto italiano - i film degli anni d'oro - 1913, Roma, 1995.
  14. ^ Vedi Elenco delle case fabbricanti films in Il Maggese cinematografico, n.17 del 25 dicembre 1913.
  15. ^ a b c Friedemann, cit. p.120 - 122
  16. ^ La cine-fono, n.296 del 12-30 dicembre 1913.
  17. ^ Cfr. inserzione aziendale in Vita cinematografica, n.11 del 30 marzo 1914.
  18. ^ L'arrivo in città della folta troupe della "Gloria" costituì un evento a cui L'Arena dedicò due articoli il 19 e 20 settembre 1913.
  19. ^ La sintetica motivazione si trova senza ulteriori spiegazioni nell'articolo Mario Caserini: un maestro di "Veritas" [Alberto A. Cavallaro], in Vita cinematografica, numero speciale, dicembre 1914.
  20. ^ Con il R.D. 4 agosto 1914 fu posto un limite ai prelievi dai conti pari al 5% delle giacenze. Il successivo R.D. 27 settembre 1914 elevò il limite a non più del 10% mensile. Cfr. Umberto Rava, I 4 maggiori istituti di credito, Genova. Valugani, 1928, p.48
  21. ^ Cfr. La nostra crisi in Vita cinematografica, n.30, 15-22 agosto 1914.
  22. ^ Film, notizia nel n.37 del 20 novembre 1916
  23. ^ a b Araldi, cit. in bibliografia, p.53.
  24. ^ Bernardini, cit, p.601.
  25. ^ Giulio Bursi e Giacomo Manzoli, Tra velleità e speculazione, in Storia del cinema italiano, vol. IVº (1924-1933), Venezia - Roma, 2014, p.31.
  26. ^ Articolo in Film, n.5, 9 febbraio 1919.
  27. ^ Cfr. Roberto Chiti, Mario Quargnolo, La malinconica storia dell'U.C.I. in Bianco e nero , n.7, luglio 1957.
  28. ^ Claudio Camerini, Verso il divismo, in Redi, cit. in bibliografia, p.53.
  • Vinicio Araldi, Cinema, arma del nostro tempo, Milano, La prora, 1939, ISBN non esistente
  • Aldo Bernardini, Le imprese di produzione del cinema muto italiano, Bologna, Persiani, 2015, ISBN 978-88-98874-23-1
  • Alberto Friedemann, Le case di vetro. Stabilimenti cinematografici e teatri di posa a Torino, Torino, Associazione Fert, 2002, ISBN 88-87813-06-X
  • Ira Fabri, Valerio Castronovo (a cura di), Le fabbriche della fantasticheria. Atti di nascita del cinema a Torino - Torino, Testo & immagine, 1997, ISBN 88-86498-38-1.
  • Maria Adriana Prolo, Storia del cinema muto italiano, MIlano, Il poligono, 1951, ISBN non esistente
  • Riccardo Redi (a cura di), Cinema muto italiano 1905 - 1916, Roma, CNC, 1991, ISBN non esistente

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