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Giovanni III Sobieski

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Giovanni III Sobieski
Ritratto di Giovanni III Sobieski in costume romano di Daniel Schultz, 1680 circa, Museo Nazionale di Varsavia
Re di Polonia
Granduca di Lituania
Stemma
Stemma
In carica21 maggio 1674 –
17 giugno 1696
Incoronazione2 febbraio 1676, Cracovia
PredecessoreMichele I
SuccessoreAugusto II[1]
Nome completoin polacco: Jan III Sobieski
in lituano: Jonas III Sobieskis
NascitaOles'ko, 17 agosto 1629
MorteWilanów, 17 giugno 1696 (66 anni)
SepolturaCracovia
Luogo di sepolturaCattedrale del Wawel
Casa realeSobieski[2][3]
PadreJakub Sobieski
MadreZofia Teofillia Daniłowicz
ConsorteMaria Casimira Luisa de la Grange d'Arquien
FigliGiacomo Luigi
Teresa Cunegonda
Alessandro Benedetto
Costantino Ladislao
ReligioneCattolicesimo
Firma
La regina Maria Casimira Sobieska.

Giovanni III di Polonia, in polacco Jan Sobieski (Olesko, 17 agosto 1629Wilanów, 17 giugno 1696), fu re di Polonia, a capo della Confederazione Polacco-Lituana, dal 1674 al 1696 e fu soprannominato dai turchi Leone di Lehistan.

Giovanni Sobieski nacque da una nobile famiglia. Era figlio di Jakub Sobieski, Voivoda di Rutenia nonché castellano di Cracovia, e di sua moglie, Zofia Teofillia Daniłowicz, una nipote di Stanisław Żółkiewski[3]. Trascorse la sua infanzia a Żółkiew[3]. Dopo essersi diplomato, il giovane Giovanni si laureò alla facoltà di filosofia dell'Università Jagellonica nel 1646[3][4]. Dopo aver terminato gli studi intraprese insieme al fratello Marek una serie di viaggi[3][5] nell'Europa Occidentale. Durante quel periodo, incontrò influenti figure contemporanee come Luigi II di Borbone, Carlo II d'Inghilterra e Guglielmo II d'Orange, e imparò il francese, il tedesco e l'italiano, oltre che il latino[6].

Entrambi i fratelli fecero ritorno nel confederazione nel 1648. Dopo aver ricevuto la notizia della morte del re Ladislao IV Vasa e delle ostilità della rivolta di Khmelnytsky, si arruolarono volontari nell'esercito[3][7]. Entrambi combatterono durante l'assedio di Zamość[3]. Presto, le sorti della guerra separarono i fratelli. Nel 1649, Jakub combatté nella battaglia di Zboriv[3]. Nel 1652, Marek morì prigioniero dei Tatari dopo la sua cattura nella battaglia di Batih[3][8]. Giovanni fu promosso al grado di pułkownik e combatté con distinzione nella Battaglia di Berestečko[9]. Comandante promettente, Giovanni fu inviato dal re Giovanni II Casimiro come uno degli inviati nella missione diplomatica di Mikołaj Bieganowski nell'impero ottomano[3][10]. Qui, Sobieski imparò la lingua tatara e la lingua turca e studiò le tradizioni e le tattiche militari turche[3][10].

Dopo l'inizio dell'invasione svedese della Polonia conosciuta come "Diluvio", Giovanni Sobieski era sotto il comando di Krzysztof Opaliński, che capitolò a Ujście e giurò fedeltà al re Carlo X Gustavo di Svezia. Tuttavia, verso la fine del marzo 1656 tornò al fianco di Giovanni II Casimiro Vasa[3][10], arruolandosi sotto il comando di Stefan Czarniecki e Jerzy Sebastian Lubomirski[3].

Il 26 maggio 1656 ricevette la posizione di chorąży[11]. Durante la battaglia di Varsavia, Sobieski comandò un reggimento di 2.000 uomini di cavalleria tatara[11][12]. Partecipò a numerosi combattimenti nei due anni successivi, incluso l'assedio di Toruń nel 1658[11]. Nel 1659 fu eletto deputato al Sejm, e fu uno dei negoziatori polacchi del trattato di Hadjač con i cosacchi[11]. Nel 1660 prese parte all'ultima offensiva contro gli svedesi in Prussia, e fu ricompensato con la carica di Starost di Stryj[11]. Poco dopo prese parte alla guerra contro i russi, partecipando alla battaglia di Slobodyshche e alla battaglia di Ljubar, e più tardi in quell'anno tornò ad essere uno dei negoziatori di un nuovo trattato con i cosacchi (il trattato di Cudnów[11]).

Nel 1662 fu eletto nuovamente deputato al Sejm e prese parte ai lavori di riforma dell'esercito. Fu anche membro del Sejm nel 1664 e nel 1665. In quello stesso periodo partecipò alla campagna russa del 1663[11]. Sobieski rimase fedele al Re durante la Ribellione di Lubomirski (1665-1666), sebbene fosse una decisione difficile per lui[11][13]. Partecipò al Sejm del 1665 e accettò il prestigioso ufficio del maresciallo della corona il 18 maggio di quell'anno[13]. Verso la fine di aprile o agli inizi di maggio 1666, ricevette un altro alto incarico della confederazione, quello di Atamano di Campo della Corona[13]. Poco dopo, fu sconfitto nella battaglia di Mątwy e firmò l'Accordo di Łęgonice il 21 luglio, che pose fine alla Ribellione di Lubomirski[13].

Nell'ottobre del 1667 ottenne un'altra vittoria sui cosacchi di Petro Doroshenko e dei loro alleati tatari di Crimea nella battaglia di Podhajce durante la guerra polacco-cosacco-tatara (1666-1671)[10]. Ciò gli permise di riconquistare la sua immagine di abile capo militare[13]. Il 5 febbraio 1668 ottenne il grado di Grande atamano della Corona, il più alto grado militare nel confederazione polacco-lituana, e quindi il comandante in capo de facto dell'intera armata polacca[10]. Più tardi quell'anno sostenne la candidatura francese di Luigi II di Borbone-Condé per il trono polacco. Dopo l'elezione di Michał Korybut Wiśniowiecki si unì alla fazione di opposizione.

L'11 novembre 1673 Sobieski aggiunse una grande vittoria alla sua lista, questa volta sconfiggendo gli ottomani nella battaglia di Khotyn e conquistando la fortezza che si trovava lì[10]. La notizia della battaglia coincise con la morte del re Michał il giorno prima della battaglia[10]. Ciò rese Sobieski una delle figure di spicco dello stato, così il 19 maggio dell'anno seguente fu eletto re[2]. La sua candidatura era quasi universalmente supportata, con solo una dozzina circa di membri della dieta che si opponevano a lui (principalmente centrati attorno ai magnati della famiglia lituana Pacowie[14]). Alla luce della guerra, richiedendo a Sobieski di essere in prima linea, la cerimonia di incoronazione fu significativamente ritardata - fu incoronato Giovanni III quasi due anni dopo, il 2 febbraio 1676[2][14].

Re di Polonia

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Fu eletto re della Confederazione Polacco-Lituana nel 1674. Intervenne in aiuto dell'imperatore Leopoldo I contro le forze ottomane sconfiggendo nella Battaglia di Vienna, con una manovra geniale della sua cavalleria, da lui stesso comandata, il grosso dell'esercito ottomano al comando di Kara Mustafa (12 settembre 1683). La schiacciante vittoria sui turchi fece di Giovanni uno dei condottieri e dei sovrani più importanti d'Europa: Papa Innocenzo XI gli fece dono dello stocco pontificio[15] ed una stanza gli venne dedicata nei Musei Vaticani. Fu addirittura fregiato del titolo di "defensor fidei" nel 1684.

Durante il suo regno dovette condurre guerre offensive e difensive per tutelare i confini della nazione (più vasta di quella attuale, comprendendo infatti Lituania, Bielorussia ed Ucraina) dall'ingerenza russa ed ottomana, anche alleandosi con l'Impero, il Papato e la Repubblica di Venezia.

Non riuscì a ripetere il successo ottenuto a Vienna durante il resto del suo regno, così da dopo la liberazione di Vienna iniziò il lento declino di Sobieski e, in generale, della stessa Confederazione Polacco-Lituana

Giovanni III fu l'ultimo re di Polonia dotato di grande personalità, soprattutto militare; protagonista e artefice degli ultimi splendori del Regno di Polonia, dopo la sua morte il paese subirà le prepotenze degli stati confinanti, fino a scomparire da lì ad un secolo per mano di Russia, Prussia e Austria, che metteranno sul trono sovrani fantocci e che infine se lo spartiranno ben tre volte.

Matrimonio e discendenza

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Nel 1665 sposò una nobile francese, Marie Casimire Louise de la Grange d'Arquien (1641–1716), già dama di corte della regina Maria Luisa di Gonzaga-Nevers e vedova del nobile Jan "Sobiepan" Zamoyski.

La coppia ebbe 13 figli, molti deceduti ancora infanti:

Sebbene il re abbia trascorso molto tempo sui campi di battaglia, che poteva suggerire un buono stato di salute, verso la fine della sua vita si ammalò seriamente.[16] Giovanni III Sobieski morì a Wilanów, il 17 giugno 1696 per un improvviso attacco di cuore[16]. È sepolto insieme alla moglie nella cattedrale del Wawel a Cracovia.[17]

Giovanni III Sobieski fu uno dei quattro dedicatari delle Canzoni in occasione dell'assedio e liberazione di Vienna di Vincenzo da Filicaia: nell'epistola in latino a lui indirizzata e composta nell'ottobre 1683, il poeta toscano lo saluta col titolo di "Invictissimus".[18]

  • È uno dei pochissimi personaggi storici realmente esistiti a cui sia stata intitolata una costellazione, lo scudo, creata dall'astronomo polacco Johannes Hevelius e chiamata appunto Scudo di Sobieski, in onore alla vittoria di Vienna che segnò il definitivo arresto della spinta espansionistica ottomana in Europa l'11 settembre 1683.
  • Mostrò alta abilità militare, era ben educato e istruito, e un mecenate della scienza e delle arti. Ha sostenuto l'astronomo Johannes Hevelius, il matematico Adam Adamandy Kochański e lo storico e poeta Wespazjan Kochowski. Il suo palazzo di Wilanów divenne il primo di molti palazzi che punteggiavano le terre della confederazione nei due secoli successivi[19].
Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Jan Sobieski Sebastian Sobieski  
 
Barbara Giełczewska  
Marek Sobieski, voivoda e castellano di Lublino  
Katarzyna Zofia Gdeszyńska Paweł Gdeszyński  
 
Barbara Markuszowska  
Jakub Sobieski, voivoda di Belsk, castellano di Cracovia  
Jakub Snopkowski Jakub Snopkowski  
 
Anna z Sitna  
Jadwiga Snopkowska  
Jadwiga Herburtowna Jan Herburt  
 
Anna Fredro  
Jan III Sobieski, re di Polonia  
Stanisław Daniłowicz Jerzy Daniłowicz  
 
Jadwiga Herburtowna  
Jan Daniłowicz  
Katarzyna Tarło Jan Tarło  
 
Regina Malczycka  
Theophila Zofia Danilowiczówna, erede di Zhovka  
Stanisław Żółkiewski Stanisław Żółkiewski  
 
Zofia Lipska  
Zofia Żółkiewska  
Regina Herburtowna Jakub Herburt  
 
Katarzyna Wapowska  
 
  1. ^ Oskar Halecki, W: F. Reddaway e J. H. Penson, The Cambridge History of Poland, CUP Archive, p. 547, ISBN 978-1-00-128802-4.
  2. ^ a b c Wojciech Skalmowski, Tatjana Soldatjenkova e Emmanuel Waegemans, Liber amicorum, Peeters Publishers, 2003, p. 165, ISBN 90-429-1298-7.
  3. ^ a b c d e f g h i j k l m Red. (Eds.), Jan III Sobieski, p.413
  4. ^ J.B. Morton, Sobieski, King of Poland, 1932, pp. 30–31.
  5. ^ Tindal Palmer, 1815
  6. ^ Daniel Stone, The Polish–Lithuanian state, 1386–1795, University of Washington Press, 2001, p. 236, ISBN 0-295-98093-1.
  7. ^ Tindal Palmer, 1815, p. 7.
  8. ^ Tindal Palmer, 1815, pp. 12–13.
  9. ^ Tindal Palmer, 1815, p. 20.
  10. ^ a b c d e f g Simon Millar e Peter Dennis, Vienna 1683: Christian Europe Repels the Ottomans, n. 10, Osprey Publishing, 2008, p. 17, ISBN 1-84603-231-8.
  11. ^ a b c d e f g h Red. (a cura di), Jan III Sobieski, p. 414.
  12. ^ Tindal Palmer, 1815, pp. 23–24.
  13. ^ a b c d e Red. (a cura di), Jan III Sobieski, p. 415.
  14. ^ a b Red. (a cura di), Jan III Sobieski, p. 416.
  15. ^ Paolo Pinti, Lo stocco pontificio: immagini e storia di un’arma, in Saggi di opologia del Circolo culturale armigeri del Piave, n. 12, 2001, p. 6.
  16. ^ a b Red. (a cura di), Jan III Sobieski, p. 419
  17. ^ RMF FM., Kto przewiózł trumnę Marysieńki Sobieskiej do Polski?, su rmf24.pl.
  18. ^ a cura di Damiano D'Ascenzi, Canzoni in occasione dell'assedio e liberazione di Vienna. Dediche, su margini.unibas.ch, Margini. Giornale della dedica e altro, 2017. URL consultato il 28 marzo 2022.
  19. ^ Red. (a cura di), Jan III Sobieski, p. 420.
  • Gaetano Platania (a cura di), L’Europa di Giovanni Sobieski. Cultura, politica, mercatura e società, Viterbo, Sette Città editore, 2005.
  • Gaetano Platania, Rzeczpospolita, Europa e Santa Sede tra intese ed ostilità. Saggi sulla Polonia del Seicento, Viterbo, Sette Città editore, 2000.
  • Gaetano Platania, Polonia e Curia Romana. Corrispondenza di Giovanni III Sobieski re di Polonia con Carlo Barberini protettore del regno (1681-1696), collana Acta Barberiniana, n. 2, Viterbo, Sette Città editore, 2011.
  • Francesca De Caprio, Il tramonto di un Regno, il declino di Jan Sobieski dopo il trionfo di Vienna, Viterbo, Sette Città editore, 2014.
  • Gaetano Platania, Il regno di Giovanni Sobieski nel diario del veneziano Giacomo Cavanis, in “Portolana. Studia Mediterranea”, 3, Mare apertum (Przepływ idei, ludi i rzeczy w świecie śródziemnomorskim - pod redakcją Danuty Quirini-Popławskiej), Wydawnictwo Uniwersytetu Jagiellońskiego, 2007, pp. 293–313.

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