Vai al contenuto

Giovanni Battista Lorenzo Bogino

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
(Reindirizzamento da Giambattista Bogino)
Giovanni Battista Lorenzo Bogino

Ministro del Regno per gli affari di Sardegna
Durata mandato1759 –
1773
Capo di StatoCarlo Emanuele III

Dati generali
Prefisso onorificoConte
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità di Torino

Giovanni Battista Lorenzo Bogino (Cravagliana, 5 febbraio 1701Chieri, 9 febbraio 1784) è stato un politico italiano.

Originario di Cravagliana, un paese della Valsesia, operò presso la corte di Carlo Emanuele III, per il quale fu Ministro per gli affari di Sardegna dal 1759 al 1773.

La carriera politica

[modifica | modifica wikitesto]

Figlio di Giovanni Francesco, notaio collegiato e commissario alle ricognizioni, e Giulia Petronilla Cacciardi, dopo aver frequentato le scuole dei gesuiti, si laureò in giurisprudenza all'Università di Torino e divenne giurista. Bogino iniziò la sua carriera pubblica sotto Vittorio Amedeo II, che nel 1723 lo nominò sostituto procuratore generale, poi amministratore della casa del principe di Carignano fino al 1º dicembre 1730 e, successivamente, primo consigliere di Stato e referendario nel Consiglio dei memoriali con la facoltà di fare le veci del gran cancelliere. Dopo la salita al trono di Carlo Emanuele III, Bogino proseguì la sua carriera nell'amministrazione militare come auditore generale della regia armata nel 1733 e auditore generale delle milizie nel 1735 per poi venir nominato primo segretario di Guerra nel 1742 e infine, nel 1750, Ministro di Stato (titolo equivalente a quello di capo del governo). Durante la Guerra di Successione Austriaca ebbe un'influenza determinante sulla scelta del re di mantenere la sua alleanza con l'Austria in chiave anti-francese. Dopo la fine del conflitto, terminato nel 1748, il politico sabaudo assunse un ruolo decisivo nella direzione degli affari di Stato tanto da determinare la neutralità sabauda nella guerra dei Sette anni.

Di carattere ruvido e inflessibile, primo ministro di fatto, Bogino fu autore di quelle riforme di stampo illuministico che in quel periodo caratterizzarono il regno di Carlo Emanuele III, sia in ambito amministrativo che economico: infatti riordinò le amministrazioni locali, con lo scopo di ridurre il potere delle oligarchie e mettere ordine nella ripartizione tributaria, rafforzò e precisò il ruolo degli intendenti, nel 1758 iniziò la compilazione del catasto per le nuove province annesse (Alessandria, Lomellina, Novara, Pallanza, Vigevano, Tortona e Voghera), unificò i sistemi monetari del Regno di Sardegna stabilendo le nuove monete a base d'argento e oro, fissando la parità con le monete straniere e ritirando le vecchie monete dichiarate fuori corso, con un editto reale nel dicembre del 1771 riformò il sistema feudale, limitando il potere dei feudatari, introdusse il servizio postale, istituì un Magistrato delle miniere con l'obbiettivo di metter meglio a frutto i giacimenti della Valle d'Aosta, restaurò le fortezze danneggiate durante la guerra e ammodernò i porti di Nizza e di Villafranca.

Particolari cure vennero date alla Sardegna, da sempre molto trascurata dal governo di Torino. Infatti Carlo Emanuele III, avendo presente la grave situazione di arretratezza dell'isola, nominò nel 1759 Bogino ministro per gli affari di Sardegna: durante il suo governo si prodigò in diversi settori dell'amministrazione, della società e dell'economia sarda. Cercò di amministrare al meglio la giustizia locale nominando luogotenenti-giudici in ogni villaggio per sbrigare i casi più urgenti e promulgando un editto che stabiliva il riassetto delle carceri regie imponendo inoltre ai baroni l'obbligo di curare il restauro delle proprie entro un anno. Incentivò la circolazione monetaria, l'erezione di torri costiere, i servizi postali e marittimi, regolò le acque torrentizie, incentivò la produzione di tabacco, gelso, indaco, polvere da sparo e delle saline, costruì una tipografia regia, fece eseguire scavi archeologici, attuò una politica di ripopolamento nelle isole dell'arcipelago di La Maddalena, limitò i privilegi ecclesiastici e feudali, diffuse i monti granatici per liberare i contadini dalla piaga dell'usura e restaurò le Università di Cagliari, che dotò di una biblioteca pubblica, e Sassari (1767); la ricostituzione delle Università isolane, in decadenza nelle ultime fasi del periodo iberico, più che a innovare nella cultura tecnica isolana mirava a formare una classe dirigente indigena organica al Piemonte e allo stesso tempo italianizzare le classi elevate della Sardegna, allora filospagnole, determinando per l'insegnamento l'arrivo nell'isola di docenti continentali e italofoni[1][2][3]. Tutti questi provvedimenti erano generalmente in linea con l'assolutismo illuminato del tempo che li considerava universalmente validi per qualsivoglia territorio, senza grande considerazione per le sue caratteristiche peculiari.

Inoltre, il ministro sabaudo rinnovò gli emblemi di milizie e città in modo da eliminare i simboli del precedente periodo iberico, sostituendo con la croce dei Savoia le barre d'Aragona dallo stemma di Alghero, Bosa, Cagliari, Oristano e Sassari. Sul fronte linguistico, sotto la sua gestione l'italiano fu introdotto in Sardegna come lingua ufficiale a scapito del sardo, catalano e spagnolo.

La fine della carriera politica e la morte

[modifica | modifica wikitesto]

Quando nel 1773, alla morte di Carlo Emanuele III, salì sul trono del Regno di Sardegna il figlio Vittorio Amedeo III, la carriera di Bogino fu segnata: infatti il ministro, inviso al nuovo sovrano, venne licenziato e allontanato dagli affari di Stato, mentre il piano di riforme subì un periodo di stasi. Morì infine il 9 febbraio 1784, a 83 anni e fu sepolto nella cripta del Duomo di Chieri.

Il nome del Bogino è popolarmente associato a diverse espressioni male auguranti in lingua sarda, quali «ancu ti cùrzat su Buzìnu» / «ancu ti cùrxat su Bugìnu» o «chi ti cùrrat su Bugìnu» («possa tu essere inseguito dal Bogino»). Si ricordi che il Bogino diventò noto in Sardegna per aver introdotto, presso ogni villaggio sardo, il sistema delle forche mobili per le esecuzioni capitali[senza fonte]. Nonostante il lemma affondi le proprie radici nel periodo iberico, fu in quello sabaudo che tale termine sarebbe quindi passato nella cultura popolare a indicare in genere la figura del boia, identificandolo con lo stesso ministro[4].

  1. ^ <<Il riordino delle due università ... mirava più a formare funzionari preparati e sudditi fedeli che non a innovare nella cultura tecnica.>> Bulferetti, Luigi (1966). Testi e documenti per la storia della Questione Sarda, v.I, Fossataro, Cagliari, p.8
  2. ^ <<L'istruzione superiore e universitaria, fatta oggetto di speciale attenzione da parte dei riformatori piemontesi nella seconda metà del secolo, pur nella sua limitatezza di mezzi e metodi, era funzionale all'intendimento dei dominatori esterni di poter contare su una classe dirigente locale ligia alle loro direttive, intermediaria tra i centri di potere e la base, ma comunque destinata sempre a svolgere una funzione subalterna.>> Sole, Carlino (1984). La Sardegna sabauda, Chiarella, Sassari, p.333
  3. ^ <<Vano sarebbe ricercare nei piani di studio, elaborati dal governo sulla falsariga di quelli dell'Università di Torino, contenuti veramente originali o esplicite aperture all'illuminismo francese e alle punte più avanzate del pensiero politico contemporaneo. Il modello culturale introdotto nei due atenei della Sardegna si basava su una sistematica proposizione delle fondamentali acquisizioni del pensiero sei-settecentesco e solo in alcuni casi metteva a frutto le espressioni più consolidate del sapere accademico-scientifico italiano ed europeo.>> Mattone, Antonello; Sanna, Piero (1998). La rivoluzione delle idee : la riforma delle due universita sarde e la circolazione della cultura europea (1764-1790), Estratto da Rivista storica italiana a. 110 fasc. 3., p.849
  4. ^ «Bugìnu: appellativo attribuito al sabaudo Conte Giovanni Battista Bogino che, si dice, "fece tante cose buone", ma che, come si legge nel Dizionario del Vigna, "si comportò come un duro colonizzatore, vessando i sardi di tasse esose e attuando una riforma della giustizia che diede lavoro a molti boia" - dal cat. Buchi, Buchinis: carnefice, che dà la chiave per spiegare il termine sardo "buginu", giusto come si rileva nelle Prammatiche del Viceré Marchese d'Aytona del 1863, e così pure come indicato nella "Comedia de la passiòn de Nuestro Señor Juesu Christo" del frate Antonio Maria da Esterzili (1644-1727) - verso 2648: "De crudelis buchinis achotadu" (ricerca: Paola Alcioni).» Giovanni Melis Onnis, Fueddariu Sardu campidanesu - Italianu (PDF), Selargius, Domus de Janas, 2004, p. 135.
  5. ^ Biografia di Bogino Archiviato il 13 marzo 2013 in Internet Archive.

Altri progetti

[modifica | modifica wikitesto]

Collegamenti esterni

[modifica | modifica wikitesto]
Controllo di autoritàVIAF (EN89356379 · ISNI (EN0000 0000 6195 6066 · SBN UBOV570144 · BAV 495/140163