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Garigliano (avviso)

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Garigliano
ex Principessa Clotilde
ex Maria Teresa
Descrizione generale
Tipoavviso a ruote (1854-1863)
avviso di II classe a ruote (1863-1877)
nave sussidiaria di III classe (1877-1883)
Classeunità singola
In servizio con Real Marina (1854-1860)
Marina del Regno di Sardegna (1860-1861)
Regia Marina (1861-1883)
CantiereRegio Arsenale, Castellammare di Stabia
Impostazione26 giugno 1850
Varo18 luglio 1854
Entrata in servizio1854 ca. (Marina borbonica)
17 novembre 1860 (Marina sarda)
17 marzo 1861 (Regia Marina)
Radiazione5 dicembre 1883
Destino finaledemolito
Caratteristiche generali
Dislocamentocarico normale 330
Lunghezza(tra le perpendicolari) 42,9 m m
Larghezza6,8 m
Pescaggio2,5 m
Propulsione1 caldaia
1 macchina alternativa a vapore a bassa pressione
potenza 120 CV
2 ruote a pale
armamento velico a brigantino
Equipaggio66 tra ufficiali, sottufficiali e marinai
Armamento
Armamento
  • 4 pezzi da 200 mm
[1][2][3]
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Il Garigliano (già Principessa Clotilde, già Maria Teresa) è stato un avviso a ruote della Real Marina del Regno delle Due Sicilie, successivamente acquisito dalla Regia Marina.

Costruito tra il 1850 ed il 1854 nei cantieri di Castellammare di Stabia per conto della Marina del Regno delle Due Sicilie, l'avviso si chiamava in origine Maria Teresa[3][2]. Scafo in legno con carena rivestita in rame, l'unità era originariamente armata con un obice brandeggiabile a canna liscia da 30 libbre, collocato a prua, e quattro cannoni in bronzo anch'essi a canna liscia[2].

Nella primavera del 1860 la nave fu coinvolta nelle vicende della spedizione dei Mille: il 12 maggio 1860, all'indomani dello sbarco di Marsala, la nave, insieme alle pirofegate Veloce ed Ettore Fieramosca ed ai piroscafi Miseno e Vesuvio, venne inviata da Napoli in Sicilia, per trasportarvi 16 compagnie della brigata Buonanno, e mezza batteria di obici da 12[4].

Ad inizio settembre 1860, con la fuga di Ferdinando II delle Due Sicilie a Gaeta, il Maria Teresa, al pari di gran parte della flotta borbonica, non seguì il proprio sovrano a Gaeta, restando invece a Napoli dove, con l'arrivo delle truppe garibaldine e sardo-piemontesi, passò alla Marina sarda: ribattezzato Principessa Clotilde, l'avviso entrò in servizio per tale Marina il 17 novembre 1860[3][1].

Con la nascita della Regia Marina, il 17 marzo 1861, la nave, ribattezzata Garigliano, venne iscritta nei ruoli della nuova forza armata[3]. Il 14 giugno 1863 l'unità venne riclassificata avviso di II classe a ruote[3], e nel 1870 venne sottoposta a lavori di manutenzione e sostituzione di parti dell'apparato motore[5]. L'armamento, mutato in un primo tempo in quattro pezzi da 200 mm, venne ulteriormente ridotto nel 1875 a due cannoni da 75 mm e due mitragliere[1].

La vita operativa del Garigliano non fu però caratterizzata da eventi di particolare rilievo. Per lungo tempo la nave fu stazionaria a Cagliari: nelle acque di tale golfo, nel pomeriggio del 17 luglio 1875, il Garigliano contribuì a disincagliare il brigantino austro-ungarico Emerico, che si era accidentalmente incagliato a sudest di Torre della Scaffa[6]. Nel 1877-1878 la nave, agli ordini del comandante Profumo, fu ancora lungamente stazionaria a Cagliari e viaggiò nel Mediterraneo, toccando anche Napoli e La Spezia[7][8][9]: in un'occasione, a fine gennaio 1877, il Garigliano venne sorpreso da una tempesta mentre si trovava in mare aperto e dovette riparare a Porto Empedocle[10].

Nel 1879 il Garigliano fu approntato per essere inviato in Eritrea dove, con altre unità (la goletta Ischia e la cannoniera corazzata Varese), avrebbe gettato le basi per la nascita di una colonia italiana, ma, in seguito al diffondersi di notizie riguardo alla spedizione (che avrebbe dovuto essere segreta) si decise di ridurre il numero delle navi da impiegare, ed il Garigliano rimase in Italia[11]. Declassato a nave sussidiaria di III classe il 1º luglio 1877, nel 1881 il vecchio avviso venne dapprima posto in disponibilità[12][13] e quindi disarmato dapprima a Napoli[14] e poi a La Spezia[2], ove fu radiato il 5 dicembre 1883, venendo poi venduto per la demolizione[3].