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Gāthā

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Avestā, apertura del Gāthā Ahunavaitī, Yasna XXVIII,1, testo attribuibile allo stesso Zarathuštra (dalla Biblioteca Bodleiana MS J2)
(AE) «ahyâ ýâsâ nemanghâ ustânazastô rafedhrahyâ manyêush mazdâ pourvîm speñtahyâ ashâ vîspêñg shyaothanâ vanghêush xratûm mananghô ýâ xshnevîshâ gêushcâ urvânem»
(IT) «Le Mani protese in atto di adorazione verso di te, o Mazdā, io ti prego anche per intercessione di Vohū Manah. il tuo Spirito d'amore, e verso di te o Aša, ordine e rettitudine, [ti prego] di poter godere la luce della saggezza e la coscienza pura, e di poter recare così consolazione all'Anima della Vacca[1]»

Con il termine avestico gāθā (gāthā, lett. "canto religioso") si indicano in questa voce i cinque "canti religiosi" che risultano essere la parte più antica dell'Avestā, probabilmente risalenti almeno agli inizi del primo millennio a.C., e che vengono direttamente attribuiti al profeta iranico Zarathuštra.

Struttura e collocazione nell'Avestā

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Le gāthā zarathuštriane si presentano come composizioni liriche religiose e sono raccolte nello Yasna: dal XXVIII al XXXIV, dal XLIII al LI e la LIII. In totale diciassette "inni" (hātì), per 238 strofe e 896 versi. Solo il LIII Yasna risulta controverso in quanto probabilmente recenziore.

Questa parte delle gāthā dell'Avestā è in assoluto la più antica ed importante dell'intera opera in nostro possesso, tratta della rivelazione ricevuta da Zarathuštra ed è redatta in una lingua diversa e più arcaica rispetto a quella utilizzata nelle restanti parti.

Originariamente queste gāthā erano suddivise in cinque gruppi, in base alla loro differente metrica, e raccolte nel Gasanik Nask, il primo nask ad essere recitato durante le cerimonie. Questo gruppo testuale possiede origini antichissime ed è stato tramandato per lungo tempo per via orale, questo spiegherebbe le sue parti corrotte, quelle mancanti e quelle prive di coerenza.

Le gāthā di Zarathuštra sono così suddivise:

  1. Dal XXVIII al XXXIV Yasna viene riportata la Ahunavaitī Gāthā (Canto del Signore).
  2. Dal XLIII al XLVI Yasna viene riportata la Uštavaitī Gāthā (Canto della Felicità, «Felicità sia per colui che procura felicità al suo prossimo»).
  3. Dal XLVII al L Yasna viene riportata la Spentāmainyu Gāthā (Canto dello Spirito Santo del Bene).
  4. Al LI viene riportata la Vohukšathrā Gāthā (Canto del buon dominio).
  5. Al LIII viene riportata la Vahištōišti Gāthā (Canto del miglior desiderio) la quale è ritenuta di dubbia attribuzione in quanto probabilmente recenziore rispetto alle altre gāthā zarathuštriane.

Attribuzione, datazione e origine geografica

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La maggior parte degli studiosi[2] attribuisce la redazione delle gāthā alla figura storica di Zarathuštra, altri[3] formulano dei dubbi al riguardo[4].

Così Gherardo Gnoli riassume le ragioni della loro attribuzione al profeta iranico:

«Le Gāthā hanno infatti una evidente ispirazione unitaria e sono composte in uno stile originale e caratteristico che le contraddistingue nettamente dalle altre parti dell'Avesta»

Anche per Arnaldo Alberti:

«Le gāthā, in definitiva, sono i canti del santo profeta Zarathuštra Spitāma e contengono il messaggio che egli, ispirato da Ahura Mazdā, rivolge agli Arii dell'Irān affinché non dimentichino e non tradiscano mai la loro fede monoteista»

Se sull'attribuzione delle gāthā a Zarathuštra, per quanto pur con alcune autorevoli distinzioni e con un dubbio generale sul LIII Yasna, vi è sufficiente concordia tra gli studiosi, più difficile è trovare una posizione univoca tra gli stessi rispetto alla loro datazione e quindi al periodo, e il luogo, in cui sarebbe vissuto il profeta iranico.

Secondo Jamsheed Choksy[5] considerando che l'antico avestico utilizzato nelle gāthā è comunque successivo alla differenziazione nelle lingue indoeuropee tra proto-iraniano e proto-indiano, quindi successivo al XVIII secolo a.C. ma precedente all'introduzione delle stesse gāthā nel canone avestico quando l'antico avestico cadde in disuso tra il X e il VI secolo a.C., incrociando tali dati filologici con la descrizione della vita rappresentata nelle gāthā e le risultanze archeologiche dell'Età del Bronzo nell'Asia centrale (intendendo con questa l'area compresa tra il Mar Caspio, la Transoxania e l'Afghanistan) conclude che Zarathuštra con ogni probabilità deve essere vissuto tra il XVIII e il XV secolo a.C.[6].

Per Arnaldo Alberti invece:

«La datazione della nascita dell'Avestā (e di conseguenza quella del profeta Zarathuštra) si va così a collocare, a ragion veduta, in un'epoca più vicina al secolo IX che al VII, meno che meno nel VI secolo a.C. come paiono volere non pochi validi iranisti.»

Per Gherardo Gnoli:

«Per quanto riguarda l'epoca, le teorie più attendibili sono quelle che collocano Zoroastro nella prima meta del I millennio a.C. tra il VII e il VI secolo a.C. o tra il X e il IX secolo a.C.»

Sempre per lo Gnoli la patria di Zarathuštra quindi il luogo di formazione delle gāthā :

«In conclusione per, mentre per la data resta incerta una scelta da farsi nell'arco di tempo che coincide con la prima metà del I millennio a.C., per la patria di Zoroastro l'incertezza riguarda, in sostanza, l'intero orizzonte iranico orientale riflesso nella geografia storia dell'Avesta, incluse le sue regioni a sud dell'Hindukuš, l'odierno Sistan irano-afgano, cioè le antiche terre di Drangiana e Aracosia»

Jacques Duchesne-Guillemin identifica nella Corasmia, nella Battriana e nel Sistan l'area in cui sarebbe vissuto Zarathuštra ricordano che:

«Gli scavi della Corasmia e della Battriana hanno rivelato l'esistenza in queste regioni, fin dalla prima meta del I millennio a.C., di una civiltà urbana. Ne consegue che Zarathustra, il quale ignora una civiltà di questo tipo, se è vissuto in quella zona è vissuto al più tardi nei primissimi secoli di questo millennio.»

Di analogo avviso è Albert de Jong il quale sostiene che Zarathuštra è probabilmente vissuto agli inizi del primo millennio a.C. in un'area oggi compresa tra l'Afghanistan e il Turkmenistan[7].

Per Paul Du Breuil Zarathuštra sarebbe vissuto durante o dopo la grande siccità verificatasi nell'Asia centrale intorno al IX secolo a.C.[8].

Contenuti dottrinali

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Stanley Insler, uno dei più noti studiosi delle gāthā a livello mondiale, nonché sanscritista e filologo, ha definito le stesse "un libro di enigmi"[9].

  1. ^ L'"Anima della Vacca" rappresenta la Madre Terra, simbolo del Creato e della buona dottrina che lo governa.
  2. ^ Tra questi gli iranisti italiani Gherardo Gnoli e Arnaldo Alberti, il francese Jacques Duchesne-Guillemin e lo statunitense Jamsheed K. Choksy

    «However, analyses of compositional style and structure indicate that the Gathas were the product of a single devotional poet named Zarathushtra (Possessor of Old Camels) who ensured that memory of him was perpetuated through self-references within his compositions»

    .

  3. ^ Tra gli studiosi che mettono in dubbio l'attribuzione a Zarathuštra delle gāthā segnaliamo l'iranista francese Jean Kellens (1944-), La Quatrième Naissance de Zarathushtra, Parigi, Seuil, 2006.
  4. ^

    «These are the Gathas (songs), five in number, to which modern scholarship has now added a few prayers and a short ritual prose text, all written in the same archaic dialect. These texts have now been recognized as the only possible source of information for the earliest period of Zoroastrianism. They are attributed to Zarathushtra himself by many scholars, but others have voiced doubts about the historicity of Zarathushtra or about the possibility of gaining accurate knowledge about him from these texts.»

  5. ^ Op. cit. pagg. 9988-9
  6. ^

    «So, Zarathushtra probably lived and preached in Central Asia between the eighteenth and fifteenth centuries BCE»

  7. ^

    «There seems to be a broad agreement that the texts (and therefore Zarathushtra himself) should be dated around the beginning of the first millennium BCE in an eastern part of the Iranian world, perhaps the area known as Bactria-Margiana (present day Afghanistan and Turkmenistan).»

  8. ^ Paul Du Breuil. Zarathustra (Zoroastro) e la trasfigurazione del mondo. Genova, Ecig, 1998, pag. 31
  9. ^ Stanley Insler, The Gathas of Zarathustra. Text, Translation, Commentary. Teheran-Liège. 1975.
  • Giovanni Filoramo (ed.), Storia delle religioni - le religioni antiche, Roma 1994
  • Gherardo Gnoli, Ricerche storiche sul Sistan antico, Roma 1967

Collegamenti esterni

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