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Domenico de Roberto

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Domenico de Roberto

Assessore e Vicesindaco di Napoli

Comune di Napoli

Dati generali
Titolo di studioLaurea in Giurisprudenza
ProfessioneAvvocato, professore universitario e politico

Domenico de Roberto (Sieti, 19 novembre 1849Napoli, 20 febbraio 1911) è stato un avvocato, giurista, politico e professore universitario italiano.

Figlio di Pietro, possidente terriero,[1][2] e Felicia Fortunato, dopo aver condotto gli studi liceali presso il Seminario Arcivescovile di Salerno sotto la guida dei professori Francesco ed Alfonso Linguiti nonché del Canonico Giuseppe De Caro, si laureò a Napoli, il 15 dicembre 1871, in giurisprudenza, quando Rettore della Regia Università di Napoli era Luigi Settembrini.

Fu discepolo, nonché genero, del Prof. Avv. Francesco Saverio Correra,[3][4] il quale gli concedette in sposa la propria figlia Concetta, con la quale ebbe cinque figli: Pietro, Francesco Saverio, Maria Luisa, Giuseppe e Mario.

Dopo la morte prematura dell'amata consorte Concetta, si sposò in seconde nozze con la Baronessa Elena Fortunato, anch'essa originaria del proprio paese natio Sieti, con la quale ebbe altre due figlie: Concetta ed Eufemia.

Morì di diabete all'età di 62 anni.[5]

Ambito professionale

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Pergamena di laurea di Domenico de Roberto a firma di Luigi Settembrini

Agli albori della sua carriera forense, subito dopo la laurea, entrò a far parte del gruppo di lavoro del Commendator Francesco Girardi, colonna portante e sommo nume tutelare di Diritto Penale a Napoli; in seguito, però, passò nel celeberrimo studio[6][7] del Prof. Avv. Francesco Saverio Correra, ove eccelse, tanto al fianco del suocero, quanto autonomamente nell' “avvocheria civile" nel proprio studio del "Cavone", vicino a Piazza Dante.

Insegnò lungamente nella Regia Università di Napoli Diritto Romano, seguendo le orme del proprio maestro, Prof. Nicola De Crescenzio, di cui aveva frequentato i corsi privati a Napoli.

Nominato Consultore di Stato, esperienza che il suocero Correra aveva vissuto per ben due volte - sotto i Borboni, quindi sotto Vittorio Emanuele II - fu chiamato, a soli trentotto anni, nel 1887, dal Ministro di grazia e giustizia, Giuseppe Zanardelli, a partecipare alla Riforma dei Codici, che vide la luce nel 1890.

Nel 1936, su iniziativa degli allievi, gli avvocati Attilio Sica ed Arnaldo Lucci, nonché dell'On. Avv. Nicola Sansanelli, si ubicò nel Salone dei Busti di Castel Capuano, un busto alla sua memoria,[8] ad opera dello scultore Francesco Jerace.

L'orazione commemorativa fu pronunciata dal Senatore Avv. Alfredo De Marsico.

Busto di Domenico de Roberto sito nel Salone di Busti di Castel Capuano, Napoli.

Ambito politico

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Fu assessore, vicesindaco di Napoli ma anche delegato del Municipio al Consiglio Generale del Banco di Napoli: il Comune di Napoli lo ha onorato, dopo la sua morte, intestandogli una strada.

Inoltre, nel tentativo fallito di salire al seggio parlamentare, celebre fu un suo discorso che tenne agli elettori del Collegio di Montecorvino Rovella in data 5 gennaio 1893: detto comizio elettorale è oggi conservato presso la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma nonché presso la Biblioteca Comunale di Sieti, a mezzo della pubblicazione del quotidiano "Il Vessillo" datato 6 gennaio 1893.

Poneva, altresì, attenta cura nella gestione della Congrega dei Pellegrini, della quale fu anche Presidente per molti anni, e nella direzione dell'Ospedale degli Incurabili, di cui fu Governatore.

Produzione e pubblicazioni

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Testamento di Domenico de Roberto
Sigillo con stemma della famiglia de Roberto[9].
  • Il testamento del Prof. Avv. Domenico de Roberto

Nella mente e nell'animo dei propri discendenti, nonché dei propri discepoli, restano scolpite le seguenti parole, estratte dal testamento del Prof. Avv. Domenico de Roberto: « I miei cari figliuoli sanno a quali oneste ed assidue fatiche sia dovuto il nome onorato che a loro lascio, ed il patrimonio formatomi con l'esercizio della avvocheria civile. Pensino solamente a custodire l'onorabilità del nome ed a non sperperare il frutto del mio lavoro. Educhino i loro discendenti alla scuola dell'onestà della vita e l'indirizzino all'esercizio delle professioni che nobilitano le persone e le rendono utili alla società ed a loro stesse. »

Detto testamento è un esempio di maestria in diritto romano ed assimilabile, ad oggi, all'istituto del trust [10], di matrice di common law.

  • Dell'arbitrium litis aestimandae, Napoli, 1881.
  • La dote di paraggio del diritto patrio, Laterza Editore, Bari, 1897.
  • Sorgente degli Uberti contro Castiglione Morelli, 18 febbraio 1876, I Sezione Corte Appello di Napoli.
  • Comune di Napoli contro Acquedotto del Serino, I Sezione Corte Appello di Napoli.
  1. ^ Detti possedimenti derivavano da passati illustri, dato che antenati furono esiliati in quel di Sieti dopo la sconfitta francese nella battaglia di Cerignola nel 1503, vinta dalle armate spagnole guidate dal comandante Don Gonzalo de Cordoba.
  2. ^ Stemma patronale dei de Roberto posto sul palazzo di famiglia in Sieti. File:Stemma Patronale de Roberto.jpg - Wikimedia Commons
  3. ^ Il Barone Piscitelli lo definì «Oracolum totius civitatis» ed Enrico Pessina lo chiamò «Princeps Curiae».
  4. ^ Antonio de Roberto, Polvere, Firenze, 2006. «Gli fu concesso dal Re Ferdinando II di tenere corsi universitari privati, oggi diremmo parificati, in Diritto Romano, Diritto Civile e Filosofia del Diritto, dando lezioni a porte aperte. Alla sua scuola, dal 1838 al 1848, per un decennio, si forgiò la migliore gioventù napoletana. […] Le aule, in via dei Tribunali n. 235, si erano trasformate, agli occhi della Polizia borbonica, in covi di pericolosi sobillatori».
  5. ^ Antonio de Roberto, Polvere, p. 174 e ss. Sul feretro fu ripetuto dall'allora Procuratore Generale della Corte di Appello di Napoli, il Senatore Giacomo Calabria, l'elogio che Cicerone rivolse alla memoria di Quinto Scevola: «Fu eloquentissimo fra i giureconsulti, giureconsultissimo fra gli eloquenti.»
  6. ^ G. De Sivo, La Tragicommedia, n.1 del 19 giugno 1861. Scriveva in merito all'omicidio del Principe di Montemiletto che fu assassinato nei tumulti per l'unità d'Italia. Della successione di quest'ultimo se ne occupò il Correra del quale scriveva Giovanni Porzio: «Correra, Correra, udii con esclamazioni di ossequio. E vidi passare un vecchio, dalle cui spalle cadeva una logora palandrana, in una cravatta nera il collo sottile, sul quale si inclinava e tremava, lievemente, una testa bislunga ed arguta, una faccia assorbita, impassibile, con le tracce di un sorriso ambiguo e sagace dentro le rughe. Correra, Correra, ripetevano; e gli facevano largo. Andava a difendere non so quale preteso diritto di Casa Borbone: un diritto sepolto sotto la polvere dei secoli e delle rivoluzioni. E la folla lo seguitava ansiosa di ascoltare l'esile voce, infaticabile evocatrice di remote dottrine e di testi obliati. Ed a me parve veder, vivo, uscire da un antico subsello, uno di quegli eminentissimi consiglieri del Sacro Regio Collegio carichi di anni, di lodi e di sapere, e dai quali i Principi finanche volevano aver voti e pareri per lo stabilimento degli stati loro». Il Correra stava per ottenere una delle sue più grandi vittorie, con un'arringa che venne giudicata un capolavoro in materia feudale, nella causa del Duca della Regina Carlo Capece Galeota, per la successione del Principe di Montemiletto.
  7. ^ C. Conte, La civiltà di Napoli (ricordi di), III, p. 344 e ss. Il Municipio di Napoli, nell'anno 1897, ha deliberato la denominazione del Cavone a piazza Dante nell'altra di via F. S. Correra; si è apposta una lapida commemorativa sul muro esterno dell'abitazione, mantenuta dai discendenti per molto tempo.
  8. ^ S. Piscitelli, La Toga (articolo tratto da), Napoli 5 dicembre 1936 - XV - n. 16.
  9. ^ Sul bordo si legge la scritta "Ioannes Angelus ex progenie tamisier". Un leone rampante a sinistra, posto sull'emisfero settentrionale del globo, che tenta di afferrare il sole mentre alle sue spalle brilla il pianeta Venere, Lucifero, l'astro del mattino. La scritta indica il nome dell'antenato che fu spedito al confino a Sieti, dopo la disfatta di Barletta: Giovanni Angelo de Roberto, con la sua sposa Isabella ed il figlioletto di 11 anni, Pasquale, nato nel 1492. Le origini normanne si deducono da alcune considerazioni sull'inaspettato termine francese che segue l'ex progenie, quel "tamisier", vocabolo molto in uso nella lingua francese dal '300 al '600 e poi in disuso, che si può tradurre in fabbricanti di setacci e attrezzi, cioè macchinari per la molitura del grano: allora le Puglie erano denominate "granaio d'Europa". Ed ecco anche spiegato perché a difesa degli interessi francesi contro gli spagnoli nella battaglia di Cerignola. Dopo la sconfitta furono esiliati a Sieti.
  10. ^ Guido Iandolo, Dalla fiducia al trust di diritto civile italiano: da un codice all'altro, detto testamento è oggetto di studio della tesi di laurea discussa presso l'Università degli Studi "Suor Orsola Benincasa", Napoli, a.a.2010/2011.
  • Antonio de Roberto, Polvere, L'Autore Libri Firenze, Firenze, 2006. ISBN 88-517-1116-X.
  • Guido Iandolo, Dalla fiducia al trust di diritto civile italiano: da un codice all'altro, Tesi di laurea presso l'Università degli Studi "Suor Orsola Benincasa", Napoli, a.a.2010/2011.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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  • Comune di Sieti, su comune.giffoniseicasali.sa.it (archiviato dall'url originale il 1º febbraio 2014).
  • Salone dei Busti, su cir.campania.beniculturali.it. URL consultato il 26 gennaio 2014 (archiviato dall'url originale il 3 febbraio 2014).