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Diocesi di Isauropoli

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Isauropoli
Sede vescovile titolare
Dioecesis Isauropolitana
Patriarcato di Costantinopoli
Sede titolare di Isauropoli
Mappa della diocesi civile di Asia (V secolo)
Vescovo titolaresede vacante
IstituitaXVIII secolo
StatoTurchia
Diocesi soppressa di Isauropoli
Suffraganea diIconio
Eretta?
Soppressa?
Dati dall'annuario pontificio
Sedi titolari cattoliche

La diocesi di Isauropoli (in latino Dioecesis Isauropolitana) è una sede soppressa del patriarcato di Costantinopoli e una sede titolare della Chiesa cattolica.

Isauropoli, identificabile con Aydoğmuş (già Dorla) nel distretto di Çay in Turchia,[1] è un'antica sede episcopale della provincia romana della Licaonia nella diocesi civile di Asia. Faceva parte del patriarcato di Costantinopoli ed era suffraganea dell'arcidiocesi di Iconio.

Sono diversi i vescovi attribuiti a questa sede episcopale, che prima del V secolo è nota solo con il nome di Isaura.[2] Le Quien assegna alla diocesi Zenone, il cui nome appare negli atti dei martiri Quirico e Giulitta, morti durante le persecuzioni contro i cristiani all'epoca dell'imperatore Diocleziano. Tuttavia lo stesso Le Quien riferisce come, secondo altri autori, Zenone non fu un vescovo sed assessorem, aut forsan moderatorem.[3]

Nelle liste episcopali del concilio di Nicea del 325, tra i vescovi dell'Isauria, figura anche Silvano di Metropoli, sede inesistente in quella provincia. A partire da una lettera di san Basilio al metropolita Anfilochio di Iconio, alcuni autori hanno proposto di attribuire questo vescovo alla sede di Isaura, che apparteneva alla provincia dell'Isauria prima della costituzione, attorno al 371, della provincia della Licaonia.[4]

Alcuni epitaffi, databili tra III e IV secolo, hanno restituito i nomi di quattro vescovi di Isauropoli. Due di questi epitaffi, quelli relativi a Mammas e Sisamoas, sono stati scoperti a Aydoğmuş.[5] A Dineksaray, 8 chilometri a nord-ovest di Aydoğmuş, è stato scoperto un lungo epitaffio del vescovo Nestore, da cui si ricava che, prima di diventare vescovo, svolse una intensa attività nell'amministrazione civile, e che, quando divenne vescovo, si distinse per le sue opere di carità, come consigliere spirituale e catechista.[6] L'ultimo epitaffio si riferisce al vescovo Indaco, sepolto assieme al fratello Apas; la scoperta di questo epitaffio a 22 chilometri a nord-est di Aydoğmuş, rende l'attribuzione di Indaco alla sede di Isaura solo ipotetica.[7]

Una lunga lettera di san Basilio a Anfilochio di Iconio, datata tra il 375 e l'inverno del 376/377, menziona il vescovo Macedonio, ma senza indicazione della sede di appartenenza; alcuni autori ritengono possa trattarsi del vescovo di Isaura.[8]

Tra i vescovi che presero parte al primo concilio di Costantinopoli, che si concluse il 9 luglio 381, figura anche Ilario di Isaura. Lo stesso vescovo sottoscrisse in 6º posizione il testamento di Gregorio Nazianzeno il 31 maggio 381.[9]

All'inizio del V secolo, Callistrato di Isaura fu destinatario di una lettera di Giovanni Crisostomo, scritta nell'inverno del 404 da Cucuso in Armenia, dove Crisostomo era stato esiliato. Qui il santo vescovo, aspetta l'arrivo dell'amico Callistrato, che gli ha promesso di fargli visita nel suo luogo d'esilio.[10]

L'ultimo vescovo noto di Isauropoli è Aezio, che non fu presente al concilio di Calcedonia nel 451; nella solenne sessione del 25 ottobre, in presenza dell'imperatore Marciano, è rappresentato dal metropolita Onesiforo di Iconio, che sottoscrisse al suo posto la definizione di fede.[11]

Dal XVIII secolo Isauropoli è annoverata tra le sedi vescovili titolari della Chiesa cattolica; la sede è vacante dal 30 marzo 1971. Il suo ultimo titolare è stato Philip Francis Pocock, arcivescovo coadiutore, con diritto di successione, di Toronto. La sede ha avuto indistintamente i titoli di Isauropolitana, Isaurensis o Isauropoliensis.

Vescovi greci

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Vescovi titolari

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  1. ^ (DE) Tabula Imperii Byzantini, vol. IV, Galatien und Likaonien, von Klaus Belke, Wien, 1984, p. 180.
  2. ^ D. Stiernon, in Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastiques, XXVI, col. 135.
  3. ^ Le Quien, Oriens christianus, I, col. 1086.
  4. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 849-850.
  5. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 638 e 854-855.
  6. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 711-712.
  7. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 470.
  8. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, pp. 635-636.
  9. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 455.
  10. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 568.
  11. ^ Destephen, Prosopographie du diocèse d'Asie, p. 74.
  12. ^ Annuario Pontificio 1843, p. 199.
  13. ^ Németh nel sito di lexikon.katolikus.hu.

Collegamenti esterni

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