Demon core

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Il demon core (tradotto in lingua italiana: "nucleo demoniaco") era una sfera di plutonio impiegata nelle ricerche sulle armi nucleari condotte presso i laboratori di Los Alamos tra il 1945 e il 1946. La sfera fu utilizzata in diversi esperimenti particolarmente pericolosi volti alla rilevazione sperimentale della massa critica del plutonio e fu protagonista di due distinti incidenti nei quali divenne temporaneamente supercritica, causando la morte per avvelenamento acuto da radiazione di due scienziati. Tali infausti eventi furono all'origine del soprannome. Era costituita da due semisfere di plutonio in fase δ[1] ricoperte da un rivestimento di circa 0,13 mm di nichel, per una massa totale di circa 6,2 kg sotto forma di una sfera del diametro di circa 9 cm.[2] Il demon core fu poi impiegato nel nocciolo della bomba atomica usata nel primo dei due test nucleari (denominato Able) dell'operazione Crossroads, presso l'atollo di Bikini.

Primo incidente (1945)

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Ricostruzione dell'incidente del 1945. La sfera di plutonio è circondata da mattoni di carburo di tungsteno, riflettori di neutroni.

Il 21 agosto 1945 il fisico Harry Daghlian stava conducendo in solitudine un esperimento sulla riflessione neutronica. La sfera era collocata dentro una pila di mattoni riflettenti di carburo di tungsteno da 4,4 kg, e l'aggiunta di ogni mattone avvicinava il nucleo alla condizione di criticità. Mentre stava aggiungendo l'ultimo mattone, per un totale di circa 236 kg, Daghlian si fermò, notando dal contatore geiger che l'aggiunta di altri mattoni avrebbe portato il nucleo in condizione di supercriticità. Il mattone gli cadde però accidentalmente sulla pila, facendo diventare il nucleo temporaneamente supercritico, causando l'emissione di un fascio di neutroni.[3] Il fisico rimosse tempestivamente il mattone disassemblando la pila.[2] Nell'incidente ricevette una dose letale di radiazioni, che ne provocò la morte per avvelenamento acuto di tipo emopoietico 25 giorni dopo.[4]

Il soldato Robert J. Hemmerly, una guardia dello Special Engineer Detachment (SED) che si trovava nel laboratorio al momento dell'incidente con compito di sorveglianza e senza prendere parte all'esperimento, fu esposto a una dose di circa 0,08 Gy di neutroni e 0,001 Gy di raggi gamma. Il soldato morì di leucemia mieloide acuta nel 1978, all'età di 62 anni (33 anni dopo l'incidente).[5]

Secondo incidente (1946)

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Una ricostruzione dell'incidente del 1946. È visibile la semisfera superiore di berillio tenuta in posizione con un cacciavite, ma non il nucleo di plutonio, che si trova al suo interno.

Il 21 maggio 1946[2] il fisico Louis Slotin stava conducendo davanti ad altri sei addetti dei laboratori un esperimento per verificare esattamente a quale punto una massa subcritica di materiale fissile veniva resa critica tramite l'uso di riflettori di neutroni. L'esperimento era soprannominato "stuzzicare la coda del drago" (tickling the dragon's tail) per via della sua estrema pericolosità.[6] Esso richiedeva infatti che un operatore collocasse due semisfere di berillio (un metallo che riflette i neutroni) intorno al nucleo, abbassando gradualmente la semisfera superiore (che aveva un diametro di circa 23 cm). Mentre i riflettori venivano avvicinati, l'attività del nucleo veniva monitorata tramite dei contatori geiger. Le due semisfere non dovevano chiudersi completamente perché ciò avrebbe portato il nucleo in condizione di supercriticità, con una conseguente violenta emissione di energia. Slotin conduceva l'esperimento con un protocollo insicuro e non approvato, distanziando la semisfera con la punta di un cacciavite, invece di usare gli spessori previsti. Egli aveva già condotto l'esperimento almeno una dozzina di volte davanti a molti osservatori. Dopo la morte di Daghlian, Enrico Fermi aveva criticato il modo di operare di Slotin, sostenendo che, continuando a lavorare in quel modo, lui e i suoi collaboratori sarebbero morti entro un anno[7][8].

Mentre Slotin stava abbassando la semisfera, il cacciavite gli scivolò verso l'esterno facendo cadere il riflettore. Il nucleo divenne supercritico,[9] rilasciando istantaneamente una grande quantità di radiazione neutronica, con un bagliore di luce blu (dovuto alla ionizzazione dell'aria) e una vampata di calore percepita dai presenti. Il fisico avvertì un sapore amaro in bocca e un bruciore alla mano sinistra, ma ebbe la prontezza di allontanare le semisfere, fermando la reazione a catena e salvando le vite degli altri operatori presenti nel laboratorio (anche se è attualmente risaputo che il riscaldamento del nucleo e dei riflettori aveva comunque interrotto la condizione di supercriticità nel giro di qualche millisecondo). Inoltre, il corpo di Slotin fece da schermo per alcuni dei presenti. Il fisico fece segnare ai presenti la loro posizione sul pavimento della stanza con dei gessetti per poter calcolare la dose assorbita da ciascuno, in quanto nessuno dei presenti indossava il badge dosimetro, e lasciò l'edificio già in preda a conati di vomito (primo sintomo di un avvelenamento da radiazioni). Nell'incidente ricevette una dose letale di 10 Gy di neutroni e 1,14 Gy di raggi gamma[5] in meno di un secondo, che ne provocarono la morte, avvenuta nove giorni dopo, per sindrome acuta da radiazione di tipo gastrointestinale. La persona più vicina a Slotin, Alvin C. Graves, stava osservando l'esperimento da sopra la spalla del fisico (il cui corpo lo protesse parzialmente), e fu esposto a una dose elevata ma non letale di radiazioni (1,66 Gy di neutroni e 0,26 Gy di raggi gamma).[5] Graves rimase ricoverato in ospedale per diverse settimane dopo l'incidente a causa dell'avvelenamento da radiazioni e subì danni neurologici e visivi cronici. Morì d'infarto vent'anni più tardi[10].

I presenti nella stanza al momento dell'incidente erano i seguenti:

Pianta del laboratorio con la disposizione dei presenti al momento dell'incidente, usata dai medici per calcolare le dosi assorbite da ciascuno.
Ricostruzione della scena dell'incidente, con la disposizione dei presenti basata sui dati messi a disposizione dei medici. Slotin sta operando sul nucleo e Graves è alle sue spalle. Gli altri intorno al banco, in ordine in senso orario, sono Cieslicki, Schreiber, Perlman, Cleary, Young e Kline.
Generalità Origine Professione Età all'epoca
dell'incidente
Dose di radiazione Sintomi acuti Morte Note
Louis Slotin Winnipeg, Canada fisico 35 10 Gy di neutroni
1,14 Gy di raggi gamma
vomito, diarrea, eritemi, edema degli arti, paralisi intestinale, gangrena e altre gravi disfunzioni morto 9 giorni dopo l'incidente per avvelenamento acuto da radiazione [5][8]
Alvin C. Graves Washington, DC fisico 34 1,66 Gy di neutroni
0,26 Gy di raggi gamma
anemia, alopecia, aspermia, spossatezza morto nel 1965 per infarto miocardico acuto [5]
Stanley Allan Kline Chicago, Illinois fisico ND ND[11] ND morto nel 2001 [5]
Marion Edward Cieslicki Mt. Lebanon, Pennsylvania fisico 23 0,12 Gy di neutroni
0,04 Gy di raggi gamma
nessuno morto di leucemia mieloide acuta nel 1967, 21 anni dopo l'incidente [5]
Dwight Smith Young Chicago, Illinois fotografo 54 0,51 Gy di neutroni
0,11 Gy di raggi gamma
nessuno morto per anemia aplastica ed endocardite batterica nel 1973, 27 anni dopo l'incidente [5]
Raemer E. Schreiber Lafayette, Indiana fisico 36 0,09 Gy di neutroni
0,03 Gy di raggi gamma
nausea temporanea morto per cause naturali nel 1998, all'età di 88 anni [5][12]
Theodore Perlman Louisiana ingegnere 23 0,07 Gy di neutroni
0,02 Gy di raggi gamma
nessuno "vivo ed in buona salute e spirito" nel 1978 [5]
Patrick J. Cleary New York City soldato semplice
(addetto alla sicurezza)
21 0,33 Gy di neutroni
0,09 Gy di raggi gamma
nessuno morto in Corea nel 1952, durante la guerra di Corea [5]

Altre due persone colpite dalle radiazioni furono il tecnico Paul Long ed un altro tecnico non identificato, entrambi si trovavano in un'altra zona dell'edificio[13][14].

Dopo l'incidente provocato da Slotin, gli esperimenti sulla supercriticità condotti manualmente cessarono, e furono sviluppate da Schreiber, uno dei sopravvissuti, delle macchine a controllo remoto che permettevano di eseguire gli esperimenti mantenendo il personale alla distanza di sicurezza di circa quattrocento metri.[12]

Utilizzo finale del demon core

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Crossroads Able, esplosione di una bomba da 23 kiloton il 1º luglio 1946. Il nucleo fissile della bomba era il demon core.

Il demon core fu impiegato per realizzare la bomba atomica detonata nel primo test (Able) dell'operazione Crossroads, il 1º luglio 1946 presso l'atollo di Bikini. L'ordigno liberò un'energia di circa 23 chiloton, simile a quella della bomba Fat Man (sganciata nel bombardamento nucleare di Nagasaki) e a quella dell'ordigno usato nel successivo test (Baker) della stessa operazione Crossroads.[15][16]

Riferimenti nella cultura

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  • Charles Stross cita l'incidente del 1945 nel suo romanzo The Atrocity Archives
  • Nel film L'ombra di mille soli (1989) un personaggio fittizio di nome Michael Merriman (impersonato da John Cusack) riprende in parte Harry Daghlian e Louis Slotin, pur con diverse inaccuratezze storiche (nel film l'incidente viene collocato nel 1945, prima del test Trinity). Il personaggio muore in un incidente analogo a quello che ha ucciso Slotin.
  • Joseph Kanon ha raccontato gli eventi di contorno al primo incidente nel suo romanzo Los Alamos (1997)[6]
  • La storia del secondo incidente compare nell'episodio Risky Radiation della seconda serie di documentari Dark Matters: Twisted But True, nel quale viene menzionato anche il primo incidente.
  1. ^ La fase δ è una forma allotropica del plutonio con struttura cristallina cubica a facce centrate, caratterizzata da una densità relativamente bassa (15,9 g/cm³) e da grande malleabilità. Il plutonio puro in questa fase è stabile a temperature comprese tra 310 e 452 °C. È stabile a temperatura ambiente se al plutonio sono aggiunti in piccole percentuali elementi di lega come gallio, alluminio o cerio. Cfr. Richard D. Baker, Hecker, Siegfried S.; Harbur, Delbert R., Plutonium: A Wartime Nightmare but a Metallurgist's Dream (PDF), in Los Alamos Science, Los Alamos National Laboratory, inverno/primavera 1983, pp. 148, 150–151.
  2. ^ a b c A Review of Criticality Accidents, Sept 26, 1967 (PDF), su library.lanl.gov, LANL.
  3. ^ Si stima siano avvenute 1016 fissioni. L'incamiciatura del nucleo non ha ceduto.
  4. ^ Richard L. Miller, Under the Cloud: The Decades of Nuclear Testing, Woodlands, Two Sixty Press, 1991, pp. 68, 69, 77, ISBN 0-02-921620-6.
  5. ^ a b c d e f g h i j k Louis Henry Hempelman, Lushbaugh, Clarence C. e Voelz, George L., What Has Happened to the Survivors of the Early Los Alamos Nuclear Accidents? (PDF), Conference for Radiation Accident Preparedness, Oak Ridge, Los Alamos Scientific Laboratory, 19 ottobre 1979, LA-UR-79-2802. URL consultato il 5 gennaio 2013. Sono stati condotti cinque studi sulla dose di radiazioni che ha investito ciascuno dei presenti nel laboratorio durante l'incidente. Sono riportati i dati dell'ultimo studio (1978) tratti da una tabella presentata nella conferenza.
  6. ^ a b Christopher Lehmann-Haupt, Seeking Light: Manhattan Project Murder Mystery, in The New York Times, 15 maggio 1997. URL consultato il 3 maggio 2011.
  7. ^ Eileen Welsome, The Plutonium Files (PDF), 1999, p. 184, ISBN 978-0-385-31402-2. URL consultato il 18 novembre 2012.
  8. ^ a b Martin Zeilig, Louis Slotin And The Invisible Killer, in The Beaver, settembre/ottobre 1995. URL consultato l'11 settembre 2013 (archiviato dall'url originale il 27 settembre 2013).
  9. ^ Si stima siano avvenute 1015 fissioni. Anche in questo caso l'incamiciatura non si è danneggiata e non vi è stata contaminazione da plutonio nell'ambiente.
  10. ^ Clifford T. Honicker, America's Radiation Victims: The Hidden Files, in New York Times, 19 novembre 1989.
  11. ^ Il soggetto ha rifiutato il proprio consenso per il follow-up.
  12. ^ a b Larry Calloway, Nuclear Naiveté (PDF), in Albuquerque Journal.
  13. ^ Stewart Alsop, Robert E. Lapp, The Strange Death of Louis Slotin, in Saturday Evening Post, 6 marzo 1954, 25ff.
  14. ^ Clifford T. Honicker, AMERICA'S RADIATION VICTIMS: The Hidden Files, in The New York Times Magazine, 19 novembre 1989. URL consultato il 23 aprile 2011.
  15. ^ Richard L. Miller, Under the Cloud: The Decades of Nuclear Testing, Woodlands, Two Sixty Press, 1991, pp. 69, 77, ISBN 0-02-921620-6.
  16. ^ Jonathan Weisgall, Operation Crossroads: The Atomic Tests at Bikini Atoll, Annapolis, Maryland, Naval Institute Press, 1994, p. 186, ISBN 978-1-55750-919-2.

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