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Curruca melanocephala

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Occhiocotto
Curruca melanocephala
Stato di conservazione
Rischio minimo[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseAves
SottoclasseNeornithes
SuperordineNeognathae
OrdinePasseriformes
SottordineOscines
InfraordinePasserida
SuperfamigliaSylvioidea
FamigliaSylviidae
GenereCurruca
SpecieC. melanocephala
Nomenclatura binomiale
Curruca melanocephala
(Gmelin, 1789)
Uova di Sylvia melanocephala
Cuculus canorus canorus Sylvia melanocephala

L'occhiocotto (Curruca melanocephala (Gmelin, 1789)) è un uccello passeriforme della famiglia Sylviidae.[2]

Grande poco meno di un passero, con becco sottile, ali brevi e coda ad apice arrotondato, presenta un colorito prevalentemente grigiastro. Il maschio è identificabile grazie ai margini della coda bianchi (assenti nella comune capinera) e soprattutto al cappuccio nero esteso fin sotto gli occhi su cui spicca l'anello perioculare rosso che ne ha suggerito il nome italiano; la femmina, e soprattutto i giovani, presentano una livrea meno contrastata e possono più facilmente essere confusi con altri piccoli passeriformi.

Distribuzione e habitat

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È presente nel bacino del Mediterraneo fino alla Turchia e al mar Caspio. In Italia è stanziale e nidificante, molto localizzato lungo le coste e nelle regioni settentrionali, ma sono note popolazioni migratrici provenienti dall'Africa che transitano sulla penisola.

Sono note 6 sottospecie:[2]

  • Curruca melanocephala melanocephala (Gmelin, 1789)
  • Curruca melanocephala momus (Hemprich & Ehrenberg, 1833)
  • Curruca melanocephala leucogastra (Ledru, 1810)
  • Curruca melanocephala norrisae Nicoll, 1917
  • Curruca melanocephala pasiphae Stresemann & Schiebel, 1925
  • Curruca melanocephala valverdei Cabot & Urdiales, 2005
  1. ^ (EN) BirdLife International 2012, Curruca melanocephala, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b (EN) F. Gill e D. Donsker (a cura di), Family Sylviidae, in IOC World Bird Names (ver 9.2), International Ornithologists’ Union, 2019. URL consultato l'8 maggio 2014.

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