Cultura e vita morale
Cultura e vita morale | |
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Autore | Benedetto Croce |
1ª ed. originale | 1914 |
Genere | saggio |
Lingua originale | italiano |
Cultura e vita morale è un'opera di Benedetto Croce, pubblicata per la prima volta nel 1914 dall'editore Laterza. Per la stessa casa editrice ne è uscita una seconda edizione raddoppiata nel 1926 ed una terza nel 1955. Infine riedita, nel 1993, da Bibliopolis, nell'ambito dell'edizione nazionale delle opere di Croce[1].
«Il mondo corre rapido, e spesso non facciamo a tempo neppure
a dir male dei mali, perché, mentre stiamo terminando proposizione incominciata,
quei mali già sono trapassati e sostituiti da altri!»
I temi trattati
[modifica | modifica wikitesto]Dedicato a Giustino Fortunato[2], il volume raccoglie una serie di interventi, o più precisamente di Intermezzi polemici (sottotitolo dell'opera), usciti per lo più nella rivista La critica, mediante i quali il filosofo intendeva chiarire degli aspetti pregiudizievoli che si configuravano come ostacoli alla circolazione di idee di ordine sociale e politico[3]. Pur essendo trascorso del tempo dalla loro pubblicazione, con la conseguente perdita di efficacia, Croce riteneva che la loro raccolta in volume potesse essere ugualmente di giovamento[4].
Si tratta, quindi, di riflessioni polemiche sotto forma di articoli che toccano ambiti e temi diversi, caratterizzati, tuttavia, dalla ricerca di una risposta che, come precisava l'autore, era costruita attraverso il passaggio dall'analisi etica a quella logica, come suo bisogno di segnalare i mali della società, mettendone in guardia senza indulgere alla «predica moralistica o filosofica»[5]. Sotto quest'aspetto, il volume raccoglie spunti sul risveglio filosofico in relazione alla cultura italiana[6], sulla rinascita dell'idealismo e del positivismo[7], come sulla filosofia e sul metodo empirico e sulla pietra di paragone delle diverse posizioni[8]. Vi si affermano, inoltre, le contraddizioni degli scrittori[9], la mancanza di senso scientifico nei testi filosofici[10], l'attualità del pensiero di Giordano Bruno, al pari delle riflessioni volte a contrastare il regionalismo, la massoneria, l'astrattismo e il materialismo della politica[11].
Ad articoli sulla critica letteraria e sulla libertà di coscienza[12], ne seguono altri, poi, riservati all'universo giovanile.
I laureati al bivio
[modifica | modifica wikitesto]Fra i temi riservati alle "nuove leve", si segnalano gli intermezzi su L'aristocrazia e i giovani[13] e, in particolar modo, I laureati al bivio. Il bivio rappresenta, in sostanza, la scelta che devono compiere, fra insegnamento e giornalismo, i giovani usciti dalle facoltà di Lettere e filosofia, quelli che non hanno possibilità di far altro se vogliono avere di che vivere, perché «Corti e mecenati, benefizî e prebende, che facevano vivere i Petrarchi, gli Ariosti e i Tassi, non sono più cose dei tempi nostri»[14].
In Scienza e università, fra i più attuali articoli compresi nel volume, Croce poneva l'attenzione sui mali dell'accademia italiana, per combatterne il mondo ma non già l'istituzione: «Chiunque osservi la vita universitaria, è continuamente offeso da manifestazioni pesudoscientifiche, che sono manifestazioni d'interessi. Raro è ormai che i giovani, che si dànno agli studî di filosofia, abbiano quel periodo di lotta interna, di angoscia, di tristezza, che precede ogni serio convincimento. I più, sotto la spinta della ricerca di collocamento, a vent'anni, hanno già preso il loro partito»[15]. Il pragmatismo di quel mondo, se lo si osservava a fondo, non confluiva come avrebbe dovuto, a detta del filosofo, nella ricerca e nei dibattiti scientifici, ma era finalizzato soltanto ad una mera promozione, «una promozione da "straordinario" a "ordinario"», oppure al soddisfacimento di un desiderio, del «passaggio da una cattedra a un'altra, da un'università a un'altra»[16].
Sempre nello stesso contesto, da un esempio all'altro, Croce evidenziava anche quei professori che, una volta vinti i concorsi, sistemavano «il loro cervello come una casa nella quale si conti passare comodamente tutto il resto della vita», e che si attivavano solo quando veniva leso il loro status, dunque non per la difesa di una verità ideale ma per quella, materiale, della posizione acquisita[17]. Secondo l'autore, per questi mali delle università italiane serviva, non la contrapposizione fra scienza e scienza, non la distruzione di un istituto, ma un rimedio da cogliere nel sentimento: «sentimento della dignità, nella libertà interiore, nello scrupolo morale, nella forza del volere»[18]. Perché queste «disposizioni morali», concludeva il Croce, non erano privilegio di nessuno[5].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ B. Croce, Cultura e vita morale. Intermezzi polemici, a cura di M.A. Frangipani, Bibliopolis, Napoli 1993.
- ^ L'iscrizione recita per intero «A Giustino Fortunato in ricordo di antica e salda amicizia».
- ^ B. Croce, Cultura e vita morale. Intermezzi polemici, Laterza, Bari 1914, p. 7.
- ^ Ivi, p. 8.
- ^ a b Ibidem.
- ^ Ivi, pp. 9-34.
- ^ Ivi, pp. 35-56.
- ^ Ivi, pp. 57-70.
- ^ Ivi, pp. 71-74
- ^ Ivi, pp. 81-86.
- ^ Ivi, pp. 155-180 e 205-214.
- ^ Ivi, pp. 97-114
- ^ Ivi, pp. 193-204.
- ^ Ivi, pp. 123-127.
- ^ Ivi, p. 76.
- ^ Ivi, p. 77.
- ^ Ivi, p. 78.
- ^ Ivi, p. 79.