Clelia Garibaldi

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Clelia Garibaldi

Clelia Garibaldi (Caprera, 16 febbraio 1867Caprera, 2 febbraio 1959) è stata una scrittrice italiana. Primogenita di Giuseppe Garibaldi e Francesca Armosino, ha dedicato tutta la vita alla memoria del padre, curando la casa museo di Caprera, accogliendo ospiti e visitatori e scrivendo le sue memorie.

Caprera: monumento a Garibaldi

Nacque dall'unione illegittima tra Giuseppe Garibaldi e Francesca Armosino (i due non erano sposati poiché Garibaldi non aveva ancora ottenuto l'annullamento del precedente matrimonio con Giuseppina Raimondi) il 16 febbraio 1867 a Caprera, nel comune di La Maddalena [1], ricevendo il nome di Clelia in omaggio a quello della protagonista del primo romanzo di Garibaldi, che il Generale aveva da poco cominciato a scrivere.[2] Fin dalla giovinezza si occupò di custodire le memorie paterne, ricevendo nella casa di Caprera quanti volevano rendere omaggio alla tomba di suo padre. Accolse molte personalità politiche, ma anche gruppi di giovani e gente comune. A tutti dedicava la sua attenzione e raccontava episodi della vita con suo padre.

Nel 1884 sposò a Torino Vittorio Graziadei, ma il matrimonio finì con una separazione nel 1889 e in famiglia si tenne il più stretto riserbo su questa infelice vicenda matrimoniale; dopo la fine del matrimonio Clelia lasciò Torino per trasferirsi definitivamente a Caprera.

Il padre godeva di un vitalizio di 100 000 lire, assegnato nel 1876 dal governo Depretis, che nel 1882 -anno della sua morte- passò ai figli e alla vedova. La figlia Clelia iniziò a percepire una pensione di 10 000 lire annue, che nel 1882 era una cifra cospicua; l'inflazione del nuovo regno però faceva rapidamente perdere potere d'acquisto alla lira. Nel 1925 la pensione fu portata a 13 000 lire, che con gli anni divennero una cifra irrisoria, per cui nel 1946 fu infine portata a 120 000 lire annue (all'incirca 3 000 euro attuali)[3].

Clelia Garibaldi, quindi, ebbe una vita semplice, aiutata da alcuni collaboratori. Si impegnò in opere di aiuto e beneficenza soprattutto per i bambini. Raccolse denaro vendendo cartoline autografe di Caprera o piccoli cimeli che ricordavano suo padre e inviò così donazioni a strutture per l'infanzia.

Trascorse interamente la sua vita tra la casa di Caprera, che Garibaldi aveva scelto per trascorrervi gli ultimi anni della sua vita, e quella di Livorno (Villa Donekoy all'Ardenza), acquistata da sua madre Francesca nel 1888, quando il figlio Manlio frequentava l'Accademia Navale di Livorno.

La tomba di Clelia Garibaldi, a Caprera.

Donna Clelia, così era chiamata da tutti per riservarle un particolare rispetto e riconoscimento, fu sempre fedele alle convinzioni di suo padre, ma si mantenne sempre estranea a qualunque tentativo di sfruttare a fini politici il nome che portava. Tuttavia, nel 1948 fu candidata al Senato nelle liste del Partito Repubblicano Italiano[4]. Morì all'età di 91 anni e oggi riposa nel cimitero di Caprera accanto alle tombe del padre, della madre Francesca Armosino e dei fratelli Manlio e Rosa.

Sorprendente la sua voglia di comunicare anche in tarda età. Per poter parlare con i visitatori che da tutto il mondo venivano a trovarla, negli ultimi anni di vita iniziò a studiare l'esperanto, come riferì in un'intervista a Gigi Ghirotti de "La Stampa"[5]. Ebbe dei contatti col gruppo esperantista milanese, al quale inviò il seguente messaggio in esperanto:

(EO)

«Mi gardas kaj rigardas ĉiutage la verdan steleton kiun vi donacis al mi la pasintan someron kaj mi memoras kun plezuro vian viziton de la foriĝinta aŭgusto. Mi pensas ĉiam kortuŝita kaj esperplena ke Esperanto kondukos la estontajn generaciojn al vera Eŭropa Unuiĝo. Mi salutas vin kore el insulo Caprera. Esperanto vivu!
Clelia Garibaldi»

(IT)

«Conservo e guardo ogni giorno la stelletta verde che mi avete donato l'estate scorsa e ricordo con piacere la vostra visita dell'agosto scorso. Penso sempre commossa e piena di speranza che l'Esperanto porterà le generazioni future alla vera Unione dell'Europa. Saluti cordiali dall'isola di Caprera. Viva l'Esperanto!
Clelia Garibaldi.»

Dopo l'intervista e i messaggi seguirono delle lettere di sostegno di esperantisti alla signora, che infine inviò i suoi ringraziamenti alla rivista principale del movimento esperantista italiano, L'Esperanto[6].

Negli ultimi anni della sua vita, Clelia Garibaldi raccolse, con l'aiuto di Clelia Gonella (che risulta essere figlia di tal Paolo Gonella vedovo, che in seconde nozze sposò Gemma Armosino, cugina di Clelia Garibaldi), le sue memorie in un libro intitolato Mio padre, pubblicato per la prima volta dalla casa editrice Vallecchi nel 1948. Nel 2007 è uscita una seconda edizione del libro, pubblicata dalla casa editrice Erasmo. Il libro presenta un ritratto inedito dell'eroe dei due mondi, facendone emergere i tratti più intimi e famigliari.

Nel 1948 pubblicò un romanzo, Manlio, scritto dal padre.

  1. ^ Atto n. 11 del 17 feb 1867, su antenati-italiani.org.
  2. ^ J. Ridley, Garibaldi, Milano, Club degli Editori, 1975, p. 692. L'opera, pubblicata per la prima volta nel 1870, è oggi generalmente nota con il titolo de Il governo dei preti.
  3. ^ Dal DECRETO LEGISLATIVO DEL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO 23 dicembre 1946, n. 556: L'assegno straordinario vitalizio di L. 10.000 annue concesso a Clelia Garibaldi, figlia del generale Giuseppe Garibaldi, con la legge 3 giugno 1882, n. 781, maggiorato a L. 13.000 per effetto dell'art. 23 del regio decreto 31 marzo 1925, n. 486, è elevato - a decorrere dal 1º dicembre 1946 - a L. 120.000 annue.
  4. ^ Da che parte è Garibaldi? - Manifesto del PRI (JPG), su manifestipolitici.sebina.it. URL consultato il 30 agosto 2020 (archiviato dall'url originale il 18 luglio 2012).
  5. ^ "L'Esperanto" 1956-41, p. 13
  6. ^ "L'Esperanto" 1956-42, p. 86

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