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Chiesa di San Giovanni Battista del Trebbo

Coordinate: 44°33′29.72″N 11°19′04.94″E
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Chiesa di San Giovanni Battista del Trebbo (Castel Maggiore)
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneEmilia-Romagna
LocalitàCastel Maggiore
Indirizzovia Lame 132 ‒ Trebbo ‒ Castel Maggiore (BO)
Coordinate44°33′29.72″N 11°19′04.94″E
Religionecattolica di rito romano
TitolareSan Giovanni Battista
Arcidiocesi Bologna
Consacrazione11 ottobre 1868
ArchitettoCapomastro muratore Sebastiano Brighenti, Architetto Giovanni Sacchi
Stile architettonicoSecentismo
Inizio costruzione1590
CompletamentoXVI secolo
Sito webwww.parrocchiatrebbo.it

La chiesa di San Giovanni Battista del Trebbo è un edificio religioso sede dell'omonima parrocchia, situato nella frazione di Trebbo di Reno, nel comune di Castel Maggiore[1].

Nel XIII secolo esistevano nel Quartiere di Porta Stiera[2] cinque chiese parrocchiali[3][4]:

Nel XIV secolo il numero delle chiese parrocchiali si alzò a sei[4]:

  • Santa Maria de Castelario de Policino[5];
  • Santa Maria de Policino[5][9][8];
  • San Micælis de Policino[5][11][12];
  • Sant'Andree de Policino[5][9];
  • San Joannis de Policino[5][6];
  • San Matei de Policino[5].

Nel XV secolo, tali parrocchie furono unite a formarne due soltanto[4]:

  • San Giovanni Battista di Policino a Mane[13] (o del Trebbo);
  • San Michele Arcangelo di Policino a Sera[14] (o della Longara).

La chiesa di Policino a Mane (o del Trebbo) fu eretta nel XIV secolo in una posizione molto vicina alle acque del Reno[15][16]. Ma questa prima chiesa alla fine del XVI secolo fu pesantemente danneggiata dalle acque del fiume e si decise dunque di costruire un edificio omonimo in un luogo più lontano dalle acque, il luogo dove sorge ancor oggi l'edificio[15][16][17].

Il giuspatronato e l'associato jus presentandi della chiesa del Trebbo erano nel 1273 di tipo popolare. I parrocchiani del Trebbo, dunque, avevano il diritto di nomina del rettore della parrocchia, ma dovevano avere l'approvazione del vescovo. Nel 1300, quando era vescovo di Bologna Giovanni Savelli, il giuspatronato e il conseguente diritto di nomina del parroco (jus presentandi) passarono a Salinguerra Torelli III di Ferrara[18], che diverrà nel 1301 Capitano della Lega delle città di Bologna, di Forlì ed Imola. Egli nel 1308 fu acclamato signore di Ferrara, ma nel 1310 i marchesi D'Este lo spodestarono e Salinguerra III fu costretto a fuggire. Fuggendo lasciò il giuspatronato della chiesa del Trebbo nuovamente ai parrocchiani.

La facciata attuale della chiesa, rivolta verso oriente, fu realizzata nel 1790 dal capomastro muratore Sebastiano Brighenti sotto il rettorato del parroco don Pellegrino Torri.

La facciata è orizzontalmente divisa da una cornice rialzata. Al centro della facciata spicca il portale[19] della chiesa, fabbricato dal falegname Leardo Berti e dotato di serramenti dal fabbro Villani[20]. Nelle porzioni della facciata che corrispondono alle cappelle laterali si trovano due nicchie: quella contenente la statua di san Pietro, alla sinistra del portale, e quella di san Paolo di Tarso alla destra[21]. Sopra la porta maggiore è posto un timpano triangolare. Nel frontone, anch'esso triangolare, fu realizzato un tondo rialzato con, al suo interno, un bassorilievo raffigurante l'Agnello mistico con la Croce. Sulla facciata sono presenti varie lesene. In asse col portale, inoltre, è presente una finestra architravata.

La navata centrale della chiesa è coperta da una volta a botte unghiata. Essa è dipinta con le seguenti opere realizzate nel 1887 dal pittore Celestino Govoni:

  • Visita della Madonna a Sant'Elisabetta, madre di San Giovanni Battista[22];
  • San Giovanni Battista fanciullino nel deserto;
  • La figlia di Erodiade, Salomè, con la testa del Battista;
  • Putto con la tromba[23];
  • Putto col ramo di pesco[24];
  • Putto con la spada[25];
  • Putto con le catene[26];
  • Putto con la palma[27];
  • Putto con la croce di canna col cartiglio[28].

Ai lati della volta sono presenti degli angeli che portano in mano motti riguardanti la vita del Battista[29]. I motti sono i seguenti:

  • Exsultavit infans in utero (Il bambino[30] esultò nell'utero[31]);
  • Benedictus fructus ventris (Benedetto il frutto del ventre[32]);
  • Erat in desertu (Si trovava nel deserto[33]);
  • Confortabatur spiritu (Confortato nello spirito);
  • Decollavit eum in carcere (Lo decollò in carcere[34]);
  • Attulit caput eius in disco (Trasportò il suo capo su di un vassoio);
  • Joannes est nomen eius (Giovanni è il suo nome);
  • Benedicta inter mulieres (Benedetta fra le donne);
  • Manus Domini erat cum illo (La mano del Signore era con lui);
  • Herodes muteabat Joannem (Erode temeva Giovanni);
  • Herodias insidiabatur illi (Erodiade lo insidiò);
  • Repleta spiritu sancto (Ripieno di Spirito Santo).

Arco trionfale

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Divide la navata centrale dal presbiterio un arco trionfale ornato con un cartiglio decorativo con dipinte le parole pronunziate da Gesù Cristo in onore di San Giovanni Battista: Non surrexit major[35](Mt. 11,11). Il cartiglio è sormontato da alcuni angeli scolpiti in altorilievo che reggono la raggiera dorata, simbolo della Santissima Trinità. Le decorazioni dell'arco trionfale furono realizzate dallo scultore Gaetano Lollini (n. 1700 — †. 1769)[37].

Il presbiterio è rialzato rispetto alla navata. Per ascendere al presbiterio, infatti, bisogna salire un gradino di marmo bianco di Carrara. L'altare maggiore è di marmo, mentre il ciborio è di alabastro d'Egitto. Lo sportello del tabernacolo è dorato e decorato con l'immagine del Redentore. Nel 1975 il presbiterio fu trasformato secondo le nuove disposizioni del Concilio Vaticano II.

Cupola e pennacchi del presbiterio

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La cupola e i pennacchi del presbiterio furono dipinti nel 1861 dal pittore Sante Nucci (n. 1821 — †. 1896)[38], sotto il rettorato del parroco don Pietro Spisani. Al centro della cupola si possono osservare:

Intorno alla Trinità, invece, si trovano:

I dipinti dei quattro pennacchi rappresentano:

Nel coro è presente la pala d'altare San Giovanni Battista nel deserto di Giovan Francesco Gessi, scolaro di Guido Reni. Il quadro, restaurato nel 1837 da Vincenzo Rasori (17931863) e da Antonio Muzzi (18151894), rappresenta San Giovanni Battista nell'atto d'indicare ai discepoli il Redentore[41]. Il quadro fu fatto prima del 1647 sotto il rettorato di don Tommaso Mariani. In alto, in un ovale, si trova l'Agnello con la croce, simbolo del Battista. La volta del coro fu dipinta da Sante Nucci (18211896). Il campanile, prima del 1887, occupava la zona del coro, che allora non esisteva, spostando il campanile, dunque, fu anche realizzato il coro, nel 1887.

Cappelle laterali

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Nella chiesa vi sono sei cappelle laterali, tre per lato:

Cappella di San Giuseppe

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La Cappella di San Giuseppe è chiusa da una balaustra di ferro guarnita in ottone[42]. Fino al restauro del 1859 la cappella era dedicata a Gesù Nazareno. Fino al secondo dopoguerra dietro all'altare era presente il Transito di San Giuseppe[43] attribuito a Lucio Massari. Nel secondo dopoguerra Giuseppina Burzi ved. Masotti regalò L'adorazione dei pastori[44], un quadro di maggiori dimensioni e dunque il Transito di San Giuseppe fu spostato sulla parete laterale. Ad oggi nella cappella è posta una statua di San Giuseppe col Bambino.

L'altare fu fabbricato nel 1859 in legno marmorizzato con filetti dorati. La predella è di quercia, mentre i quattro candelieri sono in ottone. Alla destra dell'altare si trova un confessionale fabbricato nel 1888 in abete ed in pioppo da Cesare Scannavini, campanaro del Trebbo. Sopra l'altare, in alto, è presente un ovale con la scritta: "Cum esset justus" (Essendo giusto).

Cappella della Beata Vergine Immacolata

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Nella Cappella della Beata Vergine Immacolata[42] è posta una statua dell'Immacolata fabbricata in gesso donata dal Canonico Fiegna. La cappella fu dipinta nel 1875 da Gaetano Gavazza e fu restaurato l'altare in cotto e legno dorato (il vecchio altare maggiore della chiesa) dall'indoratore Carlo Costa. Nel 1931, invece, fu restaurata dal pittore Carlo Baldi[45]. Nella cappella, inoltre, sono presenti sei candelieri in ottone e due lampade inargentate donate da Raffaele Lorenzoni nel 1885. In alto è presente un ovale ornato con la scritta: "Labis nesciae dicatum" (Dedicato a colei che non conosce peccato). Nella parete destra è presente un'epigrafe sulla quale v'è scritto: "CAROLI AEMILIAEQUE DOTTI PARENTUM HONORI ET RELIQUIEI ALOISIUS BETAZZONI SACELLUM CAROLO BALDI PICTORE ESORNANDUM CURAVIT". Sul pavimento, invece, si trova la lapide sotto la quale è sepolto il parroco don Enrico De Maria[46], sulla lapide è inciso: "OSSA ET CINERES HENRICI DE MARIA ARCHIPRESBYTERI PER ANNOS XXXVI OPTIME DE CURIA MERITI CURIATORUM PIETATE HIC CONDITA AN. MCMXXXI AB OBITIS III".

Cappella della Madonna del Santissimo Rosario

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La realizzazione della Cappella della Madonna del Santissimo Rosario incominciò nel 1647 spendendo 600 lire. All'interno di un'urna è conservata la statua della Madonna del Rosario[47]. Attorno alla statua vi sono i Quindici Misteri del Rosario dipinti su tela[48][49]. Nel medaglione, posto al di sopra del cornicione[50], è scolpita la Colomba dello Spirito Santo. Sull'altare vi sono quattro candelieri in ottone. Il paliotto dell'altare[51] è di scagliola nera arabescata con fiori ed uccelli con al centro la Madonna in piedi sulle nuvole[52]. Nella parete di destra v'è un'epigrafe che recita: "In memoria dei genitori Flaminia Greganti e Francesco Stagni i figli fecero restaurare nell'anno 1935".

Cappella del Fonte battesimale

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Questa cappella era dedicata a Sant’Anna e poi a Sant’Antonio Abate e fu costruita a richiesta del Parroco Don Giacomo Simoncini prima del 1694 dalle Reverende Madri di San Guglielmo Vescovo di Biturige, Monache domenicane di Via Mascarella, il cui ordine fu soppresso alla fine del XVIII secolo. Elle avevano dei fondi in parrocchia. Il quadro fu pagato dalle suddette monache e rappresenta l'estasi di Sant'Anna. La santa è inginocchiata al centro tra sant'Antonio abate e san Francesco d'Assisi. Ella guarda in alto il Padre Eterno. La cappella divenne poi del fonte battesimale all'inizio del XX secolo. In questo secolo la cappella fu dotata d'una fonte in marmo.

Fonte Battesimale
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Il fonte battesimale fu realizzato nel 1918, anno in cui tornò alla chiesa del Trebbo la possibilità di battezzare[53].

Cappella del Sacro Cuore di Gesù

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Questa cappella è stata dedicata a Sant'Antonio Patavino, a San Vincenzo Ferreri, alla Madonna delle Grazie (fino al 1960) ed infine al Sacro Cuore di Gesù. In passato, come ancona vi era un quadro rappresentante Sant'Antonio Patavino, San Francesco di Paola, Eremita e San Vincenzo Ferreri; oggi, invece, al posto del quadro vi è una nicchia contenente una statua del Sacro Cuore di Gesù. In alto, sopra la statua, si vede il Padre Eterno a mezzo busto rappresentato in bassorilievo in un ovale. Sul pavimento si trova un'epigrafe dedicata al parroco don Giovan Francesco Antonio Bellisi[54]. L'epigrafe recita: "Francisco Belisio / per annos XLVI / huius parœciæ / rectori / nepotes B. M. P. / A. MDCCLXXVIII" (A [Giovan] Francesco [Antonio] Bellisi[,] rettore di questa parrocchia per quarantasei anni[,] i nipoti [posero,] anno 1778).

Cappella del Santissimo Crocefisso

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La cappella del Santissimo Crocefisso, detta anche del Cristo Agonizzante o degli Agonizzanti fu iniziata nel 1649[55]. Questa cappella apparteneva alla Confraternita degli Agonizzanti del Trebbo. Sopra l'altare è posto un crocefisso molto espressivo, posto in questa cappella nel 1885 dal parroco don Enrico De Maria[56]. Il Cristo Agonizzante fu restaurato nel 1960. Sotto il Crocefisso era presente una copia de La Beata Vergine Addolorata di Alessandro Guardassoni (18191888)[57]. Il paliotto dell'altare è di scagliola nera arabescata con, al centro, santa Maria Maddalena ai piedi della Croce.

Tra la cappella del Sacro Cuore e quella del Santissimo Crocefisso è presente un pulpito realizzato nel 1690 in legno di noce da Mastro Lorenzo Poluzzi[58]. L'accesso è coperto da una tenda di mussola cenerognola.

A sinistra dell'altar maggiore si trova la sacrestia, restaurata nel 1965. Sopra l'altare in legno di pregevole fattura[59] vi è il quadro rappresentante Santa Francesca Romana, C.O.T.S; Sant'Apollonia di Alessandria Martire e la Beata (oggi, Santa) Caterina De' Vigri da Bologna, O.S.C. di Barbara Sirani (16411692), sorella della più famosa pittrice Elisabetta Sirani. In sacrestia sono poste una croce per le rogazioni, una croce per la Via Crucis, un catino per la lavanda delle mani ed un secchio per l'Acqua Santa. Inoltre, è presente un inginocchiatoio di legno per la preparazione del sacerdote alla celebrazione eucaristica.

Nel 1600 esisteva già un organo a due registri.[60]. Nel 1705 fu acquistato il secondo organo dai Fratelli Francesco e Domenico Bresciani. Quest'organo era dotato di sette registri. Un terzo organo fu comperato dal parroco Don Pietro Spisani[61] presso la Ditta Veratti e Codivilla, vendendo l'antico al Conte Antonio Malvasia. Era sistemato nella cantoria di destra. Nel 1968 si trasferì nel coro sotto la pala d'altare del Gessi.

Lungo la navata della chiesa son poste 14 formelle realizzate in terracotta da un sacerdote anonimo di Lizzano. Il 23 ottobre 1858 il Padre Francesco Antonio Monari, O.F.M. eresse la Via Crucis con licenza del Cardinal Michele Viale-Prelà, Arcivescovo di Bologna e del Padre Superiore dell'Ordine dei Frati Minori Osservanti Alfonso Monti, O.F.M. di Bologna.

Tra la cappella del Sacro Cuore e quella del Santissimo Crocefisso è presente un pulpito realizzato nel 1690 in legno di noce da Mastro Lorenzo Poluzzi[58]. L'accesso è coperto da una tenda di mussola cenerognola

Torre campanaria

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Il campanile fu realizzato nel 1665 dall'architetto Giovanni Sacchi. Originariamente il campanile conteneva solamente tre campane[62]. Nel 1677 si rifusero le campane e si sostituirono con altre tre[63]. Nel 1887 si fusero nuovamente e si sostituirono con le quattro attuali realizzate dalla Ditta Clemente Brighenti. Le nuove campane furono benedette il 17 maggio 1887[64] e collocate nel campanile del Trebbo[65]. La torre campanaria è costruita in mattoni coperti d'intonaco ed è alta 100 piedi bolognesi (33,48 metri). Le campane, poste sul quinto piano, sono sorrette da un castello in rovere. Al quarto piano si trova l'orologio, rivolto a levante. La cuspide, ricoperta di rame nel 1838, poggia su di un tamburo decorato con ovali e con quattro vasi stilizzati. Le campane sono dedicate:

Alla mattina era consuetudine avvisare sulle condizioni meteorologiche della giornata: un rintocco per il bel tempo, due rintocchi per il nuvoloso, tre rintocchi per la pioggia e quattro per la neve.

Spostamento della torre campanaria

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Nel marzo del 1887 il sindaco di Castel Maggiore aveva intimato al parroco don Pietro Spisani di provvedere al campanile che oscillava ed era storto e attentava all'incolumità dei cittadini. Nel 1887, dunque, il campanile fu spostato di quattro metri verso mezzanotte per opera del Capomastro muratore Ulisse Campeggi. Don Giuseppe Rossi, testimone oculare dell'impresa, scrisse: "Nel giorno 2 Maggio 1887 s'intrapresero i lavori degli scavi pei fondamenti nuovi che dovevano sorreggere il Campanile dopo il trasporto. Nella festa del protettore S. Giovanni Battista dopo la messa parrocchiale si determinò di non suonare più le campane né a doppio né a squasso, ma solo scampaneggiare e ciò per non causare ondulazioni funeste al campanile che stava già distaccato dal fondamento vecchio nel mezzo e a fianchi posava sopra doppi quadroni di legno muniti di spranghe ferroviarie traversate da rulli d'acciaio che servivano a far camminare il campanile con più facilità sospinto dai cosiddetti 'krich' a viti. Nei giorni seguenti si dovette provvedere al muro di rincalzo ai Krich. Nel dì 27 luglio verso sera fu per la prima volta spostato in via di esperimento e senza grave difficoltà fu mosso di circa quattro centimetri e si proseguì a spostarlo di quando in quando. Massimo l'arrivo di personaggi autorevoli fra i quali vi fu anche il Sig. Prefetto di Bologna Conte Salsi e la sua Signora. In altro dì fu mosso mentre alcuni Campanari di S. Pietro di Bologna erano sul Campanile a scampanare. Nel dì 9 Agosto poi fu data la Benedizione al Campanile da Sua Eminenza Reverendissima il Cardinal Francesco Battaglioni, Arcivescovo di Bologna trovandosi presente il suo Cerimoniere il Sig. Antonio Grassilli, il suo Segretario Sig. Canonico Tassinari nonché Sua Eminenza Reverendissima il Cardinal Giordani, Arcivescovo di Ferrara e Molti Reverendi Curati e Sacerdoti. Verso sera dopo aver cantato il Veni Creator all'altar maggiore processionalmente col popolo accorso l'Arcivescovo si recò poi dentro lo steccato che stava attorno al Campanile ed ivi lo benedì. Indi si fece ritorno in processione alla Chiesa cantando il Te Deum, dopo il quale Sua Eminenza Reverendissima impartì al popolo la sua Benedizione. Il Campanile fu poscia trasportato al determinato nuovo posto distante dall'antico quattro metri facendo che dapprima fu raddrizzato a piombo, mentre era pendente verso occidente di circa sessanta centimetri. Tutto era finito nel giorno 15 ottobre 1887. È da notarsi che in tutto il suddetto lavoro nessuno ebbe a soffrire contusione alcuna od altro malanno. Di che dopo al Signore Iddio e a Maria SS. dobbiamo rendere grazie e lodi alla Sante Anime del Purgatorio alla cui intercessione fu riposto il felice esito del sullodato trasporto. Il lavoro fu eseguito dal Capomastro Ulisse Campeggi di Longara che assicurava con legale scrittura di riordinare e ristabilire le cose tutte a sue spese qualora fossero accadute funeste e dannose eventualità. Nel detto lavoro computando la spesa dell'Abside nuovo il Parroco Don Spisani sborsò dodicimila lire". L'ingegner Giuseppe Ceri, sbalordito da tale impresa, dettò l'epigrafe: "Dopo quattrocento trentadue anni / che Aristide Fioravante / insigne Architetto / mosse il campanile della Magione / in Bologna / Ulisse Campeggi di Longara / capo mastro muratore / addirizzato questo campanile / lo spinse sopra rulli ferrei / metri quattro verso tramontana / il dì 8 Agosto MDCCCLXXXVII / per munificenza di / Don Pietro Spisani Parroco. Il professor don Vincenzo Tarozzi pose nel coro della chiesa l'epigrafe: "A MDCCCLXXXVII / Impensa Petri Spisani Curionis / Absis constructa est / Machinatori Ulixe Campeggio Longariensi / Qui turrim aedificio incommodam / Interiectis ferreis axibus / A solo divisit inclinatam correxit / Promovit ad septemtrionem metra IV / Alteri Basi imposuit / Hoc fuit V id augusti sub presentia / Card. Franc. Battaglini et al Giordanii / In summa omnium admiratione".

Prima del 1887 il campanile occupava la zona del coro, che allora non esisteva; spostando il campanile, dunque, fu anche realizzato il coro.

Il cimitero, soppresso nei primi anni del XX secolo, era posto a settentrione della chiesa, al posto dell'attuale campetto da pallacanestro. All'interno del cimitero si trovava una cappella mortuaria realizzata nel 1838 dal Signor Giuseppe Pedrini. Nel 1923 fu dissodato il campo d'inumazione ed abbattuata la cappella ed il muro di cinta. Le pietre furono riutilizzate per costruire case in località Bella Venezia (Via Corticella, crocicchi Via della Libertà e Via Carlo Collodi). Il cimitero era diviso in quattro arie: nella prima a destra entrando dal sagrado vi erano le donne, nella prima a sinistra gli uomini, nella seconda a destra le fanciulle e nella seconda a sinistra i fanciulli. Al centro, contro il muro occidentale, si trovava la cappella mortuaria.

Consacrazione

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La solenne cerimonia di consacrazione si tenne nella chiesa domenica 11 ottobre 1868, sotto il rettorato del parroco don Pietro Spisani, officiata da Monsignor Antonio Canzi, vicario generale dell'arcidiocesi.[67]. A ricordo fu posta sulla porta della chiesa l'epigrafe: "D.O.M. / Haec aedes / II die dominico Octobris MDCCCLXVIII / Ab. Ant. Cantio ep. Cirenentium / Vice Sacra antistite / Solemni ritu consecrata est / Instantia Petri Spisani Curionis". Come consuetudine, dodici croci greche d'ottone furono poste sulle colonne della chiesa, all'altezza di 2 metri da terra.

Confraternita degli Agonizzanti, poi del Santissimo Sacramento

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Il 13 gennaio 1647 fu istituita la Confraternita degli Agonizzanti e redatto lo statuto. La missione primaria era il conforto agli agonizzanti. I membri della Confraternita s'incaricavano di accompagnare gli stessi boccheggianti partendo dalla chiesa all'abitazione del morente con candele accese e campanelli. Il 10 agosto 1823 prese il nome di Confraternita del Santissimo Sacramento. Il cardinale Carlo Opizzoni il 31 ottobre ne approvò i capitoli, e l'8 aprile 1895 venne rinnovata dal cardinale Domenico Svampa.

  1. ^ Chiesa di San Giovanni Battista del Trebbo - Sito ufficiale, su parrocchiatrebbo.it. URL consultato il 28 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 5 gennaio 2016).
  2. ^ Per Quartiere di Porta Stiera s'intende quella zona al di fuori dell'omonima porta della prima cinta muraria.
  3. ^ Giampaolo Baietti e Giuseppe Bonfiglioli, La località, in Trebbo di Reno e la Chiesa di San Giovanni Battista – Arte e storia, Bologna, Area Stampa, 2011, pp. 11-13.
  4. ^ a b c Antonio di Paolo Masini, S. Giovanni del Pollesino, in La Bologna perlustrata ampliata e ricorretta, vol. 2, Bologna, 1823, pp. 382-384. URL consultato il 28 giugno 2016.
  5. ^ a b c d e f g h i j k La zona a settentrione di Porta delle Lame (ovvero la zona della Longara e del Trebbo), nel Medioevo, veniva detta Polesine, Pollesine, Pollese, Pollesino, Policino o Pollicino.
  6. ^ a b L'odierna Chiesa di San Giovanni Battista del Trebbo. Essa esisteva sicuramente già nel 1238 poiché in quest'anno versava una corba[7] di frumento al Capitolo della Cattedrale di Bologna ed una corba di spelta a titolo di decima.
  7. ^ a b "Corba" in Dizionario Corriere, su dizionari.corriere.it. URL consultato il 30 giugno 2016.
  8. ^ a b La chiesa di Santa Maria de Pollicino versava nel 1238 mezza corba[7] di frumento al Capitolo della Cattedrale di Bologna e mezza corba come decima.
  9. ^ a b c d Nel 1276 il diritto di nomina del rettore della Chiesa di Santa Maria de Pollicino e di quella di Sant'Andrea di Pollicino apparteneva ai parrocchiani.
  10. ^ Il diritto di nomina del rettore della Chiesa di San Marco de Pollicino spettava nel 1270 alla Famiglia Lambertini.
  11. ^ a b L'odierna Chiesa di San Michele Arcangelo della Longara.
  12. ^ a b Nel 1285 il diritto di nomina del rettore della Chiesa di San Michele de Pollicino spettava alla Famiglia Lambertini.
  13. ^ Il toponimo Policino a Mane deriva dal fatto che il Trebbo si trovi a levante (quindi a mane, mattina, dal momento che il sole sorge a levante, appunto) del Fiume Reno.
  14. ^ Il toponimo Policino a Sera deriva dal fatto che la Longara si trovi a ponente (quindi a sera, dal momento che il sole tramonta a ponente) del Fiume Reno.
  15. ^ a b Chiesa di San Giovanni Battista del Trebbo, su turismoinpianura.cittametropolitana.bo.it. URL consultato il 28 giugno 2016 (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2016).
  16. ^ a b Giampaolo Baietti e Giuseppe Bonfiglioli, La chiesa, in Trebbo di Reno e la Chiesa di San Giovanni Battista – Arte e storia, Bologna, Area Stampa, 2011, p. 18.
  17. ^ Via Lame, 132 — 40013 Castel Maggiore (Loc. Trebbo di Reno).
  18. ^ Salinguerra era un soprannome della famiglia derivato dal Latino "Saliens in guerra" (Forte in guerra).
  19. ^ La soglia del portale era in pietra serena, oggi, invece, è in marmo.
  20. ^ Il portone, coi serramenti, costò 303,10 lire.
  21. ^ Le due statue, realizzate dallo scultore Aldrovandi e pagate 150 lire, furono poste nelle nicchie nel 1882.
  22. ^ Rappresentazione del Secondo mistero gaudioso del Rosario.
  23. ^ La tromba rappresenta la fama.
  24. ^ Il ramo di pesco rappresenta la salvezza.
  25. ^ La spada rappresenta la giustizia.
  26. ^ Le catene rappresentano la mortificazione corporale.
  27. ^ La palma rappresenta il martirio.
  28. ^ Il bastone da viandante sormontato da una piccola croce con la scritta Ecce Agnus Dei è un attributo fondamentale di San Giovanni Battista.
  29. ^ Don Enrico De Maria scrisse: "[...] al di sopra dei cornicioni che sostengono la navata centrale, vi sono dei bruttissimi fanciulletti che nelle intenzionalità del pittore vorrebbero essere angeli che portano in mano motti riguardanti la vita del Battista [...]".
  30. ^ Il bambino è San Giovanni Battista.
  31. ^ L'utero è quello di Sant'Elisabetta, madre del Battista.
  32. ^ Il ventre è quello di Sant'Elisabetta, madre del Battista.
  33. ^ Con questo motto si fa riferimento al soggiorno di San Giovanni Battista nel deserto.
  34. ^ a b Erodiade aveva divorziato dal fratello del sovrano della Galilea Erode Antipa ed aveva sposato quest'ultimo. Poiché il divorzio non era ammesso dalla Legge ebraica, San Giovanni Battista si sentiva in dovere di protestare verso Erodiade per la sua condotta. Per queste proteste Giovanni Battista venne incarcerato da Erode Antipa. Ad Erode piaceva ascoltare il carcerato e per questo non l'aveva mai fatto uccidere. Ma durante la festa del suo compleanno, egli disse a Salomè (la figlia di sua moglie): "Chiedimi qualsiasi cosa ed io te la darò". Salomè, dopo essersi consultata con sua madre (che voleva liberarsi del Battista), chiese ad Erode la testa del Battista. Egli, dunque, a causa della parola data pubblicamente, con dispiacere, acconsentì e fece decollare il Battista.
  35. ^ Non sorse [nessuno] maggiore [di Giovanni Battista].
  36. ^ Paolo Salani, Orazione recitata nella sala maggiore dell'Instituto delle Scienze per la solenne distribuzione dei premj alli studiosi di Pittura, di Scoltura e d'Architettura dell'Accademia Clementina, Bologna, 1736, pg. 27.
  37. ^ Gaetano Lollini riportò nel 1727 il premio dell'Accademia Clementina di belle arti di Bologna in scultura[36].
  38. ^ Vita di Sante Nucci, su istitutomatteucci.it.
  39. ^ Rut è il personaggio biblico che ha dato il nome al Libro di Rut. Era la bisnonna di Re Davide.
  40. ^ Sant'Elisabetta tiene in braccio il Battista.
  41. ^ Il Redentore è la figura piccola a destra.
  42. ^ a b Le balaustre della Cappella di San Giuseppe e di quella dell'Immacolata furono realizzate nel 1874.
  43. ^ Lucio Massari (attribuito), Transito di San Giuseppe, inizî del XVII secolo; San Giuseppe è steso su di un letto tra le figure di Gesù (a sinistra) e di Maria (a destra), dietro Maria si vede la mezza figura di San Michele Arcangelo con in mano la bilancia, mentre in alto si possono osservare due angeli pronti ad accoglier l'anima di San Giuseppe
  44. ^ L'adorazione dei pastori non è stato rintracciato.
  45. ^ Pagò l'intervento Luigi Petazzoni.
  46. ^ Don Enrico De Maria fu parroco del Trebbo dal 1892 al 1929.
  47. ^ La statua, di legno con intagli di stucco, fu realizzata nel 1689 dall'intagliatore Tommaso Bandini.
  48. ^ I quadretti dei Quindici Misteri del Rosario, separati da cornicine di legno dorato ed intagliato, son di mano anonima.
  49. ^ In ordine da in basso a sinistra ad in basso a destra:
  50. ^ Il cornicione è sorretto da due colonne di scagliola venata di bianco
  51. ^ Questo paliotto risale al 1671.
  52. ^ Don Enrico De Maria riporta nell'inventario del 1895 che il paliotto era del Passerotti.
  53. ^ Dal 1590 al 1918 i battesimi si effettuavano nella Chiesa dei Santi Savino e Silvestro della Corticella.
  54. ^ Don Giovan Francesco Antonio Bellisi, proprietario d'un fondo presso la Torre Verde, resse la parrocchia del Trebbo dal 1733 al 1778.
  55. ^ Per la realizzazione si spesero 300 lire.
  56. ^ Prima si trovava sull'altare della sacrestia.
  57. ^ L'originale è situato nella Chiesa arcipretale di Minerbio. Il quadro fu donato al Trebbo da Don Vincenzo Spisani, fratello di Don Pietro, parroco del Trebbo. La copia de La Beata Vergine Addolorata fu benedetta dall'Arciprete Don Raffaele Fornasini il 18 dicembre 1859 per delega del vescovo titolare di Epifania di Cilicia dal 16 aprile 1846 al 15 novembre 1867, data del suo decesso.
  58. ^ a b Il pulpito costò 150 lire.
  59. ^ L'altare della sacrestia si trovava precedentemente nella Cappella degli Agonizzanti.
  60. ^ Nel 1689 suonava l'organo il frate Benedetto Leporatti.
  61. ^ Don Pietro Spisani resse la parrocchia del Trebbo dal 1853 al 1891.
  62. ^ La prima, del 1643, costò 97 lire; la seconda, del 1655, costò 267 lire.
  63. ^ La maggiore di 761 libbre; la mezzana di 360 libbre; la terza di 223 libbre.
  64. ^ Alle sette della mattina.
  65. ^ Alle sette di sera.
  66. ^ Sulla campana è inciso "Ab inundatione aquarum libera nos"(Liberaci dalle inondazioni delle acque [del Reno]), poiché egli è il patrono delle persone in rischio d'annegamento, essendo lui stato giustiziato da Venceslao di Lussemburgo, Re di Boemia e Re dei Romani tramite annegamento.
  67. ^ Don Pietro Spisani resse la parrocchia del Trebbo dal 1853 al 1891, a lui si deve lo spostamento del campanile e la realizzazione del coro.
  • Giampaolo Baietti e Giuseppe Bonfiglioli, Trebbo di Reno e la Chiesa di San Giovanni Battista, Bologna, marzo 2011;
  • Le chiese parrocchiali della Diocesi di Bologna ritratte e descritte — Tomo I, Enrico Corty e Compagno Editori, Bologna, 1844, pg. 8, pg. 37;
  • Rosanna Bonafede Gardini, Storie dell'argine, Bologna;
  • Lorenzo Cremonini, Castel Maggiore com'era... e com'è, Edizione Alinea, Firenze, 1988;
  • Valerio Montanari e Carlo Garulli, Castel Maggiore tra storia e memoria, Pendragon, Bologna, 2007;
  • Paolo Salani, Orazione recitata nella sala maggiore dell'Instituto delle Scienze per la solenne distribuzione dei premj alli studiosi di Pittura, di Scoltura e d'Architettura dell'Accademia Clementina, Bologna, 1736, pg. 27;
  • Luigi Bortolotti, I comuni della Provincia di Bologna, nella storia e nell'arte, Bologna, 1964;
  • Archivio della Parrocchia di San Giovanni Battista del Trebbo;
  • Serafino Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi, e moderni della famosa Università, e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna, 1848, pg. 227, ¶. 2273;
  • Antonio Paolo Masini, La Bologna perlustrata, Bologna, tomo II, pgg. 382, 383, 384, ¶. S. Giovanni del Pollesino;
  • Giovambattista Melloni, Atti, o memorie degli uomini illustri in santità nati, o morti in Bologna, Bologna, 1773, volume I, pg. 257.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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