Calgaco

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Disegno del XIX secolo che rappresenta il discorso di Calgaco ai Caledoni prima della battaglia del monte Graupio

Calgaco (in latino Calgacus, anche Galgacus; fl. I secolo) fu il capo del popolo dei Caledoni che, nell'83 o nell'84, si scontrarono al Monte Graupio, nella Scozia settentrionale, con le truppe romane del governatore della Britannia, Gneo Giulio Agricola[1].

L'unica fonte storica che ci parla di lui è l'Agricola di Tacito, che lo descrive come "il più distinto per valore e nobiltà tra i diversi capi" e al quale mette in bocca un celebre discorso, ricco di pathos, del quale è rimasto proverbiale l'explicit (ubi solitudinem faciunt, pacem appellant):

«Ogni volta che penso alle cause della guerra e alla situazione in cui ci troviamo, nutro la grande speranza che questo giorno e la vostra unione siano per tutta la Britannia l'inizio della libertà. Perché per voi tutti che siete qui e che non sapete cosa significhi la servitù, non esiste altra terra oltre questa e neppure il mare è sicuro, da quando su di noi incombe la flotta romana. Per questa ragione, nel combattere, scelta gloriosa dei forti, troverà sicurezza anche il codardo. I nostri compagni che si sono battuti prima di adesso con diversa fortuna contro i romani avevano in noi l'ultima speranza di aiuto, perché noi, i più rinomati di tutta la Britannia - perciò vi abitiamo proprio nel cuore, senza neanche vedere le coste dove risiede chi ha accettato la servitù - avevamo persino gli occhi non contaminati dalla schiavitù. Noi, che siamo al limite estremo del mondo e della libertà, siamo stati fino a oggi protetti dall'isolamento e dall'oscurità del nome. Ora, tuttavia, si aprono i confini ultimi della Britannia e l'ignoto è un fascino. Ma dopo di noi non ci sono più altre tribù, ma soltanto scogli e onde e un flagello ancora peggiore, i romani, contro la cui prepotenza non servono come difesa neppure la sottomissione e l'umiltà. Razziatori del mondo, adesso che la loro sete di universale saccheggio ha reso esausta la terra, vanno a cercare anche in mare: avidi se il nemico è ricco, arroganti se povero, gente che né l'oriente né l'occidente possono saziare. Loro bramano possedere con uguale smania ricchezze e miseria. Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero. Fanno il deserto, e lo chiamano pace

Calgaco non viene menzionato durante o dopo la battaglia del Graupio, e neppure tra gli ostaggi che Agricola si fa consegnare dopo la vittoria e non sappiamo quindi se fu ucciso nello scontro o se scampò alla morte. Comunque sia, egli scompare dalla scena della storia, altrettanto rapidamente di come vi era comparso.

Precedenti e paralleli

[modifica | modifica wikitesto]

Il discorso di Calgaco trova un precedente durante le campagne galliche di Cesare, quando il nobile Critognato, del popolo gallico degli Arverni, incoraggia i compagni stremati dall'assedio di Alesia, arrivando perfino all'estrema proposta dell'antropofagia, pur di non arrendersi alla schiavitù che sarebbe seguita alla conquista romana della Gallia.[2]

In entrambi i brani è evidenziata una capacità dei testimoni e della storiografia romana, il saper accogliere e interpretare il punto di vista dell'avversario; è un tema letterario che raggiunge con Calgaco il punto più alto e denso, ma che si ritrova anche in Sallustio, nell'epistola che egli immagina scritta da Mitridate, re del Ponto, al re dei Parti Arsace, e in Pompeo Trogo, in un discorso attribuito ancora a Mitridate.[3]

  1. ^ Tacito, Agricola 29-38.
  2. ^ Il discorso di Critognato, anch'esso in forma diretta, è riportato da Cesare in De bello Gallico, VII, 77 Archiviato il 15 maggio 2008 in Internet Archive..
  3. ^ XXXVII, 4 su www.forumromanum (EN) Pompeo Trogo, nell'Epitome di Giustino.

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]