Vai al contenuto

Bruno Pontremoli

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Bruno Pontremoli
NascitaMilano, 8 giugno 1892
MorteMilano, 14 febbraio 1968
Luogo di sepolturaMilano, Cimitero Monumentale
EtniaItaliana
Dati militari
Paese servito Regno d'Italia
Forza armata Regio Esercito
CorpoFanteria
Anni di servizio1915-1919 (attivo)
GradoColonnello
FeriteFerita da arma da fuoco
Guerre
Decorazioni
voci di militari presenti su Wikipedia

Bruno Pontremoli (Milano, 8 giugno 1892Milano, 14 febbraio 1968) è stato un imprenditore, ingegnere, ufficiale, dirigente d'azienda italiano, fu presidente dell'Associazione Termotecnica Italiana (ATI).

Bruno Pontremoli nacque a Milano da Itala Fubini (nata a Torino il 9 dicembre 1863 da una nota famiglia di banchieri torinesi i "Levi Fubini" e morta a Milano il 15 giugno 1918) e Pio Alessandro Pontremoli (nato a Vercelli il 12 marzo 1848 morto a Milano il 24 giugno 1919), importante figura nel mondo assicurativo. Da parte paterna è cugino di Emmanuel Pontremoli, Aldo Pontremoli, Jules Moch mentre da parte materna è nipote di David Levi, garibaldino, e di Cesare Lombroso.[1]

Si laureò con pieni voti presso il Politecnico di Milano in ingegneria Termotecnica. Scoppiata la prima guerra mondiale si arruolò volontariamente insieme ai fratelli Guido, Alberto e Mario. Venne assunto nella fanteria ove grazie alle azioni coraggiose, che gli valsero una Medaglia d'argento e una medaglia al valor militare, ottenne il grado di Colonnello. Mandato in congedo nel 1919 venne in seguito decorato per decreto regio dell'onorificenza di Cavaliere della Corona D'Italia.[2]

Nel 1920 si sposò con Lea Jarach (nata a Milano nel 1902) figlia del comandante Gr.Cr.Federico Jarach, fondatore delle Rubinetterie Unite. Iniziò dunque a lavorare come dirigente presso un'azienda presieduta dalla famiglia Jarach e per l'Associazione Termotecnica Italiana (ATI).[3]

Il 18 settembre 1934 venne nominato unitamente a Guido Jarach Consigliere delegato della Corporazionione nazionale della Metallurgia e della Meccanica, carica che mantenne fino alla fine degli anni '30.[4]

Nell'autunno del 1941, con i primi bombardamenti di Milano, si trasferì con la famiglia Jarach in una villa sul lago Maggiore tra Arona e Meina. Tre giorni dopo l'armistizio arrivò sul lago una divisione corazzata delle SS che avviò un rastrellamento degli ebrei sfollati nella zona.[5]

Lasciarono all'ultimo momento la villa salendo su una barca a remi e fuggendo a Ranco, dall'altra parte del lago. Gli ebrei catturati furono tutti fucilati e i loro corpi gettati nel lago, la villa fu saccheggiata e depredata.[5]

Dopo un breve soggiorno a Dumenza da parenti della custode della villa. In seguito su indicazione di un amico di famiglia si diressero a Roma dove vissero tra rischi e difficoltà e con falsa identità sotto l'occupazione nazista fino alla liberazione.[5]

Tornato a Milano nel 1950 venne nominato presidente dell'Associazione Termotecnica Italiana (ATI).[6][7] Nel 1967 partecipò al Consiglio Nazionale delle Ricerche in qualità di presidente dell'ATI.[8] Morì nel 1968 a Milano e venne seppellito presso il Cimitero Monumentale nella tomba di famiglia.[9]

Onorificenze militari

[modifica | modifica wikitesto]

Onorificenze straniere

[modifica | modifica wikitesto]